NASDAQ100 WEEKLY - Settimana pesante sugli indici azionari USA a causa delle previsioni sui tassi della FED.


LE PREVISIONI DEI MEMBRI DELLA FED RELATIVE AI TASSI DI INTERESSE PER I PROSSIMI ANNI 2 ANNI, SPINGONO I MERCATI OBBLIGAZIONARI ED AZIONARI DI WALL STREET IN FORTE RIBASSO.

Il Federal Open Market Committee (Fomc), l'organismo della Federal Reserve responsabile della politica monetaria degli Stati Uniti, ha deciso di mantenere i tassi d’interesse al 5,25%-5,50%, il livello più alto dal 2001; la decisione è in linea con le attese degli analisti ed è stata unanime (12-0). «Vogliamo vedere migliori risultati - ha detto in conferenza stampa il Presidente Jerome Powell - prima di arrivare alla conclusione che l’attuale livello dei tassi è sufficiente”. “Le decisioni continueranno a essere prese, riunione dopo riunione, in base ai dati. E fin qui nulla di nuovo o quasi, ma la stretta potrebbe durare più a lungo. Per fine 2024, i governatori, attraverso i “dots” pubblicati ogni tre mesi, punti con cui indicano le loro stime sul costo del credito ufficiale, indicano tassi al 5-5.25%, mentre a giugno la mediana puntava 0,50 punti più in basso, al 4,50-4,75%. È quindi possibile che il primo prossimo taglio sarà deciso alla fine dell’anno prossimo. E’ su questo contesto che i mercati finanziari di Wall Street hanno iniziato a reagire, facendo impennare i rendimenti obbligazionari arrivati a percentuali che non si vedevano da oltre un decennio e provocando un’altra svendita dei titoli azionari.

Tutti e tre gli indici hanno chiuso la settimana in rosso. L'indice S&P500 è sceso quasi del 3,0%, con tutti gli 11 settori che hanno chiuso la settimana in ribasso. Il Nasdaq100, ad alto contenuto tecnologico, è sceso del 3,30%, mentre il Dow Jones Industrial Average delle blue chip è quello che ha contenuto meglio le perdite, ferme all’1,89%.

Secondo i dati della ricerca della Bank of America Global, gli investitori di fondi azionari hanno venduto azioni globali al ritmo più veloce quest’anno, con un abbandono netto di 16,9 miliardi di dollari nella settimana terminata mercoledì scorso. Oltre ai tassi, vi sono anche altre motivazioni di contorno per questo sell-off azionario, sempre BoFA indica nella stagionalità i rischi per brutti giorni di ribasso fino a ottobre, sottolineando tuttavia che i cali potrebbero offrire opportunità per gli acquirenti. Alcuni indicano nella crescita resiliente dei mesi estivi e che stiamo entrando in un periodo in cui c'è un rischio significativo per l'economia, altri includono i prezzi elevati del petrolio e una ripresa dei pagamenti dei prestiti studenteschi a ottobre. Nel frattempo, uno shutdown prolungato del governo potrebbe aggravare le preoccupazioni per uno stallo contribuendo a far salire ulteriormente i rendimenti del Tesoro. All’inizio di quest’anno, i legislatori hanno intrapreso una lunga battaglia per aumentare il tetto del debito. Ciò ha comportato un declassamento del credito da parte dell'agenzia di rating Fitch.

Tuttavia diversi analisti fanno notare che c’è molta liquidità in disparte da impiegare da parte degli investitori che desiderano acquistare in caso di debolezza. Gli acquirenti probabilmente interverrebbero se l’S&P500 scendesse a 4.200, che è circa il meno 3% rispetto ai livelli attuali e che un tale calo porterebbe l’indice a un rapporto prezzo/utili di 17,5, in linea con la sua media decennale. In fondo, anche se gli indicatori di momentum sono tutti ribassisti, l’S&P500 rimane al di sopra della sua media mobile a 200 giorni e ci sono stati pochi segnali di fuga degli investitori verso i beni rifugio. Quindi, nel complesso, il mercato è in ribasso ma non in crisi, i pullback sono del tutto normali nel contesto di un mercato rialzista.

Diamo uno sguardo ora al mercato monetario. Giovedì scorso la Banca d’Inghilterra ha interrotto una serie di 14 rialzi consecutivi dei tassi di interesse dopo che nuovi dati hanno mostrato che l’inflazione è ora al di sotto delle aspettative. La banca ha aumentato costantemente i tassi da dicembre 2021 nel tentativo di frenare l’inflazione, portando il suo tasso di riferimento principale dallo 0,1% al massimo degli ultimi 15 anni del 5,25% in agosto.

Venerdì scorso la Banca del Giappone ha affermato che manterrà i tassi di interesse a breve termine al -0,1% e limiterà il rendimento dei titoli di stato giapponesi a 10 anni attorno allo zero, come ampiamente previsto. Lo yen è sceso rispetto al dollaro dopo l'annuncio.

Dopo la decisione della FED di lasciare i tassi invariati, come da dichiarazioni di Powell l’attenzione sarà tutta rivolta alle indicazioni presenti nei dot-plot e alle aspettative di crescita. Con quest’ultime previste in rialzo, il dot-plot dovrà trasmettere il messaggio di “higher for longer”. Pertanto se al momento rimangono stabili al 26,3% le percentuali per un ulteriore stretta di 25 bps per la riunione del primo novembre prossimo (v. grafico):

si sono leggermente alzate le probabilità al 38,4% di un aumento di 25 bps per l’ultima riunione del 2023 del 13 dicembre (v. grafico):

Mentre è possibile vedere che la previsione del mercato sui tagli ai tassi nel corso del 2024 si riduca un po’. Al momento la curva futures sconta quasi 75 bps di ribassi entro dicembre del prossimo anno (v. grafico):

La settimana scorsa era iniziata con la curva dei rendimenti andata al rialzo con una manciata di bps, la pressione al rialzo aveva trovato come pretesto l’inflazione canadese uscita sopra attese nel mese di agosto 4.0% (3.8% le attese) dal 3.3%, ma nel corso della settimana una svendita di titoli di Stato, innescata da dati economici sorprendentemente forti, ha spinto i rendimenti ancor più al rialzo. Il rendimento dei titoli del Tesoro trentennali è salito al 4,589%, il livello più alto dall’aprile 2011; il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni si è attestato al 4,509%, il più alto dall’ottobre 2007; ed il titolo a 2 anni è salito al 5,202%, il livello più alto dal luglio 2006. Lo spread delle curve del 2Y e del 10Y è arrivato a scendere fino a 64 bps per poi chiudere la settimana a 68.

