Ci saranno cambiamenti rispetto al metodo in corso ma anche in confronto alle prime ipotesi formulate l’anno scorso. E se venisse così fuori un pastrocchio? C’è comunque confusione sul tema ed è allora il caso di cercare di valutarne aspetti positivi e negativi in base alle ipotesi formulate.
Il report della domenica
Foto Franco Silvi – Copyright Ansa
Si tratta di una rivoluzione, attesa da tempo e che finalmente eliminerà le discrepanze di trattamento fiscale fra i vari strumenti più utilizzati dagli investitori. C’è solo da augurarsi che non venga stravolta rispetto alle ipotesi iniziali (il Governo ha 24 mesi dall’entrata in vigore della relativa legge, avvenuta il 29/08/2023, per emanare i decreti legislativi) e che non comporti cambiamenti radicali soprattutto rispetto alle prime congetture, molto più “generose” in termini di compensazione fra plus e minus. Il tutto richiederà certamente un diverso approccio al tema.
Vediamo di capire di cosa si tratta? |
Di una riforma radicale della tassazione sui risparmi, che introduce una sola categoria di redditi di natura finanziaria, tassati per cassa, con deduzione delle perdite (minus) e possibilità del relativo trasferimento fino al quarto anno successivo |
Diamo una definizione di massima della riforma, sebbene ancora in corso di definitiva approvazione… |
L’aspetto più importante è rappresentato dal superamento dell’attuale distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria. Ciò modificherà le distorsioni in corso per esempio fra certificati ed Etf, ponendo tutti gli strumenti sullo stesso livello |
Si dà però importanza a un concetto che dovrà essere ben capito. È quello del principio di cassa. Di cosa si tratta? |
Viene infatti prevista la determinazione dei redditi di natura finanziaria sulla base del principio di cassa. In altre parole viene stabilito che la base imponibile sarà costituita dalla somma di tutti i redditi finanziari positivi e negativi percepiti o realizzati nel periodo d’imposta annuale, con tassazione sul rendimento effettivo del patrimonio finanziario posseduto dal contribuente senza vincoli in rapporto al tipo di strumento utilizzato per produrlo |
Il concetto può sembrare un po' complesso a chi non è addentro al tema della fiscalità. Cerchiamo di semplificarlo! |
L’adozione generalizzata del principio di cassa interesserà in particolare quei settori del risparmio finora basati sul principio del “maturato”. Si tratta soprattutto di alcune forme di gestioni patrimoniali e pensionistiche |
Un altro aspetto importante riguarda l’aliquota base, ora al 26% (con la sola esenzione dei titoli di Stato e dei bond sovranazionali soggetti al 12,5%). Sono circolate indiscrezioni di una volontà di adeguarla al minimo scaglione Irpef, il che vorrebbe dire un abbassamento al 23%. E’ ipotizzabile? |
Si sono dette molte cose contraddittorie sulla riforma ma sembra improbabile l’ipotesi di un abbassamento dell’aliquota cosiddetta standard al 23%, stante il fardello che ciò comporterebbe per le casse pubbliche |
Viene invece riconfermata l’equiparazione di trattamento per gli Etf, finora “maltrattati” dal legislatore. E’ così? |
Con la normativa attualmente in vigore le plusvalenze derivanti da Etf non possono essere compensate con eventuali minusvalenze dovute ad altri strumenti finanziari, perché sono trattate come redditi di capitale: Con la riforma questo handicap verrà eliminato, favorendo e non di poco l’utilizzo degli Etf da parte degli investitori |
Gli intermediari finanziari manterranno il ruolo di sostituti di imposta, agevolando la vita ai piccoli e medi investitori? |
Certamente sì ma si troveranno ad affrontare probabili maggiori impegni, a causa di una possibile novità introdotta dalla riforma |
Relativa all’aspetto che costituisce l’attuale motivo di incertezza sulla “competitività” della riforma, quello della compensazione di eventuali minus detenute dal singolo investitore. Come potrebbe essere modificata? |
I motivi per cui la riforma non è stata ancora introdotta sta proprio nel fatto che gli organi ministeriali competenti stanno valutando i suoi impatti sul gettito fiscale. Ecco allora che si sono ipotizzate delle limitazioni all’ammontare delle minus da compensare. Si parla anche di vere e proprie mannaie in merito. Sono circolate infatti indiscrezioni sulla percentuale massima ammessa in detrazione ma – non essendoci riscontri concreti – preferiamo evitare di riferirle. Si può tuttavia prevedere che all’entusiasmo iniziale – dovuto all’ipotesi di una totale deducibilità - faccia seguito una realtà più sfavorevole |
In conclusione gestire il fisco sui risparmi potrebbe diventare più complesso e richiedere una maggiore conoscenza specifica della materia? |
Sotto certi profili no, perché l’introduzione di una sola categoria di redditi finanziari sarà una scelta assolutamente condivisibile. Resta invece l’incertezza sull’aspetto compensazione minus, su cui c’è da augurarsi che il meccanismo ipotizzato – sulla base però solo di indiscrezioni - non si trasformi in un pasticcio o in una penalizzazione per gli investitori. Che su questo, come su altri temi, appaiono del tutto indifesi |