NASDAQ100 WEEKLY - Listini azionari USA alle stelle con il DOW JONES che supera i massimi storici ed il NASDAQ100 a ruota !


L’ULTIMO ARTICOLO DELL’ANNO VERRA’ PUBBLICATO SABATO 30 DICEMBRE.

SETTIMANA INCREDIBILE PER L’OBBLIGAZIONARIO, CON L’AZIONARIO A RUOTA. CROLLATI LETTERALMENTE I RENDIMENTI SIA STATUNITENSI CHE EUROPEI. MA ANCHE I MERCATI AZIONARI NON RESTANO A GUARDARE CON LE SMALL CAP A GIUDARE I RIALZI !

Settimana spettacolare per l’accoppiata obbligazionario e equity, grazie alle dichiarazioni mooooolto concilianti del presidente della FED, Jerome Powell, a margine della riunione del FOMC di mercoledì scorso, nelle quali fa capire perfettamente che un “pivot” di rialzi è stato raggiunto e, addirittura, apre a possibili tagli nel 2024 sempre a seconda dei dati macro che usciranno. Pertanto questa settimana la palma del migliore va al mercato obbligazionario con i rendimenti crollati nelle giornate di mercoledì e giovedì a supporto dei mercati azionari e in particolare all’indice Russell 2000, quello delle società a medio-basse capitalizzazioni. Entreremo nello specifico delle percentuali più avanti, nel frattempo propongo questo grafico di insieme di bond a 10 anni tra europei ed USA dal dicembre 2022, impressionante vedere dove erano i rendimenti appena due mesi fa e dove sono oggi:

Se il Treasury 10 anni è ai minimi da luglio, la Spagna è ai minimi da gennaio, il BTP e il Bund da dicembre 2022, Il Portogallo da settembre 2022, la Grecia da agosto 2022. Le successive riunioni delle Banche centrali di Europa ed Inghilterra non hanno seguito Powell & C. su questo terreno, ma la crescita in Eurozone e UK è troppo fiacca affinché i loro mugugni possano frenare il movimento causato dalla principale banca centrale del mondo. Vale la pena osservare che il cambio di posizione della FED in direzione accomodante è stato interamente assorbito dai tassi reali, visto che i “breakeven inflation” navigavano sui minimi di periodo e una posizione più accomodante gli offre supporto (v. grafico):

Contrariamente alle nostre aspettative, mercoledì scorso, il Presidente della FED, Jerome Powell non ha fatto alcunché per ostacolare le previsioni del mercato che scontavano 5 tagli per il 2024 e che dopo le sue parole sono saliti a ben 6 tagli, 4 in più di quelli che loro prevedevano a settembre, né calmare la frenesia del mercato obbligazionario. Tutt'altro !

Nelle proiezioni è stata abbassata la previsione di inflazione, specie per il 2023 ma anche per il 2024 un po', in particolare la core; è stata alzata la previsione di crescita per il 2023, ma abbassata marginalmente quella per il 2024; e soprattutto, nella Dot Plot sono stati indicati per il 2024 tre tagli dei Fed Funds da 25 bps, in luogo dei 2 indicati a settembre,  partendo da un livello di 25 bps più basso, visto che ovviamente il rialzo indicato a settembre per il 2023 non si è concretizzato: così il target dei Fed Funds per dicembre 2024 scende di 50 bps a 4.6% (è tutto riepilogato nello schema sotto).

Powell, nelle dichiarazioni a margine della riunione, ha senz'altro confermato il cambio di posizione rispetto allo scorso meeting, dichiarando che la maggioranza dei membri ritiene che i rialzi siano finiti, anche se non escludono il contrario.

Confermando che stanno iniziando a pensare al timing dei tagli dei tassi, contraddicendo in toto quanto detto il primo dicembre scorso: “FED’S POWELL: PREMATURE TO SPECULATE ON WHEN POLICY MAY EASE” (È prematuro speculare su quando la politica potrà allentarsi sui tassi, ndr).

Evitando, accuratamente, di obiettare le previsioni del mercato, che scontavano comunque quasi il doppio di quanto da loro pronosticato.

Le reazioni degli economisti, al momento attuale, è che circolano pochi dubbi sui motivi della nuova posizione presa dai membri della FED: il consenso sull'economia non è particolarmente ottimista, ed è evidente da un po' che l'inflazione sta scendendo forte, anche se il mercato, complici gli strali della FED in autunno, ci è arrivato solo da novembre in poi.

