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NASDAQ WEEKLY: rotazione settoriale a scapito dei titoli tecnologici. Nuovi record per gli indici azionari USA.


RIPARTITA LA STAGIONE DEGLI UTILI RELATIVI AL SECONDO TRIMESTRE 2024 CON LA PUBBLICAZIONE DELLE PRIME BANCHE. JPMORGAN, CITIGROUP E WELLS FARGO DELUDONO LE ALTE ATTESE E CROLLANO DOPO I RISULTATI.

WALL STREET ESTENDE IL RALLY ESTIVO CON GLI INDICI AZIONARI S&P500 E DOW JONES CHE RAGGIUNGONO NUOVI RECORD. FINALMENTE IN ASCESA I TITOLI A PICCOLA CAPITALIZZAZIONE A SCAPITO DEI TITOLI TECNOLOGICI. DOLLAR INDEX E RENDIMENTI DEI TREASURY IN FORTE CALO. IN RIALZO L’ORO. IN LATERALE LE COMMODITIES INDUSTRIALI.

Nuovi record per il mercato azionario statunitense che estende il suo rally estivo nella giornata di venerdì scorso sugli indici S&P500 e DOW JONES grazie ad una rotazione settoriale avvenuta proprio nelle ultime due giornate della settimana a scapito dei titoli tecnologici, dopo la pubblicazione contrastante dei dati macro riguardanti l'ultimo rapporto sull'inflazione (CPI), in calo, e sui prezzi alla produzione (PPI), in marginale aumento.

Ottimi guadagni settimanali per l’indice delle ‘small cap’ il RUSSELL 2000 (+ 6,22%) raggiungendo il livello più alto dal 2022, mentre gli indici S&P500 e DOW JONES restituiscono una buona parte dei guadagni in chiusura di ottava pur mantenendo una buona performance settimanale con il solo NASDAQ100 che perde qualcosa rispetto alla chiusura di due venerdì fa, pur facendo registrare nella giornata di mercoledì un nuovo record a 20690.987 punti.

Diamo ora uno sguardo ai dati macro e al report più importante della settimana. Giovedì scorso i prezzi al consumo (CPI) USA di giugno ha dato ragione agli ottimisti, sorprendendo al ribasso il consenso ufficiale sia come dato ‘headline’ che come dato ‘core’, di un buon margine. Si tratta della lettura più bassa dal gennaio 2021. I dati anno su anno sono usciti entrambi in calo e 0.1% sotto consenso (che per il dato ‘core’ si aspettava stabilità). Nei dettagli il report è stato "aiutato" dai bruschi cali di componenti volatili come hotel e tariffe aeree e dalle auto usate. Però la buona notizia è che la componente shelter (affitti) ha infine ceduto parecchio, quasi normalizzandosi, e non dovrebbe tornare sui livelli degli scorsi mesi che gonfiavano il dato, visto il peso elevato (33%).

Detto questo, il CPI ‘core’ medio trimestrale annualizzato, che a marzo aveva superato il 4%, con quest'ultimo numero si è praticamente dimezzato, tornando ad un confortevole 2.1%. Il grafico è abbastanza eloquente nel mostrare il rapido ridimensionamento degli ultimi 3 mesi.

Infine l’altro dato importante per l'economia statunitense, uscito venerdì scorso, riguardava i prezzi alla produzione (PPI) USA di giugno, che a prima vista è stato un po' uno shock. Più alto delle attese il dato ‘headline’, più alto il dato ‘core’, e i dati anno su anno spinti al rialzo da corpose revisioni ai numeri di maggio. In realtà andando nel dettaglio, le categorie che entrano nel PCE, servizi finanziari, servizi sanitari, tariffe aeree, etc, sono state in linea o deboli a quindi questo numero ha comportato una revisione al ribasso delle stime del PCE, misura di inflazione preferita dalla FED, in pubblicazione il 26 luglio, dalle parti di 0.16-0.2% a seconda delle case, e quindi tra i più bassi dell'anno.

E veniamo alle reazioni sui mercati azionari dopo l’uscita dei dati. Giovedì immediata è stata la reazione del mercato dei tassi con cali generalizzati su tutta la curva, con Dollaro in indebolimento e metalli preziosi e commodities in generale che hanno accelerato al rialzo. Wall Street ha provato a capitalizzare immediatamente la bontà del CPI, ma si è capito da subito che il report, per quando assai benigno, era già nei prezzi. Per intenderci, il balzo dei futures li ha visti arrestarsi poco oltre il +0.3%, con un recupero di appena mezzo punto rispetto ai livelli pre-dato. Nel giro di mezz'ora il movimento si era già presso ché interamente riassorbito, e l'unico indice che ha mostrato entusiasmo autentico è stato il RUSSELL 2000 small caps.

In apertura delle contrattazioni si è visto un ultime flebile tentativo dell'S&P500 di salire, dopo di ché questo è passato in negativo accumulando gradualmente passivo. A guidare il movimento i titoli ‘Big Tech’, che hanno mostrato rapidamente perdite importanti, zavorrando l’indice NASDAQ100. L'aspetto più sorprendente è che invece le ‘small cap’ hanno continuato a salire, con il RUSSELL 2000 rapido ad accumulare un 3% abbondante di guadagno. Per quanto incredibile possa sembrare, il differenziale di performance tra NASDAQ e RUSSELL ha superato i 5 punti percentuali nel corso del pomeriggio europeo. Per evidenziarne bene le peculiarità riporto lo schema che indica la performance di tutti gli indici della piazza USA. Possiamo così notare che l'S&P500 ha interrotto a 7 la sua serie di sedute positive consecutive, venendo zavorrato dai titoli ‘Big Tech’, se vero che il NASDAQ100 ha ceduto oltre il doppio e i titoli dei cosiddetti ‘Magnificent 7’ oltre il quadruplo (v. grafico):

Come detto, incredibilmente le ‘small cap’ del RUSSELL 2000 hanno guadagnato oltre il 3.5%, in altre parole nella seduta di giovedì hanno outperformato l'S&P500 di oltre il 4%, il NASDAQ100 di oltre il 5.5% e l'indice dei cosidetti ‘Magnificent 7’ di quasi l'8%.

