INIZIO BENE IL NUOVO ANNO SUGLI INDICI AZIONARI USA !!
Il nuovo anno inizia con Wall Street a mostrare una price action maggiormente in linea con la forza del Dollaro che nei primi giorni del 2023 ha guadagnato in media il 2% sulle principali valute mondiali per poi, dopo l’uscita dei dati di venerdì scorso, perdere gran parte del guadagno. Infatti gli indici USA, dopo un’apertura positiva in scia alla forza europea, hanno ceduto terreno, zavorrati dai titoli tech e dal crash di TESLA che ha abbassato le stime del prossimo bilancio economico trimestrale e dal calo di APPLE che ha richiesto ai propri fornitori meno Airpod e meno componenti per gli Apple Watch. Ma nella giornata di venerdì scorso Wall Street ha scatenato un rally globale dei titoli azionari dopo che un rapporto cruciale sull'occupazione negli Stati Uniti ha mostrato un rallentamento della crescita dei salari a dicembre e una forte diminuzione dell’attività dei servizi, alimentando le scommesse degli investitori sul fatto che l'inflazione si stia allentando e che la Federal Reserve non debba essere così aggressiva così come temuto. L’importante dato macro sull’inflazione (CPI) di giovedì 12 gennaio, darà quasi sicuramente una direzione ai mercati, sperando che vengano letti correttamente e non come successo a dicembre
I dati del Dipartimento del lavoro hanno mostrato che nel mese di dicembre i nuovi occupati non agricoli nel settore pubblico e privato statunitensi sono aumentati rispetto alle attese anche se diminuiti rispetto al mese di novembre, mentre la retribuzione oraria media è aumentata dello 0,3% ma è stata inferiore alle attese ed allo 0,4% del mese precedente. Ma in un'altra serie di dati, l'attività dei servizi è diminuita per la prima volta in più di 2 anni e mezzo a dicembre a causa dell'indebolimento della domanda, con ulteriori segnali di allentamento dell'inflazione. Gli analisti hanno commentato: "Abbiamo ricevuto buone notizie sul fronte dell'inflazione con aumenti salariali che stanno rallentando. Abbiamo registrato un aumento dei tassi di partecipazione, eppure stiamo ancora creando posti di lavoro. È una sorta di vantaggio per l'economia. D'altronde il rapporto sui servizi ISM è uscito ampiamente debole”.
Si sa che la FED vuole assolutamente vedere la disoccupazione salire, come segnala anche il nuovo vate del Wall Street Journal, Timiraos, nel suo ultimo editoriale. Quindi fin a che il mercato del lavoro mostra forza, il Comitato eventualmente continuerà ad alzare i tassi, ma ciò andrebbe in contrasto con l’attività economica che sta evidentemente rallentando.
Riportiamo un po' di statistiche dell’anno 2022 rispetto agli anni passati sui mercati azionari ed obbligazionari USA grazie all’aiuto di grafici ben fatti ed aggiornati al 31-12-2022.
Come si evince dal grafico l’indice S&P500 ha ceduto il 18% il peggior ritorno dal 2008 e il terzo peggior anno dal 1940. In realtà, come riportato nell’articolo della scorsa settimana, prendendo le due chiusure degli anni 2021 e 2022, la perdita è pari al – 19,44%.
Nel seguente schema vi sono riportati i nuovi massimi registrati dall'S&P500 per ogni anno dal 1929. Come si nota, la serie più lunga di anni consecutivi in cui sono stati registrati nuovi massimi è dal 1989 al 2000 (12), ma anche quelle dal 1963 al 1968 (6) e quella dal 2013 al 2022 (9) sono abbastanza estese (anche se l'anno scorso se ne è registrato solo uno, alla seconda seduta dell'anno).
Come si nota, queste serie positive sono sempre state seguite da almeno 3 anni senza nuovi massimi, e in generale periodi molto più avari (1969 - 1979 e 2001-2012). In altre parole l'evidenza empirica sembra indicare che a periodi molto grassi come gli anni 90 e il decennio scorso, ne seguono di assai più magri. Vedremo.
Tra le principali piazze globali solo UK, Brasile, Mumbai, Jakarta, Grecia, Portogallo e Turchia hanno prodotto progressi nell'anno. il MSCI World ha chiuso a -19% e il MSCI Emerging a -22%. Qui sotto una carrellata di ETF, contro valorizzati in Dollari.
Grazie principalmente ai buoni uffici della FED (sic !), che è riuscita ad alzare i tassi per 4 volte, per complessivi 275 bps, DOPO quello che per ora è il picco dell'inflazione, ovvero il CPI di giugno del 2022, il mercato dei treasuries ha registrato il peggiore anno della sua storia, dal 1977 anno di creazione dell'indice con un ritorno negativo del 13%. Il precedente record era il -2.9% del 1994.
Il 10 anni treasury ha perso il 16.5%, peggior anno della sua storia dal 1938. Il precedente record era del 2019, con -11%. Questa concomitanza di perdite di bonds e azionario è piuttosto rara. E' successo solo 5 volte dal 1928 (1931, 1941, 1969, 2018, 2022). Il classico portafoglio 60 equity 40 bonds (in Europa è forse considerato più classico l'opposto ma cambia poco) ha ceduto il 17.5% nel 2022, la peggior performance dal 1937 e la terza peggiore assoluta, battuta dal 1931 (-27.3%) e dal 1937 (-20.7%.)