Cosa ha convinto la FED a rimanere così arroccata sulle proprie posizioni a settembre, quando proiettava un altro rialzo dei tassi in corso d'anno e fino a 2 settimane fa, per poi effettuare il famoso ‘pivot’ oggi (POWELL SAYS FED DISCUSSED TIMING OF RATE CUTS AT MEETING TODAY), con la curva che sconta più tagli, le borse più alte ed euforiche e gli effetti base sull'inflazione ormai alle spalle, che quindi lasciano i tassi di inflazione annuali alla mercé delle serie mensili volatili ? Domanda più che lecita ma che rimarrà senza risposta.

L’unico dubbio che ci pervade la mente è: “Che peso dare in futuro alle previsioni, se vengono sconfessate in meno di 2 settimane, sulla scorta di un singolo report ?”

Come detto in precedenza, ora il mercato sconta uno scenario ancora più estremo rispetto alle nuove previsioni della FED, con i rendimenti che sono collassati su tutta la curva. Ma andiamo a vederlo nel particolare questo scenario:

Lo strumento FedWatch del CME Group mostra come i mercati, per la prima riunione del 2024 in programma il 31 gennaio, iniziano a prezzare una modesta probabilità di uno sconto di 25 bps (10,3%) contro il 4% di due venerdì fa (v. grafico):

Ma, la grossa novità arriva per la riunione del 20 marzo, dove gli investitori si aspettano un taglio di 25 bps con una probabilità salita la 62,7% contro il 43,2% di due venerdì fa. Fate conto che due settimana fa il primo taglio era previsto per la riunione del 12 giugno (v. grafico):

Percentuali che diventano una sentenza per la riunione del primo maggio con probabilità per un taglio tra i 25 ed i 50 bps che arriva all’89%, con il 52,9% di probabilità per il taglio maggiore (v. grafico):

Mentre, per l’ultima riunione del 2024 il balletto delle previsioni si sposta verso tagli più aggressivi (forse troppo) rispetto a due venerdì fa. Quindi troviamo un picco di probabilità (36,3%) per un taglio di 1 punto e mezzo di percentuale o 150 bps contro il 16,2% di due venerdì fa, mentre rimane stabile al 27,0% la previsione per un taglio di 125 bps rispetto a due venerdì fa, ma fa un bel balzo la previsione per un taglio di 175 bps che passa dal 4,1% al 21,3% attuale (v. grafico):

Quanto è plausibile questo scenario?

Onestamente è difficile che la FED tagli così tanto, solo per un calo dell'inflazione verso il target, con una crescita di GDP e utili che rimangono buoni e un’occupazione stabile. Discorso diverso è se andassimo verso un rallentamento/recessione. In questo caso i tagli potrebbero essere anche più aggressivi, a seconda di quanto è severa la contrazione. Ma non è quello che sta scontando il mercato attualmente, con la borsa sui massimi. E' un fatto che negli ultimi 40 anni la FED non ha tagliato mai più di 75 bps senza che si andasse verso una recessione, e negli ultimi 50 mai senza una contrazione degli utili aziendali (v. grafico):

Certo, di novità ne abbiamo viste parecchie post Covid, e nulla vieta di vedere un ciclo di tagli senza debolezza macro. Ma l'anno prossimo è anche elettorale e quindi fare dei tagli aggressivi senza un'effettiva urgenza di soccorrere l'economia esporrebbe la FED a polemiche di partigianeria. Certo, dovesse l'inflazione crollare sotto il 2%, sarebbe giustificato. Ma chi vede davvero l'inflazione scendere così forte senza debolezza della domanda?

Sta di fatto che quest'assenso di Powell & C. alla fase di atterraggio morbido dell’economia, ha messo le ali ai piedi alla borsa, spingendola verso nuovi massimi e demolito il Dollaro che poi ha recuperato qualcosa, oltre ad aiutare commodities e preziosi.

E veniamo ai numeri del movimento riguardante i rendimenti dei Treasury che, nel grafico della tabella comparativa, ben si vede il differenziale tra le ultime due settimane. Nella scadenza corta con il 2 anni che crolla nelle giornate di mercoledì e giovedì facendo registrare un minimo al 4,28% per poi riprendersi un po' in chiusura di ottava con una perdita settimanale di 27,4 bps rispetto a due venerdì fa. Mentre il Treasury 10Y non recupera nulla nel finale di settimana, passando dal 4,229% di due venerdì fa al 3,913% di questo fine settimana, perdendo ben 31,6 bps e riportando le lancette indietro di 5 mesi, a luglio. Infine anche il rendimento del 30Y perde ben 29,4 bps dal 4,305% al 4,011%. Lo spread 2Y-10Y si riporta nuovamente sopra i 50 bps.