Analisi grafica dell’indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Come riportato in precedenza, la settimana è stata caratterizzata da ondate di vendite sia su obbligazioni che sulle azioni, grazie alle dichiarazioni di Powell sul mantenere i tassi alti più a lungo del previsto. Il listino tech ha perso dai massimi di luglio scorso quasi l’8% nonostante il conforto dei titoli del settore Intelligenza Artificiale e delle big caps, le ultime a capitolare. Rotto all’ingiù il supporto dell’area 15000 e successivamente con un gap down l’area 14800, la proiezione porta al test del recente minimo di metà agosto a 14550 ma con più probabilità all’area 14500 (ritracciamento del 27,2% di onda 3), cui non manca molta strada. Poi, forse, dovremmo assistere ad un rimbalzo tecnico visto l’attuale livello di RSI a 35 e che in caso di ulteriore discesa dovrebbe andare in zona di ipervenduto. Viceversa sarebbe molto importante recuperare l’area 15200 ma, come al solito, saranno la marea di dati macro che usciranno in settimana a determinare l’andamento, tra i quali la situazione nel settore immobiliare, gli ordini di beni durevoli e le spese per consumi personali. La settimana si è chiusa a 14701.10 con una perdita del – 3,30%, il che porta ad un profit da inizio anno del + 34,39%.

Stesso discorso fatto per l’indice tech vale anche per l’indice maggiore S&P500. Il listino è sceso del 2,9% nel corso della scorsa settimana, calo più significativo da marzo scorso e più del 6% dai massimi di luglio scorso. Graficamente anche le quotazioni di questo indice hanno lasciato un gap aperto scavalcando senza contrattazioni il forte supporto in area 4440 superando sia il minimo relativo a 4335 del 18 agosto che il minimo di onda 4 di (3) a 4328 del 26 giugno, ciò impone un nuovo conteggio della fase correttiva che potrebbe svilupparsi moderatamente in un semplice a-b-c o in una più profonda onda (4) con proiezione sul supporto in area 4200, ove staziona anche la M.M. semplice a 200 periodi. Al momento è troppo presto per pronunciarsi. Il livello di RSI a 33 indica che siamo vicini ad un rimbalzo tecnico che porterebbe i prezzi a chiudere il gap in area 4400, se poi dovesse consolidare nuovamente sopra codesta area, saremmo tutti più contenti. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 4320.05 con una perdita del – 2,93% che porta ad un profit da inizio anno del + 12,52%.

Negatività anche per l’indice delle blue-chip DOW JONES, che nel corso della settimana appena trascorsa, pur perdendo meno degli altri due indici maggiori, graficamente lascia aperto un gap e sfonda ben due supporti, il primo in area 34500 ed il ben più importante costituito dall’area 34000 (ritracciamento del 38,2% di onda C). La chiusura di ottava ha visto i prezzi a ridosso delle due M.M. a 200 periodi (semplice ed esponenziale) in area 33800. Abbiamo eliminato la trendline che avevamo tracciato nell’ultimo mese a riprova che non servono a nulla, almeno dal punto di vista operativo. Con un RSI a 35 è possibile un ulteriore discesa fino al successivo supporto posto in area 33500 (ritracciamento del 50,0% di onda C) prima di un rimbalzo tecnico dovuto all’ipervenduto. Viceversa sarebbe importante, quantomeno, consolidare sopra l’area 34000. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 33963.85 con una perdita del – 1,89% e che porta a segnare un profit da inizio anno del + 2,47%.

ORO INDEX

La quotazione dell'Oro ha iniziato la settimana appena trascorsa con una nota rialzista ed è salita al livello più alto dall'inizio di settembre, vicino a 1.970 $/oz., prima di invertire la direzione nella seconda metà della settimana, sotto la pressione delle dichiarazioni di Powell a margine della riunione del FOMC nella quale hanno rivisto le proiezioni economiche, note anche come dot-plot, che hanno mostrato come la banca centrale americana intendeva aumentare il tasso ufficiale ancora una volta prima della fine dell’anno oltre all’aspettativa che il tasso ufficiale venisse abbassato di 50 punti base nel 2024, rispetto alla proiezione di taglio del tasso di 100 pb vista nel dot plot di giugno, scatenando un aumento dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA e trascinando al rialzo la quotazione del Dollar Index. Nonostante ciò, e questa è la notizia positiva, la quotazione dell’Oro ha chiuso la settimana praticamente invariata rispetto a due venerdì fa in area 1945 $/oz. Anche per questa settimana i livelli critici rimangono sempre gli stessi, 1915/20 $/oz. come supporto e 1975/80 $/oz. come resistenza. Ovviamente i dati macroeconomici che verranno pubblicati in settimana, specialmente l'indice dei prezzi delle spese per consumi personali (PCE), l'indicatore di inflazione preferito dalla FED, potrà fare aumentare la volatilità sui mercati, quindi anche sulle commodities.

Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, la chiusura di due settimane in area 930 $/oz. prometteva una continuazione del rimbalzo che in effetti è avvenuto fino a 955 $/oz. prima che le news sui tassi riportassero i prezzi da dove erano partiti chiudendo la settimana nuovamente in area 933 $/oz.