Nella giornata di mercoledì scorso, sono usciti i verbali del FOMC (che approfondiremo nel relativo capitolo), i quali hanno nuovamente tentato di convincere il mercato che non ci saranno tagli ai tassi nella seconda metà dell’anno. Le minute hanno confermato che nessun membro del Committee prevede tagli nel 2023 e che la politica monetaria rimarrà restrittiva per un po’ di tempo (“some time”). Per questo motivo, la FED continua a non gradire una facilitazione delle condizioni finanziarie (rendimenti troppo in calo e borse troppo euforiche, ndr) e il pricing scontato dal mercato che rimane ben al di sotto di quanto vorrebbe la stessa FED, illudendosi che i primi cali dell'inflazione convincano l’Istituto a mollare la presa. I funzionari della Federal Reserve hanno riportato parole di avvertimento insolitamente schiette agli investitori, che hanno messo in guardia dal sottovalutare la determinazione della banca centrale a mantenere i tassi di interesse a livelli più alti per abbassare l'inflazione.
I rapidi aumenti dei tassi della Fed lo scorso anno hanno alimentato le speranze degli investitori che l'inflazione rallenterà rapidamente nel prossimo anno. Nel periodo che ha preceduto la riunione di dicembre, i rendimenti obbligazionari a più lungo termine sono crollati, riflettendo sia l'ottimismo per un rapido calo dell'inflazione sia i timori di una recessione quest'anno. Ma molti funzionari della FED temono che non saranno in grado di sconfiggere l'inflazione a meno che non riescano a rallentare l'economia inasprendo le condizioni finanziarie, ad esempio aumentando i costi dei prestiti o abbassando i prezzi delle azioni. Qualsiasi rally del mercato che allenti le condizioni finanziarie minaccia di ostacolare gli sforzi dei funzionari per raffreddare le assunzioni e la crescita salariale. Ciò, a sua volta, potrebbe spingerli a continuare ad alzare i tassi o mantenerli a livelli più alti più a lungo, aumentando il rischio di una recessione economica più profonda o più lunga.
"È stata una dichiarazione molto diretta", ha affermato Tim Duy, capo economista statunitense presso la società di ricerca SGH Macro Advisors. “La FED sta dicendo che è impegnata per un risultato particolare, che è una disoccupazione più alta e un mercato del lavoro più debole. La questione chiave per gli investitori è se il Comitato manterrà davvero quel piano se l'inflazione dovesse moderarsi".
Attualmente i mercati si aspettano che la FED aumenti il tasso a circa il 5% entro la primavera, i funzionari hanno previsto tassi leggermente più alti nelle nuove proiezioni pubblicate il mese scorso. Circa 17 funzionari su 19 hanno scritto piani per aumentare il tasso a un livello superiore al 5% nel 2023 e mantenerlo fino al 2024. Nessun funzionario ha previsto riduzioni dei tassi nel prossimo anno. I verbali non hanno fornito informazioni sul dibattito sull'opportunità di aumentare i tassi di 0,5 punti o di 0,25 punti alla prossima riunione dei responsabili politici della FED, 31 gennaio-1 febbraio.
Gli operatori del mercato monetario, nella prima settimana dell’anno, al pari dei movimenti del Dollar Index, hanno visto il movimento dei Bonds crescere il 2Y al 4,51% massimo di oltre due mesi ed il rendimento a 10 anni al 3,848% per poi, dopo i dati macro di venerdì, scendere bruscamente il primo al 4,256% ed il 10Y al 3,56%. Questi movimenti hanno riportato lo spread 2Y/10Y a 69 bps dai 54,9 bps di fine anno.
Dopo i dati macro di venerdì scorso gli analisti vedono il 75% di probabilità di un aumento di 25 punti base nella riunione di febbraio della FED, con tassi che dovrebbero raggiungere il picco del 4,95% nel mese di giugno 2023, comunque sotto lo scenario di breve della FED del 5,25%, per il momento.
Nel grafico comparativo settimanale delle varie scadenze tra la chiusura di due venerdì fa 30 dicembre e la chiusura di venerdì scorso 06 gennaio 2023 si notano sostanziali differenze con quasi tutte le scadenze al ribasso, specialmente quelle lunghe:
Infine riportiamo lo spread del Treasury decennale USA rispetto all'omologo titolo dei principali paesi mondiali a venerdì 6 gennaio 2023:
Analisi grafica dell’indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Il guadagno fatto registrare dalle contrattazioni venerdì scorso riesce a recuperare le perdite accumulate durante i primi giorni del nuovo anno dovute a forti vendite su TESLA ed a seguire su APPLE, AMAZON e MICROSOFT, tutte a causa di “profit warning”. Come detto varie volte, per l’indice tech tutto ruota intorno alle mosse della FED in materia di tassi e ad un ravvedimento dei membri dell’Istituto affinché si arrivi ad un atterraggio “morbido” dell’economia e non ad una forte e duratura recessione.
Graficamente notiamo che i prezzi anche nella settimana appena trascorsa hanno testato l’area di supporto a 11700/11650 senza, fortunatamente, andare a testare il minimo dello scorso ottobre a 10440, per poi rimbalzare e chiudere l’ottava sopra l’importante area degli 11000 punti. Inutile rimarcare che sarebbe molto opportuno che i prezzi si allontanino da questi supporti e riprendano l’area 11700 consolidando su quei valori, così da creare un cuscinetto protettivo che consenta di non andare ad intaccare il minimo di ottobre, nel caso di qualche notizia negativa. In questa fase e con la stagione delle trimestrali economiche alle porte è quanto di meglio augurarsi. Il valore dell’RSI neutro (a 47) non fornisce indicazioni sul prossimo movimento anche perché incombe il dato macro “market mover” sull’inflazione di martedì. La settimana si è chiusa a 11040,35 con un guadagno del + 0,92% che porta ad un deficit anno su anno del – 29,97%.
