La Ritenuta sulle Plusvalenze maturate sulle Criptovalute passa dal 26% al 42%!


Fa scalpore la dichiarazione del viceministro all’Economia Maurizio Leo in merito all'incremento della tassazione sulle plusvalenze esclusivamente connesse con le criptovalute che passerebbe dal 26 al 42%.

La tassazione al 42% si applicherà solo alle plusvalenze derivanti direttamente dalle criptovalute, mentre gli ETF e gli ETP legati a criptovalute resteranno tassati al 26%.

La morale è sempre la stessa, che sia un governo di centro-destra, che sia un governo di centro-sinistra o che per paradosso, sia un governo di centro-centro, la mano forte vuol sempre colpire le rendite finanziarie, colpevoli di essere frutto di attività necessariamente speculativa.

Due gli aspetti morali coinvolti potrebbero però facilmente subire delle obiezioni.

Ad un profano, il solo fatto di pensare che semplicemente investendo dei soldi, si possa tirarne fuori un utile, nella forma mentis di molti, senza che vi sia un lavoro come sottostante, fa rientrare tali utili immediatamente nella categoria speculativa.

Discorso di grande presa sull'opinione pubblica e che trova facile fertilizzante in un mondo mediatico che incorona il tuttologismo come una nuova forma religiosa di comunicazione a basso costo.

Partendo da questo assunto, quindi, ogni forma di imprenditoria andrebbe stretta nella morsa di un sistema fiscale che la strangoli e la punisca già solo nell'intenzione poichè è noto che ogni grande attività imprenditoriale, trova orgine proprio dalla compartecipazione ai costi (investimenti) ancor prima che agli utili che semmai, saranno benauguratamente conseguiti in caso di scelte vincenti; in caso contrario rappresenteranno esclusivamente delle perdite.

Il concetto stesso di società esprime la partecipazione di più soggetti alla costituzione dell'attività,

Nell'arco dei secoli, e per rendere possibile anche al meno abbiente di partecipare, la si è divisa in titoli di possesso di quote mediante azioni, e così si è potuto ripartire equamente la compartecipazione al rischio.

Il campo delle rendite finanziarie ha già subito nel corso degli utlimi anni, l'incremento del capital gain, armonizzandolo agli Stati europei, strategia potenzialmente anche condivisibile poichè, seppur seguendo una logica punitiva, non ha creato disarmonie nè penalizzato il mercato italiano, o meglio, lo ha reso meno appetibile, ma non azzoppato del tutto.

Siamo poi passati attraverso gli anni della grande crisi del debito, in cui, come panacea di tutti i mali, si è inserita la Tobin Tax che punisce con un tassazione, ogni compravendita effettuata nei mercati finanziari, e in quel caso invece si è creata una disarmonia visto che solo pochissime altre nazioni condividono la stessa scelta.

Il risultato è stato, ed è, un colossale fallimento per le casse dello Stato poichè ha portato di riflesso anche un minor numero di contrattazioni, e consequenzialmente anche un minor introito da capital gain per il semplice fatto che, essendo ormai facilissimo investire in mercati che non contemplino la tassa sugli scambi, basta, con un semplice clic, investire in titoli azionari di Stati che non prevedano un simile fardello, che peraltro porta gettiti da zero virgola a fronte di danni ed impoverimento del mercato finanziario italiano, che sta generando perdite di gran lunga maggiori alle suddette casse statali.

Tra gli effetti a cascata di questo tipo di interventi, inoltre, c'è da considerare che chiunque, anche se non investe direttamente nei mercati finanziari, subisce il peso di queste tassazioni in quanto, i maggiori costi, vengono scaricati sui clienti di banche ed assicurazioni nella vendita dei loro innumerevoli prodotti e servizi finanziari.

La domanda da porsi è: Se questi sono i risultati in un momento particolarmente propizio per l'investimento, quali possono essere gli effetti in una eventuale fase negativa, quando le imprese vanno a cercare disperatamente liquidità dai mercati finanziari?

Investire all'estero allora, diventa una opportunità meno gravosa, quasi suggerita dalla stessa imposizione; si va ad operare semplicemente laddove il costo della transazione abbia costi e tassazioni minori, visto e considerato che di per sè, l'attività di investimento finanziario implica dei rischi notevoli.

Ergo, misure del genere avrebbero potuto avere una base di razionalità se l'investimento in altre parti del mondo fosse stato regolamentato dalle medesime imposte, oppure se fosse quantomai complicato, farraginoso, costoso, come appunto sarebbe stato se il World Wide Web, la finestra di Internet sul mondo, non si fosse mai aperta, non fosse mai stata inventata, ma così non è come tutti sappiamo, per cui trattasi di atti di puro autolesionismo.