Grafico rendimento tutti

Analisi grafica dell’indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Venerdì scorso le quotazioni non hanno voluto superare il massimo storico a 16764.86 per poco meno di 100 tick, fermandosi a 16669.77. Ma ci siamo, manca un’inezia ! E’ pur vero che, graficamente, il rialzo è stato fermato dall’area di resistenza dei 16700 [estensione del 50% dell’onda 5 di (3) partendo dal minimo di onda (4)], ma parliamo del nulla quando la vera resistenza è il test del massimo storico. Guardiamo invece al valore dell’RSI con il quale l’indice ha chiuso l’ottava: esso recita 75,35. Nulla di grave per questo indice in quanto nel recente passato abbiamo visto punte di 78, ma è ovvio che siamo ai limiti. Detto questo potremo vedere nuovi massimi storici ad inizio settimana prima di una salutare correzione che potrebbe coincidere con l’uscita degli importanti dati macro di venerdì o viceversa correzione subito e poi ripresa con chiusura prefestiva sopra i massimi storici. In ogni caso la sostanza non cambia. Il sentiment è stra-positivo e l’anno dovrebbe chiudere sui massimi a meno di notizie imprevedibili dell’ultima ora. Prossimo obiettivo al rialzo l’area 17300 che, ovviamente, non rappresenta una resistenza in quanto terreno vergine mai testato prima d’ora, area che rappresenterebbe l’estensione del 61,8% di onda (3) partendo dal minimo di onda (4). Viceversa, la correzione potrebbe portare i prezzi prima in area 16200, quindi in area 16000. Staremo a vedere. La settimana si è chiusa a 16623.45 con un guadagno del + 3,35%, il che porta ad un profit da inizio anno del + 51,96%.

Per quanto riguarda l’indice maggiore S&P500, notiamo subito una situazione contrastante rispetto all’indice tech, in quanto pur avendo guadagnato nella settimana una percentuale inferiore, riporta un valore dell’RSI nettamente superiore. Il valore di 79 oltre a rappresentare un valore di ipercomprato notevole, rappresenta per codesto indice un evento abbastanza eccezionale e che ci riporta, nel periodo più recente, al settembre 2020 in pieno rialzo post-Covid, al gennaio 2018 e al marzo 2017. Tutte e tre le volte l’RSI era di poco superiore all’80% e tutte e tre le volte abbiamo assistito a delle correzioni, nell’ordine tra il –3,30% e non sarebbe un male, ed il –10% ed il -11,84% e qui la cosa diventerebbe più seria. Ovviamente i tempi sono mutati così come le condizioni macroeconomiche e quindi aspettiamoci lo scenario meno penalizzante. L’indice VIX ha toccato nella scorsa settimana scorsa un minimo a 11,88 per poi rimbalzare lievemente a 12,60 quindi anche su questo versante la situazione rimane tranquilla. Pertanto, graficamente, prima del massimo storico a 4818, troviamo un’area di resistenza a 4765 estensione del 78,6% di onda (3) partendo dal minimo di onda (4). Mentre per quanto riguarda le aree di supporto non troviamo nulla prima dell’area 4600, quindi l’area 4540/4535, che ha retto molto bene nei giorni scorsi. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 4719.18 con un guadagno del + 2,50% che porta ad un profit da inizio anno del + 22,92%.

Graficamente l’ultima onda rappresenta uno dei più bei rialzi dell’indice delle blue-chip. Il DOW JONES chiude la settimana con quasi tre punti percentuali di rialzo infrangendo per primo il proprio massimo storico del 5 gennaio 2022 a 36952 (linea tratteggiata bianca), registrando così un nuovo massimo a 37347.60 chiudendo la settimana appena sotto tale nuovo massimo. Certamente a fine anno si presenterà con la minore performance percentuale del 2023 rispetto agli altri due indici maggiori, ma almeno è uscito da quella lunga lateralizzazione che durava da un anno ad oggi. Che sia il viatico per continuare a raggiungere vette sempre più alte ? Certamente il livello di RSI a 85 non mette paura, di più. L’ultima volta che l’indice ha visto questi livelli dobbiamo risalire al grande rialzo iniziato a dicembre 2016 fino a gennaio 2018. Quindi, come per gli altri due indici, dobbiamo prestare un po' di attenzione. Pertanto come possibile correzione troviamo il supporto in area 36000 (ritracciamento del 27,2% di onda 5), mentre al rialzo, trovandoci ora in territorio vergine, le proiezioni ci indicano come possibili target le aree 37700 e 38200, rispettivamente estensioni del 127,2% e del 138,2% di onda 3 dal minimo di onda 4. Se son rose, fioriranno. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 37305.17 con un guadagno settimanale del + 2,92% e che porta a segnare un profit da inizio anno del + 12,55%.

