La Federal Reserve, attraverso le parole del suo presidente Jerome Powell, si prende tempo sul fronte dei tassi d’interesse. “Non c’è fretta di tagliare i tassi”, ha affermato Powell, lasciando intendere che la banca centrale statunitense vuole osservare con attenzione i prossimi sviluppi economici prima di ulteriori interventi.
Questo approccio prudente arriva poco dopo un secondo taglio consecutivo di 25 punti base deciso lo scorso 7 novembre e sulla scia di dati sull’inflazione americana in linea con le aspettative. Un segnale che i mercati hanno subito recepito, ridimensionando le probabilità di un nuovo taglio a dicembre.
Intanto, in Europa, la Bce si trova di fronte a decisioni altrettanto cruciali. La presidente Christine Lagarde potrebbe infatti dover calibrare le mosse di politica monetaria europea in funzione delle dinamiche oltreoceano.
Durante un discorso tenuto a Dallas, Powell ha spiegato come la solidità del mercato del lavoro e il calo significativo dell’inflazione abbiano ridotto la necessità di azioni immediate. “L’inflazione è scesa notevolmente dal picco del 2022, quando aveva superato il 7% e il mercato del lavoro si è stabilizzato a livelli coerenti con il nostro mandato.”
L’attenzione ora si concentra sui dati economici in arrivo. Powell ha infatti specificato che le prossime decisioni sul tasso di riferimento dipenderanno dall’evoluzione dei principali indicatori economici, tra cui le richieste di sussidi di disoccupazione, il PPI e le vendite al dettaglio.
Sul versante europeo, la Banca Centrale Europea si prepara al meeting di dicembre, tra ipotesi di ulteriori tagli e un quadro economico ancora fragile. I verbali dell’ultima riunione di ottobre rivelano come le preoccupazioni per l’inflazione siano state superate da quelle relative alla crescita, anche se non sembra esserci unanimità tra i membri del consiglio direttivo.
La possibilità di un ulteriore taglio dei tassi di 25 o 50 punti base rimane aperta. Tuttavia, un allentamento più aggressivo potrebbe ampliare il divario tra i tassi europei e quelli statunitensi, esercitando pressione sull’euro e complicando ulteriormente il quadro economico europeo.
I mercati si interrogano su quale sarà l’approccio adottato dalle due banche centrali nelle prossime settimane. Negli Stati Uniti, le probabilità di un taglio a dicembre sono scese al 62%, mentre in Europa, l’entità della prossima mossa della Bce rimane incerta.
La Bce dovrà inoltre valutare l’impatto delle dinamiche globali, con particolare attenzione alle implicazioni di un euro debole rispetto al dollaro. Un’eccessiva divergenza tra le politiche monetarie potrebbe infatti compromettere ulteriormente la competitività dell’eurozona.
Passiamo ai numeri e all’analisi delle curve.
Analisi ZC-Yield Curve Eur
La lettura della ZC-Yield Curve Eur mostra una progressione, lenta ma costante, di contrazione dei rendimenti su tutto il tratto della curva. Infatti, rispetto alla scorsa lettura il rendimento della scadenza a 10 anni scende in area 2,30%, mentre la scadenza trentennale scende in area 2,02%.
Molto nevosa la conformazione della curva: mantiene ancora un’inclinazione negativa piuttosto accentuata sul tratto a breve e torna ad ampliare l’inclinazione positiva, ora dalle scadenze 2027. Stabile l’inclinazione positiva sul tratto a lunga, sempre sino alle scadenze 2039. Il differenziale 10Y-2Y torna ad allargarsi un po’, portandosi ora a 9 bps. Nel tratto a brevissimo la curva esprime ora un massimo di rendimento sulle scadenze di inizio 2025 in area 3,00%.
Molto nervosismo per le previsioni fornite dai tassi forward su Euribor 6 mesi sulle scadenze a breve, con tassi attesi ora in area 2,75% per il primo trimestre 2025 e la discesa verticale sulla parte a breve maggiormente accentuata rispetto alle scorse analisi. In consolidamento le aspettative sui tagli dei tassi cospicui da parte della Bce, che portano la curva dei forward ora sotto area 1,90% per i primi mesi del 2026. Ben ridimensionate anche le previsioni di risalita dei tassi, visti ora solo più verso area 2,55% nell’intervallo 2036-2037.
Analisi Integrata Trendycator
Analizzando con il Trendycator le curve dei rendimenti su scala settimanale dei principali benchmark decennali è sempre evidente la fase di totale incertezza, soprattutto per l’Europa, nell’attesa dei prossimi dati macro e delle conseguenti prossime mosse delle banche centrali.
L’area UK vede il rendimento per il GILT sostanzialmente stabile e ora in area 4,50% e Trendycator che conferma il passaggio a LONG. In ripiegamento i rendimenti del BUND che si portano in area 2,34% con Trendycator che resta in stato NEUTRAL. Più marcata la discesa dei rendimenti del nostro Btp decennale, ora in area 3,54% con uno spread in riduzione e ora in area 120 punti base; modello Trendycator che riconferma lo stato SHORT annullando il passaggio a NEUTRAL. Infine, l’area USA con i rendimenti del Treasury decennale che ritoccano ancora al rialzo, ora verso area 4,45% con Trendycator stabile in stato a NEUTRAL.
Rendimenti bond governativi benchmark mondiali
Tabella dei rendimenti, su base settimanale, delle obbligazioni governative mondiali con qualunque rating. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo.
Conclusioni operative
I mercati obbligazionari sono in evidente e netta fase di repricing. Come abbiamo diffusamente discusso in occasione dell’ultimo Workshop live del Circolo degli Investitori, pur rimanendo valide le idee operative in ottica strategica è cambiata la percezione degli investitori a livello tattico.
I rendimenti, come visto nell’analisi delle curve poco sopra, hanno ripreso a marciare lentamente ma costantemente verso il basso, ridimensionandosi di alcuni punti base. E, come abbiamo già osservato nello scorso report, con la correzione dei prezzi delle scorse settimane, sono tornati potenzialmente interessanti i rendimenti di obbligazioni dal minimo credit risk, ideali per chi volesse rimpolpare il portafoglio obbligazionario con rischi molto contenuti.
I differenziali di rendimento sulle aree valutarie stanno rendendo interessanti, compatibilmente con il rischio cambio, le obbligazioni in GBP (sterlina inglese) e USD (dollaro Usa). Con una gestione attenta e dinamica del rischio cambio, affiancare una porzione di queste due valute alla parte core del portafoglio in euro, potrebbe dare un po’ di rendimento extra con rischi tutto sommato contenuti.
A titoli di esempio, qui sotto un’estrazione di titoli in GBP, tra governativi Uk e sovranazionali Bei, così da rendere quasi nullo il rischio emittente.
L’autore del presente articolo è iscritto all’Ordine dei Giornalisti e non detiene gli strumenti oggetto delle sue analisi.
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