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NASDAQ100 WEEKLY - Settimana "corta" di consolidamento sugli indici azionari USA...


SETTIMANA "CORTA" PER GLI INDICI AZIONARI USA E PUNTUALE SONO ARRIVATE LE PRESE DI BENEFICIO, ATTESE E SALUTARI, A CONSOLIDAMENTO DEL RECENTE RALLY.

Inizio di settimana scorsa di consolidamento sui mercati azionari. Lunedì con i mercati USA chiusi, è stata l'Europa a cedere un po'. Poi con il rientro dell'America anche gli indici d'oltreoceano hanno visto cedere le posizioni a loro volta, pur con la consueta tendenza di tech e Nasdaq ad outperformare, ovviamente all’ingiù. Le prese di beneficio sulle big caps (Indice Faang) e le growth stocks. Si è trattato della terza seduta consecutiva di calo, una serie rara di questi tempi. In ogni caso, al momento, si tratta di un semplice pullback come ce ne sono stati nelle settimane passate, da valutare in questa se i rispettivi supporti tengono per prepararsi ad un ulteriore rialzo, oppure se la discesa dovesse essere più profonda possiamo parlare di correzione e possibile onda 4.

E' sorprendente, in una settimana del genere, vedere il VIX e i VIX future scendere, e marcare i nuovi minimi. Tra l'altro l'indice della volatilità implicita entra in un periodo di stagionalità sfavorevole, il che costituisce un ulteriore motivo di cautela (grafico di Sentimentrader):

Con l'avvicinarsi dell'inizio del terzo trimestre circa le pubblicazioni dei dati economici societari, come si posizionano gli analisti ? Sono più gli ottimisti o i pessimisti in termini di rating sui titoli dell'S&P500? Complessivamente, ci sono 10.981 rating su azioni nell'S&P500. Di questi rating, il 54,8% sono rating Buy, il 39,6% sono rating Hold e il 5,6% sono rating Sell.

A livello settoriale, gli analisti sono più ottimisti sui settori Energia (64%), Servizi di comunicazione (62%) e Tecnologia dell'informazione (60%). D'altra parte, gli analisti sono più pessimisti sul settore dei beni di prima necessità (44%), in quanto questo settore ha la percentuale più bassa di rating Buy, ma ha anche la più alta percentuale di valutazioni Hold (46%) e la più alta percentuale di valutazioni Sell (10%). Seguono il settore delle materie prime e delle utilities:

Nel prossimo grafico notiamo come la percentuale complessiva di valutazioni Buy è aumentata negli ultimi quattro mesi (al 54,8% dal 53,2%), dopo essere diminuita da marzo 2022 a febbraio 2023:

Infine, nel seguente grafico, sono riportate le dieci società S&P500 con le percentuali più alte di rating di Buy e di Sell:

Ricordiamo che nel corso della scorsa settimana il Presidente della FED, Jerome Powell, ha testimoniato davanti alla commissione bancaria del Senato (della quale parleremo nel relativo capitolo), riportando poche novità rispetto a ciò che aveva dichiarato due settimane fa a margine del FOMC. Ma se nella prima udienza i toni erano stati abbastanza morbidi, nella seconda Powell si è sbilanciato a dire che secondo lui quest'anno ci stanno altri 2 rialzi dei tassi, una view più aggressiva rispetto a quanto ci si attendeva da lui, e che comunque il mercato non prezzava (e non prezza). Poi Powell ha detto che l'economia ha rallentato, ma il mercato del lavoro resta tirato e l'inflazione troppo alta. L'inasprimento del credito dovrebbe pesare sull'attività, ma l'entità e il differimento di questo effetto restano incerti. Inoltre ha sottolineato come la FED, di concerto con il Tesoro, abbia gestito le ricadute della crisi bancaria, evitando le conseguenze per l'economia. Infine Powell prima ha osservato che gli avvenimenti di marzo sottolineano la necessità di supervisionare attentamente il settore, poi ha praticamente annunciato un aumento dei capital requirements per le grandi banche, del 20%.

Da tempo, su queste colonne, scriviamo che la pausa di assestamento dovuta all'impatto di quanto erogato a livello di tassi finora sarebbe dovuta arrivare prima (e ciò sarebbe dovuta avvenire anche in Europa). Recentemente, poi, basta uno sguardo ai grafici dei prezzi alla produzione e alla loro correlazione con i prezzi al consumo (nel caso dei 2 grafici “core” sotto) per domandarsi se non ci troviamo di fronte al rischio di un serio scivolone dell'inflazione nei prossimi 2 trimestri.

