SETTIMANA SCORSA ALL’INSEGNA DELL’INCERTEZZA SUGLI INDICI AZIONARI USA. LE PRIME TRIMESTRALI ECONOMICHE SOCIETARIE HANNO PESATO SUL DOW JONES, MENO SULL’S&P500, MENTRE IL NASDAQ100 (IN POSITIVO) ATTENDE LE PUBBLICAZIONI DEI COLOSSI DEL TECH !!
Nella settimana appena trascorsa i dati macro e le prime trimestrali economiche societarie peggiori delle attese hanno impattato sull’indice azionario DOW JONES ed in minima parte sull’S&P500, mentre chiude in positivo l’indice NASDAQ100 non ancora intaccato dalle pubblicazioni economiche dei colossi del tech. In ogni caso aspettiamo i dati definitivi prima di intonare il “de profundis” visto che, ad oggi, il sentiment del mercato si basa solo sulle previsioni degli analisti.
I pessimi dati su retail sales e produzione industriale si sono tradotti in un rally dei bonds e un calo di Wall Street piuttosto deciso (parzialmente recuperato nella giornata di venerdì scorso), dopo che i giorni scorsi la tesi del soft landing aveva ricevuto parecchio credito, i dati macro hanno contribuito a dare una chiara impronta recessionaria alla price action. Solo i dati sull’occupazione rimangono ancora forti ma si comincia a notare qualche segnale di rallentamento della domanda. Sembra che le aziende USA stiano competendo di meno per assicurarsi o tenere i lavoratori.
Considerando che il principale serbatoio di domanda di lavoro è la piccola e media impresa USA, questi piccoli segnali di raffreddamento non sorprendono. Infatti il reperimento di manodopera resta un problema per i piccoli business, ma dalla survey di confidence, tornata sui minimi, emerge che le condizioni di credito si stanno deteriorando, cosa che impatta sulla profittabilità e quindi sugli investimenti, anche in risorse umane. E con l'inflazione che rischia di scendere sotto il livello di crescita dei salari, i profitti ne risulteranno ulteriormente danneggiati. Per ora i licenziamenti netti si concentrano sulle società del settore tech e finanziario, mentre altri settori ancora assumono più di quanto questi due settori licenzino. La previsione è che a breve almeno il settore costruzioni si aggiungerà tra quelli che hanno licenziamenti netti (v. grafico):
Il dato sulle vendite stanno rallentando in maniera significativa che mostra una variazione reale anno su anno oltre 3% sotto la media. Ricordiamo che questi numeri sono nominali e per avere le vendite reali bisogna correggerli per l'inflazione, come si nota dal seguente grafico:
Anche il report della FED, Beige Book, ha riportato che l'attività economica è rimasta stabile, con 5 distretti a riportare modesta crescita e 6 stabilità o modesta contrazione e uno in significativa contrazione. La spesa per consumi è cresciuta leggermente, con alcuni rivenditori che indicano un calo del potere di acquisto dei consumatori a causa dell'inflazione. L'occupazione ha continuato a salire moderatamente, tranne in un distretto e l'immobiliare a continuato a indebolirsi, nel residenziale come nel commerciale. Gli affitti continuano a scendere ed in alcuni distretti è previsto l'arrivo sul mercato di un volume significativo di nuove unità abitative.
UTILI. La stagione degli utili del quarto trimestre per le società dell'S&P500 non è iniziata bene. Ad oggi, il numero e l'entità delle sorprese sugli utili positivi riportati sono inferiori alle loro medie a 5 e 10 anni. Complessivamente, l'11% delle società dell'S&P500 ha riportato risultati effettivi per il quarto trimestre del 2022 fino ad oggi. Di queste società, il 67% ha riportato un utile per azione effettivo superiore alle stime, comunque inferiore alla media quinquennale del 77% e inferiore alla media decennale del 73%.
Dopo la pubblicazione delle prime trimestrali economiche societarie, Factset riporta la previsione aggiornata del calo degli utili per le società dell’S&P500. Il calo stimato degli utili del 4° trimestre 2022 è del –4,6%, il che segnerebbe il primo calo degli utili su base annua riportato dall'indice dal terzo trimestre del 2020 (-5,7%). Nelle ultime settimane, le aspettative sugli utili per il primo e il secondo trimestre del 2023 sono passate da una crescita anno su anno a un calo anno su anno. Tuttavia, le aspettative sugli utili sia per il primo trimestre del 2023 che per il secondo trimestre del 2023 sono diminuite negli ultimi mesi. Il 30 giugno, il tasso di crescita degli utili stimato per il primo trimestre del 2023 era del 9,6% e il tasso di crescita degli utili stimato per il secondo trimestre del 2023 era del 10,3%. Al 30 settembre, il tasso di crescita degli utili stimato per il primo trimestre del 2023 era del 6,3% e il tasso di crescita degli utili stimato per il secondo trimestre del 2023 era del 5,1%. Oggi, il calo stimato degli utili per il primo trimestre del 2023 è del -0,6% e il calo stimato degli utili per il secondo trimestre del 2023 è del -0,7%.
A livello di settore, 4 degli 11 settori stanno registrando (o dovrebbero riportare) una crescita degli utili anno su anno, guidati dai settori dell'energia e dell'industria. D'altro canto, 7 settori stanno registrando un calo degli utili anno su anno, guidati dai settori dei materiali, dei beni di consumo voluttuari e dei servizi di comunicazione.
