Com’è normale che sia, l’ormai imminente riunione della Banca Centrale Europea – prevista per giovedì 14 settembre – è al centro dell'attenzione degli investitori questa settimana, e le aspettative rivelano non poca incertezza, viste le pressioni inflazionistiche che rimangono notevoli e i dati economici che segnalano un marcato rallentamento dell'attività economica.
Un'indicazione recente di questo peggioramento delle prospettive economiche arriva, putroppo, dall'Italia, dove la produzione industriale è prevista in calo dello 0,3% nel mese di luglio, con una contrazione annuale dell'1,7%.
La scorsa settimana, i dati hanno mostrato che il PIL nell'eurozona è cresciuto solo dello 0,1% nel secondo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti. Nel frattempo, in Germania, l'indice dei prezzi al consumo è salito al 6,1% su base annua ad agosto, superando di tre volte l'obiettivo a medio termine del 2% fissato dalla banca centrale.
Come sappiamo, la Bce ha incrementato senza pause i tassi d'interesse in ognuna delle ultime nove riunioni e attualmente si sta discutendo se procedere con un altro aumento, che porterebbe il tasso di deposito al 4%, oppure se prendere una pausa.
La decisione non è per nulla semplice. Infatti, come sostengono diversi analisti e osservatori, se il board dovesse ritenere necessario un proseguimento della politica monetaria restrittiva, settembre potrebbe essere l'ultima finestra d'opportunità.
Le ragioni di questo sentiment si spiegano con il fatto che, se non si agisce per un rialzo a settembre, nelle prossime riunioni potrebbe non essere più il caso, poiché è probabile che i dati economici si deterioreranno ulteriormente e l'inflazione di settembre è attesa più contenuta.
Ad ogni buon conto, le aspettative degli investitori sono per un aumento dei tassi di interesse di 25 punti base, anche se non è del tutto esclusa a margine la possibilità che la Bce decida di fare una pausa, dando maggior peso nella decisine alla battuta d’arresto dell’economia.
Nel frattempo, gli investitori seguono con molta attenzione anche gli sviluppi oltreoceano, con particolare attenzione ai dati sull'inflazione negli Stati Uniti che saranno resi noti mercoledì prossimo tramite l'indice dei prezzi al consumo più recente e giovedì con l'indice dei prezzi alla produzione.
Come sappiamo, questi dati giungono in seguito ad una serie di indicatori economici statunitensi più robusti delle previsioni della scorsa settimana, rinnovando le preoccupazioni che la Federal Reserve possa aumentare i tassi di interesse in modo più aggressivo di quanto sinora previsto.
Stando alle previsioni del CME Group, la probabilità che la Federal Reserve mantenga invariati i tassi di interesse nella prossima riunione sono del 93%. Quindi, secondo il maggior operatore mondiale sui derivati, i tassi Usa saranno mantenuti al livello attuale compreso tra il 5,25% e il 5,50%.
Ad onor del vero, questa prospettiva è stata ben esternata dalle parole del presidente della Federal Reserve di New York, John Williams, il quale ha affermato in un'intervista a Bloomberg che "l'inflazione sta seguendo la direzione giusta, e ritengo che i tassi siano adeguati".
Non va però dimenticato che la Fed ha il doppio mandato, e quindi deve tenere anche conto delle dinamiche legate al mondo del lavoro, che deve convivere in una sorta di equilibrio con la lotta all’inflazione.
Come sempre, staremo a vedere.
Analisi ZC-Yield Curve
La lettura della ZC-Yield Curve mostra ancora una netta stabilità dei rendimenti sul tratto della curva a medio e a lunga rispetto alla scorsa analisi. Infatti, rispetto alla scorsa lettura il rendimento della scadenza a 10 anni resta in area 3,16%, mentre la scadenza trentennale va in area 2,71% rispetto al precedente 2,70%. Sempre immutata la conformazione della curva, che rimane invertita con un differenziale 10Y-2Y in leggera contrazione agli attuali -51 bps dai precedenti -57 bps. In salita il tratto a breve, con la curva che evidenzia ora un massimo di rendimento sulle scadenze di metà 2024 in area 4,14% rispetto al 4,10% della scorsa analisi. Tornano a salire anche per le previsioni dei tassi forward su Euribor 6 mesi sulle scadenze a breve. La curva rimane impennata e vede ora i tassi attesi in area 4,19% per metà 2024, per poi scendere poco sopra area 2,75% solo verso inizio 2027 e riprendere a salire progressivamente verso area 3,25% a partire da inizio 2028.
Analisi Integrata Trendycator
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali si evidenzia ancora la fase di lateralità sui rendimenti delle diverse aree valutarie. L’area UK vede il rendimento per il GILT stabile in area 4,46% e con Trendycator che si conferma in stato LONG. Ritoccano lievemente al rialzo anche i rendimenti del BUND, che si portano ora in area 2,62% rispetto al precedente 2,56% e con Trendycator che si mantiene stabilmente in stato LONG. In aumento anche i rendimenti del nostro Btp decennale, ora in area 4,35% con uno spread in area 173 bps e modello Trendycator che si conferma in stato NEUTRAL. Infine, l’area USA con i rendimenti del Treasury decennale che consolidano sui massimi relativi appena raggiunti al 4,25% e sempre molto vicini ai precedenti massimi in area 4,30% registrati a fine 2022, con Trendycator che si conferma in stato LONG.
Bond Governativi Mondo Weekly Ranking
Consueta sezione dell’analisi sui mercati obbligazionari, con l’introduzione sotto forma di ranking dei bond governativi mondiali con qualunque rating. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione.
Bond in evidenza
Tutti i future sui bond governativi, Usa e Eu, sono nettamente impostati al ribasso con il modello Trendycator che è chiaramente in posizione SHORT. L’impostazione, a tendere, non è positiva e posto che non si possono ancora escludere ulteriori rialzi dei tassi o, quanto meno, il mantenimento a questi livelli per un lasso di tempo ancora significativo, la strategia da preferire è quella di gestire la liquidità con operazioni a breve termine.
Ormai i rendimenti nominali su scadenze brevi sono tornati accettabili, anche se al netto dell’inflazione siamo ancora in territorio negativo, e ha quindi senso recuperare una parte del caro vita con questo tipo di investimenti, in attesa di prendere posizioni su bond con scadenze più lunghe.
Sotto questo profilo, vanno benissimo tutti i titoli europei di buon pedegree con scadenza entro massimo due anni, se non più brevi. Vista la ritrovata forza del dollaro Usa e la buona impostazione, per chi può sopportare il rischio cambio può essere interessante valutare anche qualche governativo Usa a breve scadenza.
Sul nostro mercato si confermano molto attraenti i cari vecchi Bot, con rendimenti netti ben superiori al 3% su quasi tutto il tratto di curva. Da evitare il Luglio 2024 che è sopravvalutato, come si vede dalla tabella qui sotto.
Personalmente li considero decisamente migliori a qualunque conto deposito, visto e considerato che anche il miglior offerente (BBVA al 4% lordo), alla fine offre solo un 2,96% netto vista l’imposta al 26%.