La spesa fiscale negli USA è su livelli insostenibili, una cosa che aveva rilevato anche Powell al FOMC.

In effetti, uno sguardo al deficit USA mostra quanto questo sia sproporzionato di recente rispetto al livello dell'occupazione e della crescita economica, in pratica, è a 2 punti dal massimo raggiunto durante la grande crisi finanziaria, quando la disoccupazione era tra il 9 e il 10%, mentre ora è al 3.7% (v. grafico):

La settimana appena trascorsa era costellata di meeting delle banche centrali:

1) la prima in ordine di tempo, la Swiss National Bank, ha alzato i tassi di 25 bps all'1.75% come da attese. Ma il Presidente Jordan ha chiarito che la stretta monetaria non è finita e con ogni probabilità serviranno altri rialzi per riportare sotto il 2% l'inflazione.

2) La Norges Bank, per contro, ha sorpreso il mercato con un rialzo di 50 bps (solo 11 economisti su 25 se lo aspettavano) al 3.75%. Il comunicato ha anticipato altri rialzi e collocato il picco al 4.25%. La sorpresa ha causato un bel rialzo dei tassi a breve e un recupero della Corona.

3) La Banca Centrale turca ha alzato i tassi della bellezza di 650 bps al 15%. Il mercato si attendeva addirittura un 20% e quindi la Lira turca ha lasciato sul terreno quasi il 5%. Così vanno le cose da quelle parti.

4) Il piatto forte della settimana era la Bank of England. Le attese ufficiali erano per 25 bps, ma dopo l'ennesimo dato inflattivo, eccezionalmente sopra attese, quelle effettive sono uscite per un rialzo di 50 bps e quindi la sorpresa è stata tale per modo di dire, con i tassi BOE che hanno approcciato il 5%. La decisione è stata presa a maggioranza con 2 membri che hanno votato addirittura per tassi invariati (ma uno dei 2, la Tenreyro, è al suo ultimo meeting prima di lasciare). La scelta di tornare ad alzare di 50 bps è stata giustificata con le grosse sorprese negative sul CPI e sull'inflazione salariale. Ma la previsione è rimasta "data dependant" con l'indicazione che se vi sarà evidenza di pressioni inflazionistiche persistenti, servirà altra stretta monetaria, ma nulla di preordinato.

Nel grafico seguente il tasso di sconto BOE scontato al 14 dicembre 2023, quasi al 6%:

E nel seguente grafico la tendenza a invertirsi di tutte le curve, le quali, in aggregato, segnano il record storico in virtù della coralità del movimento:

La hawkishness di Powell ha impattato sui tassi, in rialzo e con la curva che ora sconta un altro rialzo pieno (ma non 2).

A livello di tassi, il risultato di questi timori e le dichiarazioni più aggressive di Powell, hanno indotto le curve a invertirsi ovunque con forza concentrandosi sulla parte breve, in modo che lo spread 2Y-10Y è tornato sopra i -100 bps per la prima volta da marzo con il Treasury 2 anni che è arrivato ad un max del 4,808% mentre il 10 anni è rimasto intorno ad un max del 3,80%. La chiusura settimanale indica uno spread di 101,8 bps.

Analisi grafica dell’indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Il rialzo si è fermato (momentaneamente) sulla resistenza in area 15275 [rappresentata dall’estensione del 161,8% delle onde 1 e 2 partendo dal minimo di onda (2) del 28 dicembre 2022 e corrispondente anche il massimo del 29 marzo 2022] quindi, come riportato su queste colonne lunedì scorso, l’auspicato consolidamento per prese di beneficio è arrivato riportando il valore dell’ipercomprato in una zona più confortevole, precisamente a 63. Niente di trascendentale visto che il range settimanale tra massimo e minimo è stato di circa 500 punti e la perdita percentuale in chiusura di settimana, è stata contenuta in poco più di un punto percentuale, con il supporto in area 14800/750 [rappresentato dall’estensione del 138,2% delle onde 1 e 2 partendo dal minimo di onda (2) del 28 dicembre 2022], a fare da scudo alla discesa. La fase di consolidamento potrebbe continuare senza scendere sotto l’area 14500 e ciò sarebbe l’ideale per smaltire ancora un po' di ipercomprato per poi riprendere il trend rialzista, mentre un consolidamento con fase correttiva porterebbe i prezzi prima in area 14300/250 [rappresentata dal ritracciamento del 27,2% dell’onda 3 non (3)], quindi a testare il forte supporto in area 14000/13900 [rappresentato dal ritracciamento del 38,2% dell’onda 3, ribadiamo non (3)].    

