NASDAQ100 WEEKLY - Settimana di consolidamento sugli indici azionari USA in attesa dei dati sull'inflazione e sui tassi.


CONTINUA, CON QUALCHE DOVUTA PAUSA, IL CAMMINO TRIONFALE PER GLI INDICI AZIONARI E PER L’OBBLIGAZIONARIO ! SARA COSI’ ANCHE NEL 2024 ?

L’accoppiata equity e bonds continuano la loro marcia trionfale verso vette sempre più alte. Ciò è visibile maggiormente nei mercati dell’Eurozona con l’azionario che ha un comportamento uguale all’obbligazionario e gli indici che volano su nuovi massimi, storici o relativi che siano, tra Dax, Eurostoxx50, Ftse Mib. Ma anche negli USA gli indici azionari sono oramai ad un soffio dai rispettivi massimi storici a scontare idealmente uno scenario in cui l'inflazione torna rapidamente al target, permettendo alle Banche Centrali di tagliare i tassi, ma con una crescita e profitti che restano buoni, giustificando il rally dei risk assets (Equity, ma anche credito).

A questo scenario idilliaco si possono fare alcune obiezioni ?

Ovviamente sì ! In uno scenario in cui l'economia resta resiliente, e i profitti aziendali continuano a crescere, ha senso attendersi che le banche centrali effettuino 125-150 bps di tagli in 12 mesi, con la Fed oltretutto alle prese con l’anno elettorale? Non crediamo che in un tale scenario, le Banche Centrali vorranno correre a tagliare i tassi, rischiando poi che la tenuta della domanda crei una ripartenza dell'inflazione che le costringa di nuovo a correre ai ripari.

Uno scenario che vede le banche centrali tagliare i tassi rapidamente (anche più di quando scontato dalle curve) è più coerente con un rallentamento macroeconomico e un rischio crescente che si passi da inflazione a deflazione (ricordo che i beni durevoli sono già in deflazione).

Vale la pena di osservare che la FED non ha mai intrapreso un ciclo di tagli dei tassi (4 o 5 tagli sono sufficienti per qualificare la serie come un ciclo espansivo) in assenza di una recessione o una significativa contrazione dei profitti aziendali, come si nota dal grafico seguente:

Osserviamo che il consenso di crescita degli utili per il 2024 al momento gira attorno al +10/12%. E la FED dovrebbe tagliare i tassi di 125 Bps con questo scenario ?

Allora da “Mi manda Lubrano” (storica trasmissione televisiva della Rai sui diritti dei consumatori, ndr.), ‘una domanda sorge spontanea’: è possibile che la correlazione positiva tra Equity e bonds, di cui abbiamo avuto massima rappresentazione negli ultimi 4 mesi, prosegua anche nel 2024 ? A voi l’ardua risposta ! Noi pennivendoli di questo umile foglio pensiamo di no e che gli investitori faranno una scelta in quanto, risulta improbabile che un quadro che possa risultare positivo per l'azionario, da questi livelli, possa essere da supporto anche per i bonds con questi livelli di rendimenti e con tagli dei tassi prezzati. Uno dei due asset è caro ! Vedremo, felici di esserci sbagliati.

Per quanto riguarda l’azionario USA, le previsioni degli analisti per il prossimo anno sono molto ampie, ma noi ci soffermeremo unicamente su un dato: l’indice S&P500 chiuderà il 2024 sopra o sotto la fatidica soglia dei 5.000 punti ?

Gli analisti del settore (che in genere utilizzano un approccio top-down) prevedono in totale che l’S&P500 avrà un prezzo di chiusura di 5.068,41 tra 12 mesi. Questo prezzo target bottom-up per l'indice viene calcolato aggregando le stime del prezzo target mediano (basato sui prezzi target a livello aziendale presentati dagli analisti del settore) per tutte le società presenti nell'indice. Il prezzo target bottom-up per l’S&P500 era di 5.068,41 punti, ovvero del 10,08% superiore al prezzo di chiusura di 4.604,36 di venerdì 8 dicembre.

A livello settoriale, si prevede che il settore energetico registrerà il maggiore aumento di prezzo pari al 26,1%, poiché questo settore presenta la maggiore differenza al rialzo tra il prezzo target bottom-up e il prezzo di chiusura. D'altro canto, si prevede che il settore immobiliare registrerà l'aumento di prezzo più contenuto, pari al 5,3%, poiché questo settore presenta la più piccola differenza al rialzo tra il prezzo target bottom-up e il prezzo di chiusura.

A livello aziendale, di seguito sono riportati i dieci titoli dell’S&P500 con le maggiori differenze al rialzo e al ribasso tra il prezzo target mediano e il prezzo di chiusura di giovedì 7 dicembre.

Passiamo ora ad analizzare il mercato monetario. La situazione sui bonds è ben raffigurata dal seguente grafico: i rendimenti vanno a picco.

Anche se la situazione si è attenuata venerdì scorso con l’uscita di buoni dati sul mercato del lavoro che fanno propendere nuovamente per un’economia in ‘soft landing’, nel grafico si nota bene l'accelerazione tra fine novembre e inizio dicembre, con approdo su livelli inimmaginabili appena 6 settimane fa, quando dominava la narrativa del "higher for longer" e la retorica delle banche centrali induceva le curve a scontare significative probabilità di ulteriori aumenti dei tassi.

Ad oggi, anche per quanto riguarda i percorsi attesi delle politiche monetarie, la situazione è radicalmente cambiata: Cosa è successo, per causare un simile cambio di scenario?

Dal punto di vista dei dati, onestamente, non molto.

