Emilio Tomasini scrive regolarmente per:

Il Borsino – Panico? Non serve! Meglio reagire. Ecco come con dieci consigli degli esperti di finanza


Social che impazziscono in un confronto violento fra chi dice “sell, sell!” e chi invece sostiene “buy, buy!”. Siamo andati allora ad ascoltare i suggerimenti di coloro che di mestiere gestiscono capitali. Ne escono degli ammonimenti sensati, nonché comunque validi qualunque sia l’esito delle vicende in corso.

Il report della domenica

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Le reazioni rispetto a tutto quanto sta avvenendo sul fronte delle Borse sono state alquanto discordanti da parte dei piccoli e medi investitori. Abbiamo investigato vari social specializzati in tale ambito di tre Paesi: Italia, Francia e Usa. In estrema sintesi si palesano queste linee di pensiero:

● c’è chi è in preda al panico e non sa cosa fare; si tratta soprattutto dei meno attivi, ovvero di coloro che affrontano i mercati con buy e sell occasionali e poco strutturati;

● c’è chi vede nelle vicende in corso inattese occasioni di acquisto e guarda alle reazioni di domani 7 aprile come a un importante test verità dopo i controdazi cinesi. Seguirà la replica di Bruxelles e il periodo intermedio sarà utile nel definire dei livelli tecnici per ordini presumibilmente al ribasso;

● c’è chi comunque preferisce stare fermo, nella convinzione che fra sei mesi tutto questo apparterrà al passato. Fra costoro è diffusa l’opinione che i gestori professionali stiano dando pesanti avvertimenti a Trump, un affarista che ama gli azzardi e ragiona esclusivamente in ottica dei propri interessi personali.

Infine c’è un’élite che riflette in maniera più organica e punta a cogliere il momento per spostarsi da asset ad asset, cercando di porre rimedio a scelte magari troppo temerarie degli ultimi mesi. È il caso per esempio di chi ha puntato eccessivamente sulle azioni tecnologiche e vuole abbassare ora il livello di rischio switciando su settori con alfa minori, cioè su titoli più correlati all’andamento generale degli indici.

Gli ammonimenti dei professionisti

Se la base è assai divisa sulle interpretazioni del momento gli esperti di finanza (con alcuni di essi abbiamo colloquiato nelle ultime ore) ragionano con razionalità e danno vari suggerimenti in relazione alle possibili scelte da adottare.

Primo consiglio: tempo di arbitraggi

Le prospettive sono cambiate, nel senso che i potenziali margini futuri di alcuni settori caleranno e quelli di altri rimarranno intatti. Ecco allora che il passaggio dagli uni agli altri diventerà una scelta vincente. Già circolano ipotesi in merito ma solo iniziali, data la rapidità degli eventi. Il ragionamento che si fa è comunque semplice: nell’azionario occorre valutare la stabilità dei profitti e pertanto dei dividendi. Non farsi quindi più attrarre dai “dividend yield” del singolo periodo (davvero assurdi in alcuni casi, ancor più considerando le quotazioni tiratissime di molte azioni) ma dalla costanza dei relativi importi nel tempo. Due settori già visti come perdenti sono quello bancario (con i margini di interesse e la voce commissioni in probabile calo e con i crediti deteriorati in salita) e quello automobilistico. Probabilmente in tenuta i produttori/distributori di energia. Su questo fronte Enel, Italgas, Snam, Terna, Iren ecc. in Italia, le spagnole Enagas, Endesa e Iberdrola, le francesi Edf ed Engie, la tedesca E.On e la portoghese Edp già oggi sono ottime erogatrici di dividendi. Con il calo delle quotazioni il loro ruolo in tal senso migliorerà. Di arbitraggi se ne possono naturalmente ipotizzare tanti altri ma la sostanza è una: abbassare il livello di rischiosità globale dei portafogli, salita troppo negli ultimi due anni, complice il boom dell’intelligenza artificiale e delle Magnifiche sette di Wall Street. 