Discorso diverso per l’indice S&P500 che risente meno delle turbolenze del mercato e della retorica della FED. Dal grafico possiamo notare che l’area di supporto a 3810/3800 ha continuato anche nella prima settimana dell’anno a fare egregiamente il suo dovere favorendo il rimbalzo dei prezzi dopo l’uscita dei dati macro di venerdì scorso. Il rimbalzo è stato frenato dall’area di resistenza dei 3900 punti, quindi un superamento con consolidamento dei prezzi di tale area sarebbe veramente di notevole importanza. Viceversa, dobbiamo continuare ad aggrapparci al supporto dei 3800 punti. Il livello di RSI a 51 (zona neutra) non offre particolari indicazioni circa la direzione del prossimo movimento in attesa del dato sui CPI di domani. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 3895.07 con un guadagno del + 1,45% che porta ad un deficit anno su anno del – 17,06%.
Infine riguardo all’indice DOW JONES, continua a confermarsi il più resiliente rispetto agli altri due indici anche nella prima settimana di contrattazioni del 2023. Graficamente notiamo che l’area dei 33000 punti ha fatto da attrattiva per i prezzi che dal 16 dicembre hanno lateralizzato, oscillando tra i 32600 ed i 33400 punti riuscendo venerdì scorso a rompere all’insù tale fase laterale arrivando a far registrare un max di 33710 prima di chiudere la settimana a 33630. Il livello di RSI a 55 mostra che l’indice ha più forza relativa degli altri due e, dati macro permettendo (CPI), potremmo assistere ad una continuazione del rialzo verso i massimi relativi di dicembre in area 34600. Viceversa, abbiamo sempre il supporto in area 32400 coincidente con le M.M. a 200 periodi (linea gialla e bianca) a fare da scudo. Al momento, il conteggio delle onde propende sempre per una fase correttiva in A,B,C ma il superamento del massimo di dicembre potrebbe far cambiare scenario con il conteggio in 5 onde delle quali onda 1 e 2 completate. Vedremo. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 33630.62 con un guadagno del + 1,46% e che porta a segnare un deficit anno su anno del – 7,19%.
ORO INDEX
Partono al rialzo le quotazioni dell’Oro in questo primo scorcio di 2023 che, nel breve, stanno beneficiando del calo del Dollaro e dei rendimenti e nel medio termine molti analisti vedono un ulteriore rialzo delle quotazioni per tutto il 2023, specie se le economie mondiali dovessero affrontare una forma di recessione economica profonda e duratura. Come riportato anche nel nostro articolo di fine anno, le Banche Centrali continuano ad aumentare le scorte di metallo giallo. Le informazioni pubblicate sul sito web della People's Bank of China durante il fine settimana appena trascorso, hanno riferito di aver aumentato le proprie riserve di Oro di 30 tonnellate a dicembre, dopo aver acquistato 32 tonnellate a novembre aumentando la scorta del Paese a 2.010 tonnellate. L'afflusso di Oro precedentemente riportato dalla PBOC è stato nel settembre del 2019 e, prima ancora, nell'ottobre 2016. In altre informazioni, la PBOC ha riferito che le riserve valutarie del paese alla fine di dicembre sono aumentate di circa 11 miliardi $ rispetto a fine novembre e ora ammontano a 3,12 trilioni $.
A livello grafico notiamo come i prezzi siano andati subito all’attacco dell’importante resistenza posta in area 1845/50 $/oz. con un massimo a 1875 $/oz. e chiudendo la settimana sopra tale area dal giugno 2022, registrando ben 7 settimane consecutive con i minimi che continuano a salire. Il primo target dei 1880 $/oz. è stato quasi raggiunto, vedremo se nelle prossime settimane i prezzi riescono a superare la soglia psicologica dei 1900 $/oz. con target in area 1915/1920 $/oz.
Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, sono anch’essi partiti subito al rialzo per poi subire una flessione a metà settimana prontamente assorbita dal gran balzo dei prezzi dopo l’uscita dei dati macro di venerdì scorso sull’occupazione e sui servizi. Il Platino ha fatto registrare un massimo a 1112 $/oz., prezzi che non si vedevano dagli inizi di marzo 2022, con proiezione del prossimo target che si alza dall’area 1130 all’area 1150 $/oz. per poi attaccare l’area 1195/1200 $/oz. zona nella quale venderemo il nostro ETC. Non così per le quotazioni dell’Argento che rispetto alle altre due commodities non segue il passo rialzista ma continua nella sua fase di lateralità, pur facendo registrare un nuovo massimo relativo a 24,775 $/oz. per poi scivolare in area 23,30 $/oz., chiudendo la settimana a ridosso dei 24 $/oz. Le proiezioni rialziste vedono un prossimo primo target in area 25,70 ed un secondo in area 27 $/oz. ma, al momento, manca di forza relativa.