Vero, l'inflazione europea ha sorpreso al ribasso a novembre, in maniera significativa (da quella USA attendiamo ancora notizie già da domani, ma a ottobre era uscita sotto attese). Ma non è che ci siano stati stravolgimenti del trend: questo è solidamente al ribasso da un bel po' (vedi grafico sotto), e abbiamo spesso citato i fattori dietro al trend: il costo degli alloggi in calo e l’enorme debito degli USA, l'inflazione italiana al palo, e così via.

A cambiare sono forse state le retoriche di alcuni banchieri centrali per lo più europei, i quali, dopo aver detto a lungo che si attendevano rialzi dell'inflazione nei prossimi mesi e non erano convinti che la guerra fosse finita, recentemente hanno ammesso che i rialzi potrebbero essere finiti (vedi la Schnabel nei giorni scorsi). Ma anche in USA, un ‘falco’ come Waller ha dichiarato che il fatto che la curva scontasse tagli un paio di settimane fa (molti meno di ora) non era uno scenario da escludere. Il resto, forse, lo ha fatto un mercato scarico di bonds, dopo il rialzo dei rendimenti autunnale, e infine investitori timorosi di veder svanire i rendimenti appetibili che intendevano assicurarsi per il 2024.

Nel corso della scorsa settimana, la Reserve Bank of Australia (RBA) ha lasciato il tasso di liquidità al 4,35%, una mossa ampiamente attesa dai mercati finanziari e dagli economisti dopo che il tasso di inflazione ha ripreso a rallentare in ottobre al 4,9% e il tasso di disoccupazione è salito. Stessa decisione per quanto riguarda la Banca centrale del Canada (BoC), che ha lasciato invariato il tasso di interesse di riferimento e ha continuato ad avvertire che futuri aumenti non sono fuori discussione, anche se gli osservatori del mercato spostano gli occhi verso i tagli dei tassi nel 2024. La banca centrale ha mantenuto il tasso di riferimento al 5,0% nella sua terza decisione consecutiva e nell’annuncio finale del tasso del 2023. In una dichiarazione che annunciava la sospensione ampiamente attesa, la Banca del Canada ha indicato l’indebolimento dell’economia nel terzo trimestre e l’allentamento delle pressioni sui prezzi, come la spesa al consumo, come segnali che una politica monetaria più restrittiva sta lavorando per ridurre l’inflazione che è scesa è scesa bruscamente al 3,1% in ottobre, in calo rispetto al picco dell'8,1% del giugno 2022.

E passiamo ora alle aspettative dei mercati riguardo la politica sui tassi da parte della FED. Rispetto a due venerdì la pubblicazione dei buoni dati sul mercato del lavoro ha prodotto dei cambiamenti non tanto sulle probabilità riguardo alle scadenze corte ma su quelle più lunghe. Nello specifico, già a partire dalla riunione di mercoledì 13 dicembre, lo strumento FedWatch del CME Group mostra come i mercati scontino una probabilità del 97.1% che il tasso di riferimento della FED rimanga invariato al 5,25%-5,5%, rispetto alle previsioni di due venerdì fa c’è stato un lieve calo a causa dei buoni dati sul mercato del lavoro riportato venerdì scorso, ma la sostanza non cambia, nessuno si aspetta che l’Istituto muova i tassi (v.grafico):

Cambiata, di poco, anche la situazione per la prima riunione del 2024 in programma il 31 gennaio, il mantenimento dei tassi fermi al 5,25/5,50% ha aumentato le probabilità passando dall’84,7% al 93,2%, a scapito delle probabilità del primo taglio dello 0,25% che è passato dal 14,3% di due venerdì fa, al 4% attuale (v. grafico):

Mentre è stata ribaltata la situazione delle maggiori probabilità per un primo taglio dei tassi da 25 bps che dalla riunione del 24 marzo si è passati a quella successiva del primo maggio con una percentuale del 49,3% contro il 22,6% di tassi fermi e al 26,4% per un taglio dello 0,50%. Fate conto che questa ultima probabilità è scesa dal 41,9% di due venerdì fa (v. grafico):

Infine, per l’ultima riunione del 2024 il balletto delle previsioni si sposta verso tagli più conservativi rispetto a due venerdì fa. Quindi si passa da un taglio minimo di tre quarti di punto percentuale o 0,75 bps (16,1% di probabilità) ad un massimo di 1 punto e mezzo di percentuale o 150 bps (16,2% di probabilità) con un picco di probabilità uguali al 28,0% sia per un taglio di un punto che per quello di un punto e un quarto (125 bps) al 4,00/4,25% (v. grafico):

Stesso movimento per i rendimenti dei Treasury a scadenza corta che, nella giornata di venerdì scorso, recuperano parte del terreno perduto nella settimana precedente, con il 2Y che dal 4,54% si porta al 4,748% di oggi guadagnando 20 bps, mentre a scalare il Treasury 10Y guadagna solo 6 bps passando dal 4,197% di due venerdì fa al 4,258% di oggi. Infine il rendimento del 30Y che perde 5 bps dal 4,391% al 4,34%. Lo spread 2Y-10Y si riporta a ridosso dei 50 bps dai 34,6 bps di due venerdì fa.