Al rialzo il prossimo obiettivo rimane sempre il superamento dell’area 15275/300 che proietterebbe i prezzi a testare la resistenza in area 16150 (che ci riporta ai prezzi dell’inizio 2022), quindi il massimo del 22 novembre 2021 a 16765 (massimo della cavalcata al rialzo post-COVID e giorno dal quale iniziò la discesa dell’indice fino al 13 ottobre 2022 con un -35% attaccato). La settimana si è chiusa a 14891.48 con una perdita del - 1,28%, il che porta ad un profit da inizio anno del + 36,12%.

Stesso discorso anche per l’indice S&P500, che percentualmente perde qualcosa più dell’indice tech e lascia aperto un gap nella giornata di martedì, favorendo l’uscita dei prezzi dalla zona di ipercomprato e posizionandosi a 59 di RSI. Il rialzo si è fermato in area 4450 ed il minimo settimanale si è avvicinato molto al primo supporto posto in area 4325 (massimo di onda 4 della fase discendente). Se questo supporto tiene e riprende la fase rialzista si tratta di un semplice pullback e via così verso il superamento dei 4450 punti che proietterebbe i prezzi in area 4500 [rappresentata dall’estensione del 161,8% delle onde 1 e 2 partendo dal minimo di onda (2) del 22 dicembre 2022], altrimenti se la fase di consolidamento dovesse essere di natura correttiva, i prezzi dovrebbero andare a testare prima il supporto in area 4275 [rappresentato dal ritracciamento del 27,2% dell’onda 3 non (3)], quindi nel più importante supporto posto in area 4200 [rappresentato dal ritracciamento del 38,2% dell’onda 3, ribadiamo non (3)]. Ovviamente seppur presente è uno scenario che non ci auguriamo di certo. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 4348.32 con una perdita del - 1,39% che porta ad un guadagno da inizio anno del + 13,25%.

Infine sempre più fanalino di coda, quello delle blue-chip DOW JONES che, o continua a riportare modesti guadagni o amplifica le perdite settimanali rispetto agli altri due indici maggiori. Il rialzo si è fermato in area 34600 ad un soffio dalla resistenza costituita dal precedente massimo relativo dei 34712 punti registrato lo scorso dicembre 2022 e contrassegnato nel grafico come onda A. La seguente fase correttiva ha lasciato un gap aperto nella giornata di martedì scorso riportando i prezzi all’interno della fase di lateralizzazione partita a novembre dello scorso anno. La discesa dai massimi relativi di due venerdì fa, si è fermata sul supporto in area 33750 costituito dal ritracciamento del 27,2% della gamba rialzista B-C, così come riportato nell’articolo di lunedì scorso. Ora, nel caso di proseguimento del ribasso troviamo prima la M.M. exp a 50 periodi e poi l’importante supporto in area 33400/350 costituito dal ritracciamento del 38,2% della gamba B-C. Viceversa, l’ideale sarebbe riprendere l’area 34000, faticosamente raggiunta, e tentare nuovamente il test del max di onda A a 34712 punti. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 33727.44 con una perdita del - 1,67% e che porta a segnare un guadagno da inizio anno del + 1,75%.

ORO INDEX 

Così come pronosticato nell’articolo di lunedì scorso, la commodity è scivolata fino al supporto indicato in area 1920 $/oz che, al momento, ha frenato la discesa. Le prospettive di crescita globale sono minacciate poiché la prosecuzione del regime di inasprimento delle politiche da parte delle banche centrali ha alimentato i timori di recessione. Anche i timori di ulteriori rialzi dei tassi di interesse derivati dalle dichiarazioni di Powell e dei membri della Federal Reserve mantengono il dollaro USA nella traiettoria rialzista, così come i rendimenti dei Treasury a breve (1 e 2 Year) mentre rimangano abbastanza stabili quelli a 10 anni. A ciò si aggiunga la crescita sotto le attese dell’economia cinese e lo scenario per un investimento nell’ORO diventa molto problematico. Quindi nulla osta di andare a vedere i prezzi del metallo giallo scendere ancora verso la soglia psicologica dei 1900 $/oz. fino ai 1880 $/oz. Per il futuro, a favore di un rialzo delle quotazioni, c’è da tener presente che il PMI manifatturiero statunitense è in contrazione consecutiva da sette mesi e anche se non si parla più di una recessione, risulta evidente come l’economia a stelle e strisce stia rallentando. Pertanto ulteriori contrazioni da parte dei prossimi dati macroeconomici potrebbero avere un impatto negativo sul dollaro USA.

Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, ulteriore settimana di passione per le quotazioni del Platino che dopo aver rotto al ribasso il supporto in area 1000 $/oz. e le due M.M. a 200 periodi (esponenziale e semplice), il ribasso si è autoalimentato andando a perforare anche il supporto in area 950 $/oz. terminando la corsa a 920 $/oz. Ora, essendo andata la commodity in zona di ipervenduto con il valore dell’RSI a 26, una reazione dovrebbe essere d’obbligo, fermo restando che una puntata a testare il forte supporto in area 900 $ è possibile prima di generare una reazione. Vedremo.

Stesso discorso fatto per il Platino, vale per le quotazioni dell’Argento anche se a latitudini più alte. Dopo che i prezzi si erano assestati intorno all’area 24 $/oz. nel corso di due settimane orsono, in quella appena trascorsa i venditori hanno fatto crollare il valore di quasi due figure, con un minimo a 22,14 $/oz. tranciando di netto il supporto in area 23 $/oz e le M.M. a 200 periodi (Exp. e semplice) per poi chiudere la settimana a ridosso di quest’ultima. Il valore dell’RSI a 33 indica che una puntata in area 22 $/oz. è possibile prima di una reazione.

La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1929.60 $/oz., in perdita del – 2,11% rispetto alla scorsa settimana e che porta ad un guadagno da inizio anno del + 5,66%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1921.47 $/oz. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES AGOSTO 2023:

GUERRA RUSSIA - UCRAINA (EUROPA)

È durata alcune ore la rivolta del gruppo Wagner guidata dal suo capo Evgenij Prigožin. La ribellione si è conclusa nell’arco di un fine settimana con un accordo negoziato nella tarda serata di sabato e che prevederebbe lo spostamento dello stesso Prigožin in Bielorussia. L’agenzia di stampa russa TASS riporta che il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha fatto sapere che sarà interrotto un procedimento penale nei confronti del fondatore della Wagner, che andrà in Bielorussia. Peskov ha aggiunto: “Se mi chiedete, quali sono le garanzie che Prigožin possa andare in Bielorussia, questa è la parola del Presidente russo”. TASS riporta che ai colloqui tenutisi sabato per cercare una de-escalation oltre al Putin e Prigožin ha partecipato il Presidente bielorusso Alexander Lukashenko.

Domenica (ieri) il segretario di Stato americano Antony Blinken ha commentato i disordini che hanno interessato la Russia nello scorso weekend. “Non penso che abbiamo visto l’atto finale”, ha detto Blinken. “Abbiamo visto altre crepe emergere nella facciata russa. È troppo presto per dire esattamente dove vanno e quando ci arrivano. Ma certamente abbiamo tutta una serie di nuove domande che Putin dovrà affrontare nelle settimane e nei mesi a venire”. Il segretario di Stato americano ha indicato la vicenda come una “questione interna” ed ha detto che la loro attenzione è sull’Ucraina, “assicurandoci che abbia ciò di cui necessita per difendersi e per riprendersi il territorio che la Russia ha presidiato”.

Secondo il repubblicano Mike Turner, presidente della commissione Intelligence alla Camera, le azioni future del Presidente russo Vladimir Putin in Ucraina potrebbero essere inibite dall’affermazione di Prigožin per la quale la motivazione dell’invasione è basata su menzogne: “Smontare la premessa stessa rende molto più difficile per Putin continuare a rivolgersi al popolo russo e dire, dovremmo continuare a mandare gente a morire”.

