Mercati in fervente movimento, con l'oro che ha raggiunto un nuovo massimo storico, superando i 2.130 dollari l'oncia e superando il precedente record di marzo, che era di 2.050 dollari. In soli due mesi, il metallo ha guadagnato 210 dollari, corrispondenti all'11,5%.
Le tensioni geopolitiche in Medio Oriente, con il conflitto tra Israele e Hamas, hanno sicuramente contribuito all'aumento del prezzo. Gli investitori si rivolgono all'oro come "bene rifugio" per proteggersi dai rischi politici, oltre che da quelli economici e finanziari.
Un altro fattore che ha contribuito al successo dell'oro è lo stop al rialzo dei tassi di interesse delle principali banche centrali nelle ultime settimane. L'inflazione in calo in Nord America ed Europa indica, quantomeno, uno stop definitivo ad una politica monetaria particolarmente restrittiva, mentre alcuni si spingono ben oltre, indicando la possibilità di un futuro taglio dei tassi.
I rendimenti obbligazionari sono in contrazione, il che ha generato un buon rally dei bond tra ottobre e oggi. Ad esempio, il rendimento del Btp decennale è sceso da area 5% a meno del 4,10% in un mese e mezzo.
Poiché l'oro non produce cedole, subisce l'impatto negativo dell'incremento dei rendimenti mentre di converso beneficia della loro diminuzione. Questo spiega l’apparente paradosso di un aumento delle quotazioni dell'oro in un contesto di inflazione in discesa. Inoltre, l’attuale deprezzamento del dollaro sostiene ulteriormente l'oro, che è negoziato in dollari americani e diventa più accessibile agli investitori al di fuori degli Stati Uniti.
Come sappiamo, il boom dell'oro è anche attribuibile agli acquisti effettuati dalle banche centrali, soprattutto in Asia, che cercano di diversificare le proprie riserve al di fuori del dominio del dollaro. Alcuni paesi stanno valutando alternative di investimento a lungo termine, considerando la potenziale fragilità fiscale di Washington.
La Federal Reserve, forse per evitare una corsa verso alternative come l'oro, non ha ancora indicato una futura riduzione dei tassi nei prossimi mesi. Questa ambiguità serve a preservare il valore del dollaro e a frenare l'interesse verso asset alternativi considerati potenziali alleati della “dedolarizzazione”, come l'oro.
Nel contesto finanziario, anche il Bitcoin sta vivendo un periodo decisamente positivo, superando i 41.500 dollari e registrando un aumento del 150% dall'inizio dell'anno. Si tratta dei livelli massimi da aprile 2022, con un'attenzione particolare sulla possibile approvazione, entro gennaio, del primo ETF su Bitcoin da parte della Securities and Exchange Commission (SEC). Questo consentirebbe agli investitori di accedere più facilmente alla criptovaluta, seppur per via indiretta.
E come sappiamo, gli ETF, come fondi a gestione passiva, possono influenzare la liquidità e i prezzi degli asset sottostanti. Inoltre, nel 2024, Bitcoin potrebbe beneficiare dell’halving, un dimezzamento delle ricompense per i miners.
Infine, i rialzi di entrambi, oro e Bitcoin, sono influenzati dalle aspettative di maggiore liquidità sui mercati con la fine delle politiche monetarie restrittive e dal conseguente aumento della propensione al rischio. Secondo alcuni, la recente diminuzione del prezzo del petrolio, nonostante l'impegno dell'OPEC Plus nel mantenere i tagli alla produzione, potrebbe portare le banche centrali a tagliare i tassi di interesse prima del previsto, visto che il calo delle materie prime energetiche va chiaramente a raffreddare l'inflazione.
E, naturalmente, anche le Borse non hanno mancato l’appello con questi rialzi generalizzati, con il Dow Jones che ha portato via i massimi precedenti. Impostazione non confermata però né da S&P 500 né dal Nasdaq, il che lascia prudenti sulla sostenibilità di questo rally natalizio per le prossime settimane e i primi mesi del 2024.
Tornando al nostro portafoglio, all’ultimo close disponibile valorizziamo un NAV a 105,96 in decisa crescita rispetto all’ultima valorizzazione di 105,44. La performance storica su base annua si attesta in area +1,63%, portando quella cumulata al +5,96%. In diminuzione la volatilità totale, ora all’1,91%, così come quella negativa che resta all’1,29%.
Portafoglio aggiornato nella sezione consueta.