Analisi grafica dell’indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Poco da dire in questo inizio di dicembre se non che il supporto in area 15750/700 ha retto molto bene, non dando ai prezzi l’opportunità di chiudere il gap del 14 novembre scorso. Il seguente rimbalzo si è fermato sulla resistenza in area 16070 prodotta dall’estensione del 38,2% di onda (3) partendo dal minimo di onda (4), ad un soffio dal precedente massimo relativo a 16166. Il prossimo obiettivo al rialzo lo troviamo al test della resistenza in area 16700 [estensione del 50% dell’onda 5 di (3) partendo dal minimo di onda (4)] praticamente a ridosso del massimo storico posto a 16764 del 22 novembre 2021. Viceversa, potrebbe continuare il consolidamento dei prezzi in questa area senza andare sotto l’area 15700, altrimenti una breve correzione in area 15500 a testare il supporto costituito dal ritracciamento del 27,2% di onda 1 di (5) con conseguente chiusura dell’ultimo gap. Tutto, o comunque, molto dipenderà dai dati in uscita in settimana, sia in un verso che nell’altro. Il livello di RSI a 65 permette un ulteriore breve rialzo. Staremo a vedere. La settimana si è chiusa a 16084.69 con un guadagno del + 0,55%, il che porta ad un profit da inizio anno del + 47,03%.

Discorso leggermente diverso per l’indice maggiore S&P500, che venerdì scorso ha ritoccato al rialzo il precedente massimo relativo di due venerdì fa, portandosi a quota 4609 punti. Il lento rialzo prosegue anche se il livello di RSI, praticamente a 70, e l’indice VIX che a 12,35 ha ritoccato al ribasso i recenti minimi indica attenzione ad una breve correzione o, cosa migliore, una fase di consolidamento. Ma, come detto per l’indice tech, tutto o molto dipenderà dalla sfilza di eventi macroeconomici della settimana. Pertanto, graficamente, al rialzo troviamo subito un’area di resistenza a 4625 estensione del 61,8% di onda (3) partendo dal minimo di onda (4). Mentre per quanto riguarda le aree di supporto troviamo subito l’area 4540/4535, che ha retto molto bene nei giorni scorsi, e a seguire l’area 4470 [ritracciamento del 27,2% di onda 1 di (5)]. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 4604.36 con un guadagno del + 0,22% che porta ad un profit da inizio anno del + 19,92%.

Questa settimana l’indice delle blue-chip DOW JONES chiude la settimana con appena due punti di rialzo, di indice non di percentuale. Abbiamo assistito ad una settimana di contrattazioni in totale lateralità in appena 300 punti di range tra l’area 36000 ed i 36296 che rappresenta il nuovo massimo relativo ma, nonostante ciò, il livello di RSI è sceso di poco dal picco degli 80 punti per assestarsi a 76 e spiccioli. Questa compressione di prezzo sarà sicuramente violata, al ribasso o al rialzo, dalla sfilza di dati macroeconomici in uscita durante la settimana. Pertanto, graficamente, al rialzo notiamo la prossima resistenza in area 36500/36600 (estensione del 100% di onda 3 dal minimo di onda 4), avvicinandosi sempre più al massimo assoluto a 36952 del 5 gennaio 2022. Mentre possibili correzioni potranno trovare supporto prima in area 35670, quindi in area 35300/35200 con conseguente chiusura del gap lasciato aperto giovedì 30 novembre. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 36247.88 con un guadagno settimanale invariato e che porta a segnare un profit da inizio anno del + 9,36%.

ORO INDEX

Lunedì scorso avevamo aperto il commento sull’ORO così:

BOOM delle quotazioni dell’ORO questa mattina in apertura delle contrattazioni, alle nostre ore 00.50 il metallo giallo ha registrato il nuovo massimo storico a 2152,30 $/oz.

L’apertura della sessione asiatica aveva fatto aprire le quotazioni del metallo giallo con un enorme gap rialzista facendo registrare in pochi minuti un nuovo massimo storico poco sopra i 2.150 $/oz. in quanto i mercati stavano reagendo alle crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente.

Ma il rialzo è durato molto poco in quanto già nella stessa giornata di lunedì scorso le quotazioni chiudevano la sessione addirittura in negativo in area 2048 $/oz. dopo aver fatto registrare anche un minimo a 2038 $/oz. e nei giorni successivi con l’uscita di dati macro contrastanti tra i dati PMI sui servizi positivi e l’occupazione nel settore privato a cura dell’ADP in negativo, le quotazioni della commodity rimanevano in uno stretto range tra i 2060 ed i 2030 $/oz. Finché, venerdì scorso, con la pubblicazione degli importanti dati occupazionali nel settore non agricolo pubblico e privato, che riportavano numeri superiori al mese precedente ed alle attese degli analisti, e con un dato sul tasso di disoccupazione totale che passava dal 3,9% al 3,7%, i rendimenti dei titoli di stato ed il Dollar Index schizzavano al rialzo, penalizzando le quotazioni dell’Oro che andavano a toccare un minimo di 2010 $/oz. per poi chiudere la settimana appena sopra a 2014,50 $/oz.

Ora, escludendo l’emotività del momento, risulta chiaro che le quotazioni del metallo nobile sono molto tirate anche sopra l’area di resistenza dei 2050 $/oz. e in mancanza di eventi eccezionali anche la soglia psicologica dei 2000 $/oz., seppur violata diverse volte, risulta essere una quotazione accettabile in questo periodo. Pertanto, prima delle festività natalizie, teniamo d’occhio questa settimana che risulta essere ricca di eventi macroeconomici importanti quali, i dati sull’inflazione (CPI) di domani, martedì; i dati sui prezzi alla produzione e la riunione del FOMC per le decisioni di politica monetaria con conseguente conferenza stampa di Powell di mercoledì; i dati sulle vendite al dettaglio e sui sussidi di disoccupazione di giovedì. Dovrebbe essere l’ultima settimana dell’anno nella quale si scontreranno le quotazioni dei mercati azionari e dell’Oro verso quelle del Dollar Index e dei rendimenti dei titoli di stato, almeno a livello macroeconomico.