Ma c’è un’altra rarità. Sempre nella giornata di giovedì, 396 titoli dell'S&P500 su 503 totali, sono saliti in una seduta in cui l'indice ha perso quasi l'1% (!!). La rarità di quest'ultima evenienza viene messa in evidenza dal seguente grafico che indica la distanza del punto dalla retta di correlazione, riportando in uno schema tutte le altre volte in cui la differenza di performance tra il RUSSELL 2000 e l’S&P500 ha superato il 2% a favore del primo, dal 1978:

Abbiamo solo altri 8 episodi precedenti. La peculiarità di questa statistica è poi che in tutti i casi eccetto uno (nel 2016), l’indice VIX era sopra 20 a indicare una fase di significativa volatilità. Quello di ieri è l'episodio caratterizzato dalla volatilità più bassa. Questo rende il fenomeno ancora più eccezionale. Un’azione dei prezzi così rara e sbilanciata, spesso osservata in fasi di mercato turbolente, potrebbe indicare un possibile aumento della volatilità in arrivo. Ma non solo, altre spiegazioni le possiamo estrapolare da:

1)  l'incapacità di salire del mercato a fronte del report "perfetto" ha rapidamente alimentato prese di beneficio, della serie: se un mercato non riesce a salire a fronte di buone notizie, prende l'altra direzione. In altre parole il risultato era interamente prezzato.

2) Ovviamente le prese di beneficio si sono concentrate sui titoli più "inflazionati" come il tech, i semiconduttori e soprattutto le ‘Big Caps’.

3) Sui titoli ‘small caps’ invece dominava la depressione, in parte giustificata dal fatto che sono più vulnerabili ai tassi elevati. Il sentiment si era ormai più che affievolito. Di sicuro il comparto dei titoli ‘small cap’ scontava un report benigno. E così sono partite le ricoperture, lo smontamento dei trade: lungo NASDAQ corto RUSSELL; alimentati dalla possibilità un una FED più accomodante e tagli di interesse in arrivo (fino a ieri nessuno pensava veramente che la curva potesse andare a scontare più di 2 tagli nel 2024, anno elettorale), che dovrebbero favorire maggiormente le piccole società rendendo anche meno costoso prendere in prestito il denaro di cui hanno bisogno per finanziare la loro crescita, stabilizzando l’economia statunitense.

In altre parole, una reazione in gran parte tecnica, legata a eccessi di posizionamento e di euforia verso certi settori, lungamente discussi negli articoli precedenti. Pertanto la reazione risulta sensata ma chiaramente esagerata. In generale il movimento di ribilanciamento è stato violentissimo ma, poiché la molla si è caricata per quasi 3 trimestri, dubitiamo che si riequilibrino gli eccessi in una o 2 sedute. Ovviamente la performance dell'indice generale riflette il peso relativo dei comparti, con il RUSSELL 2000 che capitalizza 2.8 trilioni di $, e il NASDAQ100 che ne capitalizza 26. Nei recenti periodi, l’ampliamento del mercato è stato di breve durata: ad esempio, le ‘small cap’ sono aumentate alla fine del 2023, quando gli investitori ritenevano che i tagli dei tassi fossero imminenti, salvo poi rallentare nei mesi successivi. Vedremo quanto fiato avrà questo movimento.

Questa nuova attenzione ai titoli ‘small cap’ è proseguita anche nella giornata di venerdì nella quale, il rimbalzo dei rendimenti è stato immediato dopo la pubblicazione del dato PPI, per poi gradualmente riassorbirsi insieme allo scarto dell'azionario all’apertura del cash e, anzi, il sentiment è perfino migliorato.

L’indice RUSSELL 2000 è salito di un altro 1,1%, superando ancora una volta l'indice S&P500. Anche i settori che sono stati lenti quest'anno, in particolare i fondi comuni di investimento immobiliare, le utility e i beni di consumo di base, hanno registrato un mini rally. I settori noti per i grandi dividendi, come REIT, servizi di pubblica utilità, beni di consumo di base, sanità e servizi finanziari, dovrebbero trarre vantaggio dal calo dei rendimenti obbligazionari a lungo termine in risposta ai tagli della FED. Più bassi sono i rendimenti, più attraenti appariranno i loro dividendi. La crescita degli utili continuerà a rafforzare questo giovane mercato rialzista, mentre la forza economica sosterrà i titoli ciclici.

In parole povere, è stato un rally di tutto. Anche il depresso indice delle major USA, il Dow Jones, ha chiuso sopra il livello dei 40.000, portandosi sopra quella pietra miliare per la prima volta da metà maggio. I movimenti di mercato degli ultimi due giorni dovrebbero rendere chiaro agli investitori che la diversificazione è fondamentale, anche se uno o due giorni non fa di certo tendenza, ma essendo così rari, i movimenti relativi di giovedì e venerdì scorso non possono essere ignorati a priori.

E ora comincia la stagione delle trimestrali economiche e, come osservato nei giorni scorsi, il mercato sconta trimestrali piuttosto belle e sorprendentemente al rialzo, specie per i titoli ‘Big Tech’, il che non sarà facile. Pertanto non dovremmo annoiarci.

Per quanto riguarda la tanto attesa stagione delle trimestrali economiche, gli strateghi affermano che il rally azionario richiede una stagione di utili USA eccezionale:

• Le aziende devono mostrare ritmi solidi insieme al rilancio previsto.

• Le aspettative sugli utili per i prossimi 12 mesi sono ai massimi storici.

Secondo alcuni strateghi di Wall Street, le aziende americane hanno bisogno di una stagione di utili trimestrali straordinaria affinché le azioni statunitensi possano estendere un rally da record. Secondo un indice Citigroup Inc., i miglioramenti apportati dagli analisti alle stime sugli utili hanno superato i downgrade nel periodo di riferimento del secondo trimestre. Allo stesso tempo, le aspettative per gli utili futuri a 12 mesi sono ai massimi storici, come mostrano i dati al seguente grafico:

Si prevede che i profitti delle 503 società dell’S&P500 al di fuori dei cosidetti ‘Magnificent Seven’ saliranno in questo trimestre per la prima volta dagli ultimi tre mesi del 2002. Ciò significa che potrebbe essere finalmente giunto il momento per gli investitori di alleggerire la presa sulle grandi aziende tecnologiche e riallocare gli asset in altri settori del mercato azionario. Il fondo negoziato in borsa SPDR Select Sector Utilities, che segue il gruppo del settore dei servizi di pubblica utilità dell’S&P500, è ora in rialzo di circa l'11% da inizio anno, poiché gli investitori in cerca di rendimento stanno acquistando titoli dei servizi di pubblica utilità alla luce del peggioramento delle prospettive per i rendimenti dei titoli del Tesoro.

Le prime trimestrali di società importanti dell’S&P500 sono state pubblicate venerdì scorso e riguardano il settore bancario con JP Morgan, Citigroup e Wells Fargo. Qui abbiamo avuto una prima dimostrazione che l'asticella per sorprendere al rialzo è abbastanza alta in quanto, sebbene tutte e tre i titoli abbiano battuto le stime di utili e ricavi e nonostante il sentiment positivo giornaliero sull'azionario di venerdì, le quotazioni di tutte e tre hanno perso valore, specialmente Wells Fargo che ha deluso sul margine di interesse, e sul taglio dei costi. Vedremo come procederà la stagione delle trimestrali economiche nei prossimi giorni.