Situazione un po' diversa per le quotazioni dell’Argento che sono riuscite a raggiungere l’area 24 $/oz. fermate dalla resistenza posta dalle due M.M. a 200 periodi (esponenziale e semplice) tra le aree 23,90 e 24,20 $/oz. L’ideale, in questa settimana, sarebbe riprendere l’area 24 $/oz. e consolidarci sopra.

La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1944.90 praticamente invariato rispetto alla scorsa settimana e che porta ad un guadagno da inizio anno del + 6,28%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1925.54 $/oz. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES DICEMBRE 2023:

GUERRA RUSSIA - UCRAINA (EUROPA)

Giovedì scorso il Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in visita negli Stati Uniti ha ricevuto dal suo omologo, Joe Biden, la conferma del sostegno da parte degli USA nell’opposizione all’invasione russa nonostante l’opposizione da parte di alcuni parlamentari repubblicani all’invio di ulteriori miliardi di dollari in aiuti. Zelensky ha ringraziato il Presidente statunitense per un pacchetto di aiuti militari da 325 milioni di dollari in armi e difese aeree. Inoltre, secondo quanto riferito dal leader ucraino, insieme a Biden si è accordato su specifici passi per espandere l’esportazione di cereali dall’Ucraina.

Biden ha detto: “Così come siamo impegnati ad aiutare l’Ucraina a difendersi ora, siamo anche impegnati ad aiutarla a riprendersi e ricostruire nel futuro, anche sostenendo riforme che combatteranno la corruzione”. La Casa Bianca ha riferito che nel corso dell’incontro con il suo omologo il Presidente ucraino ha parlato dei suoi piani per affrontare la corruzione e Biden ha sottolineato l’importanza di istituzioni anti-corruzione forti in Ucraina.

Volodymyr Zelensky si è anche rivolto al Senato statunitense dicendo che l’aiuto militare è fondamentale per lo sforzo bellico di Kiev. Il Presidente ucraino ha descritto i suoi incontri con i parlamentari come franchi e costruttivi. Zelensky ha anche parlato con il segretario alla difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin.

POLITICA USA

Settimana decisiva per provare ad evitare lo shutdown governativo in vista dell’inizio del nuovo anno fiscale fissato per l’1 ottobre. Domani, martedì, la Camera a maggioranza repubblicana dovrebbe votare una norma per stabilire i parametri del dibattito riguardo alcuni disegni di legge che toccano la spesa per la difesa, il finanziamento del Dipartimento della Sicurezza interna, del Dipartimento di Stato e di priorità nel settore agricolo. A seguire poi lo speaker della Camera, il repubblicano Kevin McCarthy, dovrebbe concentrarsi su un accordo di spesa di breve termine, che servirà per avere più tempo per negoziare e al contempo mantenere attivo il governo.

Intanto il leader della maggioranza al Senato, il democratico Chuck Schumer, ha presentato un disegno di legge che, in caso di necessità, potrebbe essere utilizzato come veicolo legislativo per una soluzione provvisoria di spesa.

Nelle ultime ore, alcuni repubblicani della Camera hanno espresso la loro contrarietà ad una ‘continuing resolution’ (CR), legislazione che mantiene gli stanziamenti ai livelli del precedente anno fiscale anche nel nuovo. Matt Rosendale sabato scorso ha fatto sapere che non sosterrà una CR, contrarietà anche da parte di Tim Burchett che ad una emittente televisiva ha detto di non aver mai votato per un disegno di legge di finanziamento temporaneo e non lo farà stavolta. Sempre sabato, Matt Gaetz ha detto che nel caso in cui lo speaker McCarthy dovesse avanzare una ‘continuing resolution’ senza ulteriori disposizioni, si potrebbe arrivare ad un tentativo di rimozione dal suo ruolo. Il repubblicano Tony Gonzales parlando ai media ha detto: “Le ‘continuing resolution’ non risolvono il problema. Rimandano soltanto le decisioni lungo la strada”.

I leader repubblicani della Camera sperano che i voti sui quattro loro disegni di legge sulla spesa, questa settimana creino fiducia tra gli oppositori.

Michael McCaul, repubblicano membro della Camera e presidente della commissione Intelligence, ha esortato gli oppositori all’interno del partito a non bloccare più disegni di legge di spesa sostenuti dai repubblicani. Anche la senatrice repubblicana Marsha Blackburn ha invitato i suoi colleghi della Camera a non opporsi più ad una soluzione temporanea: “Vorremmo che la Camera iniziasse quel processo di invio a noi di una CR per mantenere il governo aperto e funzionante”.

Passando ad altro argomento, una nuova tassa dell’1% sui riacquisti di azioni proprie sta iniziando ad aumentare gli oneri fiscali previsti per le società, per un importo di oltre 3,5 mld $ nella prima metà dell’anno tra le più grandi società pubbliche statunitensi.

Secondo i dati preliminari di S&P Dow Jones Indices, una divisione della società di rating S&P Global, la tassa, entrata in vigore il 1° gennaio, costerà alle società del listino S&P500 circa 1,6 mld $ nel secondo trimestre. Questa cifra, in calo rispetto a circa 1,98 mld $ nei primi tre mesi dell’anno, rappresenta circa lo 0,34% del reddito operativo collettivo delle società per il secondo trimestre, secondo Howard Silverblatt, analista senior di S&P Dow Jones Indices.

Nonostante gli obblighi fiscali più elevati, le aziende in gran parte si scrollano di dosso l’imposta. I dati preliminari di S&P mostrano che da aprile a giugno le società dell’S&P500 spenderanno circa 169 mld $ in riacquisti di azioni proprie, in calo di circa il 20% sia rispetto al primo trimestre di quest’anno che rispetto a un anno fa. Alcune aziende si sono ritirate a causa delle incertezze macroeconomiche, ma secondo Silverblatt la tassa non sta scoraggiando in modo significativo il riacquisto di azioni tra le società, dichiarando: “È un fastidio questo pagamento, ma rispetto agli utili di questo trimestre di circa 458 mld $, 1.6 mld $ non sono molti”.