A livello grafico, il gap a 2044 $/oz. è stato chiuso ed oltre al suddetto range di prezzi tra 2050 e 2000 $/oz. troviamo il primo supporto in area 1980/1975 $/oz. Solo una lettura del dato CPI ‘core’ sotto lo 0,2% mensile potrebbe ridare fiato alle quotazioni dell’Oro.

Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, nulla di nuovo sui prezzi del Platino che tentano invano di superare la M.M. a 200 periodi non riuscendo a testare l’area 960 $/oz., che oramai rappresenta una bella resistenza. Ovviamente se i prezzi non salgono è molto facile che scendano ed infatti nel corso della settimana la commodity ha fatto registrare un minimo sotto il supporto dei 900 $/oz. per poi riprendersi in chiusura di settimana in area 920 $/oz. Cruciale per i rialzisti superare la resistenza in area 960 $/oz., altrimenti……!

Che schifo ! La manipolazione dei prezzi dell’Argento è sotto gli occhi di tutti da anni e anni e la SEC non fa assolutamente nulla per cercare di rendere trasparente questo mercato. Senza alcun motivo, ma anche volendo seguire le dinamiche dell’Oro, dai massimi relativi di lunedì scorso a 26,34 $/oz. le quotazioni non hanno fatto altro che scendere per tutta la settimana come se non ci fosse un domani, portandosi fino ad un minimo di 23,245 $/oz. per poi chiudere la settimana appena sopra tale prezzo. Il rammarico è ancora maggiore in quanto per la terza volta non riusciamo a vendere il nostro ETC per pochi tick.

La settimana dell’Oro è si è chiusa a 2014.50 $/oz. con una perdita del – 3,69% rispetto alla scorsa settimana e che porta ad un guadagno da inizio anno del + 10,08%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 2004.49 $/oz. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES FEBBRAIO 2024:

POLITICA USA

Mercoledì scorso il disegno di legge di spesa di emergenza da 110,5 miliardi di dollari volto anche a fornire fondi per l’assistenza alla sicurezza di Ucraina ed Israele ha incassato uno stop al Senato a maggioranza democratica. Non è stata raggiunta la soglia dei 60 voti (49 quelli favorevoli e 51 quelli contrari) per iniziare il dibattito sulla misura. Oltre che dai senatori repubblicani, anche da Bernie Sanders è arrivato un voto contrario al disegno di legge. Sanders, senatore indipendente che solitamente si schiera con i dem, ha espresso preoccupazioni circa il finanziamento dell’attuale “strategia militare disumana” di Israele contro i palestinesi. A questi voti contrari, si è aggiunto quello del leader della maggioranza al Senato, il dem Chuck Schumer, voto contrario espresso per poter introdurre di nuovo in futuro il disegno di legge. I senatori repubblicani vorrebbero che il disegno di legge prevedesse politiche sull’immigrazione più severe; in particolare dal Partito Repubblicano sottolineano l’importanza in materia di sicurezza della questione dell’immigrazione illegale attraverso il confine con il Messico.

I senatori dem hanno convocato una conferenza stampa sostenendo che bloccare il disegno di legge lancerebbe il segnale, ad avversari ed alleati, che gli Stati Uniti non supportano i loro partner internazionali. Il senatore democratico Chris Coons ha detto: “Abbiamo solo pochi giorni per compiere progressi chiari, positivi verso l’elaborazione dei dettagli finali necessari per dimostrare che gli Stati Uniti sono un alleato affidabile”.

Secondo la Casa Bianca la mancata approvazione entro fine anno di ulteriori aiuti per l’Ucraina potrebbe avere conseguenze catastrofiche per Kiev e, per mantenere il sostegno statunitense, nelle ultime settimane l’amministrazione Biden si è impegnata in colloqui al Senato sulla politica di confine sostenendo il gruppo di senatori che sta cercando di trovare un accordo e facendo sapere quali sono le modifiche di politica che riterrebbe accettabili.

Venerdì scorso il Dipartimento di Stato statunitense, invece, ha fatto ricorso ad un’autorità d’emergenza per una vendita senza la revisione del Congresso di circa 14 mila munizioni da carro armato a favore di Israele, rifornimento del valore di 106,5 milioni di dollari. Reuters riporta che le munizioni sono parte di una vendita più ampia (del valore di oltre 500 milioni di dollari) che l’amministrazione Biden vorrebbe che il Congresso approvasse. Con l’intensificarsi della guerra, modo e luogo di utilizzo delle armi USA sono stati oggetto di maggiore attenzione, anche se funzionari statunitensi dicono che non ci sono dei piani per mettere condizioni sugli aiuti militari ad Israele o di trattenerne parte. Un funzionario del Dipartimento di Stato, sabato scorso, ha detto che gli USA continuano ad essere chiari con il governo di Israele riguardo il rispetto del diritto umanitario internazionale e all’adozione di ogni misura possibile per evitare danni ai civili.

Voltando pagina, mercoledì scorso il repubblicano Kevin McCarthy, ex speaker della Camera, ha annunciato che a fine anno lascerà il Congresso. McCarthy, che ad inizio ottobre venne rimosso dal ruolo di speaker in seguito all’approvazione di una mozione di sfiducia dell’ala radicale del Partito Repubblicano, ha scritto in un articolo del Wall Street Journal: “Ho deciso di lasciare la Camera alla fine di quest’anno per servire l’America in nuovi modi”. La sua uscita di scena dal Congresso pone qualche grattacapo per i repubblicani che ad inizio del prossimo anno vedranno ridursi la già risicata maggioranza alla Camera. McCarthy è stato eletto nella circoscrizione della California e secondo la legge californiana un’elezione speciale deve tenersi tra i 126 e i 140 giorni da quando il governatore dello Stato ne indice una.