Gli analisti di Factset segnalano una crescita degli utili del 9,3% nel secondo trimestre per le società dell’S&P500 le quali, al 12 luglio 2024, in 27 hanno già pubblicato i propri dati economici riportando utili effettivi in aumento del 9,3% rispetto all’8,9% delle aspettative precedenti del 30 giugno 2024.

Passiamo ora ad analizzare il mercato monetario.

Martedì scorso Wall Street ha aperto in marginale progresso e si è diretta verso la testimonianza di Powell con un tono cautamente costruttivo. Il Presidente FED ha offerto una performance tendente all’accomodamento, in particolare quando ha osservato che l'inflazione non è l'unico rischio che si corre. La crescita ha rallentato nella prima metà del 2024 e il mercato del lavoro non è più surriscaldato, ma bilanciato. Ergo bisogna stare attenti a non indugiare troppo sui tassi a questo livello. Powell ha osservato anche che tagliare troppo presto potrebbe inficiare i progressi ottenuti finora, ma recentemente l'inflazione ha ripreso a mostrare progressi in direzione del target FED. Il mercato obbligazionario ha mostrato un iniziale reazione positiva, ma questa non ha tenuto, e i rendimenti hanno preso a salire moderatamente sulla parte lunga della curva. Il fatto è che una performance tendente al prudente da parte di Powell era attesa e quindi scontata.

Ma il report sull’inflazione (CPI) uscito giovedì scorso, pur con tutto il rumore che contiene, sembra una risposta di assenso all'affermazione di Powell di martedì. E infatti il mercato dei tassi ha reagito immediatamente al report, con diffusi cali su tutta la curva, e una Fed Funds Strip che è andata a scontare interamente un taglio a settembre, e quasi un 50% di probabilità che i tagli siano 3 entro il FOMC di dicembre. E lo diventino sicuramente entro quello di gennaio, come vedremo più diffusamente in seguito.

Un’altra divergenza interessante che si nota recentemente è quella tra azionario USA, che continua a salire, e il credito, che invece sembra impegnato in un consolidamento, con gli spread per ora incapaci di violare i minimi di primavera. Inoltre stiamo assistendo ad una decompressione degli spread delle parti più speculative rispetto ai settori con i rating di qualità più elevata, segno che gli investitori si fanno un po' più selettivi in termini di merito di credito.

Sentimentrader.com ha illustrato questo fenomeno mettendo a confronto l'indice S&P500 con lo spread tra emittenti rating AAA e quelli BBB, ai due opposti del settore di credito ‘investment grade’. Mentre in passato la correlazione tra le serie era negativa, nel senso che se la borsa scendeva lo spread allargava e viceversa, nell'ultimo periodo alla salita dell'S&P500 corrisponde una decompressione degli spread, come si nota dal seguente grafico:

Questo è un inizio di movimento, e come tale la sua importanza non va sopravvalutata. Ma è un fenomeno da monitorare in quanto le performance dell'azionario seguite a questo tipo di segnale sono state, una volta di più, inferiori alla media, in particolare se le giornate di divergenza si susseguono come in questo caso.

Infine un'asta dei Treasury a 3 anni hanno trovato una buona domanda, limando anche qui i rialzi dei rendimenti.

Andiamo ora a vedere nello specifico cosa è successo al mercato dei tassi statunitense che si è presentato nel fine settimana appena trascorso sulle probabilità dei tagli sui tassi d’interesse nel 2024 e, novità, ad inizio 2025 sui rendimenti dei Treasury.

Tralasciando la riunione in scadenza il 31 luglio p.v. nella quale le probabilità di nessun taglio sono quasi al 96%, lo strumento FedWatch del CME Group mostra come si siano alzate considerevolmente le probabilità del primo taglio dei tassi nella riunione del 18 settembre. Infatti le probabilità di un taglio pari a 25 bps sono ora al 90,0% rispetto al 69,0% di due venerdì fa. Calo molto marcato per le probabilità di nessun taglio che dal 26,1% di due venerdì fa passano all’attuale 5,7%. Altrettanto quasi nulle le probabilità di un taglio per complessivi 50 bps (1 da 0,50% o due da 0,25%) che dal 4,8% di due venerdì fa passano all’attuale 4,4% (v. grafico):

E veniamo alla scadenza relativa alla riunione del 7 novembre. Nella quale a comandare sono ora le probabilità per un taglio per complessivi 50 bps (1 da 0,50% o due da 0,25%) che dal 30,4% di due venerdì fa passano all’attuale 56,7% (!!). Ovviamente molto a scapito delle probabilità per un taglio pari a 25 bps che scendono di molto dal 52,0% di due venerdì fa passano all’attuale 38,4%. Quasi nessuna probabilità di nessun taglio che dal 15,7% di due venerdì fa, passano all’attuale 2,2% (v. grafico):

Per l’ultima riunione del 2024, si rafforzano sempre più le probabilità di un taglio per complessivi 75 bps (forse troppo ottimistiche) che dal 23,5% di due venerdì fa balzano all’attuale 51,2% (!!). Mentre scendono leggermente le probabilità di un taglio per complessivi 50 bps che dal 42,9% di due venerdì fa passano all’attuale 40,0% e con loro si abbassano considerevolmente anche le probabilità per un taglio di soli 25 bps che passano dal 24,5% di due venerdì fa all’attuale 6,2% (v. grafico):

Infine per l’anno 2025 e la prima riunione prevista per il 29 gennaio, l’incertezza è passata dalle probabilità di un taglio tra complessivi 50 bps e 75 bps, alle probabilità di un taglio tra complessivi 75 bps e 100 bps. Al momento comanda, per poco, il primo scenario che sale al 42,8% rispetto al 38,9% di due venerdì fa, mentre le probabilità per il secondo scenario passano dal 17,3% di due venerdì fa all’attuale 39,1%. Si abbassano ulteriormente le probabilità di un taglio per complessivi 50 bps che passano dal 31,2% di due venerdì fa all’attuale 14,5%. Praticamente nulle le probabilità per un taglio di soli 25 bps (v. grafico):

Giovedì e venerdì scorso sono state le giornate ‘clou’ per i rendimenti dei Treasury e dei Bonds in generale. Dopo la pubblicazione dei dati macro, i rendimenti della curva sulle scadenze ‘corte’ sono letteralmente crollati, con il Treasury 2Y che è passato dal 4,608% di due venerdì fa all’attuale 4,453%.

Calo più modesto per il rendimento di riferimento del Treasury a 10 anni, che giovedì scorso ha registrato un minimo a 4,168% visto l'ultima volta a metà marzo scorso, dal 4,282% di due venerdì fa è passato all’attuale 4,226%.

Infine stesso discorso fatto per il 10Y vale anche per la scadenza più lunga del 30Y con il rendimento che passa dal 4,479% di due venerdì fa all’attuale 4,457%. Si restringe ulteriormente, il classico spread 2Y – 10Y a scapito della scadenza corta con uno spread che da 32,6 punti di due venerdì fa passa all’attuale 22,8 punti.