Il Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, domenica (ieri) ha parlato di quanto accaduto in Russia in colloqui telefonici con il Presidente Joe Biden, con il primo ministro canadese Justin Trudeau e con il Presidente polacco Andrzej Duda. Zelensky a proposito del colloquio con l’inquilino della Casa Bianca ha dichiarato: “Abbiamo discusso del corso delle ostilità e dei processi in corso in Russia. Il mondo deve mettere pressione sulla Russia fino al ripristino dell’ordine internazionale”. Inoltre, il Presidente ucraino ha detto che con Biden ha parlato anche di un’ulteriore espansione della cooperazione in ambito difensivo con attenzione sulle armi a lungo raggio, del coordinamento in vista del summit della NATO a Vilnius del prossimo mese e dei preparativi per un summit globale di pace promosso da Zelensky.

POLITICA USA

Ad un anno dalla sentenza della Corte Suprema che ha ribaltato il diritto costituzionale all’aborto, venerdì scorso il Presidente Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo pensato per proteggere ed espandere l’accesso alla contraccezione. Un consigliere senior del Presidente degli Stati Uniti ha detto che la misura aumenterà le modalità di accesso alla contraccezione da parte delle donne e ridurrà i costi vivi. Nello specifico, l’ordine indirizza i dipartimenti federali a considerare la possibilità di richiedere agli assicuratori privati di offrire opzioni di contraccezione più ampie nell’ambito dell’Affordable Care Act.

In una nota delle Casa Bianca sull’ordine si legge: “Questa azione si baserà sui progressi già fatti nell’ambito dell’Affordable Care Act riducendo ulteriormente le barriere che le donne incontrano nell’accesso alla contraccezione prescritta dal loro fornitore”. Nella nota viene anche riportato che l’ordine del Presidente Biden indirizza il governo a considerare modi per rendere più economicamente alla portata anticoncezionali senza ricetta, inclusa la contraccezione d’emergenza. L’ordine punta anche a migliorare l’accesso ai servizi di pianificazione familiare ed alle forniture per le persone che sono coperte dai programmi governativi Medicaid e Medicare.

Venerdì scorso tre gruppi per i diritti riproduttivi hanno annunciato il loro sostegno al Presidente Joe Biden ed alla vicepresidente Kamala Harris per le elezioni presidenziali 2024. Julie Chavez Rodriguez, manager della campagna di Biden, ha detto che il potere organizzativo dei tre gruppi fu essenziale per i dem alle elezioni di metà mandato del 2022 e lo sarà di nuovo. Chavez Rodriguez ha dichiarato: “I repubblicani MAGA (Make America Great Again, famoso slogan di Donald Trump, ndr) che promettono un divieto nazionale di aborto rendono la posta in gioco per la rielezione del Presidente Biden e della vicepresidente Harris ancora più importante”.

E per l’appunto, proprio venerdì scorso il candidato repubblicano ed ex vicepresidente Mike Pence parlando alla Faith & Freedom Coalition ha dichiarato: “Voglio dire dal mio cuore, ogni candidato repubblicano alle presidenziali dovrebbe sostenere un divieto di aborto prima delle 15 settimane come uno standard minimo nazionale”.

POLITICA DELLA FED

Mercoledì e giovedì scorso il Presidente della FED, Jerome Powell; ha parlato davanti al Congresso per il report di metà anno sulla politica monetaria. Il numero uno della banca centrale statunitense ha riportato la propria testimonianza prima davanti alla commissione dei servizi finanziari della Camera ed il giorno successivo alla commissione bancaria del Senato.

In apertura di intervento Powell ha sottolineato l’impegno della FED nel far scendere l’inflazione all’obiettivo del 2%: “La stabilità dei prezzi è responsabilità della Federal Reserve e senza di essa l’economia non funziona per nessuno. In particolare, senza stabilità di prezzi non raggiungeremo un periodo prolungato di condizioni del mercato del lavoro forti che vanno a beneficio di tutti”.

