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BCE e Fed: nuovi dati, vecchie incognite


I mercati finanziari stanno reagendo con forte volatilità ai nuovi dati macroeconomici provenienti da Stati Uniti ed Eurozona, che stanno ridefinendo le aspettative sulle prossime mosse di Federal Reserve e BCE. L’inaspettata ripresa dell’inflazione negli USA, il consolidamento del mercato del lavoro americano e le persistenti pressioni sui prezzi in Europa, unite ai dazi minacciati da Trump, complicano ulteriormente il quadro per le banche centrali.

Il rapporto sui prezzi al consumo di gennaio negli Stati Uniti ha mostrato un’inflazione del 3,0% annuo, in crescita rispetto al 2,9% di dicembre e superiore alle stime. Ancora più preoccupante è il rialzo del CPI core, salito al 3,3% contro il 3,1% atteso.

Questa risalita inattesa mette in discussione le aspettative di un rapido taglio dei tassi da parte della Fed, che potrebbe ora essere costretta a posticipare qualsiasi intervento o, in caso di ulteriore accelerazione dell’inflazione, persino valutare nuove strette monetarie.

L’impatto sui mercati è stato immediato: i future azionari statunitensi sono scesi fino all’1%, mentre i rendimenti dei Treasury hanno registrato un balzo di 9 punti base, con il biennale al 4,37% e il decennale al 4,63%. Anche le aspettative sui tassi sono cambiate, con i Fed Funds Future che ora scontano un solo taglio di 25 punti base nel 2025, contro i due previsti fino a pochi giorni fa.

Il mercato del lavoro continua a dimostrarsi robusto, con 143.000 nuovi posti di lavoro creati a gennaio, meno delle 175.000 unità attese, ma con una revisione al rialzo del dato di dicembre a 307.000 posti.

Il tasso di disoccupazione è sceso al 4,0%, mentre i salari medi orari sono aumentati oltre le previsioni, segnando un +0,5% su base mensile e +4,1% annuo. Questi numeri confermano la solidità del mercato del lavoro, rafforzando la convinzione della Fed che non vi sia alcuna urgenza di ridurre i tassi.

Anche in Europa l’inflazione ha sorpreso al rialzo, con il CPI dell’Eurozona in aumento al 2,5% annuo, rispetto al 2,4% di dicembre e alle previsioni. La componente core è rimasta stabile al 2,7%, segnalando che le pressioni inflazionistiche restano persistenti.

L’inflazione nei servizi, particolarmente monitorata dalla BCE, ha registrato solo un lieve calo dal 4,0% di dicembre al 3,9%, suggerendo che il processo disinflattivo potrebbe richiedere più tempo del previsto.

Per ora, i mercati continuano a prevedere tre tagli dei tassi BCE nel 2025, con una prima riduzione attesa a marzo. Tuttavia, i recenti dati potrebbero spingere l’istituto guidato da Christine Lagarde a rivalutare il ritmo del taglio dei tassi, posticipandolo a un momento più favorevole.

Oltre ai dati macro, un ulteriore fattore di incertezza è rappresentato dalle politiche commerciali di Donald Trump, che ha annunciato possibili dazi contro l’Unione Europea.

Se venissero introdotti, potrebbero generare un aumento dei costi per le imprese europee, contribuendo a una nuova ondata inflattiva, e frenare ulteriormente la crescita dell’Eurozona, già stagnante nell’ultimo trimestre del 2024.

Queste misure protezionistiche potrebbero indurre la BCE a rivalutare la propria strategia di politica monetaria, rendendo più complesso il percorso di allentamento dei tassi.

Dopo gli ultimi aggiornamenti macroeconomici, le scelte di BCE e Fed appaiono meno scontate di qualche settimana fa.

Negli Stati Uniti, la ripresa dell’inflazione e la solidità del mercato del lavoro potrebbero spingere la Fed a mantenere i tassi invariati più a lungo o, in caso di ulteriori sorprese inflazionistiche, valutare un nuovo rialzo.

Nell’Eurozona, la BCE si trova ad affrontare un mix di sfide tra inflazione ancora elevata e rischi legati ai dazi di Trump, che potrebbero complicare il suo percorso di allentamento monetario.

Per ora, i mercati continuano a prevedere tre tagli dei tassi nel 2025, ma il percorso potrebbe essere meno lineare del previsto. La riunione di marzo sarà decisiva per capire se le banche centrali daranno il via ai tagli o se gli ultimi dati le costringeranno a rimandare ogni decisione.

Passiamo ai numeri e all’analisi delle curve.

Analisi ZC-Yield Curve Eur
L’ultima lettura della ZC-Yield Curve continua a segnalare un contesto di forte volatilità e incertezza nei mercati obbligazionari. Il rendimento sulla scadenza a 10 anni è risalito al 2,40%, mentre il trentennale si attesta al 2,18%, evidenziando una risalita meno marcata nella parte lunga della curva.