Nella settimana appena trascorsa si abbassano nuovamente i tassi reali, al netto dell’attuale tasso di inflazione, grazie anche ai dati macro in rallentamento sull’inflazione USA. Come mostrato dal grafico del breakeven inflation a 10 anni, in chiusura di ottava il tasso scende al 2,24% dal 2,28% di due venerdì fa (v. grafico):

Analisi grafica dell’indice di riferimento di una parte delle nostre operazioni, il NASDAQ100.

Unico listino a riportare una perdita settimanale, anche se di poco conto (-0,30%), ma la perdita subita giovedì scorso è stata percentualmente la più ampia dell’anno. La rotazione settoriale di giovedì e venerdì scorso è stata messa in opera da parte di diverse grandi istituzioni finanziarie che hanno venduto a mani basse i grandi titoli tecnologici per acquistare titoli di altre aree economicamente sensibili come quelle del settore industriale.

Il rally si è fermato giovedì scorso con vendite copiose soprattutto sui titoli dei cosiddetti ‘Magnificent Seven’ e sui titoli ‘Big Tech’ legati in qualche modo all’Intelligenza Artificiale, praticamente tutti quelli che avevano beneficiato di ampi rialzi nel recente passato. La forte rotazione settoriale che abbiamo visto a favore dei titoli ‘small cap’ del RUSSELL 2000 e, in parte, anche sull’indice S&P500, su questo indice ha inciso meno, in quanto l’indice NASDAQ100 Equal Weighted ha sì guadagnato ma in percentuale minore rispetto agli altri due citati. Attualmente il divario da inizio anno tra l’indice NASDAQ100 ‘pesato’ e quello ‘equal weighted’ si è abbassato al 13,33% dal 14,58% di due venerdì fa. Troppo poco !

Graficamente notiamo come la candela di mercoledì scorso ha fatto registrare un nuovo massimo storico a 20690.97 punti per poi scendere ampiamente il giorno successivo, comunque ben lontano dai primi validi supporti che troviamo in area 20000 punti e successivamente in area 19700. Viceversa, la proiezione dei 20600 punti è stata superata, anche se la seguente discesa non ha permesso un consolidamento sopra tale area. Pertanto, fermo restando il test del recente massimo, la successiva proiezione rialzista la troviamo in area 20900/21000 costituita dal 178,6% di onda 3 di (5) partendo dal minimo di onda 4 di (5). Sceso il livello di RSI agli attuali 64 sarebbe auspicabile una puntata verso i 20000 punti per pulire ulteriormente gli eccessi e riprendere il trend rialzista. La settimana si è chiusa a 20331.49 in perdita dello 0,30% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 20,84% rispetto alla chiusura del 2023.  

Settimana, quella appena trascorsa, all’insegna della continuazione del rally per l’indice S&P500 che nella giornata di venerdì ha portato il suo nuovo record a 5655.34 punti registrando il trentottesimo nuovo massimo del 2024 chiudendo in progresso per la settima volta consecutiva, e per l’undicesima volta su 13 sedute, un evento molto raro. La storia che insegna come gli indici azionari raramente raggiungono un picco a lungo termine quando la dinamica dei prezzi è positiva, come lo è attualmente. Tuttavia, nel breve termine, può rappresentare una stanchezza degli acquirenti, portando a una pausa salutare che ringiovanisce il trend rialzista.

Come potete notare le divergenze possono durare a lungo, ma è estremamente raro che prima o poi non abbiano effetto. Il "ad un certo punto" è il problema ! In quanto può avere importanza domani o tra un anno. Ma in realtà c’è stato solo un momento in più di 90 anni in cui non ha mai avuto importanza, ovvero nel 1995. Alcuni economisti si aggrappano a quello come al contesto più simile al nostro attuale con l’alta probabilità di un atterraggio morbido. I recenti dati economici gettano molti dubbi su questo concetto, ma il mercato si sta comportando come se avessero ragione. Da un punto di vista della partecipazione interna, noi stiamo procedendo a piccoli passi per non buttare al vento i guadagni ottenuti in questi ultimi 3 anni e mezzo, poi se questi economisti dovessero avere ragione, buon per loro che possano raggiungere le ricompense che meritano, in quanto tutto ciò va contro quasi tutta la storia disponibile.

Che il sentiment sia euforico, al di là di stime e valutazioni, lo si nota dalla domanda estrema di opzioni al rialzo, che si riflette in una posizione gamma positiva record presso i dealers, e una volatilità sui singoli titoli estremamente cara rispetto a quella dell'indice, due chiari segnali di frenetici acquisti di calls, principalmente sui titoli ‘Big Tech’.

Questi sono segnali di compiacimento che solitamente conducono a correzioni o consolidamenti, non a inversioni di tendenza. E a volte nei bull market più forti, quale questo è, essendo l'S&P500 in progresso di oltre il 17% da inizio anno, questi segnali possono essere in discreto anticipo come in effetti stiamo riscontrando.

Come dicevamo in precedenza, su questo indice la rotazione settoriale ha portato a chiudere la settimana di contrattazioni in guadagno, in quanto le vendite sul settore dei servizi di comunicazione e del settore tecnologico sono state indirizzate verso i titoli del settore immobiliare, sanitario, industriale, della pubblica utilità e dei materiali di base (chimici, minerari, costruzioni, ecc.), anche se gli analisti di LSEG prevedono che gli utili del secondo trimestre per le aziende dell’S&P500 aumenteranno del 9,6%, con una forte crescita delle aziende tecnologiche ma con un calo degli utili nei settori immobiliare, industriale e dei materiali. Chiaro che una rondine non fa primavera, vedremo se in seguito avranno ragione gli investitori continuando ad acquistare titoli di codesti settori o gli analisti.

A livello grafico notiamo come i prezzi abbiano consolidato sopra l’area della precedente proiezione rialzista a 5540 punti, rappresentata dall’estensione del 100,0% di onda 3 di (5) partendo dal minimo di onda 4 di (5) e che da questa settimana diventa un buon supporto, mentre la continuazione del trend rialzista vede la prossima proiezione in area 5700 [estensione del 127,2% di onda 3 di (5) partendo dal minimo di onda 4 di (5)].

Per quanto riguarda la partecipazione al rally, anche sull’indice maggiore le giornate di giovedì e venerdì hanno prodotto finalmente un forte rialzo dell’indice S&P Equal Weight che ha registrato il suo più grande guadagno relativo settimanale dal 2020 (!!) rispetto all'indice ‘pesato’, erodendo l’enorme vantaggio che dal 13,05% di due venerdì fa è passato nel fine settimana ad un gap dell’11,05% da inizio anno.