L'Internal Revenue Service a giugno ha sospeso gli obblighi di rendicontazione e di pagamento derivanti dall'imposta di riacquisto mentre l'agenzia lavora su linee guida sulla portata dell'imposta, secondo Mark Friedlich, vicepresidente degli affari governativi presso Wolters Kluwer Tax & Accounting che fornisce consulenza al Dipartimento del Tesoro, l'IRS e il Congresso su varie questioni fiscali. Ciò significa che le aziende alla fine dovranno pagare l'imposta dell'1% per i riacquisti interessati a partire da quest'anno, ma non sono ancora responsabili del pagamento di tali obblighi, ha affermato, aggiungendo che le linee guida dovrebbero indicare quando le aziende dovranno iniziare a rendicontare e a fare questi pagamenti.

“Non penso che sarà immediato una volta emanate le linee guida”, ha detto Friedlich, “ma ovviamente con il governo diviso e tutta la politica attorno a questo, tutto è possibile”.

La tassa dell’1% – che è stata un’aggiunta dell’ultimo minuto alla legge sul clima, sulla salute e sulla tassazione nota come Inflation Reduction Act approvata lo scorso anno – viene applicata sui riacquisti netti, il che significa che il totale delle azioni riacquistate meno le nuove azioni emesse durante l’anno. L’imposta mira a creare condizioni di maggiore parità tra riacquisti e altri modi di restituire capitale agli azionisti, come i dividendi, e a raccogliere fondi per pagare programmi federali ampliati. Il comitato congiunto sulla tassazione prevede che raccoglierà 74 mld $ in un decennio e, se fosse entrato in vigore nel 2021, avrebbe raccolto circa 8,4 mld $ dalle società dell’S&P500.

Nelle ultime settimane le aziende hanno rivelato quali saranno le loro previsioni fiscali per i riacquisti di azioni per la prima metà dell’anno, offrendo un primo assaggio dell’impatto di metà anno della tassa sui loro dati finanziari.

Booking Holdings, proprietaria di siti web di servizi di viaggio tra cui Booking.com, Priceline e OpenTable, ha riacquistato 5,1 mld $ in azioni nei primi sei mesi dell'anno, portando l'importo autorizzato da 24 mld a 19 mld $, ha detto questo mese il direttore finanziario David Goulden agli analisti. La società stima un debito fiscale di riacquisto di 47 mln $ per il semestre terminato il 30 giugno. Il suo utile netto per il periodo è stato di 1,56 mld $.

La società MetLife ha riacquistato circa 23,7 milioni di azioni nella prima metà dell’anno pari circa 1,5 mld $. A maggio, il CdA del colosso assicurativo con sede a New York ha aumentato l’autorizzazione al riacquisto di azioni della società di 1 mld $, portandola a circa 4 mld $. Secondo un documento normativo, le accise di MetLife per i riacquisti fino al 30 giugno ammontavano a 13 mln $ su un utile netto per il periodo pari a 384 mln $.

La società di pagamenti digitali PayPal, nel frattempo, ha riacquistato circa 41 milioni di azioni fino a giugno, con un esborso di circa 3 mld $ sull’importo di riacquisto autorizzato fino a 15 mld $. La società con sede a San Jose, in California, secondo un documento normativo, ha registrato 24 mln $ di tasse per i riacquisti fino a giugno. L’utile netto di PayPal per il periodo di sei mesi è stato di circa 1,82 mld $.

La tassa non sta alterando i piani di riacquisto delle società, ma l’eliminazione della tassa potrebbe spingere i dirigenti a cambiare le loro strategie. Il Presidente Biden a febbraio ha proposto di quadruplicare la tassa per incoraggiare gli investimenti a lungo termine da parte delle aziende invece di premiare azionisti e dirigenti. Un gruppo di democratici al Senato ha presentato un disegno di legge che cerca di aumentare la tassa su alcuni riacquisti dall'1% al 4%, ma la proposta incontra ostacoli all'approvazione nel Congresso diviso.

L’aspettativa è che l’imposta alla fine aumenterà, ha detto Silverblatt, anche se non prevede che raggiungerà il 4%. Un aumento più contenuto, intorno al 2%, potrebbe ottenere il sostegno necessario al Congresso, aggiungendo che le aziende probabilmente inizierebbero a rivalutare la loro attività di riacquisto se il tasso venisse portato a circa il 2,5%.

POLITICA USA – CINA

Il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti pubblicherà venerdì prossimo le norme definitive per impedire che i sussidi alla produzione di semiconduttori vengano utilizzati dalla CINA e da altri paesi ritenuti preoccupanti per la sicurezza nazionale americana.

Il regolamento rappresenta l’ultimo ostacolo prima che l’amministrazione Biden possa iniziare a concedere 39 mld $ in sussidi, per la produzione di semiconduttori. La storica legge “Chips and Science” prevede 52,7 mld $ per la produzione di semiconduttori, la ricerca e lo sviluppo della forza lavoro negli Stati Uniti.

Il regolamento, proposto per la prima volta a marzo, stabilisce "severi controlli" che impediscono ai destinatari dei finanziamenti statunitensi di investire nell'espansione della produzione di semiconduttori in paesi stranieri preoccupanti come CINA e Russia, e limita i destinatari di fondi di incentivi dall'impegnarsi in ricerche congiunte o sforzi di concessione di licenze tecnologiche con entità straniere di interesse.

Nell’ottobre 2022, il dipartimento ha emesso nuovi controlli sulle esportazioni per escludere la CINA da alcuni chip semiconduttori realizzati con apparecchiature statunitensi nel tentativo di rallentare i progressi tecnologici e militari di Pechino.

