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L’azione del giorno – Intesa lunedì stacca il dividendo. Lo yield? Sbaraglia i Btp


Un caso da manuale quello della prima banca italiana, relativamente alle strategie da adottare per massimizzare i rendimenti. Inevitabile inoltre un confronto con i nostri titoli di Stato, che ne escono perdenti.

Buy or sell

Come gestire i dividendi? La domanda è d’obbligo tutte le volte che un’azione importante sta per versare parte o in toto gli utili distribuiti agli azionisti. La scelta più semplice ovviamente è quella di incassare e di non pensarci più. Non pochi investitori preferiscono però vendere il titolo – se in forte plusvalenza – prima dello stacco, allo scopo così di compensare fiscalmente il profitto riportato nel caso di precedenti minus presenti nello zainetto fiscale. Oppure reinvestono sulla stessa azione quanto incassato, allo scopo di incrementare “gratuitamente” il relativo capitale. Altra possibilità sta nel vendere prima dello stacco e nell’individuare un eventuale successivo trend ribassista per rientrare a quotazioni inferiori. Le opzioni possibili sarebbero anche altre, più professionali, ma non è questo il tema di oggi. L’argomento sta nell’individuare la situazione relativa al titolo Intesa Sanpaolo, che lunedì prossimo staccherà un consistente dividendo.

Quanto verrà versato?

0,144 Eur, con pagamento il successivo 22 novembre

Naturalmente si tratta di un acconto. Il saldo quando sarà pagato?

Nella seconda parte di maggio, con un importo solitamente altrettanto significativo

A ieri qual è il dividend yield riferito all’acconto?

Del 5,44% lordo alla quotazione di chiusura (2,6455 Eur). Ciò equivale a un netto del 4,02%

Si conferma quindi quanto LombardReport scriveva nei giorni scorsi in merito a un’elevata redditività del comparto bancario italiano?

Senz’altro. Si consideri, sempre tenendo in considerazione Intesa, che l’anno scorso a novembre fu pagato un acconto di 0,0738 Eur. L’incremento è quindi del 95%, risultato davvero clamoroso

Tutto questo dipende dagli ottimi risultati di un 2023 eccellente. Si può avere qualche numero in merito?

Nei primi nove mesi dell'anno la crescita dei ricavi ha reso possibile un deciso aumento della redditività e di conseguenza i dividendi maturati sono stimati in 4,3 miliardi di euro, dei quali 2,6 miliardi pagati appunto il 22 novembre come interim dividend

Ci sono ancora due giorni per decidere la strategia da seguire. Che fare?

La casistica è ampia. Occorre però segnalare che l’azione è salita per la terza volta da inizio 2022 sui massimi dei 2,61 Eur, dove si colloca una forte resistenza. Da martedì è stata rotta al rialzo e quindi l’ipotesi di vendere per poi rientrare successivamente è valida da un punto di vista grafico, sempre che i mercati non proseguano nella fase toro per il comparto bancario registratasi nelle ultime sedute. Nel caso di Intesa si individua però un quadro di netto ipercomprato, evidenziatosi per tutto il mese di novembre. Una ridiscesa sotto i 2,5 Eur è possibile nel breve termine e pertanto per chi volesse restare long la scelta di reinvestire successivamente il dividendo – in presenza di debolezza – appare un’opzione interessante

Questo in ottica anche del secondo dividendo, pagato il prossimo mese di maggio. Che sarà forse ancor più generoso?

Le stime attuali parlano di un dividend yield lordo complessivo oltre il 10% e il trend proseguirà – salvo improvvisi intoppi – anche negli anni successivi. Di qui la strategia dell’accumulo sembra al momento giustificabile in una prospettiva di medio-lungo termine

Inevitabile però un confronto con i Btp. Ha senso?

Logicamente ha senso ma la discesa degli yield dei nostri titoli di Stato nelle ultime sedute - complici le notizie relative alle scelte future della Fed, probabilmente imitate dalla Bce - fa sì che a oggi il massimo rendimento dei Btp si attesti al 4,9% nel caso del trentennale. Magari domani – corree le decisioni di Moody’s sul rating – potrebbero cambiare in un senso o nell’altro ma il dividend yield di Intesa resterà certamente più elevato e confrontabile – restando nel confronto con le obbligazioni – con quello medio dei mercati emergenti ma in presenza di una rischiosità che appare comunque non di poco inferiore