Nel corso della scorsa settimana il livello dell’indice Cboe Volatility Index (VIX) ha continuato la lateralità che dura da inizio maggio rimanendo prigioniero tra i 13 ed i 12 punti. Uno spunto sopra i 13 si è avuto giovedì dopo il debole dato sull’inflazione, subito rientrato il giorno successivo dopo il discreto dato sui prezzi alla produzione. Tranquillità totale.

Inversamente al percorso del mercato azionario, la situazione sull’indice della ‘paura’, e parliamo dello skew del CBOE sull’S&P500 – un indicatore del mercato delle opzioni per la domanda relativa di contratti call al rialzo rispetto a contratti put al ribasso – che ha ripreso a salire la scorsa settimana quando, nella giornata di mercoledì, un’esplosione di opzioni call acquistate sulla maggior parte dei titoli rappresentanti i cosiddetti ‘Magnificent seven’ hanno portato l’indice fino a 157 punti, sperando in un dato CPI sotto le attese, quindi benigno per i titolo azionari. Purtroppo per loro il dato sotto le attese è uscito, ma le copiose vendite su quei titoli hanno preso il sopravvento giovedì portando gli opzionisti a vendere parte delle call acquistate che hanno riportato l’indice a quota 151 punti in chiusura di ottava. La settimana si è chiusa a 5615.34 in guadagno dello 0,87% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 17,73% rispetto alla chiusura del 2023.

Grazie alla rotazione settoriale degli ultimi due giorni della scorsa settimana, anche l’asfittico listino delle major industrial, DOW JONES, è riuscito a scrollarsi di dosso l’area dei 39200 punti, che ultimamente aveva frenato le ambizioni rialziste dell’indice, portando i prezzi sopra i 40000 e registrando un nuovo record a 40257.24 punti. Penalizzato dal settore bancario, l’indice è riuscito a chiudere con un buon guadagno settimanale grazie al comparto industriale e dei servizi sanitari. Pertanto, uscito dalla lateralità come ben evidenziato dal grafico, in prospettiva futura e dati macro permettendo, al rialzo sarebbe importante consolidare sopra l’area dei 40000 punti, anche per far scendere un po' il livello di RSI dai 72 punti attuali, per poi tentare il test della prossima proiezione in area 40600 punti. Viceversa troviamo un supporto a 39600 e la fatidica area dei 39200 punti ora diventata supporto. La settimana si è chiusa a 40000.91 in guadagno dell’1,59% rispetto alla chiusura della scorsa settimana, il che porta ad un guadagno del + 6,14% rispetto alla chiusura del 2023.

ORO INDEX

Nel corso della scorsa settimana, l'Oro ha acquisito uno slancio rialzista e ha superato i 2400 $/oz., livello che non si vedeva da oltre un mese, sfruttando la debolezza generalizzata del dollaro statunitense dopo l’uscita dei dati macro deboli sull’inflazione. Potrebbe puntare a un nuovo massimo storico una volta che i prezzi consolidino sopra tale soglia, confermando l’area come supporto.

Gli investitori si aspettano che la FED riduca il tasso di interesse di riferimento a settembre dopo i dati deboli sull'inflazione.

In questa settimana, i principali dati pubblicati dalla Cina e i commenti dei funzionari della Federal Reserve prima del periodo di blackout che precede la riunione del FOMC di fine mese, potrebbero guidare l'andamento del prezzo del metallo giallo.

Dopo l'impennata di due venerdì fa, alimentata dai deboli dati occupazionali negli Stati Uniti, l'Oro ha iniziato la precedente settimana con il piede sbagliato, perdendo oltre l'1% nella giornata di lunedì. I resoconti della People's Bank of China (PBoC), la banca centrale cinese, che ha sospeso gli acquisti di Oro a giugno per il secondo mese consecutivo hanno fatto sì che le vendite si abbattessero sulla commodity preziosa. Inoltre, l'allentamento delle tensioni geopolitiche e il crescente ottimismo su un accordo per il cessate il fuoco e per gli ostaggi tra Israele e Hamas hanno fatto perdere ‘appeal’ all'Oro come bene rifugio.

Martedì, nel primo dei due giorni previsti della testimonianza del Presidente della FED, Powell, al Congresso, ha detto al Comitato bancario del Senato che un numero più alto di dati macro validi avrebbero rafforzato la loro fiducia nell'inflazione, ripetendo che non sarebbe stato appropriato, al momento, ridurre il tasso di riferimento. Commentando l'ultimo rapporto sull'occupazione, "i dati più recenti sul mercato del lavoro hanno inviato un segnale abbastanza chiaro che il mercato del lavoro si è raffreddato notevolmente", ha osservato Powell. Queste osservazioni non sono riuscite a innescare una significativa reazione del mercato, ma la modesta pressione di vendita che circondava il Dollaro ha aiutato il metallo giallo a mettere in scena un rimbalzo.

Mercoledì Powell, nel secondo giorno della sua testimonianza, si è astenuto dal fornire nuovi accenni alle prospettive politiche. Il miglioramento dell'umore del rischio, come evidenziato dal Nasdaq Composite e dall'S&P500 che hanno raggiunto nuovi massimi storici, ha reso difficile per il Dollaro trovare domanda. A sua volta, l'Oro estendeva la sua ripresa in vista dei dati chiave sull'inflazione in pubblicazione nel giorno successivo.

Giovedì, il tanto atteso dato sull’inflazione è stato pubblicato dall'US Bureau of Labor Statistics che ha segnalato come l'inflazione negli USA, misurata dalla variazione dell'indice dei prezzi al consumo (CPI), si sia attenuata attestandosi al 3% su base annua a giugno. L'indice dei prezzi al consumo ‘core’ annuale, che esclude i prezzi volatili di cibo ed energia, è aumentato del 3,3% nello stesso periodo, ma al di sotto delle previsioni di mercato e dell'aumento del 3,4% di maggio. Su base mensile, l'indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0,1%, mentre l'indice dei prezzi al consumo ‘core’ è aumentato dello 0,1%. Il rendimento del titolo del Tesoro USA a 10 anni di riferimento è sceso al di sotto del 4,2% come reazione immediata e il Dollaro è stato sottoposto a una forte pressione di vendita. Di conseguenza, l'Oro acquisiva la necessaria forza rialzista, riuscendo a salire sopra i 2430 $/oz. per la prima volta da metà maggio.

Infine, nella giornata di venerdì il metallo giallo subiva una correzione al ribasso, ma in chiusura di contrattazioni riusciva a stabilizzarsi sopra i 2400 $/oz. dopo essere sceso brevemente al di sotto di questo livello in risposta ai dati macro dell'indice dei prezzi alla produzione (PPI) di giugno, leggermente più forti del previsto.