"Dobbiamo essere assolutamente vigili affinché nemmeno un centesimo di tutto questo aiuti la CINA a superarci", ha detto martedì scorso al Congresso il segretario al Commercio, Gina Raimondo. Se i destinatari dei finanziamenti violeranno le restrizioni, il Dipartimento del Commercio potrà recuperare i premi federali. Raimondo ha detto al Congresso che sta lavorando il più velocemente possibile per ottenere l'approvazione dei premi. "Sento la pressione e siamo in ritardo, ma è più importante fare le cose per bene. E se ci vorrà un altro mese o qualche settimana in più per farlo bene, lo difenderò perché è necessario".

Il regolamento vieta per 10 anni ai beneficiari dei finanziamenti di espandere in modo significativo la capacità produttiva di semiconduttori nei paesi stranieri di interesse. Limita inoltre i destinatari ad alcuni sforzi congiunti di ricerca o concessione di licenze tecnologiche con entità straniere di interesse, ma consente standard internazionali, licenze di brevetti e l’utilizzo di servizi di fonderia e imballaggio.

Le norme finali vietano per 10 anni l’espansione materiale della capacità produttiva di semiconduttori per strutture all’avanguardia e avanzate in paesi stranieri di interesse. Chiarisce inoltre che la produzione di ‘wafer’ è inclusa nella produzione di semiconduttori.

La regola finale lega l’espansione della capacità produttiva di semiconduttori all’aggiunta di camere bianche o altro spazio fisico, definendo l’espansione dei materiali come un aumento della capacità produttiva di oltre il 5%.

La norma vieta ai destinatari di aggiungere nuovi spazi per camere bianche o linee di produzione che comportino un'espansione della capacità produttiva di una struttura oltre il 10%.

La norma classifica inoltre alcuni semiconduttori come critici per la sicurezza nazionale, innescando restrizioni più severe, tra cui il calcolo quantistico dei chip di generazione attuale e di nodi maturi, in ambienti ad alta intensità di radiazioni e per altre capacità militari specializzate.

POLITICA DELLA FED

Per il momento la FED mantiene i tassi di interesse fermi. La decisione emersa mercoledì scorso dal meeting di settembre del FOMC è stata quella di non muovere il livello dei tassi, tuttavia secondo le previsioni trimestrali, aggiornate proprio in occasione dell’incontro, il tasso di interesse overnight di riferimento potrebbe subire un ulteriore rialzo quest’anno per arrivare a toccare il range 5,50%-5,75%.

Secondo il Presidente della banca centrale statunitense Jerome Powell, intervenuto al termine del meeting, un’economia “solida” che presenta ancora una crescita dei posti di lavoro “forte” darà alla FED la possibilità di mantenere la pressione aggiuntiva sulle condizioni finanziarie fino al 2025 con ripercussioni inferiori su economia e mercato del lavoro rispetto alle lotte all’inflazione del passato. Ci si aspetta che la politica monetaria rimarrà leggermente restrittiva fino al 2026.

Powell ha detto che alla FED vogliono vedere “prove convincenti” circa il raggiungimento di un livello dei tassi di interesse ritenuto appropriato per far scendere l’inflazione all’obiettivo del 2%, una valutazione che i decisori politici della FED non hanno ancora espresso.

Non si tratterebbe ancora della “linea di base” della FED, ma la strada per un “soft landing” secondo Powell probabilmente si è allargata: “penso sia possibile”.

I banchieri centrali hanno leggermente rivisto al ribasso le loro aspettative di un rallentamento dell’inflazione quest’anno. E ora prevedono di mantenere i tassi più alti più a lungo, con le nuove proiezioni che mostrano meno tagli dei tassi nel 2024 e nel 2025 rispetto alle stime precedenti. "Gli indicatori recenti suggeriscono che l'attività economica si è espansa a un ritmo sostenuto", si legge in una nota della FED. "L'aumento dei posti di lavoro è rallentato negli ultimi mesi ma rimane forte, e il tasso di disoccupazione è rimasto basso. L'inflazione rimane elevata". "Le condizioni creditizie più restrittive per le famiglie e le imprese - sottolinea la FED - probabilmente peseranno sull'attività economica, sulle assunzioni e sull'inflazione. La portata di questi effetti rimane incerta".

In questo senso, dalle previsioni emerge che i decisori politici della banca centrale statunitense, a livello mediano, prevedono che l’inflazione continui a scendere anche con un PIL che continua a crescere ed un tasso di disoccupazione che non va mai oltre il 4,1%. Ora la previsione mediana del PIL per il 2023 tra i policymaker è del 2,1%. La previsione per la principale misura di inflazione della FED è che raggiunga un livello del 3,3% entro la fine di quest’anno, del 2,5% il prossimo anno e che arrivi al 2,2% entro fine 2025. La FED poi si aspetta di raggiungere il target del 2% nel 2026. Sempre in merito alle previsioni della FED, 10 funzionari su 19 prevedono che il tasso di riferimento resti sopra al 5% fino al prossimo anno.

Come evidenziato in un articolo del Wall Street Journal, alcuni funzionari della FED nelle loro previsioni e nei loro commenti suggeriscono che è aumentato il tasso neutrale, che mantiene inflazione e disoccupazione stabili nel tempo. Il tasso neutrale può essere dedotto dal modo in cui l’economia reagisce ai livelli dei tassi d’interesse; quindi, se i tassi attuali non rallentano la domanda o l’inflazione, il tasso neutrale deve essere più elevato e conseguentemente la politica monetaria non è più restrittiva. Mercoledì scorso la stima mediana del tasso sui fed funds a lungo termine, il loro proxy per la neutralità, era al 2,5%, tuttavia 5 di 18 funzionari l’hanno indicata al 3% o oltre, mentre a giugno tale indicazione era arrivata solo da tre funzionari e a dicembre da due.