In merito all’attuale scenario, Powell ha parlato di un’economia statunitense che l’anno scorso ha rallentato in modo significativo ed ha aggiunto che i recenti indicatori suggeriscono che l’attività economica ha continuato ad espandersi ad un ritmo modesto. Per il Presidente della Fed il mercato del lavoro resta “molto teso” e l’inflazione molto sopra l’obiettivo di lungo termine del 2%: “L’inflazione si è moderata un po’ dalla metà dello scorso anno. Tuttavia, le pressioni inflazionistiche continuano ad essere forti ed il processo per riportare l’inflazione al 2% ha ancora molta strada. Nonostante l’inflazione elevata, le attese di inflazione a lungo termine sembrano rimanere ben ancorate, come risulta da un’ampia gamma di indagini tra famiglie, aziende e previsori, così come dalle misure dei mercati finanziari”. Powell ha sostenuto che si sono visti gli effetti della politica restrittiva sulla domanda nei settori dell’economia più sensibili ai tassi di interesse, ma che ci vorrà tempo perché abbia pieno effetto la stretta monetaria. Inoltre, il numero uno della FED ha sottolineato che l’irrigidimento delle condizioni di credito per famiglie ed imprese è probabile pesi sull’attività economica, le assunzioni e l’inflazione: “La portata di questi effetti rimane incerta”. Powell ha spiegato che nel meeting di giugno il FOMC ha optato per il mantenimento del target range per il tasso sui federal funds al 5%-5,25%, per continuare il processo di riduzione di disponibilità in titoli considerato quanto si sia andati avanti nella politica restrittiva e per l’incertezza riguardo i ritardi con i quali l’economia viene influenzata dalla politica monetaria e i potenziali ostacoli derivati dalla stretta creditizia. Powell ha aggiunto che quasi tutti i partecipanti del FOMC si aspettano che sarà appropriato alzare ancora un po’ i tassi di interesse entro fine anno, tuttavia nell’ultimo meeting “abbiamo giudicato prudente mantenere il target range stabile per permettere al Comitato di valutare ulteriori informazioni e le loro implicazioni per la politica monetaria”. Powell ha anche detto che le decisioni saranno ancora prese “meeting by meeting”, valutando i dati in arrivo ed i loro riflessi sull’attività economica e l’inflazione, così come il bilanciamento dei rischi. Il Presidente della FED ha aggiunto che per ridurre l’inflazione probabilmente sarà necessario un periodo di crescita al di sotto del trend ed un po’ di ammorbidimento delle condizioni del mercato del lavoro. Powell ha detto: “Il ripristino della stabilità dei prezzi è essenziale per preparare il terreno per il raggiungimento della massima occupazione e prezzi stabili nel lungo periodo”.

Powell ha anche parlato delle condizioni del settore bancario. Powell ha dichiarato: “I recenti fallimenti bancari, incluso il fallimento della Silicon Valley Bank, ed il conseguente stress bancario hanno evidenziato l’importanza di assicurarsi di avere le regole appropriate e le pratiche di vigilanza per le banche di questa dimensione. Siamo impegnati ad affrontare queste vulnerabilità per rendere il sistema bancario più forte e resiliente”.

Giovedì scorso il Presidente della FED ha fatto sapere che le regole che dovrebbero imporre il mantenimento di più capitale da parte delle banche, quasi sicuramente non riguarderanno gli istituti più piccoli (banche con meno 100 miliardi di dollari in asset) ed ha specificato che tali regole sono ancora in una fase di bozza; inoltre, ha osservato che qualsiasi nuovo requisito necessiterebbe di mesi per essere ultimato e anche di più per essere applicato. Powell ha anche ragionato sull’impatto che requisiti patrimoniali più alti potrebbero avere sul prestito: “Più capitale significa banche più stabili e banche più forti, ma c’è anche un compromesso”. 

Lisa Cook, membro del consiglio direttivo della FED, rinominata per un mandato di 14 anni che partirà alla fine dell’attuale la cui scadenza è fissata per gennaio, ha definito il momento attuale cruciale per l’economia americana ed ha detto che sarà essenziale che il FOMC “agisca come necessario” per far scendere l’inflazione. Adriana Kugler, candidata per un posto nel consiglio direttivo della FED, ha dichiarato: “La mia esperienza personale e professionale guida la mia comprensione che l’inflazione alta danneggia i lavoratori e le imprese allo stesso modo e credo che sia importante far scendere l’inflazione all’obiettivo della FED del 2% in modo da creare una solida base per costruire un’economia che sostenga tutti gli americani”. Nella dichiarazione per la sua audizione di conferma, il membro del consiglio direttivo della FED, Philip Jefferson, ha detto che l’economia ha davanti diverse sfide (citando l’inflazione, lo stress del settore bancario e l’instabilità geopolitica) e che la FED deve restare attenta su tutte; ha poi detto che l’inflazione ha iniziato a diminuire e: “io resto concentrato sul riportarla al nostro target del 2%”.

Mercoledì scorso il presidente della FED di Chicago, Austan Goolsbee, ha spiegato che secondo lui la banca centrale ha bisogno di chiarezza riguardo l’inflazione e la traiettoria del mercato del lavoro prima di decidere quali passi fare. Goolsbee ha detto: “Siamo in questo strano contesto nebbioso dove è difficile capire dove sia la strada ed ho pensato che una missione di ricognizione fosse una cosa perfettamente appropriata da fare”.