Nel corso di questa settimana, gli investitori sulla commodity preziosa presteranno molta attenzione ai dati del Prodotto Interno Lordo (PIL) della Cina. Si prevede che l'economia cinese si espanderà a un tasso annuo del 5,1% nel secondo trimestre, in leggero calo rispetto alla crescita del 5,3% registrata nel primo trimestre. Una lettura del PIL cinese più forte del previsto potrebbe ravvivare l'ottimismo sulle prospettive della domanda di Oro aiutando le quotazioni a spingersi più in alto.

Secondo l'agenzia di stampa Xinhua, il Partito Comunista Cinese terrà un terzo plenum a lungo rimandato, dal 15 al 18 luglio. I mercati si aspettano che una serie di riforme economiche, con un focus sulle politiche immobiliari, vengano annunciate dopo questo incontro. Nel caso in cui i mercati avvisassero un aumento del rischio dopo questo evento, le quotazioni dell’Oro potrebbero guadagnare terreno.

In USA, le vendite al dettaglio di giugno saranno l'unica pubblicazione di dati di alto livello presente nel calendario economico, martedì. Un calo significativo di questi dati potrebbe mettere ulteriore peso sulle spalle del Dollaro, mentre una sorpresa positiva potrebbe aiutare la valuta a trovare supporto e limitare il rialzo dei prezzi della commodity come reazione immediata.

Infine, gli investitori si concentreranno anche sui commenti dei funzionari della FED, dato che nella prossima settimana ha inizio il periodo di blackout prima della riunione politica del 30-31 luglio. Dopo i dati sull'inflazione di giugno, la probabilità che la FED lasci invariato il tasso di interesse di riferimento nella riunione di settembre è scesa sotto il 10%. Nel caso in cui i funzionari del Comitato reagissero a questa aspettativa minimizzando le letture sull’inflazione deboli, il Dollaro potrebbe riprendere forza e causare una correzione al ribasso per le quotazioni dell’Oro. Viceversa, anche se i decisori politici confermassero una riduzione del tasso di interesse a settembre, il posizionamento di mercato suggerisce che il Dollaro non ha più molto spazio al ribasso con le quotazioni dell’Oro che potrebbero guadagnare ancora qualcosa, registrando un nuovo record.

Prospettive tecniche dell’Oro.

Il test dell’area di resistenza psicologica dei 2400 $/oz. è stato effettuato con successo e la chiusura settimanale sopra tale area potrebbe aprire la strada al raggiungimento di nuovi record. La prospettiva rimane sempre quella di consolidare i prezzi sopra tale area nell’attesa che un evento possa dare la spinta ad effettuare un test del doppio massimo storico ‘sporco’ a 2454,20 $/oz. Viceversa si rientrerebbe nel range 2.430-2.360 $/oz. con possibile estensione sul supporto a 2320 $/oz. oltre il quale, ovviamente, di non andare assolutamente.

Passando agli altri due metalli preziosi, nel corso della scorsa settimana i prezzi del Platino non hanno seguito la scia dell’Oro, scendendo dal massimo relativo di due venerdì fa a 1049,8 $/oz. fino all’area psicologica dei 1000 $/oz., con lievi estensioni sotto tale area ma solo in intraday. L’ottava si è comunque chiusa a 1015 $/oz. Il livello di RSI a 52 non offre indicazioni di sorta per questa settimana. Rimane sempre importante non perdere il supporto dell’area psicologica dei 1000 $/oz.

Scenario sicuramente migliore per le quotazioni dell’Argento. I deboli dati sull’inflazione hanno prodotto un’accelerazione alle quotazioni ma senza riuscire ad andare a testare i precedenti massimi relativi di metà maggio scorso a 32,75 $/oz., ma rimane importante che i prezzi siano riusciti a consolidare tra le aree dei 31 e 32 $/oz. Il livello di RSI a 56 permetterebbe il test dei precedenti massimi relativi. Viceversa, molto importante non scendere sotto il supporto in area 30 $/oz.

La quotazione settimanale dell’Oro si è chiusa a 2416,0 $/oz. con un guadagno del + 0,68% rispetto alla precedente settimana che porta ad un guadagno da fine anno del + 16,62%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 2411.11 $/oz. Di seguito il grafico daily dell’ORO FUTURES AGOSTO 2024:

POLITICA USA

La campagna elettorale verso le elezioni presidenziali di novembre viene segnata da un attacco all’ex presidente ed attuale candidato repubblicano Donald Trump. A Butler, in Pennsylvania, tra il sabato e la domenica notte italiana, durante un comizio elettorale Trump è stato ferito ad un orecchio con un’arma da fuoco ed i colpi sparati hanno ucciso una persona presente all’evento, ferendone gravemente altri due. Lo staff del candidato repubblicano ha fatto sapere che Trump sta bene, lui stesso poi tramite un post su Truth Social ha spiegato di essere stato colpito da un proiettile nella parte superiore dell’orecchio destro. L’FBI ha poi identificato Thomas Matthew Crooks, ragazzo di 20 anni, come il sospettato attentatore, ucciso dagli agenti dei Servizi Segreti dopo aver aperto il fuoco dal tetto di un edificio che si trova a circa 120-150 metri dal palco dal quale stava parlando Trump. Dalle prime informazioni raccolte dai media americani attorno al profilo del sospetto, sarebbe emerso che il giovane era iscritto alle liste elettorali come elettore repubblicano, anche se nel 2021 aveva donato 15 dollari ad un gruppo che sosteneva il Partito Democratico. Attorno alla vicenda diverse domande sull’efficacia della sicurezza. La commissione per la supervisione ha già convocato per un’udienza la direttrice dei Servizi Segreti, Kimberly Cheatle, udienza in programma per il 22 luglio. Parlando alla BBC, una persona ha detto di aver visto l’uomo sospettato di essere l’attentatore strisciare con un fucile sul tetto dell’edificio per diversi minuti; l’uomo che ha parlato con la testata giornalistica ha detto che gli avvertimenti che lui ed altri hanno dato non sono stati seguiti dalla polizia.

In seguito all’episodio violento, il Presidente e candidato dem Joe Biden ha dichiarato: “Non c’è posto per questo tipo di violenza in America. Dobbiamo unirci come un’unica nazione per condannarla”. Inoltre, Reuters riporta che un funzionario della campagna elettorale ha detto che la campagna di Biden ha sospeso i propri annunci televisivi ed interrotto le altre comunicazioni in uscita.

L’attacco si è verificato a poche ore dall’inizio della convention repubblicana che inizierà oggi, lunedì, a Milwaukee (Wisconsin) e durante la quale ci sarà la nomina formale di Trump come candidato del partito alle elezioni presidenziali di novembre. Trump ieri, domenica, tramite un post su Truth Social ha fatto sapere che interverrà alla convention. “Amo veramente il nostro Paese, e amo tutti voi, e non vedo l’ora di parlare alla nostra grande Nazione questa settimana dal Wisconsin”, si legge nel passaggio finale di un post pubblicato ieri sul profilo di Trump.