Venerdì scorso, intervenendo separatamente, sia il presidente della FED di Boston Susan Collins che Michelle Bowman, membro del consiglio direttivo della banca centrale statunitense, hanno lasciato la porta aperta ad ulteriori rialzi in caso di una mancata risposta positiva da parte dei dati economici, inoltre entrambe hanno fatto sapere di aver appoggiato la scelta del FOMC di non aumentare i tassi all’ultimo meeting. Bowman ha detto: “Continuo ad aspettarmi che ulteriori rialzi dei tassi probabilmente saranno necessari per riportare l’inflazione al 2% in modo tempestivo”. Secondo Collins i recenti dati sull’inflazione sono stati incoraggianti, tuttavia è “troppo presto” per parlare di vittoria mentre l’inflazione di base, al netto dei costi degli alloggi, rimane elevata. Il presidente della FED di Boston si aspetta che i tassi dovranno “rimanere più alti e più a lungo” rispetto a quanto suggerito dalle precedenti previsioni e non è da escludere un ulteriore inasprimento. Collins ha osservato che ci sono alcuni “segnali promettenti” riguardo una moderazione dell’inflazione e un riequilibrio dell’economia in atto, tuttavia “i progressi non sono stati lineari e non sono distribuiti uniformemente tra i vari settori”. La strada verso un “soft landing” si è allargata secondo Collins e la politica della FED è “ben posizionata” per avere un calo dell’inflazione senza portare l’economia in recessione.

Il calo dell’inflazione recente ed il graduale riequilibrarsi del mercato del lavoro sono buone notizie secondo il presidente della FED di San Francisco Mary Daly, tuttavia pensa che serviranno più dati per capire se è necessario un ulteriore inasprimento della politica sui tassi. Parlando venerdì scorso, Daly non ha detto se lei è tra i decisori politici della FED che si aspettano un ulteriore rialzo di un quarto di punto entro fine anno, ha però spiegato di essere ancora concentrata sull’impatto dell’alta inflazione e dei prezzi elevati sui bilanci delle famiglie.

DATI MACROECONOMICI

Il dato preliminare sui permessi di costruzione ad agosto su base mensile registra un rialzo del 6,9% toccando quota 1,543 milioni, contro un dato di luglio di 1,443 milioni. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Il numero di case per le quali è iniziata la costruzione passa dal dato di 1,447 milioni (rivisto da 1,452 milioni) di luglio a quello di agosto di 1,283 milioni, registrando un calo del 11,3%. Il consensus prevedeva una discesa solo fino ad 1,440 milioni. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata il 16 settembre sono state 201 mila (per trovare una rilevazione inferiore si deve tornare a gennaio di quest’anno), contro un consensus di 225 mila. Nella settimana precedente era stato registrato un dato di 221 mila richieste (rivisto da 220 mila). Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

Il Filadelfia Fed Manufacturing Index nel mese di settembre è accompagnato dal segno ‘meno’ attestandosi a -13,5 punti, contro un dato di agosto di 12,0 punti ed un consensus fissato a -0,7 punti. Il dato è rilasciato dalla Federal Reserve Bank di Filadelfia.

Il dato preliminare di settembre del PMI S&P Global manifatturiero rilasciato da Markit Economics è pari a 48,9 punti, rilevazione superiore al consensus di 48,0 punti ed al dato di agosto di 47,9 punti.

Il dato preliminare di settembre del PMI S&P Global relativo al settore dei servizi rilasciato da Markit Economics, invece, si attesta a 50,2 punti (per trovare una rilevazione più bassa si deve tornare a gennaio), in calo rispetto ai 50,5 punti di agosto e sotto al consensus di 50,6 punti.

PORTAFOGLI AZIONARI

Settimana caratterizzata dalle vendite sugli indici azionari soprattutto sul listino Nasdaq100 con il settore biotecnologico e farmaceutico preso di mira. Ma il nostro umile tozzo di pane ce lo siamo portati a casa grazie, questa volta, alla nostra strategia Azioni Italia che ci ha consentito di andare a target sul titolo bancario, BANCO BPM, con un più che buono 7,22%. Viceversa, come previsto, ci ha lasciati il titolo del Nasdaq100, DEXCOM, che dopo aver preso il nostro livello di Stop ha continuato a precipitare negli abissi e, per fortuna, che aveva pubblicato una trimestrale ottima, sia come dividendo che come fatturato, ed una ‘guidance’ in linea con le attese degli analisti, altrimenti……?? Per il resto siamo tornati un po' in sofferenza su AMERICAN ELECTRIC POWER e ci difendiamo con JPMorgan Chase, mentre gli altri navigano ancora nell’anonimato ma, viste le vendite diffuse, dobbiamo essere propositivi. Anche questa settimana proponiamo due consigli operativi, uno sul mercato francese e l’altro sul Nasdaq. presenti nella sez. ‘nuovi ordini’ del Portafoglio.

Nel Portafoglio “The Challenge”, SAP reagisce bene alle vendite sul listino tedesco e decideremo solo in corsa se abbassare sotto il massimo dell’otto settembre scorso il nostro livello di target. Per il resto, nessuna novità.

Alla prossima.

FOCUS SU AZIONI

STARBUCKS - Si scopre che vendere acqua marrone schiumosa con un margine dell'80% è davvero redditizio.

Gli investitori hanno guadagnato circa 300 volte il loro denaro possedendo Starbucks. Anche le grandi aziende, comunque di successo, hanno spesso faticato a eguagliare la sua magia iper-caffeinata. Google "caffè" e McDonald's, oltre a quella delle bevande espresso, McCafé.

Nel 2013, il direttore finanziario di quella che allora si chiamava Dunkin’ Donuts soprannominò le bevande “il Santo Graal della redditività”. Dunkin' ora offre drink creativi e che creano dipendenza come quelli del suo rivale con sede a Seattle. Catene nordamericane più piccole come Tim Hortons, Peet's, Dutch Bros e anche The Human Bean stanno crescendo rapidamente.