POLITICA USA – CINA

Uno dei più accesi critici di Washington nei confronti della Cina ha fatto tappa a New York a metà settembre per un incontro riservato con alcuni tra i più influenti finanziatori di Wall Street. L'obiettivo del repubblicano del Wisconsin, Mike Gallagher, presidente di una commissione della Camera dedicata alla Cina, era chiaro: persuadere gli investitori a smettere di mettere il loro denaro nella nazione asiatica.

Quello che ha sorpreso Gallagher è stato il fatto che non ha dovuto fare molta fatica a convincerli. I finanziatori, infatti, stavano già disinvestendo dalla Cina, ma la loro motivazione non era tanto legata alla questione dei diritti umani quanto piuttosto alle preoccupazioni economiche. Durante incontri riservati presso il Council on Foreign Relations, hanno espresso le loro inquietudini riguardo al rallentamento economico cinese e al crollo senza precedenti del settore immobiliare, che sta spaventando gli investitori con miliardi di dollari di debito cinese nelle mani.

La politica di sicurezza nazionale imposta dal leader cinese Xi Jinping ha inoltre limitato l'accesso ai dati e scatenato indagini che coinvolgono aziende straniere. In questo contesto, i dati ufficiali cinesi indicano un deflusso netto di oltre 31 miliardi di dollari da azioni e obbligazioni cinesi fino ad ottobre di quest'anno, il più grande dal 2001, anno dell'adesione della Cina all'Organizzazione mondiale del commercio.

Anche gli hedge fund, tra cui il noto Bridgewater Associates, fondato da Ray Dalio, da tempo sostenitore della Cina, hanno ridotto significativamente le loro partecipazioni in titoli cinesi. Allo stesso modo, le società di private equity, compresa Carlyle, hanno drasticamente ridimensionato i loro fondi legati alla Cina, mentre gestori di fondi comuni come Vanguard e Van Eck Associates hanno ritirato o interrotto i loro piani di investimento nel paese asiatico.

In un decennio, i fondi di private equity destinati alla Cina hanno raccolto mediamente quasi 100 miliardi di dollari l'anno, ma quest'anno hanno raccolto solo 4,35 miliardi di dollari, secondo i dati di Preqin.

Per anni, le aziende statunitensi hanno guardato con diffidenza ai rischi legati agli affari in Cina, mentre Wall Street ha visto enormi potenziali profitti e si è buttata a capofitto. La recente ritirata degli investitori finanziari, che erano stati tra i sostenitori più fidati di Pechino negli Stati Uniti, rappresenta un segnale inequivocabile che il boom decennale della Cina sta perdendo slancio.

Tuttavia, è importante notare che nessuno a Wall Street sembra intenzionato a chiudere completamente la porta alla Cina. Pubblicamente, molti finanziatori hanno ribadito il loro impegno verso il paese asiatico e mostrano una certa cautela nel non offendere Pechino.

Amy Celico, partner di Albright Stonebridge Group, una società di consulenza con sede a Washington che fornisce servizi a società multinazionali, afferma: "Wall Street è stata molto lenta e continuerà ad esserlo nel escludere la Cina. Saranno pronti a riprendere l'attività non appena l'economia cinese si sarà stabilizzata."

Recentemente, il CEO di Blackstone, Stephen Schwarzman, il CEO di BlackRock, Larry Fink, e Ray Dalio di Bridgewater hanno condotto circa 350 leader aziendali statunitensi in una standing ovation per Xi Jinping durante una cena a San Francisco il 15 novembre. Tutti e tre si sono seduti al tavolo principale dell'evento, che si è svolto dopo l'incontro di Xi con il presidente Biden.

Questa dimostrazione di supporto da parte dei giganti di Wall Street era rivolta a ottenere rassicurazioni da Xi, le cui politiche hanno reso più rischioso per le aziende straniere operare in Cina. Tuttavia, Xi non ha apportato cambiamenti significativi nel suo discorso, deludendo alcuni sostenitori della Cina presenti all'evento.

La riduzione degli investimenti da parte di Wall Street rappresenta un duro colpo per un'economia cinese già alle prese con una fuga di aziende straniere e altre società. Nel terzo trimestre, gli investimenti esteri in Cina hanno superato quelli in entrata per la prima volta dai tardi anni '90.

Gli investitori hanno anche notato che la politica cinese è diventata più imprevedibile, rendendo difficile basarsi sui dati storici per costruire fondi orientati alla Cina. Tuttavia, alcune società, come BlackRock e Fidelity International, sperano ancora di accedere al vasto mercato pensionistico cinese, anche se hanno avvertito che la crescita cinese è destinata a scendere al di sotto della linea di tendenza precedente alla pandemia di COVID-19.

L'interesse di Wall Street per la Cina è radicato nel passato. Negli anni '90, il premier cinese Zhu Rongji chiese ai banchieri d'investimento americani di aiutare a risolvere i problemi di debito delle banche cinesi, aprendo così la strada alla liberalizzazione del settore finanziario cinese. Tuttavia, per molti anni, le aziende finanziarie statunitensi sono rimaste piccoli attori in Cina.

Negli ultimi anni, Pechino ha concesso più licenze alle società occidentali di servizi finanziari per gestire il denaro degli investitori cinesi, consentendo un maggiore coinvolgimento di Wall Street nel paese. Tuttavia, ora Wall Street sta vivendo una svolta, con il ridimensionamento degli investimenti cinesi.

Ad esempio, Bridgewater Associates, nonostante fosse un noto sostenitore della Cina, ha ridotto in modo significativo le sue partecipazioni in titoli cinesi, liquidando o riducendo le posizioni in numerose società cinesi nel terzo trimestre. Il valore delle sue partecipazioni azionarie in società cinesi alla fine di settembre è sceso del 60% rispetto all'anno precedente.

