Dopo settimane di tensioni (più simulate che effettive…), finalmente è stato trovato il sospirato – e scontato – accordo sul tetto del debito pubblico Usa. Il tetto è stato aumentato di 4.000 Mld di dollari per un tempo necessario stimato in due anni.
In sostanza, per i prossimi due anni potremo dormire sonni tranquilli, scongiurando quello che sarebbe stato il maggior default della storia, e non solo per gli impatti squisitamente economici e finanziari. Per cui, tutto rimandato a dopo le prossime elezioni presidenziali.
E fin qui tutto come da copione, ma in prospettiva in qualche piega potrebbe nascondersi qualche sorpresa. Infatti, tanto per cominciare Fitch e Dbrs hanno messo sotto osservazione il rating del debito americano con implicazioni negative. Tradotto: potrebbero togliere al debito Usa lo status di AAA. Se questo dovesse accadere resterebbe solo Moody’s ad assegnare il massimo rating dopo che S&P, per prima, lo aveva declassato ad AA+ con outlook stabile.
E questa sottile increspatura si innesta senza nemmeno troppa discrezione sul tema, ormai da tempo masticato sulle pagine di molti quotidiani (sia cartacei sia online), della c.d. “de dolarizzazione”. Infatti, non sarà sfuggito agli osservatori più attenti che il conflitto sul tema del tetto al debito è comunque la dimostrazione di come la reputazione degli Usa sia a rischio e la superpotenza stia perdendo il ruolo di riferimento del resto del mondo.
Per altro, pare che i mercati si stiano adeguando a questo possibile scenario, senza farne un dramma, favorendo l’emersione di nuove valute commerciali e finanziarie alternative al dollaro, come lo Yuan o quelle digitali. Ma ragionando su eventi a noi più prossimi, è interessante prendere in considerazione l’impatto sui mercati che potrà avere l’inondazione dei titoli di Stato che seguirà l’accordo sul tetto del debito.
Infatti, c’è chi mette in guardia gli investitori sul fatto che l’emissione massiccia di nuovo debito comporterebbe il rischio di portare a un nuovo aumento dei tassi di interesse. Si tenga coto che prima dell’accordo il T-Bils (cioè il corrispettivo Usa dei nostri Bot), sono arrivati a rendere il 6%; per cui se nella riunione di giugno assisteremo quasi certamente ad una tregua nel rialzo dei tassi d’interesse, nel mese di luglio la Fed potrebbe inasprire nuovamente la politica monetaria.
Notizia ovviamente non buona, né per le obbligazioni né per le azioni. E se guardiamo le dinamiche dei governativi Usa a 10 e 30 anni, è evidente che i rendimenti hanno ripreso a correre, anticipando forse le prossime mosse della Fed. Senza considerare che, innalzamento del tetto debito a parte, già solo gli ultimi dati macro hanno messo non pochi osservatori sul chi va là.
Mercato del lavoro Usa sempre forte e spesa per i consumi che ha ripreso a correre, con molti membri del Fomc che reputano ancora troppo elevata l’inflazione, nonostante il ridimensionamento osservato in questi ultimi mesi. Tuttavia, il dato ultimo non lascia scampo ad interpretazioni: l’inflazione è tornata a salire più del previsto.
Per ciò che riguarda l’Area Euro e il nostro debito governativo, sotto un certo profilo, l’accordo raggiunto sul debito Usa ha giovato un po’ anche ai nostri Btp. Infatti, l’accordo Usa fa tornare un po’ di appetito per il rischio e il nostro debito è tornato ad essere oggetto di acquisti con lo spread ITA/GER che ha ripreso a contrarsi.
Poi, che sia solo una fiammata o meno, staremo a vedere. Per carità, è vero che la decisione deve essere avvallata dal Congresso, ma pensare che ciò non avvenga non è realistico. Piuttosto, la verità è che nelle prossime settimane il destino dei nostri titoli governativi sarà legato alle decisioni della Bce. Nella riunione del 15 giugno prossimo è dato per quasi certo un altro aumento dei tassi d’interesse per lo 0,25%.
Ma non basta, perché anche se sarà la Forward Guidance a suggerirci se l’Istituto ha intenzione di vincolarsi anche per la riunione di luglio, va detto che crescono le probabilità di un’ulteriore stretta monetaria per quell’appuntamento, nonché per quello di settembre.