In merito alle criptovalute, acquistare in Italia quindi, al momento dell'investimento si è nella situazione di dare il 42% allo Stato, presupponendo che vi sia un guadagno; se invece vi è una perdita, ce la si vedrà con se stessi.

Quale investitore può essere così masochista?

Tanto vale chiamarla accisa sugli investimenti, come fosse un male da estirpare, alla stregua del tabagismo!

Eppure nella stessa logica, trattandosi pur sempre di mercati finanziari, sono immersi i Titoli di Stato, tassati però al 12.5% e questo perchè "utili" ai fini dello Stato.

Proprio il fatto che i titoli di Stato offrano le più basse aliquote in termini di capital gain, fa comprendere quindi che quando vuole, il legislatore sa come attrarre investimenti, ragion per cui ancor più complicato rimane da digerire, per una Nazione che necessità di investimenti, che le medesime azioni non vengano fatte anche per altri segmenti come il mercato azionario.

Oggi quindi, si puniscono le criptovalute, domani chissà, potrebbe venire in mente di allargare il discorso alle azioni e alle obbligazioni; a pagare sarà l'intero sistema Italia.

Chiuso il discorso in merito all'ennesimo attacco ad uno già sgangherato mercato finanziario italiano, passiamo all'analisi di un mercato che fortunatamente pare intoccabile e certamente conveniente in termini di "accise" (provocazione).

Andiamo ora ad analizzare la situazione inerente l'universo dei Titoli di Stato con un occhio di riguardo ai futures che li orientano.

In America continua il rialzo dei rendimenti a seguito dei dati macro che vengono fuori sempre straordinariamente positivi e forti.

Momentum sofferente per l'obbligazionario Usa, dopo il rientro sotto i 122 punti, riportando i rendimenti ad un top intraday di 4,55%, sostenuto dalla dinamica forte dell'economia a stelle e strisce, nonostante la previsione di taglio dei tassi messa in atto dalla Fed, probabilmente pagando eccessivamente l'effetto speculativo, qui si, per un minor intervento richiesto in termini di spinta alla dinamica economica e, forse, alla necessità di rendere il segmento attraente, rispetto al mercato azionario, smodatamente sempre proiettato verso nuovi massimi.

In Europa la Bce ha tagliato nuovamente i tassi d'interesse di 25 punti base ma nessun effetto ha sortito ancora sui titoli obbligazionari che comunque sia continuano a restare in terreno di up-trend.

Il rimbalzo sui 132.8 c'è stato nuovamente ed ha natura tecnica, ma al tempo stesso conferma la bontà del punto, pur non avendo manifestato ancora la giusta forza propulsiva che ci si sarebbe aspettato.

Anche in questo caso, molto probabilmente, la zavorra viene da oltreoceano e una stabilizzazione potrebbe tornare a favorire l'up-trend come detto, ancora in corso, nonostante il recente rallentamento.

L'azionario vive la fase più strana degli ultimi 40 anni, senza volumi, monodirezionale, perennemente volto a stampare nuovi massimi, senza una dinamica intraday che sia nota a noi comuni mortali se non fosse per le uniche due sedute settimanali che seguono una logicità classica, vale a dire il mercoledì e il giovedì.

A supporto di questa tesi e per la seconda volta, mostro il book di contrattazione del future Dax, che alle ore 12 della seduta di venerdì 18 ottobre scambia il volume che normalmente viene scambiato al termine della prima ora di contrattazione.

Siamo a 12185 contratti, il nulla in sostanza!

Ed in questo nulla, la formazione dei prezzi, semplicemente, non può essere corretta.

E se questi sono i dati disponibili per l'indice più importante d'Europa, quello che può essere per il nostro indice viene di conseguenza.

Gold

L'oro ha raggiunto esattamente il primo Target che avevamo assegnato in una precedente analisi ai 2737$.

Vedremo già dalla prossima ottava se il livello verrà rispettato o se si andrà a puntare il secondo Target ai 2944$.

Se il target 1 verrà confermato, assisteremo ad una correzione alquanto salutare dopo le corse sfrenate ed il primo livello importante di rimbalzo lo avremo ai 2400$. In caso di rottura rialzista invece, possiamo assegnare un ulteriore livello target ai 2840$.

C'è da giurarci che se si continuerà di questo passo, a bassi volumi e senza scossoni, il trend proseguirà indisturbato.

Bisognerà attendere le elezioni presidenziali in Usa quindi per vedere il mercato tornare a fare il mercato?

Con molta probabilità non possiamo far altro che rispondere affermativamente dal momento in cui pare l'unico driver in grado di rimescolare le carte in tavola.

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)