Gallagher ha intensificato gli sforzi per far pressione sulle imprese statunitensi con legami cinesi, sottolineando che alcune di esse potrebbero contribuire alle ambizioni di superpotenza della Cina. Sequoia Capital, ad esempio, un investitore nel proprietario cinese di TikTok, ha annunciato a giugno la separazione delle sue attività cinesi da quelle statunitensi, citando ragioni commerciali. Gallagher ha esortato a soffocare permanentemente i flussi di investimenti americani in Cina, in particolare quelli dei fondi di Wall Street in aziende cinesi soggette a restrizioni.

Inoltre, il coinvolgimento di BlackRock e MSCI nel mercato cinese è al centro delle indagini del comitato di Gallagher, che sospetta una possibile agevolazione dei flussi di denaro verso la Cina. Entrambe le società collaborano con il comitato e hanno fornito informazioni per l'indagine.

Insomma, il panorama degli investimenti in Cina sta subendo un radicale cambiamento, con Wall Street che si sta allontanando dall'ex destinazione di successo. Mentre alcune società mantengono un certo interesse nella Cina, il crescente scetticismo e le crescenti incertezze economiche stanno portando a una svolta significativa nelle relazioni finanziarie tra gli Stati Uniti e la Cina. Resta da vedere come questa tendenza influenzerà gli investimenti futuri e le dinamiche economiche tra le due potenze mondiali.

POLITICA DELLA FED

Questa settimana, precisamente il 12 e 13 dicembre, il FOMC si riunirà per l’ultimo meeting del 2023, incontro nell’ambito del quale i membri politici della banca centrale statunitense decideranno se apportare modifiche o mantenere il suo tasso di riferimento nell’attuale range di 5,25%-5,50%. Ci si aspetta che si deciderà a favore di questa seconda opzione.

Nei giorni che precedono il meeting sono stati pubblicati alcuni dati relativi al mercato del lavoro. Tra questi il tasso di disoccupazione, sceso al 3,7% a novembre dal 3,9% di ottobre. Richard de Chazal, Macro Analyst di William Blair, ha commentato il report definendolo “relativamente sano” e spiegando che contribuirà a contrastare un po’ del fermento riguardo tagli dei tassi imminenti ed aggressivi.

Inoltre, nel settore non-agricolo a novembre sono stati creati 199 mila posti di lavoro e il salario orario medio a livello mensile a novembre è cresciuto dello 0,4%, mentre il tasso di partecipazione alla forza lavoro è salito al 62,8% allentando la prospettiva che un mercato del lavoro surriscaldato possa ostacolare i progressi nel campo dell’inflazione.

Reuters riporta come nelle previsioni dei traders ci sia stato un calo della probabilità che i primi tagli dei tassi da parte della FED partano a marzo. In particolare, prima dei dati sul lavoro di venerdì i traders indicavano una probabilità del 60% di un inizio di tagli dei tassi a marzo, a seguire la percentuale è scesa intorno al 50% con un primo taglio ritenuto più probabile per il mese di maggio.  

Analizzando i dati sul lavoro che riportano l’impressione di un mercato del lavoro in salute, in un articolo di sabato scorso del Wall Street Journal viene spiegato come probabilmente sia in arrivo un movimento verso tassi più bassi e che la FED dovrà iniziarsi a preparare a questo scenario all’inizio del prossimo anno. A giustificare un probabile abbassamento dei tassi c’è un mercato del lavoro che, seppur forte, sta rallentando; il mercato del lavoro che non sembra aumentare le pressioni inflazionistiche; un’inflazione che si è raffreddata e pare probabile si raffreddi ancora.

DATI MACROECONOMICI

Gli ordini alle fabbriche su base mensile ad ottobre segnano un -3,6%, calo più marcato del consensus fissato a -2,8%. A settembre era stata registrata una crescita del 2,3% (rivista da +2,8%). Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.

Il PMI S&P Global del settore dei servizi a novembre si attesta a quota 50,8 punti, come indicato dal dato preliminare e in lieve crescita rispetto ai 50,6 punti di ottobre.

Il PMI del settore dei servizi rilasciato da ISM a novembre è pari a 52,7 punti, rilevazione superiore al consensus di 52,0 punti ed in crescita rispetto ai 51,8 punti di ottobre.

L’indice di occupazione nel settore dei servizi rilasciato da ISM a novembre si ferma a quota 50,7 punti, registrando una crescita rispetto ai 50,2 punti di ottobre.

Il dato relativo ai nuovi ordini nel settore dei servizi rilasciato da ISM a novembre è pari a 55,5 punti, come ad ottobre.

Per quanto riguarda i prezzi nel settore dei servizi, il dato rilasciato da ISM a novembre si attesta a quota 58,3 punti, segnando una contrazione rispetto ai 58,6 punti di ottobre.

La bilancia commerciale che misura la differenza in valore tra beni e servizi importati ed esportati ad ottobre si attesta a quota -64,30 miliardi di dollari, contro un consensus -64,20 miliardi ed un dato di settembre di -61,20 miliardi (rivisto da -61,50 miliardi). Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Economic Analysis.

Il dato relativo alla produttività nel settore non-agricolo nel terzo trimestre del 2023 è al 5,2%, superiore al dato preliminare del 4,7% e alla rilevazione del secondo trimestre del 3,5%. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

I costi unitari del lavoro nel settore non agricolo statunitense sono diminuiti dell’1,2% su base annua nel terzo trimestre del 2023, rispetto alla stima preliminare di un calo dello 0,8% e alle stime di mercato di un calo dello 0,9%. Si tratta del primo calo dall’ultimo trimestre del 2022, che riflette un aumento del 3,9% della retribuzione oraria (non rivista) e un aumento della produttività del 5,2% (rispetto al 4,7%).

Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata il 2 dicembre sono state 220 mila, in lieve aumento rispetto alla rilevazione di 219 mila della settimana precedente (rivista da 218 mila) e contro un consensus di 222 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.

Il dato preliminare di dicembre dell’indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan è pari a 69,4 punti, in forte crescita rispetto ai 61,3 punti di novembre ed oltre il consensus fissato a 62,0 punti.

Nel settore non-agricolo a novembre sono stati creati 199 mila posti di lavoro, contro un consensus di 180 mila ed un dato di ottobre di 150 mila.

Nel settore non-agricolo privato a novembre sono stati creati 150 mila posti di lavoro, appena sotto al consensus di 153 mila ed in decisa crescita rispetto agli 85 mila posti di lavoro creati ad ottobre (rilevazione rivista da 99 mila). Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Il tasso di disoccupazione a novembre è al 3,7%, dato leggermente inferiore al consensus del 3,9% ed in calo rispetto al 3,9% di ottobre. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Il salario orario medio a livello mensile a novembre cresce dello 0,4%, crescita appena superiore al consensus del +0,3% ed alla rilevazione di ottobre di +0,2%.

Su base annua, invece, la crescita di novembre è del 4,0% come indicato dal consensus e pari alla rilevazione di ottobre (rivista da +4,1%). I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

PORTAFOGLI AZIONARI

Nulla da segnalare nel corso della scorsa settimana sui due nostri Portafogli azionari. Nonostante le vette raggiunte dagli indici, tentiamo due acquisti con la strategia del Nasdaq Weekly su titoli dagli ottimi fondamentali dei quali, CHARTER COMM. è sceso dai propri massimi relativi e che sta uscendo dalla zona di ipervenduto e OLD DOMINION che dai massimi assoluti sta ritracciando andando verso la zona di ipervenduto per poi provare il rimbalzo.

Sul portafoglio “The Challenge”, siamo molto indecisi se prendere profitto sul titolo ENEL che continua a viaggiare al rialzo lentamente ma sempre in zona di ipercomprato, di contro abbiamo che il 24 gennaio 2024 è previsto il pagamento dell’acconto sul dividendo 2023 pari a 0,215 €/az. in crescita del 7,5% rispetto all’acconto distribuito a gennaio 2023 e il CdA della società ha previsto un dividendo complessivo di 0,43 € per l’esercizio 2023. Che facciamo ? Lo lasciamo ad altri ? Fate le vostre valutazioni, noi aspettiamo gli eventi ed ovviamente, dovesse fare una fiammata fino al nostro livello di target, vendiamo in quanto prenderemmo subito il dividendo del prossimo gennaio. Anche su codesto Portafoglio abbiamo inserito un nuovo BUY sul titolo CAMPARI, con il prezzo che deve solo scendere un po'.

Alla prossima.

FOCUS SU AZIONI

PARAMOUNT GLOBAL – Giovedì scorso Deadline ha riportato che la società di gestione degli investimenti RedBird Capital insieme all’amministratore delegato di Skydance Media David Ellison sono interessati ad acquisire le azioni con diritto di voto di National Amusements, azionista di controllo di Paramount Global. L’acquisizione delle azioni di National Amusements garantirebbe a RedBird e Skydance di prendere il controllo dell’azienda anche senza un acquisto totale. Stando a quanto riportato da Deadline, RedBird e Skydance potrebbe essere interessate a Paramount Pictures e a proprietà intellettuali di Paramount Global. Yahoo Finance spiega che Paramount da tempo viene vista come un potenziale obiettivo di acquisizione per via della sua dimensione ridotta rispetto ai competitor: l’azienda attualmente ha un market cap di circa 11 miliardi di dollari, mentre per Disney si aggira intorno ai 170 miliardi e per Netflix ai 199 miliardi.

ANSYS – Ansys è stata inserita nella lista del 2024 delle “America's Most Responsible Companies” (aziende più responsabili d’America), premio presentato da Newsweek e Statista Inc.. Il ranking si concentra su una visione olistica della responsabilità aziendale che considera i tre pilastri dell’ESG (acronimo per Environmental, Social e Governance). L’analisi si basa su ricerca KPI (indicatore chiave di prestazione) e su un sondaggio pubblico. Sono stati studiati oltre 30 indicatori chiave di prestazione per le prime 2 mila aziende pubbliche per fatturato con sede negli USA e 17 mila residenti USA hanno valutato la reputazione della responsabilità sociale d’impresa di ciascuna azienda. È stato poi elaborato un punteggio per le aziende analizzate riconoscendo quelle più responsabili negli USA in 14 settori.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SCORSA SETTIMANA. ALTRE LE PUBBLICHEREMO NEL REPORT DELLA PROSSIMA SETTIMANA.

BROADCOM + 1,54%. La società è leader tecnologico globale che progetta, sviluppa e fornisce soluzioni software per semiconduttori e infrastrutture, impegnata nella produzione di prodotti a semiconduttori come optoelettronica, componenti a radiofrequenza e microonde e circuiti integrati per applicazioni specifiche, ha riportato utili nel quarto trimestre fiscale 2023 pari a 11,06 $/az. su ricavi per 9,30 mld $. La stima degli analisti per gli utili era pari a 10,96 $/az. su ricavi per 9,28 mld $. Il fatturato è aumentato del 4,09% su base annua.