La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1869.70 $/oz., in guadagno del + 2,38% rispetto alla scorsa settimana e che porta ad un guadagno anno su anno del + 4,50%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1867.24 $/oz. in guadagno del + 2,44% rispetto alla scorsa settimana. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES FEBBRAIO 2023:
GUERRA RUSSIA - UCRAINA (EUROPA)
La scorsa settimana il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha avuto due confronti con i suoi omologhi Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Nel corso della telefonata con Putin, come riportato nella nota pubblicata giovedì scorso sul sito della presidenza turca, Erdoğan ha detto che gli appelli alla pace e ai negoziati dovrebbero essere sostenuti con un “cessate il fuoco” unilaterale e una visione per una soluzione giusta. Secondo la nota turca si è anche parlato di gas, in particolare il Presidente Erdoğan ha dichiarato che puntano a completare al più presto possibile la tabella di marcia per stabilire un hub del gas naturale in Turchia. Inoltre, sulla Siria, Erdoğan ha spiegato che devono essere fatti passi concreti per allontanare i militanti curdi dalla regione di confine siriana. La TASS, invece citando il Cremlino, riporta che Putin ha parlato al Presidente turco del ruolo “distruttivo” dell’Occidente che fornisce armi, materiale militare ed informazioni a Kiev. Sempre secondo la TASS che cita il Cremlino, alla luce della disponibilità del leader turco a mediare una soluzione politica “Putin ha ribadito che la Russia è aperta ad un dialogo serio, a patto che le autorità a Kiev soddisfino le richieste più volte avanzate, tenendo conto delle nuove realtà territoriali”.
Secondo la nota pubblicata giovedì scorso sul sito della presidenza turca, nella chiamata Erdoğan-Zelensky si è parlato dell’aiuto umanitario e del sostegno energetico di Ankara a Kiev, ma anche degli sviluppi nel corridoio del grano. Inoltre, Erdoğan ha fatto sapere che il suo paese è pronto a ricoprire un ruolo di mediatore per il ripristino di una pace duratura tra Russia ed Ucraina, aggiungendo che la Turchia può dare contributi diplomatici anche per velocizzare il processo riguardante la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Zelensky in un tweet ha riportato i contenuti della conversazione con l’omologo turco citando tra i temi discussi la “cooperazione per la sicurezza”, con riferimento particolare alla centrale di Zaporizhzhia, “lo scambio di prigionieri di guerra”, “lo sviluppo dell’accordo sul grano”. Il Presidente ucraino ha concluso il suo tweet scrivendo: “Contento di sentire che la Turchia è pronta a partecipare all’attuazione della nostra #PeaceFormula”.
Ieri Russia ed Ucraina hanno concluso uno scambio di soldati catturati, come risultato di negoziati. Cinquanta militari russi sono stati rimpatriati e altrettanti militari ucraini sono stati rilasciati dalla Russia. Andriy Yermak, capo dell'Ufficio del Presidente dell’Ucraina, ieri sul suo profilo Twitter ha scritto: “Un altro scambio di prigionieri di guerra riuscito. 50 soldati ucraini sono tornati. Continua. Dobbiamo portare a casa tutta la nostra gente, e ci stiamo lavorando”.
Venerdì scorso gli Stati Uniti hanno annunciato un pacchetto di assistenza militare da oltre 3,75 miliardi di dollari destinato all’Ucraina e ai paesi alleati europei. In una nota del segretario di Stato, Antony Blinken, viene riportato che Washington fornirà a Kiev veicoli da combattimento della fanteria Bradley, obici semoventi, veicoli trasporto truppe, missili terra-aria, munizioni ed altro materiale. Il pacchetto include un prelievo da 2,85 miliardi di dollari dalle riserve del Dipartimento della Difesa, ma anche 225 milioni in finanziamenti per costruire la capacità a lungo termine e sostenere la modernizzazione dell’esercito ucraino e 682 milioni in finanziamenti destinati agli alleati europei per contribuire ad incentivare e riempire le donazioni di materiale militare all’Ucraina.
POLITICA USA
Al termine della 15esima votazione, sabato scorso il repubblicano Kevin McCarthy è stato eletto speaker della Camera (dove, in seguito alle elezioni di metà mandato, il suo partito ha la maggioranza). Ruolo ottenuto grazie ai 216 voti a suo favore su 435 deputati, ma anche grazie all’astensione dei repubblicani Matt Gaetz, Lauren Boebert ed altri quattro repubblicani, che ha consentito di abbassare il quorum richiesto per l’elezione a speaker. I 212 dem, invece, hanno fatto fronte comune sostenendo il leader della minoranza alla Camera, Hakeem Jeffries. McCarthy per raggiungere il ruolo di speaker ha dovuto vedersela con un’opposizione interna al suo partito, trovando compromessi con l’ala più radicale. Tra le concessioni fatte dal nuovo speaker una riguarda una regola che permette ad ognuno dei 435 membri della Camera di imporre una votazione per la sua rimozione in qualsiasi momento. McCarthy ha promesso ai suoi critici più duri, maggiore influenza in commissioni chiave ed ha anche accettato di perseguire tagli profondi alla spesa pubblica per raggiungere un bilancio federale in pareggio in dieci anni. Secondo il dem Chuck Schumer, leader della maggioranza al Senato, le concessioni di McCarthy nei confronti della parte più radicale del suo partito potrebbero dargli dei problemi ed hanno reso più probabile la possibilità di uno shutdown o default del governo innescato dalla Camera a maggioranza repubblicana.
Scott Perry, repubblicano membro della Camera che fino alla 12esima votazione era stato uno degli oppositori alla candidatura di McCarthy, ieri ha detto che le concessioni fatte dal neo speaker saranno un meccanismo per governare su temi come il tetto del debito.