ORO INDEX

Come riportato lunedì scorso, che le quotazioni dell’Oro risultavano essere molto tirate sopra la resistenza dei 2050 $/oz. e, pertanto, anche il mantenimento della soglia psicologica dei 2000 $/oz. poteva ritenersi una quotazione accettabile in questo periodo. Diciamo che, nel corso della settimana appena trascorsa, codesta soglia è stata violata due volte al ribasso fino al supporto in area 1980 $/oz. ma con chiusure giornaliere nei pressi dell’area psicologica, fin quando le dichiarazioni del Presidente della FED Powell, mercoledì sera, non hanno provocato uno sfondone ai rendimenti dei Bond con conseguente calo del Dollaro e tutto a vantaggio delle commodities e dei preziosi. Quindi le quotazioni dell’Oro hanno invertito la rotta tornando ben sopra la soglia psicologica, facendo registrare un massimo a 2060 $/oz. per poi ripiegare in chiusura di ottava a 2034 $/oz. Onestamente è una buona soglia e le prospettive rialziste rimangono intatte se le condizioni macroeconomiche consentiranno l’atteso inizio del taglio dei tassi. In questa settimana pochi dati macro saranno pubblicati e tra gli importanti troviamo solo quelli relativi alla spesa per consumi personali (dato PCE molto caro alla FED) e gli ordini di beni durevoli nella giornata di venerdì che potranno alzare un po' di volatilità sui mercati obbligazionari ed azionari.

I livelli chiave per il metallo giallo rimangono sempre i soliti: 2050/2060 $/oz. al rialzo e 2000 fino a 1980 $/oz. al ribasso.

Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, nulla di nuovo sui prezzi del Platino che per l’ennesima volta tentano invano di superare la resistenza dell’area 960 $/oz. coincidente con la M.M. a 200 periodi. Giovedì scorso sembrava la giornata adatta con una chiusura a 966 $/oz. ma già dal giorno successivo i venditori avevano la meglio ributtando giù le quotazioni in area 945 $/oz. Di positivo c’è da dire che i prezzi sono usciti definitivamente dal trend ribassista di medio periodo, per tentare la costruzione di un trend rialzista dal minimo del 10 novembre scorso.  

Passiamo ora alla croce e delizia delle quotazioni dell’Argento, più croce che altro vista la smaccata manipolazione. Cercando qualcosa di positivo, abbiamo che quantomeno reagiscono agli stimoli provenienti dai dati macroeconomici e dalle dichiarazioni dei membri della FED. Infatti possiamo notare che, nel corso della settimana scorsa, i prezzi hanno reagito alla grande alle dichiarazioni del Presidente Powell, portandosi nuovamente a testare la resistenza dei 24,50 $/oz. per poi scendere in area 24 $/oz. dopo le dichiarazioni un po' più caute di due membri della FED. Le soglie critiche rimangono sempre le solite, area 25,50 $/oz. al rialzo e 22,50 $/oz. al ribasso.

La settimana dell’Oro è si è chiusa a 2035,70 $/oz. con un guadagno del + 1,06% rispetto alla scorsa settimana e che porta ad un guadagno da inizio anno del + 11,24%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 2019.79 $/oz. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES FEBBRAIO 2024:

POLITICA USA

Al Congresso si cerca ancora un compromesso sul tema della sicurezza dei confini, compromesso che dovrebbe sbloccare un pacchetto di misure che comprende anche aiuti in favore dell’Ucraina, di Israele e di Taiwan. Nel fine settimana la senatrice indipendente Kyrsten Sinema, il dem Chris Murphy ed il repubblicano James Lankford hanno incontrato funzionari dell’amministrazione, tra questi il segretario della Sicurezza Interna Alejandro Mayorkas, per cercare di stabilire un compromesso. Murphy ha detto: “Dobbiamo approvare un disegno di legge entro fine anno. Vorrei poter parlare ai senatori di questo prima possibile”. Come riporta Politico, i principali negoziatori dopo l’incontro di sabato mattina hanno parlato di progressi nei colloqui, pur non entrando nello specifico. Inoltre, diversi di loro hanno sottolineato come la stesura del testo sia complessa e che avranno bisogno di conversazioni sia a livello individuale che di partito prima di un voto.

Ieri, domenica, il senatore repubblicano Lindsey Graham parlando ad un’emittente televisivo ha detto: “Non siamo vicini ad un accordo. Si andrà al prossimo anno”. Un gruppo di 15 senatori repubblicani, tra i quali anche Graham, chiedono una riunione speciale di conferenza a gennaio nella quale discutere dei negoziati. Sempre ieri, domenica, invece, il senatore dem Joe Manchin ha detto: “Ho comunicato con i negoziatori, i miei colleghi e amici dal lato democratico e repubblicano, anche con la Casa Bianca, e sono molto incoraggiato. Sono molto ottimista sul fatto che si stiano muovendo molto positivamente”.