Hock Tan, Presidente e CEO della società, ha affermato: "I ricavi di Broadcom per tutto l'anno fiscale 2023 sono cresciuti dell'8% su base annua raggiungendo la cifra record di 35,8 mld $, comprendendo l’acquisizione di VMware. Grazie agli investimenti in acceleratori e connettività di rete per l'intelligenza artificiale da parte degli hyperscaler, nell’anno fiscale 2024 prevediamo che i semiconduttori manterranno un tasso di crescita dei ricavi a una cifra medio-alto, con il contributo di VMware che porterà i ricavi consolidati a 50 mld $ e l’EBITDA rettificato a 30 mld $. Nell'anno fiscale 2023 abbiamo raggiunto un margine EBITDA rettificato record del 65%, generando 17,6 mld $ di free cash flow, ovvero il 49% dei ricavi, a dimostrazione del nostro modello di business stabile e diversificato. Con questa acquisizione prevediamo di aumentare i flussi di cassa e di aumentare il nostro dividendo trimestrale sulle azioni ordinarie del 14% a 5,25 $/az. per l’anno fiscale 2024. Il dividendo annuale previsto per le azioni ordinarie per tutto l’anno fiscale 2024 di 21,00 $/az. è un record, e rappresenta il tredicesimo aumento consecutivo dei dividendi annuali da quando abbiamo introdotto i dividendi nell’anno fiscale 2011. A livello contabile nel quarto trimestre fiscale 2023, abbiamo riportato: ricavi pari a 9,295 mld $ in crescita del 4% rispetto allo stesso periodo del 2022; un EBITDA rettificato pari a 6,048 mld $ ovvero il 65% dei ricavi; un utile pari a 11,06 $/az. La liquidità derivante dalle operazioni è stata pari a 4,828 mld $ meno spese in conto capitale per 105 mln $, ha prodotto un flusso netto di cassa pari a 4,723 mld $ ovvero il 51% dei ricavi. Le disponibilità liquide e mezzi equivalenti della società alla fine del trimestre fiscale ammontavano a 14,189 mld $, rispetto ai 12,055 mld $ della fine del trimestre precedente. Infine, il dividendo trimestrale delle azioni è aumentato del 14% rispetto al trimestre precedente a 5,25 $”.

LULULEMON ATHLETICA + 4,94%. La società è un designer e rivenditore di abbigliamento tecnico sportivo che opera principalmente in Nord America e Australia, ha riportato utili nel terzo trimestre 2023 pari a 2,53 $/az. su ricavi per 2,20 mld $. La stima degli analisti per gli utili era pari a 2,27 $/az. su ricavi per 2,19 mld $. Il fatturato è cresciuto del 18,70% su base annua. La società ha dichiarato di aspettarsi per il quarto trimestre 2023 utili tra 4,85 e 4,93 $/az. su ricavi tra 3,135 e 3,17 mld $ e l'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 4,92 $/az. su ricavi pari a 3,18 mld $. Inoltre la società ha affermato che ora si aspetta utili per tutto il 2024 tra 12,02 e 12,17 $/az. su ricavi tra 9,51 e 9,57 mld $, mentre l'attuale stima degli analisti per gli utili è di 11,93 $/az. su ricavi di 9,50 mld $.

Calvin McDonald, A.D. della società, ha dichiarato: "Questo è stato un altro trimestre positivo per Lululemon poiché la nostra offerta di prodotti innovativi e il lavoro dei nostri team ha continuato a risuonare fortemente con i nostri ospiti a livello globale. Mentre entriamo nelle festività natalizie, siamo soddisfatti delle nostre prime prestazioni e siamo ben posizionati per offrire risultati ai nostri ospiti nel quarto trimestre. Sono stimolato dalle significative opportunità che ci attendono e vorrei ringraziare i nostri incredibili team in tutto il mondo per la loro continua passione e impegno nei confronti del nostro marchio. A livello contabile nel terzo trimestre, rispetto al terzo trimestre 2022, abbiamo riportato: ricavi netti aumentati del 19% a 2,2 mld $; vendite totali comparabili sono aumentate del 14% su base dollaro costante; un utile lordo rettificato in aumento del 23% a 1,3 mld $; un margine lordo rettificato in aumento di 220 punti base al 58,1%; un reddito operativo rettificato in aumento del 24% a 436,3 mln $; un margine operativo rettificato in aumento di 80 punti base al 19,8%. Le spese per imposte sul reddito sono aumentate del 2% a 99,2 mln $. L’utile per azione è stato di 2,53 $. Abbiamo chiuso il terzo trimestre del 2023 con 1,1 mld $ in liquidità e mezzi equivalenti e la capacità della linea di credito revolving impegnata era di 393,4 mln $. Le scorte alla fine del terzo trimestre del 2023 sono diminuite del 4% a 1,664 mld $ rispetto a 1,742 mld $ alla fine del terzo trimestre del 2022. Durante il terzo trimestre del 2023, abbiamo riacquistato 0,6 milioni di azioni proprie a un prezzo medio di 380,88 $/az. per un costo di 210,8 mln $. Al 29 ottobre 2023, la Società aveva 243,2 mln $ di autorizzazione rimanenti nel suo programma di riacquisto di azioni. Il 29 novembre 2023, il nostro CdA ha approvato un ulteriore programma di riacquisto di azioni proprie per un massimo di 1,0 mld $. Infine, abbiamo aperto 14 nuovi negozi gestiti dall'azienda durante il terzo trimestre, per un totale di 686 negozi".

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SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>
CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.

ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (11/12/2023)

CHARTER_COMMUNICATION   US16119P1084 CHTR Limit 370 $
OLD_DOMINION_FREIGHT_LINE   US6795801009 ODFL Limit 371.35 $