Durante il suo discorso di insediamento, McCarthy ha detto: “Il nostro sistema è costruito su pesi e contrappesi. È per noi il momento di essere un controllo e fornire un po’ di equilibrio alle politiche del Presidente”. In merito ai tempi lunghi per la sua elezione, il neo speaker della Camera ha dichiarato: “Siccome ci è voluto così tanto, ora abbiamo imparato a governare. Quindi ora saremo in grado di portare a termine il lavoro”. “Alla fine saremo più efficaci, più efficienti e sicuramente il governo sarà più responsabile”. McCarthy ha detto che la prima legislazione che intende affrontare abrogherà finanziamenti per oltre 87 mila nuovi agenti dell’Internal Revenue Service (agenzia governativa deputata alla riscossione dei tributi). Inoltre, lo speaker appena eletto ha indicato la riforma dell’immigrazione come una delle massime priorità. Sabato McCarthy ha ringraziato l’ex presidente Donald Trump per il sostegno ed ha sottolineato il suo ruolo nel raccogliere gli ultimi voti necessari per la sua vittoria alla Camera.
Il Presidente Joe Biden si è congratulato con McCarthy per l’elezione a speaker della Camera con una nota nel quale ha sostenuto di essere pronto a collaborare con i repubblicani: “Come ho detto dopo le elezioni di metà mandato, sono pronto a lavorare con i repubblicani quando posso e gli elettori hanno chiarito che si aspettano che anche i repubblicani siano pronti a lavorare con me. Ora che la leadership della Camera è stata decisa è il momento di iniziare questo processo”. Sottolineando i risultati raggiunti in campo economico, in particolare del lavoro, il Presidente statunitense ha aggiunto: “È imperativo continuare questo progresso economico, non bloccarlo. È imperativo proteggere la sicurezza sociale e Medicare (l’assicurazione sanitaria federale amministrata dal governo e che riguarda persone dai 65 anni in su o che soddisfano determinati criteri, ndr), non tagliarle. È imperativo difendere la nostra sicurezza nazionale, non tagliarle i fondi. Queste sono alcune delle scelte davanti a noi. Come dimostrano gli ultimi due anni, possiamo fare cose profonde per il paese quando le facciamo insieme”.
Un segno sulla linea bipartisan in settimana è arrivato dal Kentucky, dove il Presidente Biden e il leader repubblicano al Senato, Mitch McConnell, mercoledì scorso sono apparsi pubblicamente insieme. L’inquilino della Casa Bianca ha lanciato un messaggio di collaborazione: “Possiamo far avanzare la nazione se solo lasciamo un po’ del nostro ego e ci concentriamo su ciò che è necessario per il paese”. Biden e McConnell hanno visitato il Brent Spence Bridge, ponte che collega Covington (Kentucky) e Cincinnati (Ohio), per far sapere come i fondi stanziati tramite la legge bipartisan sulle infrastrutture saranno utilizzati per sistemare l’infrastruttura.
POLITICA DELLA FED
Mercoledì scorso sono stati pubblicati i verbali del meeting del FOMC del 13-14 dicembre (durante il quale è stato deciso un rialzo dei tassi di interesse di mezzo punto percentuale), verbali che mostrano come i decisori politici fossero concentrati sul controllo del rialzo dei prezzi e preoccupati da qualsiasi “percezione errata” nei mercati circa un loro impegno in calo nella lotta contro il l’inflazione. Secondo quanto espresso dai decisori politici della banca centrale statunitense, si dovrebbe mantenere una posizione politica restrittiva fino a quando i dati non forniranno certezza circa il fatto che l’inflazione si trovi su sostenuto percorso discendente verso il target del 2%. “A fronte del persistente ed inaccettabile livello elevato di inflazione, diversi partecipanti hanno commentato che l’esperienza storica mette in guardia contro un allentamento prematuro della politica monetaria”.
I funzionari hanno anche riconosciuto i “progressi significativi” fatti nell’ultimo anno nell’aumentare i tassi abbastanza da abbassare l’inflazione. Dai verbali emerge anche come la “maggior parte dei partecipanti ha sottolineato la necessità di mantenere flessibilità e opzionalità quando si sposta la politica verso una posizione più restrittiva”, inoltre viene spiegato che rialzi più piccoli non dovrebbero essere visti come un minor impegno da parte della banca centrale nei confronti dell’obiettivo di un abbassamento dell’inflazione al 2%. Come riportato nei verbali infatti “i partecipanti hanno confermato il loro forte impegno a riportare l’inflazione all’obiettivo del 2% del Comitato”. Inoltre, nel documento viene osservato che nessun membro del FOMC si aspetta tagli dei tassi nel 2023.
Secondo i verbali del meeting di metà dicembre, la FED si trova ad affrontare due rischi. Vale a dire, non mantenere i tassi ad un livello elevato abbastanza a lungo e permettere all’inflazione di aggravarsi o, scenario opposto, mantenere la politica restrittiva troppo a lungo e rallentare troppo l’economia “potenzialmente mettendo i costi più pesanti sui gruppi più vulnerabili della popolazione”. Per i membri però i rischi sono più legati ad un allentamento troppo rapido e alla possibilità che l’inflazione dilaghi. I banchieri centrali ritengono che i tassi ufficiali corretti per l'inflazione o "reali" siano ciò che conta per rallentare l'economia, un calo più lento dell'inflazione richiederebbe tassi di interesse più elevati per raggiungere lo stesso grado di restrizione economica. La FED presta molta attenzione ai prezzi “core” come migliore dato previsionale dell'inflazione futura rispetto all'inflazione complessiva. Nei tre mesi terminati a novembre, i prezzi “core” sono aumentati a un tasso annualizzato del 3,6%, il valore più basso da febbraio 2021.
