La recente riunione della Banca Centrale Europea ha portato al terzo taglio dei tassi, il secondo consecutivo, ma ha lasciato un clima di incertezza, suggerendo un cambiamento significativo nella strategia dei responsabili della politica monetaria.
Mentre Christine Lagarde ha evidenziato progressi nel contenimento dei prezzi, ha anche espresso preoccupazioni per il rallentamento della crescita, che potrebbe influenzare il raggiungimento dell'obiettivo di inflazione. Gli investitori ora si interrogano sulle prossime mosse dell'istituto e sui fattori che potrebbero pesare maggiormente sulle decisioni future.
La Bce ha deciso di ridurre il tasso sui depositi di 25 punti base, portandolo al 3,25%. Questa decisione è stata motivata dalla moderazione dell'inflazione e dai crescenti rischi per la crescita economica, come segnalato dagli indici PMI che indicano un rallentamento dell'attività, specialmente in Germania. La presidente Lagarde ha dichiarato che le decisioni future verranno prese basandosi sui dati disponibili in ogni riunione, ribadendo che i tassi resteranno restrittivi finché l'inflazione non tornerà al target del 2%, previsto ora entro il 2025.
I toni cauti adottati da Lagarde sono stati interpretati dai mercati come un segnale di apertura a ulteriori riduzioni dei tassi, con una probabilità crescente di un taglio di 50 punti base già nel meeting di dicembre. Alcuni analisti prevedono un calo dei tassi fino al 2% entro la metà del 2025, con tagli distribuiti in ciascuno dei prossimi meeting fino a giugno. Secondo altri esperti, è più probabile un taglio di 25 punti base a dicembre, con ulteriori riduzioni trimestrali che potrebbero portare i tassi a un livello neutrale entro la fine del 2025.
La risposta dei mercati finanziari è stata immediata: l’euro ha mostrato segni di debolezza generalizzata, mentre i rendimenti obbligazionari nell’Eurozona hanno registrato variazioni minime, con movimenti più evidenti sulla scadenza a due anni. La divergenza tra la politica monetaria della Fed e quella della Bce potrebbe, secondo gli analisti, riportare il cambio euro/dollaro nella fascia 1,05/1,07, con le elezioni presidenziali statunitensi del 5 novembre e le future emissioni di titoli del Tesoro come variabili chiave.
Le aspettative macroeconomiche rimangono un elemento cruciale per valutare le prossime mosse della Bce. Secondo il sondaggio SFP (Survey of Professional Forecasters) pubblicato oggi, il PIL dell'Eurozona è previsto in crescita dello 0,7% nel 2024 e dell’1,2% nel 2025. L’inflazione dovrebbe attestarsi al 2,4% nel 2024, per poi scendere all’1,9% nel 2025 e nel 2026. Le aspettative di lungo termine restano invece ancorate al 2% entro il 2029, mentre il tasso di disoccupazione si stabilizzerà intorno al 6,5% nel 2024 e 2025, con una leggera diminuzione al 6,4% nel 2026.
La Bce si trova in un momento di svolta, con la necessità di bilanciare il controllo dell’inflazione e il supporto alla crescita economica. Il suo approccio flessibile e adattabile riflette l’incertezza dell’attuale contesto macroeconomico. Noi investitori dovremo monitorare attentamente sia le proiezioni macroeconomiche a lungo termine sia i dati immediati per comprendere le future mosse dell’istituto.
Passiamo ai numeri e all’analisi delle curve.
Analisi ZC-Yield Curve Eur
La lettura della ZC-Yield Curve Eur mostra la ripresa della contrazione dei rendimenti su tutto il tratto della curva. Infatti, rispetto alla scorsa lettura il rendimento della scadenza a 10 anni scende in area 2,36%, mentre la scadenza trentennale scende in area 2,23%.
Ancora molto volubile l’evoluzione della conformazione della curva, che mantiene sempre l’inclinazione positiva per un buon tratto, dalle scadenze 2028 sino a quelle del 2040 e con il differenziale 10Y-2Y che torna ad allargarsi portandosi ora a 7 bps. Ancora invariata la pronunciatissima e nervosa inclinazione negativa nel tratto a brevissimo, con la curva che esprime sempre un massimo di rendimento sulle scadenze corte ad inizio 2025 nei pressi di area 3,50%.
In via di definizione e ancora mutevoli le previsioni fornite dai tassi forward su Euribor 6 mesi sulle scadenze a breve, con tassi attesi ora in area 3,00% per inizio 2025, con la discesa verticale sulla parte a breve che rimane corta in termini di escursione. Sotto questo profilo, sono confermate le aspettative sui tagli dei tassi che portano però la curva dei forward ben sotto area 2,00% e precisamente verso area 1,80%-1,75% per i primi mesi del 2026. Ancora in lieve diminuzione le previsioni di risalita dei tassi, visti ora verso area 2,70%, a partire dal 2035.
Analisi Integrata Trendycator
Analizzando con il Trendycator le curve dei rendimenti su scala settimanale dei principali benchmark decennali si nota il proseguimento della fase di incertezza e dei potenziali cambi dell’impostazione generale.
L’area UK vede il rendimento per il GILT ripiombare in area 4,00% con Trendycator che mantiene lo stato NEUTRAL. In lieve contrazione i rendimenti del BUND che si portano in area 2,22% con Trendycator che conferma lo stato SHORT. In deciso calo i rendimenti del nostro Btp decennale, ora in area 3,40% con uno spread in costante riduzione e ora in area 117; modello Trendycator che resta stabile in stato SHORT. Infine, l’area USA con i rendimenti del Treasury decennale che si stabilizzano in area 4,10% con Trendycator che passa dallo stato SHORT a quello NEUTRAL.
Rendimenti bond governativi benchmark mondiali
Tabella dei rendimenti, su base settimanale, delle obbligazioni governative mondiali con qualunque rating. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo.
Conclusioni operative
Con la ripresa della discesa dei rendimenti, unitamente alle nuove proiezioni sulle possibili mosse della Bce dopo il recente taglio di 25 punti base nell’ultima riunione di giovedì scorso, si sta confermando l’ipotesi che le correzioni del mercato obbligazionario siano occasioni di accumulo su bond con rendimenti ancora interessanti per scadenze medio-lunghe, compatibili con l’orizzonte temporale personale.
Certo, il momento di incertezza dovuto all’andamento dei dati macroeconomici non è del tutto risolto, ma sembra ragionevole individuare una traccia plausibile sulle prossime mosse delle banche centrali, Bce in primis che è quella che impatta maggiormente sul nostro portafoglio obbligazionario.
Sotto il profilo operativo, quindi, riteniamo sensato riprendere ad accumulare bond con scadenze dai 5 anni in poi, con ottica strategica di medio-lungo termine, incamerando rendimenti destinati molto verosimilmente ad assottigliarsi nel corso dei prossimi 18-24 mesi.
Una possibile selezione di bond con scadenze dal 2029 sino al 2066, tutti investment grade seppur con differenti gradi di credit risk, è presentata nelle tabella qui sotto.