La scorsa settimana prima al Senato, poi alla Camera, in entrambi i casi con forte sostegno bipartisan, è stato approvato il National Defense Authorization Act (NDAA), misura che autorizza gli aumenti salariali per le truppe, gli acquisti di navi, munizioni e aerei. Quest’anno il disegno di legge include 886 miliardi di dollari di spesa militare annuale. Nella sua versione approvata, il National Defense Authorization Act non tocca questioni sociali ritenute divisive, come l’accesso all’aborto ed il trattamento dei membri del servizio transgender, che erano state inserite in versioni approvate dalla Camera a maggioranza repubblicana. L’NDAA approvato risulta essere un compromesso tra Partito Democratico e Partito Repubblicano, nonché tra i due rami del Congresso, entrambi infatti in precedenza aveva fatto passare le loro versioni. Tra i provvedimenti inclusi, figura l’estensione fino a fine 2026 dell’Ukraine Security Assistance Initiative, autorizzando 300 milioni di dollari per il programma nell’anno fiscale che termina il 30 settembre 2024 e in quello successivo. Una misura che tuttavia risulta decisamente più piccola nelle dimensioni se paragonata ai 61 miliardi di dollari di assistenza a Kiev che Biden ha chiesto al Congresso di approvare.

POLITICA DELLA FED

Nell’ultimo meeting del 2023, il FOMC ha deciso di mantenere invariato il livello dei tassi d’interesse, ovvero nel range 5,25%-5,50%. Livello invariato e il Presidente della banca centrale statunitense, Jerome Powell, che spiega come il ciclo di rialzo dei tassi probabilmente sia finito.

Powell ha detto: “Stiamo vedendo una forte crescita che sembra si stia moderando. Stiamo vedendo un mercato del lavoro che sta tornando in equilibrio. Stiamo vedendo la lotta all’inflazione fare progressi reali”. Il numero uno della banca centrale statunitense ha sottolineato che è presto per cantare vittoria, ma la domanda da porsi è ‘quanto diventerà opportuno iniziare a tornare indietro?’

Dalle proiezioni sull’inflazione della FED di mercoledì scorso, emerge come il dato core delle spese per consumi personali viene visto in calo fino al 2,4% per il 2024. La banca centrale USA prevede anche che l’indice dei prezzi della spesa per consumi personali core toccherà quota 2,2% entro il 2025, per poi raggiungere quel 2% fissato dalla FED come obiettivo nel 2026. Queste proiezioni forniscono un quadro diverso rispetto a quello emerso dalle proiezioni di settembre, quando il dato core delle spese per consumi personali si prevedeva toccasse quota 2,6% nel 2024 e 2,3% nel 2025. Mercoledì nella dichiarazione del FOMC successiva al meeting si parla di un’inflazione che è diminuita nell’ultimo anno e i prezzi vengono ancora descritti come “elevati”. Per quanto riguarda il PIL, i membri del FOMC ora si aspettano che nel 2023 cresca ad un ritmo annualizzato del 2,6%, un rialzo di mezzo punto percentuale rispetto a quanto indicato a settembre; per il 2024 i funzionari vedono il PIL al 1,4%, praticamente in linea con la precedente previsione. Sostanzialmente invariate anche le proiezioni sul tasso di disoccupazione: indicato al 3,8% nel 2023 ed in crescita al 4,1% negli anni successivi. Sull’andamento dei tassi, attualmente nel range 5,25-5,50%, le previsioni indicano che la FED li porterà ad una mediana del 4,6% entro fine 2024.

I funzionari della FED devono ancora decidere quando terminerà il loro lavoro di riduzione del bilancio, questo emerge da quanto dichiarato mercoledì scorso da Jerome Powell che ha detto che al momento non si sta parlando di modificare il ritmo dell’inasprimento quantitativo, della contrazione delle obbligazioni detenute dalla FED. Il numero uno della banca centrale USA ha evidenziato che la politica relativa ai tassi d’interesse e le azioni sul bilancio in gran parte degli scenari operano in modo indipendente, quindi la FED potrebbe far scendere i tassi, ma al contempo continuare nel suo lavoro di riduzione del bilancio.

