Le ultime settimane sui mercati sono state caratterizzate dalle decisioni di Fed e Bce in tema di politica monetaria, a cui si sono aggiunti importanti dati macro e il fallimento di un’altra banca negli USA.
Altri dati macro sono attesi per i prossimi giorni e intanto le scommesse sulle prossime mosse della Fed si stanno sprecando. Ciò che balza all’occhio è la riproposizione della situazione già vista qualche mese fa, con la Fed che predica una linea e i mercati (principalmente quelli azionari) che non vogliono credere (e cedere…) alle parole di Powell.
DI fatto le scommesse sul piatto sono due: la prima, che vede uno stop al rialzo dei tassi nella riunione Fed di giugno; la seconda, che vede l’inizio del taglio dei tassi a partire dall’estate.
Bene, la prima ci sembra praticamente vinta, posto che anche noi vediamo le condizioni per uno stop, anche se solo temporaneo, alla politica monetaria restrittiva. Ma da qui a pensare che i tassi possano essere tagliati, francamente ce ne passa.
Tutto si gioca sulle previsioni di recessione negli USA, con i mercati che la stimano con una percentuale piuttosto elevata, mentre la Fed sostiene che possa essere tranquillamente evitata, rincarando la dose specificando che la priorità è sedare l’inflazione, pur in presenza del doppio mandato che deve tenere conto anche dell’occupazione.
Molto pragmaticamente, se e in quale misura la Fed potrà ancora alzare i tassi di interesse dipenderà dai dati, come ha più volte indicato Powell. Poi è chiaro che ora è ragionevole aspettarsi che la Fed si fermi per un po'.
Non possiamo non considerare, infatti, che sono presenti diversi elementi a favore di una pausa: la crisi bancaria sta indebolendo le condizioni del mercato del credito e la politica della FED, che agisce con ritardo, comincia ad avere gli effetti attesi. Per cui, la Fed ora deve decidere se ha già fatto abbastanza per riportare la crescita dei prezzi al target de 2% e occorra solo aspettare, oppure se è necessario continuare a drenare liquidità.
A nostro avviso, la prospettiva più probabile è che i tassi resteranno fermi a questi livelli per un po’ di tempo, quel tanto che basta alla Fed per capire se il rialzo cumulato di 500 basis points ha sortito gli effetti desiderati. Lo stesso Powell ha suggerito che “i tassi dovranno rimanere elevati per un po' di tempo” e, almeno a noi, il messaggio pare chiaro.
Anche perché, in ultima analisi, l’impressione è che la FED sembri temere che con un mercato del lavoro ancora robusto l’inflazione salariale non rallenterà ulteriormente, rendendo così più difficile farla scendere dall'attuale 5%.
Per cui, se questo fosse pericolo, allora la Fed potrebbe prendere in seria considerazione un ulteriore inasprimento monetario, anche se questo significa aumentare il tasso di disoccupazione. Con buona pace degli scommettitori che cercano di mettere pressione per un taglio dei tassi.
Sul fronte della dicotomia prezzi/rendimenti delle obbligazioni, va da sé che questa situazione di attesa non permette di impostare strategie di lungo respiro, poiché se Powell manterrà ferma la sua linea i mercati dovranno arrendersi all’evidenza e non potranno che riposizionarsi per uno scenario di tassi elevati per qualche tempo.
Rimaniamo quindi per ora ancora piuttosto prudenti nella gestione del nostro portafoglio, mantenendo le posizioni in essere e limitandoci ad osservare cosa accade, pronti ad intervenire solo in caso di reale necessità, posto il nostro asset sta tenendo molto bene la volatilità e anzi ha ripreso a salire.
Infatti, all’ultimo close disponibile valorizza un NAV a 104,60 in progresso rispetto all’ultima valorizzazione di 104,28. Sale anche la performance storica su base annua, ora in area +1,48% rispetto al precedente +1,40%, portando quella cumulata al +4,60%. Scende invece la volatilità totale, ora al 2,00%, così come quella negativa che cala all’1,32%.
Portafoglio aggiornato nella sezione consueta.