Secondo consiglio: un rischio tollerabile

Quasi concordi gli “opinionisti professionali” sul riadeguamento dei livelli di drawdown massimo accettabile da parte dei portafogli di ciascun investitore. È un ragionamento più ampio rispetto alla situazione in corso, sulle cui evoluzioni ogni ipotesi a oggi è possibile, da quella catastrofista a quella ottimistica del tutto si risolverà in poco tempo. Anni di bonanza hanno fatto dimenticare che i mercati non salgono sempre e quando scendono crollano. Occorre darsi un target di perdita massima accettabile, con la consapevolezza che i ribassi non corrono mai in linea retta ma sono punteggiati da veloci ma illusori rimbalzi. Bisognerà cantare quindi vittoria solo quando il nocciolo del problema sarà risolto. Scontato nondimeno il fatto che nel caso dei dazi ci sono da valutare soprattutto gli effetti sull’economia, magari marginali (come dicono i politici) o magari pesanti (come sostengono gli economisti). 

Terzo consiglio: i buy scaglionati

I social sono pieni di quesiti molto netti: vendere tutto o comprare a manetta? C’è una soluzione intermedia, che piace molto nella fase in corso ai professionisti finanziari: si tratta del costruire entrate scaglionate (sinonimo più elegante ed efficiente rispetto al termine di piani di accumulo, i quali lasciano intendere automatismi negli acquisti, del tutto sconsigliabili) su azioni solide. Evitare quindi aziende con catene logistiche altamente globalizzate: potrebbero essere sul punto di subire profonde ristrutturazioni per adattarsi al nuovo mondo, anche se sembrano a buon mercato. Astenersi poi dalle imprese fortemente indebitate! Ce ne sono molte più di quanto non si creda.

Quarto consiglio: evitare i rischi di cambio (sull’Usd)

La guerra dei dazi anticiperà una guerra dei cambi, ovvero delle svalutazioni pilotate delle valute. E allora meglio restare – in una fase di possibile instabilità – nel contesto dell’euro. Gli investitori italiani sono in buona parte concentrati su Piazza Affari e in parte attratti da Wall Street ma trascurano leader mondiali con sedi in altri Paesi europei. Quanti hanno per esempio in portafoglio la leader tedesca delle assicurazioni Allianz? Probabilmente pochi. Costruire un piano di entrate scaglionate su questo titolo si è dimostrato una buona scelta negli anni, con un solo violento ritracciamento nel post Covid. È una dimostrazione fra le tante. Germania, Francia, Spagna, Olanda e Belgio rappresentano occasioni di diversificazione troppo trascurate. In questa fase sono invece una risposta non volendo assumere rischi di cambio.

Quinto consiglio: guardare al mondo!

È l’antitesi più audace rispetto al consiglio precedente. Vari gestori fanno questo ragionamento: se si vuol prendere comunque un rischio di cambio lo si faccia con i Paesi emergenti. Sono loro la vera incognita rispetto ai dazi. Colpiti (finora) a macchia di leopardo, con una logica che è assolutamente illogica, potrebbero rivelarsi l’alternativa vincente se qualcosa si stemperasse nella guerra dei commerci. Un esempio? La volatilità estrema evidenziata in tre giorni dagli Etf sul Vietnam. È vero che in molti casi la valuta di denominazione degli Etf “emerging” è l’Usd ma le potenzialità di rialzi e ribassi delle quotazioni sono tali da neutralizzare questa variabile. Altra considerazione che si fa: nelle intenzioni di Trump la globalizzazione è morta. I relativi effetti sono ancora però tutti da esaminare, perché il resto del mondo andrà avanti sulla stessa strada di prima. Da sempre gli emergenti hanno maggiori margini di manovra sulle proprie valute rispetto ai Paesi cosiddetti sviluppati. Il caso Turchia ne è la conferma. Che dire poi della Cina? Anche su questo fronte ci potrebbero essere sorprese imprevedibili.   

Sesto consiglio: le materie prime

C’è un aspetto poco evidenziato fra le tante stramberie degli annunci di Trump ma questa non è una dimenticanza. Tutt’altro! Saranno abbassati i dazi sulle importazioni di alluminio e acciai? Ne saranno esclusi oro e rame e alcuni minerali critici. Niente dazi anche sull’energia, cioè sul petrolio, sul gas naturale e sui derivati. È ancora presto per capire cosa succederà nell’ambito delle commodities ma già si prevede che in tale contesto si determineranno volatilità rilevanti, con occasioni di trading e di investimento di lungo termine. Un primo segnale? Venerdì le quotazioni di petrolio e rame sono crollate ma su altri fronti si stanno avvertendo tensioni da calo delle esportazioni, perché vari Paesi produttori già ragionano in ottica di risposta ai dazi limitando l’export di materie prime di cui sono forti venditori. Si è solo alle prime avvisaglie di un’altra prima linea di potenziali tensioni. 

