Emilio Tomasini scrive regolarmente per:

Cosa mi aspetto per questo 2025?


 

Come ho già fatto negli scorsi anni, ecco la mia "previsione" per questo 2025 appena iniziato che sono certo riserverà molti colpi di scena. L'immagine che vedete è l'ultima fase di una lunga scalata sul Grand Canyon....quando manca un soffio alla cima! Ma sapete meglio di me che gli ultimi metri sono anche quelli più insidiosi, specialmente se si guarda in basso.

Questo rappresenta la situazione attuale dei mercati: ci troviamo nella parte finale di un lungo ciclo rialzista, anche se non credo proprio che il 2025 porterà ad un mercato orso, ma potrebbe crearne le fondamenta.

 

 

Cosa mi aspetto in questo 2025?

Partiamo subito col dire che abbiamo aspetti positivi e negativi. Dal punto di vista macroeconomico ci troviamo in una situazione di piena occupazione: le persone negli Stati Uniti hanno al momento lavoro e questa significa che c'è denaro da spendere e da mettere in circolo (curva blu). Più si spende, più si produce e più l'economia gira o continua a girare. Anche il Consumer Price Index è in discesa (curva rossa), segno che le pressioni inflazionistiche di un anno fa o poco più sono per ora sotto controllo anche se naturalmente nulla vieta che ci possa essere ancora qualche fiammata momentanea, ma la soglia di attenzione rimane elevata e i governatori delle Banche Centrali non sono spiazzati come successo un paio di anni fa. L'aspetto importante a mio avviso è che l'occupazione nel 2025 NON diminuisca: se la gente perdesse il lavoro allora il sistema potrebbe entrare in crisi. Dagli anni '50 ad oggi si nota infatti come le recessioni (istogrammi grigi) si siano verificate in seguito ad una forte discesa dell'occupazione sotto la linea dello zero (scala a sinistra). Fonte dati: Federal Reserve di St. Louis.

Osservando un altro indicatore basato sui dati mensili della disoccupazione del Bureau of Labor Statistics è quello della regola di Sahm ideato da Claudia Sahm ex membro della Fed. Questo indicatore -al momento- rimane estremamente basso. Solitamente una sua impennata segnala l'entrata in recessione (istogrammi grigi), salvo rarissimi casi (metà e fine anni '70).

Come sempre dobbiamo ricordarci che la recessione inizia SEMPRE dopo massimi dell'azionario che la anticipa, così come l'USCITA dalla recessione avviene dopo un bottom dell'azionario stesso.

In altri termini il mercato è sempre anticipatore. Essendo il mercato così forte mi sento di escludere che siamo vicini ad una recessione, almeno per quest'anno.

Questi sono alcuni aspetti positivi, ma entriamo nel 2025 che sarà caratterizzato da nuove politiche in campo economico. E qui si spazia dai dazi (quali paesi saranno colpiti? Quali settori ne risentiranno? ) ai tagli alla spesa governativa (Musk e DOGE, alias Department of Government Expenditure). Trump lo conosciamo già e ricordo a tutti la manipolazione di mercato che veniva fatta quasi quotidianamente con i suoi tweet (oil su, oil giù, mercato su e mercato giù): un bel modo per arricchirsi velocemente facendo salire o scendere tutto. Questo è il grosso problema che governa le Borse di oggi: non c'è controllo (punizione) nei confronti di chi diffonde notizie market sensitive traendone molto probabilmente profitto a danno dell'intero sistema visto che i mercati sono collegati da software.

Durante la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina del 2018-19, gli Stati Uniti hanno imposto tariffe sulle importazioni dal 10 al 50 percento su oltre 300 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina (e da alcuni altri paesi). Per capire perché le tariffe possono causare la contrazione dell'industria nazionale, dobbiamo distinguere tra tariffe sugli input e sugli output. L'attenzione è solitamente rivolta alle tariffe sugli output del settore. Tariffe più elevate sulle auto possono proteggere l'industria automobilistica nazionale perché il prezzo più elevato comprensivo di tariffe dei veicoli importati spinge i consumatori a passare alle auto nazionali. Tuttavia, le tariffe sulle importazioni statunitensi sono state in gran parte imposte sugli input del settore, ad esempio l'acciaio. Le tariffe sugli input aumentano il costo di produzione di beni finali come le auto negli Stati Uniti, rendendo la produzione nazionale meno competitiva. Le aziende straniere non devono pagare queste tariffe quando producono nei loro mercati. Di conseguenza, tariffe sugli input più elevate rendono difficile per i produttori statunitensi competere con le aziende straniere che esportano nel mercato statunitense o nei mercati di esportazione statunitensi.

Se le aziende statunitensi traggano beneficio dalla protezione delle importazioni dipende dall'effetto netto, ovvero dal "tasso effettivo di protezione". Il fatto che i dazi statunitensi abbiano influenzato gli input del settore in modo più ampio rispetto agli output prefigura la scoperta che la maggior parte delle aziende statunitensi ha sofferto in modo netto. Inoltre, i dazi sulle importazioni statunitensi imposti durante la guerra commerciale hanno provocato ritorsioni da parte della Cina con dazi elevati sulle esportazioni statunitensi, rendendo le esportazioni statunitensi meno competitive in Cina, con conseguenti perdite nei loro ricavi dalle vendite all'esportazione.

La maggior parte delle tariffe annunciate erano mirate alle importazioni dalla Cina. Pertanto, mi aspetto che le aziende esposte alla Cina subiscano le perdite maggiori. Un'azienda direttamente esposta alla Cina tramite importazione dalla Cina o vendita in Cina (sia tramite esportazione che tramite vendita attraverso una controllata) ha avuto performance peggiori sul mercato azionario rispetto a quelle che non erano direttamente esposte. Poiché i dati rivelano che metà delle aziende quotate negli Stati Uniti sono esposte alla Cina tramite uno di questi meccanismi, la guerra commerciale ha colpito direttamente molte delle più grandi aziende americane.