Voltando pagina, restando però sul tema ‘campagna elettorale’, venerdì scorso ad un comizio a Detroit il Presidente e candidato democratico Joe Biden ha detto che non abbandonerà la corsa verso le presidenziali. Biden ha anche illustrato ciò che intende fare nei primi 100 giorni di un eventuale secondo mandato, citando tra le altre azioni, il codificare i diritti all’aborto, l’aumento del salario minimo e il divieto di armi d’assalto. L’appoggio del partito al candidato Biden, però non è compatto. Dal dibattito di fine giugno, almeno 19 parlamentari hanno chiesto a Biden di ritirarsi, e lo stesso hanno fatto alcuni donatori. D'altronde, il Partito Democratico non può permettere che in un’elezione presidenziale corra un candidato sconfitto in partenza per motivi evidenti a tutti. Le ripercussioni per il partito sarebbero drammatiche.

Ammesso che il cambio di cavallo avvenga, c'è poi il problema di stabilire chi sostituirà Biden. Il candidato principale è la Harris, che sulla carta non sembra avere grossissime possibilità, ma almeno può giocarsela ad armi intellettuali pari con Trump. Vedremo.

POLITICA DELLA FED

Il Presidente della FED, Jerome Powell, martedì scorso ha parlato davanti alla commissione bancaria del Senato e nel corso del suo intervento ha sostenuto che l’economia statunitense non è più “surriscaldata”. Il numero uno della banca centrale statunitense ha detto che sono consapevoli del fatto che ci siano due rischi, dunque non ci si possa più concentrare esclusivamente sull’inflazione. Powell ha detto: “Il mercato del lavoro sembra essere tornato completamente in equilibrio”. Il Presidente della FED non ha poi voluto fornire segnali sulle tempistiche di future azioni riguardanti i tassi d’interesse. Per quanto riguarda l’inflazione, Powell ha spiegato che negli ultimi mesi è migliorata ed ulteriori dati positivi andrebbero a rinforzare la tesi di una politica monetaria più accomodante. Progressi sull’inflazione che, dopo una partenza di anno sottotono, hanno lanciato nuovi segnali positivi recentemente: “Dopo una mancanza di progressi verso il nostro obiettivo di inflazione del 2% nella prima parte dell’anno, i dati mensili più recenti hanno mostrato ulteriori modesti progressi”. Powell ha poi detto che ulteriori dati positivi rinforzerebbero la fiducia rispetto un calo dell’inflazione verso il 2%. Il Presidente della banca centrale statunitense ha osservato che l’inflazione elevata non è l’unico rischio presente, inoltre ha sottolineato che una politica monetaria troppo stretta troppo a lungo potrebbe indebolire eccessivamente l’attività economica e l’occupazione compromettendo un periodo di crescita economica.

Parlando anche davanti alla commissione servizi finanziari della Camera, Powell ha affermato che l’impegno della FED è quello di prendere decisioni basandosi su dati, l’evolversi delle prospettive e l’equilibrio dei rischi, non prendendo in considerazione altri fattori, compresi fattori politici. Il Presidente della FED in merito agli obiettivi di stabilità di prezzo e piena occupazione ha detto: “C’è un percorso per tornare alla piena stabilità dei prezzi mantenendo basso il tasso di disoccupazione”. “Noi ci siamo. Siamo molto concentrati sullo stare su questo percorso”.

Anche la segretaria al Tesoro, Janet Yellen, ha parlato alla commissione servizi finanziari della Camera affermando che pensa che l’inflazione continuerà a scendere nel tempo e dicendo che gli affitti e i costi abitativi continuano a mantenerla più alta di quanto idealmente vorrebbero. Yellen ha anche parlato di un mercato del lavoro forte e con meno pressioni che creerebbero preoccupazioni inflazionistiche.

Le prove a sostegno del cosiddetto “atterraggio morbido” per Lisa Cook, membro del consiglio direttivo della FED, si stanno allineando. La previsione di base di Cook è che l’inflazione continuerà a muoversi verso l’obiettivo nel tempo e senza ulteriori aumenti nella disoccupazione. E sulla possibilità di atterraggio morbido, mercoledì scorso ha detto: “Negli Stati Uniti, ciò che ho visto finora sembra essere coerente con un atterraggio morbido: l’inflazione è scesa in modo significativo dal suo picco ed il mercato del lavoro si è gradualmente raffreddato, ma resta forte”. Inoltre, Cook ha spiegato che FED osserva con attenzione i cambiamenti nel tasso di disoccupazione ed in caso di un cambiamento rapido, sarebbe reattiva.

Giovedì scorso Austan Goolsbee, presidente della FED di Chicago, commentando il calo dei prezzi al consumo di giugno rispetto a maggio riportato nel dato pubblicato lo stesso giorno, ha parlato di una notizia “eccellente” che insieme al dato di maggio ha suggerito che i dati sull’inflazione di gennaio superiori alle attese siano stati solo un “incidente di percorso”. Commentando il dato di giovedì scorso, Goolsbee ha anche detto che ha mostrato un atteso allentamento dell’inflazione immobiliare e degli affitti che ha definito “profondamente incoraggiante”. Goolsbee non ha detto se richiederà un taglio dei tassi al meeting del FOMC di fine luglio, ma ha osservato che mantenere il tasso di riferimento nel range 5,25%-5,5%, restare fermi, significa inasprire le condizioni. Inoltre, il numero uno della FED di Chicago ha detto di vedere segnali di avvertimento di un’economia in rallentamento, tra cui un aumento del tasso di disoccupazione, ed un aumento delle insolvenze, ma dato che la pandemia ha stravolto l’economia, per Goolsbee è difficile sapere con esattezza cosa possono predire questi segnali.

Alberto Musalem, presidente della FED di St. Louis, giovedì scorso ha detto che l’indice dei prezzi al consumo di giugno “indica ulteriori progressi incoraggianti verso una riduzione dell’inflazione”. Per Musalem la politica monetaria è restrittiva, ma non eccessivamente, inoltre ha detto che mantenere i tassi stabili al meeting dello scorso mese è stata la scelta giusta. Il livello attuale del tasso sui federal funds per Musalem è la posizione politica appropriata in quanto permette ai banchieri centrali di bilanciare i rischi di un taglio dei tassi prematuro e di un taglio in ritardo.

Il presidente della FED di San Francisco, Mary Daly, giovedì scorso ha detto: “Con le informazioni che abbiamo ricevuto oggi, che includono dati su occupazione, inflazione, crescita del PIL e la prospettiva per l’economia, vedo come probabile che saranno giustificati alcuni adeguamenti della politica”. Per Daly però è ancora poco chiaro quando sarà appropriato fare una modifica alla politica. L’economia pare dirigersi “più o meno” verso il punto in cui uno o due tagli dei tassi d’interesse quest’anno “sarebbero il percorso appropriato”, ha detto Daly.