Venerdì scorso il presidente della FED di Atlanta, Raphael Bostic, ha detto che si aspetta che l’indice dei prezzi delle spese per consumi personali a fine 2024 si trovi intorno al 2,4%, livello tale da giustificare due tagli dei tassi dello 0,25% nella seconda metà del prossimo anno. Come spiegato in un’intervista a Reuters, secondo Bostic prima di modificare l’attuale range del 5,25%-5,50% del tasso di riferimento, i decisori politici avranno bisogno ancora di diversi mesi per raccogliere dati e sicurezza circa il fatto che l’inflazione continuerà a calare. Tuttavia, Bostic ha aggiunto di aver chiesto al suo staff di iniziare a discutere principi e soglie per aiutare ad inquadrare il dibattito. Il presidente della FED di Atlanta già a giugno, prima che venisse applicato un ulteriore rialzo dello 0,25% al tasso di riferimento, parlava di una politica sufficientemente restrittiva. Per Bostic l’inflazione è scesa più velocemente di quanto si aspettasse nonostante la crescita continua dell’economia, che pensa potrà evitare notevoli aumenti del tasso di disoccupazione garantendo il cosiddetto “atterraggio morbido”. Bostic ha detto che sarà cauto anche nel tagliare i tassi troppo presto, ma ha anche spiegato di voler essere pronto a muoversi più rapidamente nel caso fosse necessario in una situazione che secondo lui ora vede rischi per l’economia più bilanciati: “Il rischio di un’impennata dell’inflazione, penso, sia diminuito in modo significativo. Non è zero, ma è più basso”. Inoltre, ha detto di aspettarsi che il tasso di disoccupazione chiuda il 2024 al 4%, aggiungendo però che terrà d’occhio questa situazione nei prossimi 3-6 mesi per vedere se ci saranno cambiamenti: “Vogliamo essere sicuri di non innescare qualcosa che porti a perdite che non sarebbero necessarie per arrivare al target del 2%”.

Parlando ad un’emittente televisiva venerdì scorso, il presidente della FED di New York John Williams ha sottolineato: “Non stiamo davvero parlando di tagli dei tassi al momento”. Per Williams è prematuro pensare ad abbassare i tassi mentre la banca centrale continua a chiedersi se la politica monetaria è posizionata correttamente per portare l’inflazione al target del 2%. Williams ha sottolineato come lo scenario di base sia buono, con l’inflazione in calo, l’economia che rimane forte ed un tasso di disoccupazione basso, ma ha anche evidenziato l’imprevedibilità dei dati: “dobbiamo essere pronti a muoverci ulteriormente se l’inflazione, il progresso dell’inflazione dovesse fermarsi o invertirsi”.

DATI MACROECONOMICI

A livello annualizzato, a novembre l’indice dei prezzi al consumo è pari al 3,1% come indicato dal consensus e con un leggero calo rispetto al 3,2% di ottobre. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Il dato core (che esclude il settore del cibo e dell’energia) dell’indice dei prezzi al consumo, a livello annualizzato a novembre rimane al 4,0%, come indicato dal consensus e pari alla rilevazione di ottobre.

Anche a livello mensile il dato ricalca il consensus con una crescita dello 0,3%, in leggero rialzo rispetto al +0,2% di ottobre. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

L’indice dei prezzi alla produzione core a livello annuale a novembre segna un +2,0%, crescita di poco inferiore al consensus del +2,2% ed inferiore anche al +2,3% registrato ad ottobre (rivisto da +2,4%).

Su base mensile, il dato segna un +0,0% come ad ottobre e contro un consensus del +0,2%. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata il 9 dicembre sono state 202 mila, dato in calo rispetto alle 221 mila della settimana precedente (riviste da 220 mila) e sotto al consensus fissato a 220 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

Le vendite al dettaglio a livello mensile a novembre segnano un +0,3%, in direzione opposta rispetto ad un consensus che indicava un calo dello 0,1% e dopo il -0,2% di ottobre (rivisto da -0,1%). Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Le vendite al dettaglio Control Group, invece, su base mensile a novembre crescono dello 0,4%, accelerando rispetto al +0,0% di ottobre (rivisto da +0,2%). Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

L’indice manifatturiero del New York Empire State a dicembre è pari a -14,50 punti, dato decisamente inferiore al consensus di 2,00 punti ed in forte calo rispetto ai 9,10 punti di novembre. Il dato è rilasciato dalla Federal Reserve Bank di New York.

Il dato sulla produzione industriale statunitense a livello mensile a novembre segna un +0,2%, crescita appena inferiore al consensus del +0,3%. Nel mese di ottobre era stato registrato un calo dello 0,9% (rivisto da -0,6%). Il dato è rilasciato dalla Federal Reserve.

Il dato preliminare di dicembre del PMI S&P Global manifatturiero si attesta a quota 48,2 punti contro un consensus di 49,3 punti ed in calo rispetto al dato di novembre di 49,4 punti.

Il dato preliminare di dicembre relativo al settore dei servizi, invece, è a quota 51,3 punti, in rialzo rispetto ai 50,8 punti di novembre.

