Le piazze finanziarie europee stanno vivendo un momento storico che impone una riflessione profonda. Il DAX tedesco continua a macinare nuovi massimi storici, con il record odierno del 7 febbraio 2025 che lo vede stampare i 22.030 punti e un target ormai vicino al SUPER TARGET dei 22.500. Eppure, il contesto macroeconomico tedesco non giustifica questi livelli: la produzione industriale segna cali costanti, l’economia è in una fase di velata recessione e il contesto inflattivo rimane fragile.
Siamo di fronte a un miracolo di efficienza dei mercati o alla più grande bolla speculativa del secolo?
Non si può più ignorare il dubbio amletico: siamo di fronte a una bolla speculativa? Non bisogna avere paura nel definirla come tale. La dinamica attuale del mercato, infatti, appare sempre più slegata dai fondamentali economici, supportata da liquidità abbondante, strumenti derivati e movimenti sempre più rarefatti nei volumi. Chi, come me, opera ogni giorno sui mercati finanziari sa che questa consapevolezza non impedisce di sfruttare il trend rialzista, ma anzi, impone una gestione del rischio ancora più attenta.
Il FTSE MIB italiano, prosegue la sua corsa in linea con le previsioni, verso i 37.600 punti senza esitazioni! Movimenti come questi si fondano su posizioni speculative con contratti sempre più esigui: un segnale chiaro che il mercato si sta gonfiando in un climax che, prima o poi, troverà il suo limite.
L’operatività sui derivati diventa sempre più complessa quando il mercato si muove con pochi volumi, specialmente nei rialzi pomeridiani. Le differenze tra i vari indici statunitensi generano un quadro contrastato che rende ancora più arduo prevedere le reazioni del mercato europeo.
La Teoria del "Greater Fool": Quando il Mercato Sfida la Logica
Il paradosso odierno richiama alla mente il principio del Greater Fool Theory: gli investitori continuano ad acquistare asset sopravvalutati, non per il loro valore intrinseco, ma nella speranza di rivenderli a un "fool" (ingenuo) disposto a pagare di più. I dati macroeconomici tedeschi — produzione industriale in calo, consumi deboli, inflazione corrosiva — suggeriscono che i fondamentali non giustificano i massimi storici del DAX. Eppure, il mercato corre. Perché?
La risposta risiede in un mix di liquidità artificiale e narrativa politica. Le elezioni statunitensi del 2024 hanno iniettato ottimismo: un presidente stabile, promesse di tagli fiscali e una Fed riluttante a alzare i tassi hanno creato un terreno fertile per il rischio. I capitali globali, in cerca di rendimenti, hanno trovato rifugio nei mercati europei, percepiti come "in ritardo" rispetto a Wall Street. Ma qui si annida il paradosso: l’Europa non è l’America.
Il Bund: un riferimento per gli equilibri di portafoglio ed un ottimo asset per i trade.
Un altro elemento chiave delle operazioni settimanali è stato il Bund, che ha fornito opportunità strategiche per chi ha saputo gestire il proprio portafoglio con precisione. Il livello dei 130,5 ha rappresentato un punto di ingresso chiave per un disperato tentativo long di mediazione, rivelatosi poi fruttuoso con l’uscita in pari o in leggero gain ai 132 punti e invece in totale gain per la parte residua di portafoglio ai 133 punti.
Ora il Bund si trova in un range stretto tra 132,8 e 133,6, con livelli chiave ben definiti: un’uscita dal canale basso potrebbe riaprire scenari long ai 131,7 e 130,5, mentre la rottura del limite superiore darebbe spazio a target più ambiziosi come 134,4, 135,4 e 137 punti.
Focus su Iveco: una cavalcata senza sosta
Sul fronte azionario, uno dei titoli che merita un’attenzione particolare è Iveco. La strategia inizialmente delineata prima del webinar poi cancellato per la nascita di mia figlia aveva già evidenziato il livello chiave ai 10,72 euro.
La rottura di questa soglia ha innescato un rally spettacolare, culminato nella forte esplosione rialzista di oggi. Per chi è alla ricerca di punti di ingresso strategici, il ritracciamento a 11,50 euro potrebbe offrire una nuova opportunità, così come un eventuale ritorno ai 10,72 euro.
L’oro e la corsa ai 3.000 dollari
Infine, uno sguardo al mercato dell’oro, che continua a rafforzare la sua posizione di asset rifugio per eccellenza. Con una base di ritracciamento fissata sui 2.600 dollari, l’obiettivo ai 3.000 dollari appare ormai alla portata. Questo livello rappresenta non solo un punto simbolico ma anche un'area strategica per chi detiene posizioni long, offrendo la possibilità di piramidare le posizioni in un contesto di relativa tranquillità.
Esiste una teoria, quella del safe-haven, secondo cui la corsa dell'Oro rappresenta un segnale di sfiducia nella finanza tradizionale: gli investitori cercano protezione proprio mentre i mercati azionari festeggiano.
La grande bolla speculativa
L’analisi della settimana appena trascorsa e che sta per terminare, conferma il quadro di una probabile grande bolla speculativa. I mercati finanziari continuano a crescere con una facilità irrisoria, sostenuti da una liquidità senza precedenti e da dinamiche che sembrano sempre più slegate dai fondamentali economici.
La filosofia delle autorità si riassume in un mantra: "Se sale, è efficiente; se crolla, è colpa degli speculatori". Negli anni ‘20, la Fed ignorò la bolla del credito fino al ’29. Nel 2008, i rating agency continuarono a dare AAA a mutui tossici finché Lehman non esplose. Oggi, mentre i volumi degli scambi evaporano e i P/E ratio sfidano la legge di gravità, i regulator si trastullano con stress test obsoleti e linee guida su come le banche dovrebbero twittare.
Perché non agiscono? La risposta è un cocktail di miopia politica e *paura di rovinare la festa. Intervenire ora significherebbe ammettere che il "rigore" degli ultimi anni è stato un flop, che il QE infinito ha creato mostri, e che i mercati sono drogati da soldi facili. Meglio fingersi ignari, come un genitore che chiude gli occhi davanti al figlio che ruba caramelle, purché non pianga.
La vera commedia inizierà quando il castello di carte crollerà. Come da copione, le autorità scopriranno improvvisamente l’esistenza della vendita allo scoperto — quel meccanismo di mercato che, nella loro logica, non è mai un termometro del panico, ma sempre il virus da debellare. Ricordate il 2008? Il 2020? Il divieto di short selling durante il crollo da Covid fu come cercare di curare una polmonite spegnendo il termometro.
Studi della BCE dimostrano che bloccare gli short non stabilizza i mercati, ma riduce la liquidità e distorce i prezzi.Ironia della sorte, proprio gli short seller — spesso demonizzati — sono quelli che per primi segnalano le sopravvalutazioni. Vietarli è come silenziare l’allarme antincendio perché suona troppo forte.
Il colmo arriverà quando le stesse autorità che oggi ignorano i rischi domani chiederanno più poteri per "prevenire crisi future".
Il gioco continua e, per chi come me opera ogni giorno, l’unica scelta è rimanere lucidi, consapevoli del rischio e pronti ad agire con la massima precisione, in ogni direzione ritenga giusto operare.
(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)
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