Banche, solo banche, che hanno potenzialità di rivalutazione dopo il “sell-off”. Sebbene l’analisi grafica dia dei segnali ben precisi.
Buy or sell
Un po' di esitazione si manifesta inevitabilmente nello scrivere di banche, visto il turbinio del settore negli ultimi giorni. È pur vero che ieri Unicredit ha svettato (+4,38%) sul Ftse Mib, sorprendendo anche gli osservatori più specialistici. Non ha quindi stupito più di tanto un report di Mediobanca Securities in cui si legge: “La nostra analisi dei fondamentali non fornisce alcuna diagnosi preoccupante del sistema bancario, nonostante il de-rating indichi una crisi. Per noi le valutazioni assolute e relative del settore sono molto interessanti. Vediamo le banche dell'Ue trattare a 0,65 volte il multiplo prezzo/ capitale tangibile per un Rote dell'11-12,5% e un multiplo prezzo/utile di 5-6 volte nel 2023-2024, con un rendimento del 7%, due volte superiore a quello del mercato generale, cui si aggiungono i buyback. Ciò pone le banche a sconto del 50% rispetto al p/e del mercato, in linea con il minimo storico della valutazione relativa del settore. Sebbene sia difficile prevedere quanto possa durare la tempesta, riteniamo che sia meglio navigare attraverso i campioni nazionali. Ci posizioniamo quindi su azioni dove è visibile il ritorno del capitale, in quanto riteniamo che la Bce approverà i dividendi e i buyback. In particolare su quelle con un forte potenziale di rivalutazione dall'attuale sell-off: l’italiana Unicredit, l’inglese Hsbc, la francese Bnp Paribas, la spagnola Santander e la tedesca Deutsche Bank sono le nostre top picks”.
Le esaminiamo allora da un punto di vista puramente di analisi tecnica, trascurando la britannica Hsbc, stante il rischio di cambio €/£, che parecchi investitori italiani temono come il fuoco.
Unicredit (chiusura ieri a 17,15 euro)
La notizia |
Ha ricevuto l'autorizzazione della Bce per l'esecuzione del programma di riacquisto di azioni proprie per un importo massimo di 3,343 miliardi di euro. Insieme al dividendo proposto, questo comporta una distribuzione totale agli azionisti di 5,25 miliardi di euro, con un aumento del 40% rispetto all’anno precedente |
Strategia di lungo periodo |
Analizzando il titolo su periodicità mensile la brutta candela rossa di marzo non implica un’inversione ribassista, che avverrebbe solo alla rottura al ribasso dei 13,3 euro |
Strategia di breve periodo |
Il crollo di venerdì era stato preceduto da varie sedute negative. La controspinta rialzista di ieri ha riportato il titolo sopra i 16,95 euro, livello che rappresenta ora un supporto determinante per le prossime giornate. Si noti che il SuperTrend resta negativo e che l’Rsi è nel mezzo della banda 70-30, con l’incerto posizionamento ieri a 48 |
Bnp Paribas (chiusura ieri a 51,97 euro)
La notizia |
Il quarto trimestre 2022 ha deluso le attese, sebbene il gruppo francese abbia alzato i target al 2025 e annunciato un maxi buyback da 5 miliardi di euro |
Strategia di lungo periodo |
Quando si ha a che fare con un tiratissimo massimo storico (67 euro) – registrato a febbraio – un successivo storno è quasi inevitabile. La candela rossa del mese in corso è comunque rilevante, con il livello dei 48 euro che delinea un supporto ora decisivo |
Strategia di breve periodo |
La discesa iniziata il 9 marzo ha riportato il titolo a contatto con la media mobile “daily” a 200 periodi (a 51,92), con cui sta lottando da mercoledì 15. Se va sotto attenzione ai 48,2 euro. Se tiene occorre un netto rialzo oltre i 54 euro |
Santander (chiusura ieri a 3,323 euro)
La notizia |
La banca spagnola annuncia target molto ambiziosi per i prossimi tre anni. Ha infatti alzato l'obiettivo di Rote (rendimento del patrimonio netto tangibile) al 15-17% nel periodo 2023-2025 rispetto al 13,4% del 2022 e il pay-out (quota di utile da distribuire agli azionisti) dal 40% al 50%, in linea con le aspettative del consenso degli analisti |
Strategia di lungo periodo |
Osservando barre su base mensile si nota una forte volatilità, con frequenti tonfi che hanno quasi sempre caratterizzato ottime occasioni di entrata. Ciò è avvenuto a giugno 2016, a maggio 2018 e a marzo 2020, per citare tre casi. Il 2021 e il 2022 sono stati due anni di debolezza , mentre il 2023 è iniziato bene ma la candela rossa di marzo ha annullato la fiducia di una rottura al rialzo della media mobile a 200 (su base mensile appunto!) negativa da inizio 2020 |
Strategia di breve periodo |
A marzo un massimo sui 3,87 euro, corrispondente al livello da cui iniziò il tonfo 2020 da Covid. Il “gap down” di apertura del 9 marzo e le successive sedute negative hanno riportato il titolo addirittura a 2,94 euro. Si è poi delineata una fase incerta, con la resistenza/supporto di 3,36 che condizionerà il proseguimento delle prossime settimane |
Deutsche Bank (chiusura ieri a 8,92 euro)
La notizia |
Le autorità di controllo tedesche hanno individuato un'operazione sui credit default swap di Deutsche Bank che potrebbe aver scatenato, venerdì scorso, il crollo in Borsa dell’azione |
Strategia di lungo periodo |
Allineata ormai da tanto tempo su una trendline ribassista, che l’ha fatta scendere dai 39 euro del 2010 ai livelli in corso, la barra di marzo si è compressa al punto di rottura finale di un triangolo ribassista che lascia prevedere non poca volatilità nei prossimi mesi. E’ un’azione da “la va o la spacca” (termine certamente non tecnico!), su cui si è concentrata la speculazione dei mercati a causa di molti motivi |
Strategia di breve periodo |
Le ultime vicende sono state precedute da un’accentuata debolezza iniziata il 9 marzo. La rottura al ribasso della media “daily” a 200 (collocata ora a 9,72) è un brutto segnale e rappresenta il primo riferimento per chi volesse essere rialzista. Tempesta invece sotto gli 8,20 euro |
In sintesi – L’ottimismo di Mediobanca trova solo parziali conferme nell’analisi grafica di breve periodo. Nuove tensioni sul bancario europeo potrebbero giungere da vicende di istituti minori, poiché le notizie che circolano qua e là non sono proprio ottimistiche sulla solidità complessiva del sistema. Mai come questa volta quindi meglio perdere un’occasione che perdere capitale. Salvo (con un forse!) nel caso di Unicredit, per la quale i fattori dividendo e “buy back” appaiono propulsivi.