PORTAFOGLI AZIONARI

Come è strana la Borsa. L’indice Nasdaq100 va ad un soffio dai massimi storici e noi prendiamo Stop su un titolo del suo listino. Sul Portafoglio Storico con la strategia del Nasdaq Weekly, EXELON che ci aveva graziato ad inizio di Ottobre non prendendo il livello di Stop dopo tredici sedute negative ed anzi, ritornando sui suoi passi in tutto il mese di Ottobre andando in controtendenza con le performance dell’indice, in sole due sedute, nuovamente in contro trend rispetto all’indice, due giorni di mega perdite ci hanno fregato ben bene. Dispiace, non tanto per la perdita, quanto per il fatto che proprio non ce lo aspettavamo. Amen. Nel contempo nel corso della settimana appena trascorsa abbiamo acquistato CHARTER COMM., ma non siamo riusciti ad acquistare il titolo OLD DOMINION che poi è partito al rialzo raggiungendo anche il livello di target che avremmo proposto. Peccato, il titolo era giusto ed il timing pure, ma il prezzo per pochi tick non ci ha voluto premiare.

Sul portafoglio “The Challenge”, siamo riusciti ad acquistare il titolo CAMPARI ai nostri prezzi e teniamo lì fino ad un guadagno consistente, mentre siamo costretti ad abbassare il target dell’ETF sull’Argento per non continuare a sperare che raggiunga la nostra soglia rimanendo con il cerino acceso in mano. Cosa già capitata due volte. Stessa cosa dicasi per ENEL, se tocca il nostro prezzo di target si porta a casa il guadagno e poi si decide se rientrare a prezzi ovviamente più bassi. Infine abbiamo inserito l’acquisto per l’ETF sull’indice DAX in modalità Short per sfruttare eventuali correzioni dei mercati visto l’enorme ipercomprato che regna attualmente. Nel caso di ulteriori rialzi andremo a diversificare i mercati acquistando il BERMIB (lo short sull’indice italiano).  

Alla prossima.

FOCUS SU AZIONI

CRONOS – La scorsa settimana l’azienda di cannabinoidi ha comunicato il lancio dei suoi Lord Jones Live Resin Vapes in due diverse opzioni. Il presidente ed amministratore delegato di Cronos, Mike Gorenstein, ha commentato: “Siamo entusiasti di presentare l’ultima aggiunta alla linea in evoluzione Lord Jones® con vaporizzatori premium in resina viva. Il brand Lord Jones® simboleggia l’eccellenza e siamo orgogliosi di portare sul mercato prodotti eccezionali che mostrano il nostro impegno per l’artigianalità e l’innovazione”. “Questo lancio segna un passo significativo nello stabilire ulteriormente Lord Jones® come un brand che rappresenta qualità e maestria e non vediamo l’ora di lanciare altri prodotti innovativi nel 2024”.

CHARTER COMMUNICATIONS – Spectrum, un pacchetto di servizi di comunicazione avanzati offerti da Charter Communications, la scorsa settimana ha presentato il lancio dei servizi internet, mobile, TV e voce di Spectrum per circa 230 abitazioni e piccole imprese nella contea di Cleveland. La rete di fibra ottica di Spectrum da poco costruita nella contea di Cleveland rientra nell’investimento dell’azienda di circa 5 miliardi di dollari del Multiyear Rural Digital Opportunity Fund (RDOF) in comunità rurali non servite. Nei prossimi anni l’espansione del RDOF fornirà accesso alla banda larga a 1,3 milioni di sedi di clienti in 24 stati. Spectrum si è anche aggiudicata oltre 700 milioni di dollari in sussidi statali per l’espansione della banda larga che insieme all’investimento di Spectrum connetteranno altre 300 mila abitazioni e piccole imprese. Tim Williams, vicepresidente della costruzione a Spectrum, ha detto: “Spectrum sta portando la banda larga gigabit a comunità non servite nella Carolina del Nord e in tutta l’America tramite l’RDOF”. “Il nostro investimento sta rendendo possibile la fornitura di servizi a banda larga, mobili, TV e vocali di alto valore ora disponibili nella contea di Cleveland. Stiamo fornendo ai residenti locali e alle piccole imprese connettività superiore a prezzi altamente competitivi, sostenuti da un team di tecnici locali qualificati ed un servizio clienti 100% statunitense”.