DATI MACROECONOMICI

Il dato annualizzato dell’indice dei prezzi al consumo a giugno si è attestato al 3%, rilevazione più bassa da giugno 2023 quando era stato registrato proprio un 3,0%; a maggio era al 3,3% ed il consensus indicava un calo al 3,1%. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

L’indice dei prezzi al consumo core (che esclude il settore del cibo e dell’energia) a livello mensile a giugno segna un +0,1%, sotto al consensus del +0,2% ed in lieve calo rispetto al +0,2% di maggio.

Su base annua, il dato passa dal 3,4% di maggio al 3,3% di giugno, sotto al consensus del 3,4%. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata il 6 luglio sono state 222 mila, un dato che è rimasto sotto al consensus di 236 mila. Nella settimana precedente le richieste erano state 239 mila (riviste da 238 mila). Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

L’indice dei prezzi alla produzione core (che esclude il settore del cibo e dell’energia) a livello mensile a giugno cresce dello 0,4%, rispetto ad un consensus del +0,2% ed un +0,3% registrato a maggio (rivisto da +0,0%).

A livello annualizzato, invece, il dato a giugno si attesta al 3,0%, mezzo punto oltre il consensus del 2,5% ed in crescita rispetto al 2,6% di maggio (rivisto da 2,3%). I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Il dato preliminare di luglio dell’indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan è pari a 66,0 punti, sotto al consensus di 68,5 punti ed in calo rispetto ai 68,2 punti di giugno.

PORTAFOGLI AZIONARI

E così sia ! Quando meno te lo aspetti, visto il rimbalzo dai minimi, con un’apertura in gap down prendi STOP. Parliamo del titolo francese DASSAULT SYSTEMES che nella giornata di martedì scorso dopo 5 sedute in risalita, apre in gap perdendo tutto il recupero andando a prendere il nostro livello di STOP 8 tick sopra il minimo di giornata. Scongiurata la maggioranza dell’estrema destra nella seconda tornata delle elezioni politiche, la borsa francese ha reagito al ribasso con un giorno di ritardo. Peccato ! Anche su FASTENAL non ci è andata bene, per il momento. Pubblicata la propria trimestrale economica che la vede in linea con le attese per quanto riguarda gli utili ma leggermente dietro per quanto riguarda i ricavi, venerdì scorso il titolo ha aperto in forte gap up, avvicinandosi al nostro livello di target, per poi chiudere rimangiandosi una gran fetta di guadagno. Per il resto nulla di nuovo nel Portafoglio Storico a livello di target, da segnalare una discreta rotazione settoriale nei listini USA che hanno migliorato le performance dei titoli statunitensi presenti nel Portafoglio. Speriamo, ovviamente, che questa situazione continui per riprendere la scia dei guadagni.  MONSTER BEVERAGES è l’unico titolo che, pur continuando il lento recupero, rimane sempre in una zona di potenziale pericolo.

Nel Portafoglio “The Challenge”, le quotazioni non si sono mosse rispetto a due venerdì fa sul secondo lotto di KERING, mentre sono scese su ADOBE in quanto il livello di RSI quasi a 80, descritto nell’articolo della scorsa settimana scorsa, ha fatto il suo dovere spingendo sulle vendite e riportando il livello stesso a 65.

Sempre lateralità per quanto riguarda BREMBO anche se venerdì ha chiuso sopra la congestione di un mese. Su CAMPARI pensavamo che le vendite si fossero chiuse nella giornata di martedì 2 luglio, invece il titolo ha registrato un nuovo minimo martedì scorso a 8,348 € per poi rimbalzare nei giorni successivi. Attendiamo la pubblicazione dei risultati economici previsti per martedì 30 luglio. Benino STELLANTIS e in stand-by LUFTHANSA, anche per questi due titoli aspettiamo i risultati economici a fine mese. DISNEY in laterale anche se ha rotto di poco al ribasso la propria M.M. a 200 periodi senza, però, scendere ulteriormente. Su UNITED AIRLINES che è scesa a ridosso della propria M.M. a 200 periodi, siamo costretti ad abbassare il nostro livello di target.

Infine, abbiamo perso il primo giro per posizionarci sul titolo BMW. Ma la riprendiamo, dove scappa ?

Alla prossima.

FOCUS SU AZIONI

PARAMOUNT – Skydance ed i suoi partner acquisiranno per 2,4 miliardi di dollari National Amusements, azienda che detiene la quota di controllo della famiglia Redstone in Paramount. A seguire Skydance si unirà con Paramount, offrendo 4,5 miliardi di dollari in contanti o azioni agli azionisti e fornendo altri 1,5 miliardi di dollari per il bilancio di Paramount. David Ellison, fondatore di Skydance Media, lunedì scorso ha detto che l’obiettivo è di posizionare la “new Paramount” come un’ibrida tech in grado di soddisfare le esigenze del mercato in evoluzione. Reuters riporta che in vista della presentazione per gli investitori, Paramount ha comunicato in slides che l’accordo produrrà 2 miliardi di dollari di risparmi run-rate, metà dei quali nel primo anno; i costi di ristrutturazione ed integrazione raggiungeranno 1,6 miliardi di dollari. Sempre stando alle diapositive, nel 2025 Paramount raggiungerà entrate per 32,6 miliardi di dollari su base pro forma, mentre per il 2027 si attendono entrate per 33,5 miliardi di dollari. Nell’accordo è prevista una finestra temporale di 45 a favore di Paramount per trovare un’eventuale offerta migliore.

TESLA – Giovedì scorso, Tesla ha lanciato una nuova variante a trazione posteriore del suo veicolo a lungo raggio Model 3, con un prezzo 5 mila dollari inferiore rispetto alla versione a trazione integrale. Nessuna modifica ai prezzi della versione base di Model 3, di quella a trazione integrale a lungo raggio e alle varianti ad alte prestazioni. Sempre giovedì scorso, citando persone che hanno familiarità con la decisione, ha riportato che Tesla sta rimandando ad ottobre il lancio di robotaxi in quanto è stato chiesto al team di progettazione di rivedere alcuni elementi dell’auto.

ALIBABA – Kaifu Zhang, vicepresidente di Alibaba International Digital Commerce Group, ha detto che l’unità di e-commerce internazionale di Alibaba sta sfruttando strumenti generativi basati sull’intelligenza artificiale per aiutare i commercianti transfrontalieri con la traduzione, la creazione di contenuti ed i resi dei prodotti. Zhang si è detto ottimista riguardo il potenziale dell’intelligenza artificiale per l’azienda, anche a fronte delle tensioni crescenti tra Cina ed USA.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SCORSA SETTIMANA.

Questa settimana sono andato un po' lungo e riporto i dati economici delle società FASTENAL e PEPSICO nell’articolo della prossima.

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SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.

ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>) 

CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.

ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (15/07/2024)

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