Settimo consiglio: bond con tante sorprese (ma quali?)

La prima reazione di Bce e Fed potrebbe essere quella di tagliare i tassi e segnali in tal senso già vengono dall’andamento delle quotazioni. Il mercato però qui si divide fra chi – soprattutto istituzionali Usa – vede circa 100 pb in meno di costo del denaro entro fine anno e chi invece si limita a 25 pb e poi a totale incertezza dovuta a inflazione in crescita. Come già nei mesi scorsi l’arma “vincente” sarà quella delle cedole; in attesa di evoluzioni ci si potrà accontentare di queste, reinvestendole – se non necessarie per altri scopi – in modo però più oculato rispetto al solito. Può darsi che le quotazioni saliranno e non di poco ma può darsi anche che scenderanno di nuovo in un contesto valutario in tensione per chi non è esposto solo sull’euro. Da metà marzo intanto si comprano Tips (Us Treasuries inflation) ma non in Italia, dove non sono quotati. C’è però un motivo di preoccupazione: aumento del costo della vita e rallentamento della crescita si traducono in una parola, che è stagflazione. La peggiore per chi debba gestire obbligazioni. È dagli anni ’70 che non se ne parla più e quindi anche la cassetta degli attrezzi non è equipaggiata in tal senso. Come reagire? Diversificando al massimo scadenze, tipologie di bond, rating e perfino valute (perché le decorrelazioni potrebbero diventare violente): in sintesi con un impegno da far tremare i polsi!   

Ottavo consiglio: prudenza sui Btp

Il desiderio di cogliere buoni rendimenti ha portato gli investitori italiani ad accumulare Btp. Se il quadro generale economico peggiorasse davvero i Paesi più indebitati ne risentirebbero di nuovo, come già è successo in epoche nemmeno tanto lontane. La diversificazione degli emittenti si impone quindi ed è favorita da yield accettabili da parte di governativi anche ad alto rating. Il “nazionalismo” va bene quando il quadro delle economie è stabile ma cosa succederà nei prossimi anni? Fra i professionisti intervistati è questa la preoccupazione più sentita, oltre a quella di una volatilità azionaria difficile da gestire.

Nono consiglio: puntare sugli Etf

Che si tratti di bond o di azioni l’opinione è concorde: volendo abbassare la rischiosità dei portafogli tutto quanto si è detto nei punti precedenti si integra in un’esortazione condivisa da tutti coloro con cui abbiamo parlato (anche se – conviene ammetterlo – con una certa insistenza da parte nostra!). In fasi di forte incertezza gli Etf svolgono ruoli protettivi per vari motivi. Il principale sta naturalmente nell’esposizione a portafogli con sottostanti per loro natura molto diversificati. Inoltre c’è la separazione delle attività di tali fondi rispetto a eventuali insolvenze delle società che li emettono. Infine l’elevata costante liquidità e la vastità di offerta, con la possibilità di sceglierne anche a gestione attiva. Se quanto si sta manifestando sui mercati porta a consigliare diversificazione e arbitraggi gli Etf sono gli strumenti più adatti in tal senso. Con una precauzione: attenzione ai settoriali, più esposti a improvvisi picchi di volatilità.     

Decimo consiglio: non leggere i social!

Questo ve lo suggeriamo noi: nei momenti di estrema tensione dei mercati, quando tutto potrebbe sembrare totalmente confuso, l’informazione svolge un ruolo fondamentale. Meglio però evitare i social, che nella contraddittorietà delle mille opinioni esposte contribuiscono solo ad alimentare scompigli e quindi ancor più incertezza.

L’utilizzo delle informazioni e dei dati come supporto di scelte personali è nella completa autonomia del lettore e pertanto solo quest’ultimo è responsabile delle proprie decisioni.

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