Ma Starbucks continua a dominare tutti. Gli americani tendono ad essere tribali riguardo ai loro Pumpkin Spice Lattes, e la bravura e l'efficienza digitale della catena lo rafforzano: Starbucks ha recentemente affermato di avere un incredibile 31,4 milioni di clienti statunitensi che sono stati membri attivi del suo programma fedeltà Starbucks Rewards negli ultimi 90 giorni— circa uno su 10 americani. Conquistare un posto sugli smartphone dei clienti è un formidabile divario competitivo.

Ma questo non basta per gli investitori: solo i mercati in via di sviluppo, e la Cina in particolare, possono creare il tipo di crescita che giustifica la ricca valutazione delle azioni di Starbucks. In 25 anni ad oggi la catena ha decuplicato le aperture di negozi in Nord America.

La maggior parte della recente crescita dei ricavi nel paese è derivata dall’aumento dei prezzi. Per la quarta volta negli ultimi cinque trimestri, ad esempio, Starbucks ha affermato che le transazioni in negozi comparabili in Nord America sono cresciute solo dell’1% rispetto all’anno precedente. Il numero dei suoi negozi è cresciuto di poco più del 3%.

L’A.D. della società, Howard Schultz, che si è dimesso la settimana scorsa dal CdA di Starbucks, ha attribuito grande importanza alla Cina, corteggiando pesantemente il presidente Xi Jinping. Significativamente, il suo sostituto sarà un ex-dirigente Alibaba, Wei Zhang. L’ambizione di Schultz di far crescere il numero dei negozi Starbucks dagli attuali 37.000 a 45.000 nel 2025 e a 55.000 entro il 2030 dipende dal fatto che un giorno la Cina diventerà il mercato principale della catena. Oggi ne conta circa 6.500 e lo scorso anno si è impegnato ad aprirne uno ogni nove ore in media nei prossimi tre anni.

Alcuni concorrenti locali stanno mettendo in imbarazzo anche queste ambizioni. Luckin Coffee, l'unica risposta cinese a Starbucks, è stata messa in ginocchio finanziariamente dopo aver ammesso di aver falsificato le vendite. Ha avuto una ripresa drammatica sotto la nuova gestione. Tre anni fa era testa a testa con Starbucks in termini di numero di negozi e di fatturato.

Ancora più impressionante, anche se forse meriterebbe un asterisco, è Cotti Coffee, una catena con sede in Cina fondata solo un anno fa dai fondatori di Luckin. Ora vanta più di 5.000 negozi, il che lo renderebbe il quinto marchio di caffè più grande a livello globale. Nell'ultimo anno Luckin e Cotti hanno aperto in media una caffetteria ogni ora.

Starbucks ha aperto il suo primo negozio nella Cina amante del tè nel 1999 e nel 2015 il paese contava quasi 12.000 caffetterie di marca, secondo World Coffee Portal. L’organizzazione prevede che tale numero sarà triplicato entro il 2025, mettendo la Cina sulla buona strada per superare gli Stati Uniti in pochi anni. Shanghai ha già più caffetterie di qualsiasi altra città al mondo.

I ristoranti americani a servizio rapido hanno una reputazione stellare in Cina, in particolare nelle città più ricche. Secondo un sondaggio pubblicato quest'estate da Bank of America, Starbucks rimane la scelta preferita nelle aree urbane più grandi e sofisticate della Cina. Nelle città più piccole, tuttavia, Luckin vince per “qualità percepita e rapporto qualità-prezzo”.

Tuttavia, si stanno accumulando molte altre catene straniere. Peet's è entrato in Cina solo nel 2018 e prevede di aprire lì il suo 200esimo negozio quest'anno. E anche l’entità di Tim Hortons quotata negli Stati Uniti e dedicata alla Cina, Tims China, sta diventando una forza. Aveva 700 negozi a giugno con l'intenzione di espandersi a 1.000 quest'anno e 2.740 entro il 2026.

Incredibilmente, Tims China ha già quasi 15 milioni di membri fedeltà locali, circa la metà di quelli di Starbucks negli Stati Uniti. Anche altri hanno app e programmi popolari.

L'attore straniero di fast food di maggior successo nel paese, KFC e Pizza Hut brand della Yum China Holdings, ha rivelato in un recente investor day di aver aperto 95 caffetterie di fascia alta attraverso una joint venture con il produttore di caffè espresso italiano Lavazza. Un'altra parte dell'impero di Yum rappresenta una minaccia molto più grande per Starbucks: gli americani non penserebbero mai di andare al KFC per i loro cappuccini, ma la catena sta avendo un'enorme spinta in Cina.

"L'unica cosa che ha un odore migliore del mio pollo è il mio caffè" è una delle battute pubblicitarie del colonnello Sanders in Cina che parla mandarino. Ciò include il caffè venduto attraverso i suoi 9.200 ristoranti, punti vendita di terze parti e più di 200 chioschi K-Coffee indipendenti: un numero che, secondo lui, sta “crescendo rapidamente”.

E poi c'è McDonald's, che sta avendo un ripensamento per il caffè negli Stati Uniti ma potrebbe rappresentare un serio concorrente in Cina. World Coffee Portal afferma che l'anno scorso aveva 2.500 sedi McCafé in quel paese, alcune autonome, e ne stava pianificando altre 1.000 quest'anno.

Il CEO di Starbucks, Laxman Narasimhan, ha visto la tazza mezza piena in una recente visita nel paese, sottolineando che i cinesi consumano ancora in media solo circa 12 tazze di caffè all'anno, rispetto alle 380 degli Stati Uniti. Ma non tutti berranno Starbucks.

CISCO SYSTEMS - Cisco Systems ha accettato giovedì scorso di acquistare la società di sicurezza informatica Splunk per circa 28 mld $ nel più grande accordo mai realizzato per rafforzare il proprio business del software e capitalizzare il boom dell’intelligenza artificiale.