Il grafico sottostante traccia la distribuzione dei rendimenti azionari giornalieri per le aziende non esposte (curva blu) e per le aziende esposte (curva rossa). Le aziende esposte hanno subìto perdite relativamente maggiori rispetto alle aziende non esposte nei giorni degli annunci tariffari, come mostrato nel grafico seguente con la distribuzione dei rendimenti per le aziende esposte a sinistra di quelle non esposte. È interessante notare, forse sorprendentemente, che anche la distribuzione delle aziende non esposte si è spostata a sinistra.

A prescindere dalle considerazioni appena esposte, ricordiamoci che eventuali annunci creeranno volatilità, faranno "incartare" le macchinette che creeranno forti swings di mercato e quindi opportunità di trading!

I mercati sul lungo termine salgono, anche se nulla vieta che ci siano ribassi anche del 50% come abbiamo visto in passato.

Ad ogni modo torniamo al punto: nuove politiche in campo commerciale ed economico significano maggiore incertezza tra gli operatori e questo potrebbe riverberarsi sull'andamento del mercato nel 2025: salite improvvise e discese altrettanto fulminanti. Insomma, un mercato in cui vendere sugli strappi rialzisti ed acquistare in quelli ribassisti.

Attualmente la produzione industriale statunitense non mostra particolari segni di cedimento ed al momento rimane sostanzialmente laterale: è importante che non scenda sotto il box di congestione che sta formando.

Veniamo ora alle dolenti note. 

Il CAPE (cyclically adjusted price to earning ratio) è osceno. Questo indicatore misura la valutazione delle azioni: si tratta del rapporto tra prezzo e media a dieci anni di utili aggiustati per l'inflazione. Viene utilizzato per valutare i rendimenti futuri delle azioni e serve a capire se un titolo, o un gruppo di titoli, è sottovalutato o sopravvalutato, confrontando il suo attuale prezzo di mercato con i suoi utili storici rettificati per l'inflazione. Attualmente questa è la situazione: siamo al livello di 38 ovvero su livelli che non si vedevano dalla fine degli anni '90. Siamo sostanzialmente in bolla. Si vede chiaramente che lo scoppio delle "Dot Com" avvenne con un CAPE (detto anche Shiller Ratio, dal nome dell'economista che lo ideò) attorno a 44-45 punti. Secondo Shiller il ritorno medio nei dieci anni successivi ad una salita sopra i 33 punti circa è SOLO dello 0.9% (sarebbe del 2.5% se il CAPE fosse a 24 punti e del 5% se fosse a 18.5 punti!). Pensate che SOPRA i 33 punti di CAPE la media è appunto dello 0.9% di ritorno nei 10 anni successivi, ma nel caso MIGLIORE il ritorno è del +5.8% e in quello peggiore del -6% ! Chiaramente confrontando questo dato con il ritorno dell'obbligazionario c'è da chiedersi perché investire in azioni correndo un rischio così elevato da ritorni attesi nettamente bassi.

Confrontando l'S&P500 con l'indice di Shiller (CAPE) si vede chiaramente come valori particolarmente elevanti abbiano portato a ritracciamenti dell'indice (cerchi verdi). Chiaramente in questo caso si ragiona per eccessi.

Per riequilibrare il Shiller Ratio o si entra in un bear market oppure bisogna avere una fiammata degli earnings.

Quello che stiamo vivendo a mio avviso è il climbing finale di un mercato toro che sarà caratterizzato da rally improvvisi e discese simili. Non un mercato "lineare" come è stato il 2024....poi si vedrà nel 2026!

Il 2025 sarà dunque il primo anno POST elettorale. Gli anni che terminano col numero "5" sono tendenzialmente positivi o molto positivi ma, purtroppo, non credo che sarà questo il caso: aspettiamoci su e giù; ribassi da comprare e rialzi da vendere. 

Escludendo dal computo tutti gli anni dal 1950 ad oggi e considerando SOLO l'anno del "nuovo" Presidente si otterrebbe l'andamento trimestrale che trovate in seguito, ma state tranquilli che il 2025 NON sarà così. 

Considerando dove si trova attualmente l'S&P500 (curva rosa nel grafico successivo) e la stagionalità (curva bianca) e gli anni post elettorali (linea tratteggiata in blu) osserviamo un andamento decisamente meno lineare del precedente e ricco di saliscendi. 

Ci troviamo alla fine di un lungo ciclo rialzista pluriennale, sulla cresta finale dell'onda rialzista per intenderci. Questo non significa che non ci saranno mai più fortissimi rialzi a doppia cifra, ma non sarà come è stato finora perché il vento non sarà in poppa ma si andrà di bolina, come mostra il grafico successivo. La parte rossa rappresenta l'inizio e la fine (?) del ciclo rialzista (Timing Solutions Software).

Come "vedo" questo 2025 appena iniziato?

Nel 2025 il mercato potrebbe toccare un massimo pluriennale. Ci sarà una correzione tra la metà di febbraio ed il mese di marzo. L'eventuale punto di ingresso dopo la correzione potrebbe essere attorno al 20 ed al 28 di marzo da sfruttare per una successiva risalita fino all'inizio dell'estate. Mi aspetto un top finale nei mesi estivi (tra giugno e la metà di agosto) e poi una correzione per un eventuale buy "leggero" per cogliere un rimbalzo tra fine settembre ed ottobre, periodo che potrebbe essere la trigger per la fine di questo lungo ciclo rialzista (2026).  

Ad maiora!

PNA

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