Gli ultimi dati macro evidenziano nettamente che le Banche Centrali non alzeranno tanto facilmente il piede dall’acceleratore, come i mercati azionari stanno scommettendo da settimane a questa parte. Infatti bond e azioni parlano ormai due lingue diverse, con i primi che credono ai dati macro e alle parole dei vari esponenti dei board di Fed e Bce, mentre i secondi se ne infischiano e provano ancora a mostrare i muscoli.
Intanto le attese sui tassi USA e EUR sono per livelli più elevati rispetto a quanto si pensava solo qualche settimana fa. Già si parla per gli USA di tassi sopra il 5% (probabile tra il 5,25% e il 5,50%) e per l’Europa tassi almeno al 4%, come per altro si vede bene dai forward sui tassi euribor.
Per cui, posto che ci interessa poco capire perché bond e azioni stiano divergendo, succederà quello che deve succedere, cioè che i tassi saliranno ancora, resteranno alti più a lungo del previsto e nel 2023 non ci sarà nessun taglio.
Intanto, nuovo monito dalla Bce per voce di Isabel Schnabel, consigliere esecutiva che tuona contro la narrazione sulla disinflazione nell'Area Euro. Schnabel, senza mezzi termini, ha sostenuto la possibilità di “misure più dure per contrastare l'inflazione persistente”, aggiungendo che “la disinflazione non è nemmeno iniziata”.
Ora, per quanto la sua possa essere considerata una presa di posizione del gioco delle parti tra falchi e colombe, basta guardare il grafico sull’indice dei prezzi al consumo nell’Area Euro per capire Schnabel non si sbaglia.
Il grafico parla chiaro: abbiamo toccato il massimo nel mese di ottobre scorso con il valore di 121 e nel mese di gennaio l’indice è sceso a 120,10. È quindi evidente che la tanto decantata disinflazione di cui si sta parlando in queste settimane è ancora davvero poca roba.
Di fatto, un calo dei prezzi di appena tre quarti di punto percentuale. Il tutto dopo che in meno di due anni i prezzi nell’area sono cresciuti del 15,5%. Per ottenere questo dato, banalmente, è sufficiente confrontare l’apice toccato ad ottobre 2022 con il mese di novembre del 2020, ovvero all’inizio della spirale inflazionistica.
Per nulla diversa la situazione negli USA dove il dato sull’inflazione ha deluso e di molto le aspettative, per di più in presenza di un mercato del lavoro molto robusto. E così tornano i timori da parte di molti osservatori, visto che la disinflazione pare sì procedere, ma ad un ritmo moderato dopo l’avvio dei mesi passati.
E non a caso, era stato proprio Jerome Powell ad avvertire – all’inizio del mese – che verosimilmente servirà un biennio per normalizzare l’inflazione. E, sempre non per caso, sui mercati le aspettative sui tassi d’interesse sono salite, con i futures che indicano come gli investitori si attendono un apice dei tassi al 5,50% entro settembre. Prima del board di inizio febbraio, era atteso al 5%.
Poi non mancano le ipotesi fantasiose di chi vede un taglio dei tassi perché la curva dei rendimenti è invertita e quindi con l’economia in recessione le Banche Centrali dovranno fornire stimoli monetari.
Sì, vero, ma bisogna tenere anche conto dei tempi: non basta sventolare ipotesi balzane solo per incoraggiare rialzi fatui. Infatti, la curva invertita indica recessione, ma nei successivi 12 o 18 mesi, non immediatamente. E prima che i tassi vengano tagliati per ridare stimolo alla recessione, prima questa deve essere manifesta e secondo si deve chiudere la fase di ciclo economico prima della ripresa.
Analisi ZC-Yield Curve
La lettura della ZC-Yield Curve mostra una nuova risalita dei rendimenti su tutto il tratto della curva rispetto alla scorsa analisi. Infatti, rispetto alla scorsa lettura il rendimento della scadenza a 10 anni sale in area 3,02% rispetto al 2,85% precedente, mentre la scadenza trentennale allarga e si porta ora in area 2,36% rispetto al 2,22% precedente. Stabile la conformazione della curva, sempre chiaramente invertita, ma con il differenziale 10Y-20Y che è ora nuovamente in aumento intorno ai -50bps. La curva evidenzia sempre un massimo di rendimento sulle scadenze di inizio 2024 ora verso area 3,60% di rendimento rispetto al 3,50% della scorsa analisi. Ancora in aumento le previsioni dei tassi forward su Euribor 6 mesi, sempre sul tratto a breve. La curva rimane impennata sulla parte a breve e vede ora tassi verso un massimo in area 4,00% per inizio 2024, per poi indicare una discesa sotto al 3,00% nella seconda metà del 2025.
Analisi Integrata Trendycator
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali, si nota la ripresa della salita dei rendimenti su tutte le aree valutarie. L’area UK vede ora il rendimento per il GILT in area 3,50% in salita dal precedente 3,27% con Trendycator sempre in stato LONG. In crescita anche i rendimenti del BUND, che si porta ora in area 2,47% di rendimento, verso i massimi di fine 2023, con Trendycator ancora in stato LONG. Tornano a salire anche i rendimenti del nostro Btp decennale, con uno spread per ora sostanzialmente stabile in area 190 bps per un rendimento ora in area 4,33% rispetto alla precedente lettura al 4,16%, con Trendycator sempre LONG. Infine, l’area USA con i rendimenti del Treasury decennale che salgono attestandosi ora al 3,88% con Trendycator sempre LONG.
Bond Governativi Mondo Weekly Ranking
Consueta sezione dell’analisi sui mercati obbligazionari, con l’introduzione sotto forma di ranking dei bond governativi mondiali con qualunque rating. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione.
Strategia portafoglio obbligazionarioIn base allo scenario che si sta delineando, e che per altro non è affatto mutato rispetto a quanto andiamo dicendo da mesi su queste colonne, il strategia che premierà gli investimenti obbligazionari sarà quella di continuare a privilegiare la gestione della liquidità con scadenze entro i due anni, sia in caso di tassi fissi sia in caso di zero coupon.
Rimangono interessanti i bond a tasso variabile, anche con scadenze un po’ più lunghe, la cui valutazione è obiettivamente più complicata ma che possono essere però confrontati con un basilare modello di Discount Factor. Sia i titoli governativi sia alcuni corporate pagano oggi cedole interessanti e ancor più pingui nel prossimo futuro, fermo restando le indicazioni che oggi possiamo ricavare dai dati macro e dalla ZC Yield Curve.
Per i governativi con scadenza 2025 il migliore è il Cct-eu Tv Eur6m+0.55% (IT0005331878) che sia in ASW sia in Discount Factor è da preferire ai fratelli con scadenza simile. Infatti, in ASW gira a Eur+25 rispetto agli altri due che offrono Eur+10 (scadenza gennaio 2025) e Eur+19 (scadenza aprile 2025).
Un corporate (in realtà assimilabile al governativo come Credit Risk) è il bond Cdp Mc Gn26 Eur (IT0005374043) che con una scadenza leggermente più lunga (giugno 2026) gira in ASW a Eur+55 contro l’omologo CCT con scadenza aprile 2026 che gira a Eur+41.