THE WALT DISNEY COMPANY – Reuters la scorsa settimana, secondo indiscrezioni, ha riportato che Reliance Industries e Walt Disney hanno avuto colloqui in merito alla fusione delle loro attività di intrattenimento in India, anche se le due aziende non hanno raggiunto un accordo di massima su strutture o valutazioni. Una delle fonti ha detto che le parti hanno parlato di una possibile joint venture che potrebbe risultare nell’acquisizione di una quota di maggioranza da parte di Reliance. Secondo tale fonte non è probabile una potenziale chiusura dell’accordo nel breve termine. Il quotidiano indiano The Economic Times ha riportato che le aziende stanno ultimando i dettagli di un contratto non vincolante per unire le loro attività in India, che potrebbe vedere Reliance avere una quota del 51%. Reuters spiega che la prima fonte ha detto che le possibili percentuali di partecipazione che ciascuna parte potrebbe prendere non sono state ancora discusse in dettaglio.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SCORSA SETTIMANA. ALTRE LE PUBBLICHEREMO NEL REPORT DELLA PROSSIMA SETTIMANA.

ADOBE SYSTEMS – 4,16%. La società offre una linea di software e servizi utilizzati da professionisti creativi, professionisti del marketing, sviluppatori, imprese e consumatori, ha riportato utili nel quarto trimestre fiscale 2023 pari a 4,27 $/az. su ricavi per 5,05 mld $. La stima degli analisti per gli utili era pari a 4,14 $/az. su ricavi per 5,04 mld $. Il fatturato è aumentato del 11,56% su base annua. La società ha dichiarato di aspettarsi per il primo trimestre fiscale 2024 utili tra 4,35 e 4,40 $/az. su ricavi tra 5,10 e 5,15 mld $ e l'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 4,26 $/az. su ricavi pari a 5,19 mld $. La società ha dichiarato inoltre di aspettarsi utili per l’anno fiscale 2024 compresi tra 17,60 e 18,00 $/az. su un fatturato compreso tra 21,30 e 21,50 mld $. L'attuale stima di consenso sugli utili è di 18,00 $/az. su un fatturato di 21,73 mld $.

Shantanu Narayen, Presidente e CEO di Adobe, ha affermato: "Adobe ha generato un fatturato record di 19,41 mld $ nell'anno fiscale 2023 e una crescita dell'utile del 17% su base annua, con un forte aumento in Creative Cloud, Document Cloud ed Experience Cloud. La strategia di Adobe, la leadership di categoria, l’innovazione rivoluzionaria, il talento eccezionale e la base di clienti globale ci posizionano bene per il 2024 e oltre. A livello contabile nel quarto trimestre abbiamo riportato: un fatturato pari a 5,05 mld $ che rappresenta una crescita del 13% a valuta costante. L'utile diluito per azione è stato di 4,27 $; un reddito operativo pari a 2,34 mld $; un utile netto pari a 1,48 mld $ e un utile netto pari a 1,96 mld $. Il flusso di cassa derivante dalle operazioni è stato pari a 1,60 mld $. Gli obblighi di performance rimanenti (“RPO”) in uscita dal trimestre ammontavano a 17,22 mld $. Inoltre abbiamo riacquistato circa 1,8 milioni di azioni durante il trimestre. Mentre per tutto l’anno fiscale 2023 abbiamo riportato: un fatturato record pari a 19,41 mld $ che rappresenta una crescita del 13% a valuta costante; un utile per azione pari a 16,07 $; un reddito operativo pari a 8,92 mld $ e un utile netto pari a 7,38 miliardi di dollari. Inoltre abbiamo generato 7,30 mld $ di flussi di cassa operativi durante l'anno. Infine abbiamo riacquistato circa 11,5 milioni di azioni nel corso dell'anno”.

COSTCO WHOLESALE + 7,87%. La società e le sue filiali gestiscono magazzini di proprietà nei quali offrono ai loro clienti/membri una selezione limitata di prodotti a marchio nazionale ed a marchio privato, in diverse categorie merceologiche, a prezzi bassi, ha riportato utili nel primo trimestre fiscale 2024 pari a 3,48 $/az. su ricavi per 57,80 mld $. La stima degli analisti per gli utili era pari a 3,45 $/az. su ricavi per 57,70 mld $. Il fatturato è aumentato del 6,18% su base annua.

In una nota, la società ha dichiarato: “Nel primo trimestre abbiamo registrato un fatturato netto pari a 56,72 mld $, con un aumento del 6,1% rispetto ai 53,44 mld $ del primo trimestre fiscale 2023. L'utile netto è stato pari a 1,589 mld $, ovvero a 3,58 $/az., rispetto a 1,364 mld $, ovvero a 3,07 $/az. dello scorso anno. I risultati di quest’anno includono un beneficio fiscale di 44 mln $, o 0,10 $/az., relativo alla remunerazione basata su azioni. Il nostro CdA ha approvato uno speciale dividendo in contanti sulle azioni Costco pari a 15 $/az., pagabile il 12 gennaio 2024 agli azionisti registrati alla chiusura delle attività il 28 dicembre 2023. L'importo complessivo del pagamento sarà di circa 6,7 ​​mld $”.