Il presidente della Fed di Minneapolis Neel Kashkari mercoledì scorso, in un articolo pubblicato sul sito della banca regionale, ha dichiarato che secondo lui sarebbe appropriato continuare ad aumentare i tassi almeno nei prossimi incontri finché non si sarà convinti che l’inflazione abbia toccato il suo picco. La previsione di Kashkari è che l’inasprimento dei tassi dovrebbe fermarsi una volta raggiunto un livello del 5,4% (!!!); per il presidente della Fed di Minneapolis i tassi dovranno essere mantenuti al loro picco iniziale per un periodo “ragionevole”, in modo da dare il tempo alle azioni della FED di farsi strada nell’economia. Kashkari ha detto: “Per essere chiari, in questa fase qualsiasi segnale di lento progresso che mantenga l’inflazione elevata più a lungo, a mio avviso, giustificherà il portare il tasso di riferimento potenzialmente molto più in alto”. Secondo Kashkari tagliare i tassi troppo presto sarebbe un “errore costoso” ed il taglio dei tassi andrebbe applicato solo quando si sarà convinti di aver battuto l’inflazione.
A confermare l’impegno della banca centrale statunitense nell’abbassare l’inflazione anche le parole di giovedì scorso del presidente della Fed di Atlanta, Raphael Bostic: “Io e il Federal Open Market Committee rimaniamo determinati ad usare i nostri strumenti di politica per riportare l’inflazione verso il nostro obiettivo”. Nonostante rapporti recenti che “includono segnali di moderazione delle pressioni sui prezzi”, secondo Bostic c’è ancora molto da fare. Venerdì scorso Bostic ha spiegato che gli ultimi dati sui posti di lavoro sono un segnale di un’economia che sta gradualmente rallentando e nel caso dovesse continuare su questa strada, la FED al prossimo meeting potrà adottare un rialzo di un quarto di punto percentuale: “Oggi sarei a mio agio con un (rialzo di) 50 o 25 bps. Se inizio a sentire segnali che il mercato del lavoro sta cominciando ad allentarsi un po’ in termini di sua tensione, allora potrei propendere di più per la posizione di 25 punti base”. Il presidente della Fed di Atlanta ha ribadito che secondo lui la banca centrale dovrebbe aumentare i tassi ulteriormente e mantenerli al quel picco fino al 2024 per rallentare l’inflazione.
Per James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, le azioni intraprese dal FOMC nel 2022 e i rialzi nel tasso di riferimento in programma per il 2023 hanno riportato le aspettative di inflazione ad un livello coerente con il target del 2%: “Durante il 2023, l’inflazione reale probabilmente seguirà le aspettative di inflazione verso un livello più basso man mano che l’economia reale si normalizzerà”. Secondo Bullard crescono le possibilità della FED di abbassare l’inflazione evitando di portare l’economia in recessione: “La probabilità di un atterraggio morbido è cresciuta rispetto a dove era nell’autunno del 2022, dove sembrava più discutibile”. Probabilità che per Bullard sono cresciute in quanto il mercato del lavoro non si è indebolito come previsto da molti, e i livelli di crescita sono rimbalzati da punti deboli. Bullard ha detto: “Il mercato del lavoro può rimanere abbastanza resiliente durante il 2023”. Il presidente della Fed di St. Louis ha anche spiegato come secondo lui il tasso di riferimento sia ancora un po' sotto alla “zona sufficientemente restrittiva”, zona nella quale il Comitato farebbe bene ad entrare al più presto.
Secondo Esther George, presidente della Fed di Kansas City, l’entità dell’inasprimento ancora necessario per portare l’inflazione al 2% resta un elemento centrale delle decisioni della FED. “I responsabili politici dovranno sicuramente affrontare scelte più complicate e comunicazioni difficili man mano che i compromessi tra inflazione ed occupazione diventeranno più evidenti”. George in merito all’inflazione ha aggiunto: “Più a lungo l’inflazione resta sopra il suo obiettivo del 2%, maggiore è la possibilità che un’inflazione più elevata diventi radicata nelle aspettative di lavoratori, produttori e consumatori”.
In merito alle misure adottate dalla banca centrale per contrastare l’inflazione, venerdì scorso il presidente della Fed di Richmond, Thomas Barkin, ha detto: “Se si pensa che i miglioramenti nella catena di approvvigionamento e le nostre azioni ad oggi siano abbastanza per abbassare l’inflazione rapidamente, allora il nostro percorso dei tassi più graduale dovrebbe limitare il danno”. Barkin ha ribadito che la Fed deve restare decisa nella lotta all’inflazione, anche se è prudente muoversi con più attenzione in modo da non reprimere la domanda troppo aggressivamente e in modo da dare il tempo alle azioni intraprese dalla Fed di diffondersi nell’economia.
DATI MACROECONOMICI
Il PMI manifatturiero S&P Global segna un calo per il terzo mese consecutivo, passando dai 47,7 punti di novembre ai 46,2 punti di dicembre. Esattamente come indicato dal dato preliminare di dicembre. Il dato è rilasciato da Markit Economics.