L’accordo, che rappresenta la più grande transazione tecnologica dell’anno, contribuirà a ridurre la dipendenza di Cisco dal suo massiccio business di apparecchiature di rete, che negli ultimi anni ha sofferto di problemi nella catena di approvvigionamento e di un rallentamento della domanda post-pandemia.

"Ciò che ti convince è che stiamo riunendo due società attorno alla sicurezza e all'osservabilità, che sono due delle aree più importanti per i nostri clienti e aree in cui è improbabile che taglino le spese - proprio a causa della criticità di queste minacce", ha detto il CEO di Cisco, Chuck Robbins, in un'intervista ai media.

Sotto Robbins, nel corso degli anni Cisco ha tentato di ridurre la sua tradizionale dipendenza dall'hardware e ha raddoppiato le sue scommesse su software e servizi attraverso accordi.

Splunk è noto per i suoi punti di forza nell'area dell'osservabilità dei dati, che aiuta le aziende a monitorare i propri sistemi per rilevare rischi di sicurezza informatica e altre minacce. La società gestisce un modello di prezzi basato su abbonamento per i clienti.

Le due società, che hanno avuto colloqui per una fusione in passato, ora sono arrivate ad un accordo con Cisco che ha offerto 157 dollari in contanti per ciascuna azione di Splunk, rappresentando un premio del 31% rispetto all'ultimo prezzo di chiusura della società.

Cisco ha già una partnership per la sicurezza dei dati con Splunk, i cui oltre 15.000 clienti includono molte aziende importanti come Coca-Cola, Intel e Porsche.

Dopo l’impennata della crescita dei ricavi lo scorso anno fino a quasi il 40%, Splunk è alle prese con un rallentamento della domanda a livello di settore nel 2023 causato dall’aumento dei tassi di interesse e da un’inflazione vischiosa.

Secondo le società, la sua acquisizione accelererà la crescita dei ricavi e l'espansione del margine lordo di Cisco nel primo anno fiscale dopo la chiusura dell'accordo.

"Cisco ha acquistato un buon business sinergico a un buon prezzo. È una vittoria per entrambe le parti", ha affermato Thomas Hayes, presidente dell'hedge fund Great Hill Capital. "Ciò darà a Cisco un vantaggio in termini di sicurezza basata sull'intelligenza artificiale per il futuro."

Sebbene Cisco abbia realizzato acquisizioni considerevoli in passato, l’accordo con Splunk è di gran lunga la più grande nei suoi quasi 40 anni di storia. Nel 2012, Cisco ha acquistato la società di software televisivo NDS per 5 mld $, mentre nel 2017 ha acquistato la società di software aziendale AppDynamics Inc per circa 3,7 mld $.

L’accordo, approvato all’unanimità dai CdA di Cisco e Splunk, dovrebbe concludersi entro la fine del terzo trimestre del 2024, previa approvazione normativa. Non richiederà l’approvazione delle autorità di regolamentazione cinesi. Si prevede che l'accordo porterà benefici in termini di liquidità e aggiungerà 4 mld $ di entrate ricorrenti annuali. Se l'accordo verrà accantonato, Cisco dovrà pagare a Splunk una penale di 1,48 mld $.

GOOGLE - Google ha dichiarato giovedì scorso di non vedere alcun cambiamento nel suo rapporto con Broadcom a seguito di un rapporto dei media che il colosso della tecnologia considerava di abbandonare il produttore di chip come fornitore di intelligenza artificiale già nel 2027.

Secondo la nota, Google progetterà i chip - chiamati unità di elaborazione tensore - internamente se dovesse decidere di portare avanti il piano e potrebbe potenzialmente risparmiare miliardi di dollari in costi ogni anno.

Quest'anno Google ha aumentato gli investimenti in chip mentre cerca di raggiungere Microsoft per dominare il mercato in forte espansione delle applicazioni di intelligenza artificiale generativa come ChatGPT.

Il rapporto afferma che le decisioni di Google sono avvenute dopo uno stallo tra la società e Broadcom sul prezzo dei chip TPU e che Google starebbe anche lavorato per sostituire Broadcom con Marvell Technology come fornitore di chip.

"Il lavoro per soddisfare le nostre esigenze cloud interne ed esterne trae vantaggio dalla nostra collaborazione con Broadcom; sono stati un partner eccellente e non vediamo alcun cambiamento nel nostro impegno", ha affermato un portavoce di Google.

Broadcom è considerata il secondo più grande attore del boom dell’intelligenza artificiale generativa dopo Nvidia. Il CEO, Hock Tan, aveva previsto a giugno che la tecnologia avrebbe potuto rappresentare più di un quarto delle entrate dell'azienda legate ai semiconduttori l'anno prossimo.

A maggio, gli analisti di J.P. Morgan stimavano che Broadcom avrebbe potuto ottenere 3 mld $ di entrate da Google quest'anno, dopo una "recente accelerazione degli ordini" da parte della società per i suoi processori TPU.

Google co-progetta i suoi chip AI con Broadcom e il colosso della tecnologia ha già scelto l'azienda di semiconduttori per il suo processore di sesta generazione, hanno detto gli analisti. Hanno aggiunto che Broadcom lavora anche con Meta Platforms sui chip personalizzati del gigante dei social media.

Negli ultimi anni le grandi aziende tecnologiche, da Microsoft ad Amazon.com, si sono affrettate a sviluppare chip personalizzati che li aiutino a risparmiare sui costi e siano adatti ai loro carichi di lavoro specifici.

Questa spinta ha subito un’accelerazione quest’anno dopo che i prezzi dell’H100 di Nvidia, il chip che alimenta la maggior parte delle app di intelligenza artificiale generativa, sono aumentati fino a quasi raddoppiare il suo costo originale di 20.000 $.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SCORSA SETTIMANA.

Non sono presenti pubblicazioni.

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SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>
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