Da alcuni giorni, gran parte degli analisti ha nuovamente settato il focus sui rendimenti dei T-Bond e dell’inversione della curva. E questo perché, ormai da settimane, le azioni vanno da una parte e le obbligazioni dall’altra, dando sentore di interpretare le mosse della Fed e le parole di Powell in modo diametralmente opposto.
Infatti, continua ad aumentare il rendimento del benchmark USA a 2 anni, con lo spread sul decennale a circa -80 punti base indicando pertanto una profonda inversione della curva dei rendimenti, percepita (come sappiamo) essere il sintomo di una recessione nell'arco dei prossimi mesi.
La sensibilità del titolo biennale è stata particolarmente sensibile al movimento dei tassi Fed e il loro costante aumento nelle ultime riunioni indica come gli investitori obbligazionari stiano dando molto credito alle parole del presidente Powell ed altri governatori federali.
Nell'ultimo intervento Powell ha fatto capire senza mezzi termini che i tassi devono rimanere in territorio restrittivo per un periodo più lungo di tempo per riportare l'inflazione verso il target del 2%, vista la forza del mercato del lavoro che a gennaio ha registrato un aumento molto oltre le attese.
Stando ad alcune stime, i derivati prezzano con maggiore probabilità tassi Fed ad un picco del 5,75% alla fine del 2023, e nessun taglio come invece previsto dopo l'ultima lettura dell'inflazione americana.
Ma l'ammonimento che arriva dal mercato del reddito fisso (e anche dalle parole molto nette delle settimane scorse da parte di diversi esponenti del board Fed) non si sta ancora riflettendo sull’azionario, con lo S&P 500 che pur stancamente ha colto un rimbalzo del 7% da inizio 2023.
Questo, sappiamo, è stato dovuto dal più o meno giustificato ottimismo di un'inversione repentina dei prezzi al consumo e ad un conseguente risposta morbida da parte delle Banche Centrali. E ora anche gli strategist di Bloomberg iniziano a dare segnali di allerta agli investitori, forse troppo confidenti e forse troppo in anticipo rispetto alla fasatura del ciclo economico e di quello finanziario.
Stando alle parole di Mark Cranfield, strategist di Bloomberg News, “i rendimenti dei Treasury a due anni sono ai livelli più alti da novembre, ma questo non si è ancora riflesso pienamente nella performance dell'indice S&P 500. Il dato è un avvertimento per le azioni statunitensi, che potrebbero dover adeguarsi a un range di trading più basso. Si tratta di un avvertimento per le azioni statunitensi che potrebbero doversi adattare a un trading range più basso”. Aggiungendo poi che “I recenti interventi da falco della Federal Reserve lasciano presagire che al FOMC di marzo verrà annunciati dot plot mediani più alti”.
Staremo a vedere ma, almeno a noi, da tempo appare ben chiaro che i bond dimostrano aver inteso bene che Powell fa sul serio quando dice che i tassi devono rimanere restrittivi per un periodo prolungato, mentre questo scenario avverso non è ancora stato correttamente interpretato e prezzato dai mercati azionari.
Tornando al nostro portafoglio, facciamo un rapido aggiornamento dopo l’ingresso di due nuovi titoli, come specificato nello scorso articolo e nei segnali operativi. Siamo entrati sul fondo Fidelity Active Strategy Global Fund Acc EUR (LU1048657123) per un 5% del portafoglio, pari a 5.000 euro e siamo entrati anche sul Bot scadenza 14 agosto 2023 (IT0005505075) per un 10% del portafoglio, pari a 10.000 euro nominali e per un rendimento netto a scadenza del 2,65%.
Il nostro portafoglio, all’ultimo close disponibile, valorizza un NAV a 104,33 sostanzialmente stabile rispetto all’ultima valorizzazione. Stabile anche la performance storica su base annua al +1,52%. Stabilità anche per la volatilità totale, ferma al 2,08%, così come quella negativa ferma all’1,37%.
Portafoglio aggiornato nella sezione consueta.