Il PMI manifatturiero di dicembre rilasciato da ISM ha deluso solo marginalmente un consenso che lo vedeva calare. L'indice di attività è ai minimi da maggio 2020. Spicca un nuovo minimo dei new orders, mentre i prezzi pagati hanno segnato i minimi da aprile 2020. Bene solo l'occupazione, tornata ad espandersi marginalmente.
Il dato dell’indice passa dai 49,0 punti di novembre ai 48,4 punti di dicembre, appena sotto al consensus di 48,5 punti.
L’indice di occupazione manifatturiera elaborato da ISM cresce: dai 48,4 punti di novembre, infatti, si è passati ai 51,4 punti di dicembre, ben oltre il consensus fissato a 48,3 punti.
L’indice di ISM relativo ai nuovi ordini manifatturieri perde due punti, dai 47,2 punti di novembre ai 45,2 di dicembre.
Infine, il dato di ISM sui prezzi manifatturieri si attesta ben al di sotto del consensus di 42,6 punti, passando dai 43,0 punti di novembre ai 39,4 di dicembre.
La bilancia commerciale di beni e servizi USA (che misura la differenza in valore tra beni e servizi importati ed esportati) a novembre si attesta a -61,50 miliardi di dollari, dopo il dato di ottobre -77,80 miliardi di dollari (rivisto da -78,20 miliardi di dollari). Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Economic Analysis.
Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono usciti più bassi delle stime. Trattandosi della settimana delle feste, è un numero soggetto a distorsioni e destagionalizzazione complessa. Nell’ultima settimana del 2022 sono state 204 mila, ovvero meno rispetto alla rilevazione di 223 mila della settimana precedente (rivista da 225 mila) ed anche al consensus di 225 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.
Il PMI S&P Global del settore dei servizi per il terzo mese consecutivo segna un calo, passando dai 46,2 punti di novembre ai 44,7 punti di dicembre. Una rilevazione che si attesta appena sopra al dato preliminare di dicembre di 44,4 punti. Il dato è rilasciato da Markit Economics.
Continua costante il calo dei nuovi occupati non agricoli negli States. Nel settore non-agricolo pubblico nel mese di dicembre sono stati creati 223 mila posti di lavoro, ovvero più di quanti indicati dal consensus di 200 mila, ma meno dei 256 mila di novembre (rivisti da 263 mila).
Nel settore non-agricolo privato, invece, sempre a dicembre, sono stati creati 220 mila posti di lavoro contro i 202 mila di novembre (dato rivisto da 221 mila) ed un consensus di 180 mila. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.
Il tasso di disoccupazione a dicembre si attesta al 3,5%, in calo rispetto al 3,6% di novembre (rivisto da 3,7%) e sotto al consensus del 3,7% (cosa che non farà piacere alla FED). Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.
Il salario orario medio a livello mensile a dicembre cresce dello 0,3%, rallentando rispetto al +0,4% di novembre (dato rivisto da +0,6%).
A livello annualizzato, invece, la crescita di dicembre è del 4,6%; anche in questo caso si tratta di un rallentamento rispetto al rialzo del 4,8% di novembre (rivisto da +5,1%). I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.
Il PMI relativo al settore dei servizi rilasciato da ISM fa un bel passo indietro, passando dai 56,5 punti di novembre ai 49,6 punti di dicembre, ben sotto al consensus fissato a 55,0 punti.
L’indice relativo all’occupazione nel settore dei servizi passa dai 51,5 punti di novembre ai 49,8 punti di dicembre.
L’indice sui nuovi ordini perde oltre dieci punti, passando dai 56,0 punti di novembre ai 45,2 punti di dicembre.
Infine, i prezzi nel settore dei servizi passano dai 70,0 punti di novembre ai 67,6 punti di dicembre.
Scendono anche gli ordinativi di fabbrica, a livello mensile, a novembre hanno registrato un -1,8%. Ad ottobre era stata registrata una crescita dello 0,4% (rivista da +1,0%). I dati sono rilasciati dall’U.S. Census Bureau.
PORTAFOGLI AZIONARI
Apre bene il 2023 all’operatività sui Portafogli azionari LombardReport. Tutti gli acquisti del nuovo anno chiudono la settimana positivamente e proprio questa mattina abbiamo ricevuto la soddisfazione sul titolo tedesco AIXTRON che ha raggiunto il nostro livello di target con un gentile omaggio di qualche tick in più grazie all’apertura in gap up. Altro nuovo ingresso questa mattina in apertura sul titolo tedesco LINDE e rimaniamo in attesa di poter acquistare il titolo del NYSE, ALBEMARLE, in “buy limit”.
Sul Portafoglio “The Challenge” ci stiamo avvicinando nuovamente al target sul titolo FERRARI. In ogni caso non ci fermeremo qui, l’ETF sul CARBON è nuovamente nel mirino e continuiamo a monitorare delle società con ottimi fondamentali che sono nettamente sotto quotate, sperando in una piccola discesa dei prezzi per poterle acquistare.
Alla prossima.
FOCUS SU TITOLI
TESLA – Nella scorsa settimana Tesla ha appena pubblicato il rapporto sulla produzione e la consegna dei veicoli del quarto trimestre per il 2022.
Consegne totali quarto trimestre 2022: 405.278
Produzione totale quarto trimestre 2022: 439.701
Consegne totali annue 2022: 1,31 milioni di unità
Produzione totale annua 2022: 1,37 milioni di unità
Le consegne sono l’approssimazione più vicina alle vendite divulgate da Tesla. Questi numeri hanno rappresentato un record per la casa automobilistica guidata da Elon Musk e una crescita del 40% nelle consegne anno su anno. Tuttavia, i numeri del quarto trimestre sono stati inferiori alle aspettative degli analisti.