Secondo Michelle Bowman, membro del consiglio direttivo della FED, sono stati fatti progressi nella lotta all’inflazione, ma questa rimane ancora troppo alta. Giovedì Bowman ha detto che pensa che serviranno ancora rialzi dei tassi di interesse per raggiungere il target. Bowman ha dichiarato: “Anche se la politica monetaria più restrittiva ha avuto un po’ di effetto sull’attività economica e l’inflazione finora, dall’autunno del 2022 l’inflazione core si è sostanzialmente stabilizzata”. Per Bowman ulteriori rialzi sono necessari per “abbassare significativamente e durevolmente l’inflazione”.

Il presidente della FED di Richmond, Thomas Barkin, giovedì scorso ha detto di non sapere ancora se la banca centrale statunitense ha fatto abbastanza per far scendere l’inflazione al suo target o se dovrebbe fare di più. Barkin ha dichiarato che sarà molto interessato a capire se riuscirà a convincersi che c’è da fare ancora di più o se al contrario riuscirà a convincersi che è stato fatto abbastanza.

DATI MACROECONOMICI

Il dato preliminare di maggio dei permessi di costruzione su base mensile registra una crescita del 5,2% toccando quota 1,491 milioni. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Il numero di case per le quali è iniziata la costruzione a livello mensile passa dal dato di aprile di 1,340 milioni (rivisto da 1,401 milioni) a quello di maggio di 1,631 milioni, segnando una crescita del 21,7%. Il consensus era fissato a 1,400 milioni. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Per il Chicago Fed National Activity Index, indice mensile rilasciato dalla Federal Reserve Bank di Chicago che stima l’attività economica generale e le pressioni inflazionistiche correlate, torna il segno ‘meno’. A maggio il dato si attesta a -0,15 punti dopo aver registrato un dato positivo di 0,14 punti ad aprile (rivisto da 0,07 punti). Il dato è rilasciato dalla Fed di Chicago.

Nella settimana terminata il 17 giugno le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono    nuovamente uscite su livelli elevati rispetto al recente passato. Il dato è stato pari a 264 mila unità, vale a dire in linea con la rilevazione della settimana precedente sempre di 264 mila (dato rivisto da 262 mila). Il consensus prevedeva un calo a 260 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

Il quadro dipinto dai PMI flash di giugno è stato comunque non bello. Il manifatturiero ha deluso un consenso che indicava stabilità sui livelli di maggio, terminando ai minimi dell'anno, oltre 2 punti sotto attese. Il dato preliminare del PMI S&P Global manifatturiero rilasciato da Markit Economics è pari a 46,3 punti, vale a dire in calo rispetto al dato di maggio di 48,4 punti e contro un consensus che invece prevedeva un rialzo a 48,5 punti.

Più modesto il calo dei servizi, che hanno più o meno rispettato il consenso, e restano confortevolmente in espansione. Il dato preliminare del PMI S&P Global servizi si attesta a quota 54,1 punti, appena sopra al consensus di 54,0 punti ed in calo rispetto ai 54,9 punti di maggio.

PORTAFOGLI AZIONARI

La settimana “corta” appena trascorsa, non ha portato novità nell’operatività dei nostri Portafogli azionari, visto anche il calo dei listini.

Nel Portafoglio storico siamo sempre in procinto di raggiungere il target sul titolo THE TJX COMP, mentre su HONEYWELL dovremo attendere ancora un po'. Un po' di criticità solo sul titolo XCEL ENERGY. Vista la fase di incertezza, per questa settimana abbiamo preferito inserire solo un nuovo ordine “limit” su un titolo tedesco.

Stesso discorso per quanto riguarda il Portafoglio “The Challenge”. Tutto fermo, anche per quanto riguarda i titoli con buone performance come STELLANTIS, IBERDROLA, SAP e AMERICAN AIRLINES. Seguite sempre gli aggiornamenti pubblicati nei relativi Portafogli alla sez. “nuovi ordini”.  

Alla prossima.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SCORSA SETTIMANA.

Nessun report economico è stato pubblicato nella settimana appena trascorsa.

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SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>
CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.

ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (26/06/2023)

Non sono presenti nuove operazioni.