Nel tratto breve della curva (2025-2027), la tendenza rimane nettamente ribassista, con un minimo di rendimento al 2,26% sulle scadenze 2027. Questa dinamica riflette l’elevata incertezza sulle future mosse della BCE, mentre il mercato resta in attesa di nuovi segnali sulle politiche monetarie e sull’evoluzione del quadro macroeconomico europeo.

Nel segmento medio-lungo (2027-2042), la curva mantiene un’inclinazione positiva, con un picco di rendimento al 2,48%, indicando che gli investitori stanno ancora scontando un percorso di stabilizzazione nei prossimi anni. Tuttavia, oltre il 2042, la curva assume nuovamente un’inclinazione negativa molto accentuata, segnalando una crescente sfiducia sulle prospettive economiche di lungo termine.

Il differenziale tra i rendimenti a 10 anni e 2 anni si è leggermente ampliato, raggiungendo 0,15%, segnale che il mercato sta iniziando a prezzare un allentamento monetario più marcato nei prossimi mesi. Sul fronte dei tassi forward, l’Euribor a 6 mesi resta stabile su un target del 2,00%, consolidando le aspettative di un ciclo di tagli BCE più incisivo per contrastare il rischio di stagnazione economica.

Analisi Integrata Trendycator
L’analisi settimanale dei principali rendimenti decennali, basata sul modello Trendycator, continua a evidenziare un quadro differenziato tra le varie aree geografiche, con variazioni nei livelli di rendimento e segnali di tendenza aggiornati.

Nel Regno Unito, i rendimenti dei titoli decennali si sono assestati al 4,46%, evidenziando una stabilizzazione rispetto alla settimana precedente. Nonostante la lieve flessione, il Trendycator conferma lo stato LONG, indicando che il trend rialzista del mercato obbligazionario britannico rimane intatto.

In Germania, il Bund ha registrato un rialzo al 2,42%, segnando un incremento rispetto ai livelli precedenti, ma senza modificare la tendenza generale. Il Trendycator resta LONG, segnalando una fase ancora orientata al rialzo, con i rendimenti che si mantengono sopra i livelli di supporto.

Sul fronte italiano, il BTP decennale ha visto un incremento dei rendimenti al 3,49%, mentre lo spread rispetto al Bund si è leggermente ampliato, raggiungendo i 110,5 punti base. Il Trendycator rimane in stato NEUTRAL, confermando un equilibrio tra pressioni rialziste e ribassiste, senza indicazioni di una direzione chiara nel breve periodo.

Negli Stati Uniti, il rendimento del Treasury decennale è salito al 4,53%, evidenziando una tendenza ancora orientata a rendimenti elevati, in linea con le aspettative di politica monetaria della Fed. Il Trendycator conferma lo stato LONG, coerente con una banca centrale che mantiene un approccio prudente e restrittivo, in attesa di nuovi sviluppi dal fronte macroeconomico.

Rendimenti bond governativi benchmark mondiali
Tabella dei rendimenti, su base settimanale, delle obbligazioni governative mondiali con qualunque rating. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo.

Conclusioni operative
Il contesto di mercato sta ancora attraversando una fase di forte incertezza, con gli ultimi dati macroeconomici che hanno rimescolato le carte e reso più complesso il posizionamento degli investitori nel comparto obbligazionario.

I rendimenti a breve termine continuano a comprimersi, riducendo le opportunità di ottenere un ritorno interessante per chi preferisce mantenere un profilo prudente in attesa di maggiore chiarezza sulla direzione dei tassi. Allo stesso tempo, le scadenze più lunghe restano sotto pressione, con un calo dei prezzi che complica la costruzione di strategie efficaci.

Questo scenario rende difficile strutturare un piano di investimento obbligazionario ben definito, spingendoci a mantenere un approccio attendista e difensivo.

In questa fase, l’unica strategia razionale sembra essere quella di giocare in difesa, evitando di esporsi eccessivamente a strumenti caratterizzati da elevata volatilità e incognite legate all’evoluzione delle politiche monetarie. Tra le alternative disponibili, si sta facendo strada il nuovo BTP Più, un’opzione che può essere considerata, sebbene non presenti caratteristiche eccezionali. Il MEF ha deciso di mantenere condizioni allineate al mercato, senza offrire elementi di particolare vantaggio rispetto agli strumenti già disponibili, salvo riconoscere al sottoscrittore la facoltà di esercitare l’opzione di rimborso anticipato a 100 al quarto anno di vita del titolo.

L’attuale quadro obbligazionario impone quindi estrema cautela, con scelte che devono essere ponderate sulla base di un’attenta valutazione del profilo di rischio, dell’orizzonte temporale e delle reali opportunità di rendimento, senza forzare l’ingresso in un mercato ancora dominato da incertezze.

Per chi è disposto ad alzare un po’ il rischio emittente pur rimanendo si scadenze brevi una per strategia attendista una selezione di bond dell’est Europa con rating BBB-.

L’autore del presente articolo è iscritto all’Ordine dei Giornalisti e non detiene gli strumenti oggetto delle sue analisi.
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