È innegabile che l’inflazione nell’Area Euro resti elevata, con quella di fondo cha ha solo iniziato ad arretrare in modo lieve. Improbabile, secondo le parole del “falco” Joachim Nagel, che “da qui all’estate gli indicatori segnino una netta inversione di tendenza”. Non stupiamoci quindi se dovessimo veder lievitare i rendimenti dei nostri Btp e anche dei nostri Bot: anzi, continuiamo a seguire sia i grafici sia le indicazioni che arrivano dalla ZC Yield Curve e dai forward su Euribor. Non potremmo avere una bussola migliore.
Analisi ZC-Yield Curve
La lettura della ZC-Yield Curve mostra una salita dei rendimenti su tutto il tratto della curva rispetto alla scorsa analisi. Infatti, rispetto alla scorsa lettura il rendimento della scadenza a 10 anni sale in area 3,20% rispetto al 2,95% precedente, mentre la scadenza trentennale si porta ora in area 2,66% rispetto al 2,52% precedente. Sempre stabile la conformazione della curva, che rimane invertita e con un nuovo allargamento del differenziale 10Y-2Y che è passato agli attuali -52 bps da precedenti -43 bps. In salita anche il tratto a breve, con la curva che evidenzia ora un massimo di rendimento sulle scadenze di inizio 2024 in area 4,00%, rispetto al 3,88% della scorsa analisi. In salita anche le previsioni dei tassi forward su Euribor 6 mesi sulle scadenze a breve e a medio. La curva rimane impennata e vede ora i tassi attesi in area 4,20% per inizio 2024 rispetto alla precedente lettura al 4,00%, per poi scendere sotto al 3,00% solo verso fine 2024 assestandosi successivamente nell’intervallo 2,80% - 3,00% a partire dal 2027.
Analisi Integrata Trendycator
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali si nota un ritorno di pressione rialzista sui rendimenti delle diverse aree valutarie. L’area UK vede ora il rendimento per il GILT volare in area 4,32% dal precedente 3,71% e con Trendycator che è tornato in stato LONG. Tornano a salire anche i rendimenti del BUND, che si porta ora in area 2,49% rispetto al precedente 2,22% e con Trendycator che si mantiene stabilmente in stato LONG. In lieve salita anche i rendimenti del nostro Btp decennale, ora in area 4,35% con uno spread ora in area 184 bps e modello Trendycator che continua ad indicare un potenziale passaggio a stato NEUTRAL dal LONG che durava da ottobre 2021. Infine, l’area USA con i rendimenti del Treasury decennale che salgono con decisione e si portano ora in area 3,82% rispetto al precedente 3,43% e con Trendycator che conferma è un po’ instabile nell’intorno dello stato NEUTRAL.
Bond Governativi Mondo Weekly Ranking
Consueta sezione dell’analisi sui mercati obbligazionari, con l’introduzione sotto forma di ranking dei bond governativi mondiali con qualunque rating. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione.
Bond in evidenza
Ancora una volta, il nostro modello Trendycator ha saputo dare indicazioni di timing perfette in merito al movimento dei prezzi dei governativi Usa. Infatti, sia il Treasury a 10 anni sia quello a 30 anni hanno rotto al ribasso le aree di supporto confermando l’impostazione SHORT di Trendycator.
Treasury 10 anni
Scrivevamo nella scorsa analisi: “i prezzi del decennale, dopo aver avviato una salita dai minimi di fine 2022, sono ora di fatto in una fase di lateralità. Tuttavia, da qualche settimana a questa parte si sta conformando un triangolo con massimi decrescenti, unito al cambio di impostazione di Trendycator che ora è su SHORT e non da ultimo in presenza di una divergenza negativa con il Trendycator Oscillator dai massimi di dicembre 2022”.
E, come da copione, lo short si è materializzato, come si vede dal grafico qui sotto.
Treasury 30 anni
Stessa situazione per il trentennale: modello Trandycator che indicava SHORT, divergenza negativa con il Trendycator Oscillator e rottura ribassista del triangolo, come possiamo vedere dal grafico qui sotto.
Dollar Index
Infine, proiezione perfetta anche per il Dollar Index, che ha confermato lo stato LONG di Trendycator portandosi con una certa forza oltre 104, come possiamo vedere nel grafico qui sotto.
Per cui, mettendo insieme le evidenze dei dati macro, le proiezioni sulle prossime mosse della Fed e l’analisi grafica, non possiamo non concludere che per noi investitori in Euro stiano tornando appetibili i bond governativi a stelle e strisce, soprattutto quelli a breve termine che hanno un rischio tasso molto contenuto e (per ora) un rischio cambio che è a nostro favore.