Secondo un consenso delle stime degli analisti compilato da FactSet, al 31 dicembre 2022, Wall Street si aspettava che Tesla riportasse circa 427.000 consegne per l’ultimo trimestre dell’anno. Le stime aggiornate a dicembre e incluse nel consenso FactSet variavano da 409.000 a 433.000.
Queste stime più recenti erano in linea con un consenso compilato dall’azienda e distribuito dal vicepresidente delle relazioni con gli investitori di Tesla, Martin Viecha. Tale consenso ha affermato che 24 analisti sell-side si aspettavano consegne di Tesla pari a circa 417.957 unità in media per il trimestre e circa 1,33 milioni di unità consegnate per l’intero anno).
Tesla ha iniziato la produzione in due nuovi stabilimenti quest’anno, ad Austin in Texas e nel Brandeburgo in Germania e ha aumentato la produzione a Fremont, in California, e a Shanghai, ma non rivela i numeri di produzione e consegna per nazione.
Nel quarto trimestre del 2022, Tesla ha dichiarato che le consegne della sua berlina entry-level Model 3 e del crossover Model Y sono state pari a 388.131 unità, mentre le consegne della sua berlina Model S e del SUV Model X di fascia alta sono state pari a 17.147 unità.
Nella sua presentazione agli azionisti del terzo trimestre, Tesla aveva scritto: “Su un orizzonte pluriennale prevediamo di raggiungere una crescita media annua del 50% nelle consegne di veicoli. Il tasso di crescita dipenderà dalla capacità delle nostre apparecchiature, dal tempo di attività della fabbrica, dall’efficienza operativa e dalla capacità e stabilità della catena di approvvigionamento”. Durante il quarto trimestre, Tesla ha anche offerto forti riduzioni dei prezzi e altre promozioni negli Stati Uniti, in Cina e altrove per stimolare la domanda, anche se ciò potrebbe esercitare pressioni sui suoi margini.
Insieme a concorrenti che vanno dai veterani del settore Ford e GM, Tesla è pronta quest’anno a raccogliere i frutti dell’Inflation Reduction Act del Presidente Joe Biden, che include incentivi per la produzione interna e gli acquisti di auto completamente elettriche.
PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA.
WALGREENS BOOTS ALLIANCE – 2,00%. La società gestisce una catena di negozi di farmacie negli Stati Uniti. Rappresenta la tua farmacia sotto casa, che vende farmaci da prescrizione e da banco anche via, posta, telefono e online, ha riportato utili nel primo trimestre fiscale 2023 pari a 1,16 $/az. su un fatturato di 33,38 mld $. La stima degli analisti per gli utili era di 1,13 $/az. su un fatturato pari a 32,83 mld $. I ricavi sono diminuiti del 1,5% rispetto allo stesso trimestre di un anno fa. La società ha detto che prevede utili per l’intero anno fiscale 2023 tra 4,45 e 4,65 $/az. su un fatturato tra 133,5 e 137,5 mld $. L'attuale stima degli analisti per utili pari a 4,48 $/az. per un fatturato pari a 134,8 mld $.
L'A.D. della società, Rosalind Brewer, ha dichiarato: "WBA ha dato un buon inizio all'anno fiscale, mentre continuiamo ad accelerare la nostra trasformazione in un'azienda sanitaria incentrata sul consumatore. Stiamo compiendo progressi significativi nel portare il nostro segmento Healthcare negli Stati Uniti al profitto, inclusa la recente acquisizione di VillageMD di Summit Salute sulla quale abbiamo investito 3,5 mld $ tra debito e capitale proprio. Le nostre principali attività farmaceutiche al dettaglio negli Stati Uniti e nel Regno Unito rimangono resilienti in ambienti operativi difficili. Il lavoro del team in tutti i segmenti rafforza la nostra fiducia nel raggiungimento delle previsioni per l'intero anno 2023 e le nostre azioni strategiche stanno creando valore per gli azionisti a lungo termine. A livello contabile nel primo trimestre fiscale, abbiamo riportato un utile rettificato diminuito del 30,8% in calo del 29,9% su base valutaria costante rispetto alla forte crescita del 53,1% nel trimestre di un anno fa, riflettendo maggiori volumi di vendita del vaccino COVID-19. La perdita operativa è stata pari a 6,2 mld $ rispetto all'utile operativo di 1,3 mld $ nello stesso trimestre di un anno fa. La perdita operativa nel trimestre riflette un onere al lordo delle imposte pari a 6,5 mld $ per reclami e contenziosi relativi agli oppioidi. Abbiamo venduto 19,2 milioni di azioni ordinarie AmerisourceBergen tra novembre e dicembre, con proventi in contanti al netto delle imposte pari a 3 mld $, generando una liquidità netta dalle attività operative pari a 493 mln $. Il flusso di cassa operativo è stato influenzato negativamente dall'aumento delle scorte per le festività natalizie negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Il flusso netto di cassa è stato negativo per 117 mln $, una diminuzione di 762 mln $ rispetto al trimestre dell'anno precedente, principalmente a causa di utili inferiori, graduale riduzione del capitale circolante e maggiori spese in conto capitale per iniziative di crescita”.
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SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>)
CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.
ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (09/01/2023)
Non sono presenti ordini di acquisto per la settimana entrante.
Pagina a cura di SANDRO MANCINI.
(articolo di Sandro Mancini)