Tuttavia, va notato che gli analisti ritengono che la crescita degli utili tornerà nel terzo trimestre del 2023 (5,2%) e nel quarto trimestre del 2023 (10,7%). Di conseguenza, si aspettano che l'indice registri una crescita degli utili del 4,6% per tutto il 2023. Ovviamente, tutta questa crescita degli utili è prevista per la seconda metà del 2023.
RICAVI. In termini di ricavi, il 64% delle società S&P 500 ha riportato ricavi effettivi superiori alle stime, che è inferiore alla media quinquennale del 69%, ma superiore alla media decennale del 63%. Il tasso di crescita dei ricavi per il quarto trimestre è oggi del 3,7%. Se il 3,7% è il tasso di crescita effettivo per il trimestre, segnerà il tasso di crescita dei ricavi più basso riportato dall'indice dal quarto trimestre 2020 (3,2%). 8 settori registrano una crescita anno su anno dei ricavi, guidati dai settori Energia e Industria. 3 settori stanno segnalando (o dovrebbero segnalare) cali anno su anno dei ricavi, guidati dal settore dei servizi di pubblica utilità.
Gli operatori del mercato monetario, ad inizio della settimana appena trascorsa, Il Dollar Index scendo sotto quota 102 con l’EUR che recupera un altro mezzo punto percentuale contro il biglietto verde. Il mercato ormai si è adattato all’idea che il meeting di febbraio vedrà uno scale-down a 25bps.
Dopo i brutti dati macro usciti nel corso della settimana appena trascorsa, il mercato ignora la retorica della FED consolidando le proprie previsioni in materia di tassi. Nella Fed Funds Strip si può notare il rialzo dei tassi di 25 bps per febbraio, ma si alzano le probabilità di un nulla di fatto per marzo ed un picco (sotto il 4,90%) per giugno e luglio (v. grafico):
I rendimenti USA sono scesi ulteriormente dopo un’asta di treasury 20 anni con domanda esuberante. L'inversione della curva USA sta raggiungendo livelli record anche sulla parte breve, con il 2 anni al 4.08% che viaggia 30 bps sotto i Fed Funds (che dovrebbero salire di altri 25 bps tra 2 settimane al FOMC) e il 5 anni sotto il 3.5%. La differenza tra Fed Funds e 2 anni treasury sembra avere un altro valore segnaletico: tutte le volte che, negli ultimi 35 anni, il 2 anni ha intersecato al ribasso i Fed Funds, la Fed ha successivamente fermato rialzi e poco dopo ha iniziato una serie di tagli (v. grafico):
In 2 occasioni, '95 e '98, l'easing non ha coinciso con una recessione, nel senso che la tempestività dei tagli ha permesso di evitarla. Nel '90, nel 2000 e nel 2006 una rapida serie di tagli non ha impedito la recessione. Nel 2019 la recessione c'è stata, ma non sappiamo cosa sarebbe successo senza il Covid.
Come detto in precedenza i rendimenti sono scesi ad inizio settimana, per poi ritornare sui propri passi dopo il dato sui sussidi di disoccupazione che mostra un mercato del lavoro ancora forte. Pertanto, rispetto a due venerdì fa, i rendimenti del treasury 2Y scendono di poco attestandosi al 4,179% ma facendo registrare un minimo a 4,04% che non si vedeva dagli inizi di ottobre 2022. Stessa situazione per il titolo di stato a 10 anni che fa registrare un minimo a 3,321% e qui bisogna risalire al settembre 2022 per vedere gli stessi rendimenti, per poi chiudere la settimana a 3,484% riportando lo spread 2Y/10Y a 69,5 bps.
Nel grafico comparativo settimanale delle varie scadenze tra la chiusura di due venerdì fa 13 gennaio e la chiusura di venerdì scorso 20 gennaio 2023, si notano differenze molto marginali comunque in lieve discesa:
Infine riportiamo lo spread del Treasury decennale USA rispetto all'omologo titolo dei principali paesi mondiali a venerdì 20 gennaio 2023:
Analisi grafica dell’indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Nonostante la settimana non positiva per i listini azionari, l’indice tech si salva proprio nell’ultima giornata di contrattazione chiudendo la settimana in guadagno. C’è da tenere presente che le trimestrali economiche delle società appartenenti al listino non sono state ancora pubblicate e che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere un po' penalizzanti ma, per il momento, teniamoci stretto questo segnale incoraggiante.
Graficamente notiamo con piacere che i prezzi non si sono avvicinati all’importante area di supporto degli 11000 punti e che la chiusura settimanale si è avvicinata molto all’area di resistenza dei 11700 punti che riteniamo fondamentale superare e consolidare sopra di essa, prima della riunione del FOMC del primo febbraio, in modo tale da avere un cuscinetto protettivo di punti nel caso di sorprese negative o di retorica estrema verso i mercati azionari da parte dei membri della FED. Viceversa, raggiungere e superare la successiva area di resistenza dei 12000/12100 punti che, oltre a rappresentare i massimi relativi di dicembre scorso ora trova la concomitanza anche delle due M.M. a 200 periodi (semplice ed esponenziale), sarebbe veramente SUPER !! Il valore dell’RSI a 59 indica che tutto è possibile ma difficilmente vedremo ampie escursioni prima del FOMC. La settimana si è chiusa a 11619.03 con un guadagno del + 0,67% che porta ad un deficit anno su anno del – 25,59%.
Discorso leggermente differente per l’indice S&P500 che nella settimana appena trascorsa non riesce a chiudere in positivo nonostante un buon recupero nella giornata di venerdì. La continuazione del rimbalzo è stata fermata dalla resistenza posta in area 4000/4010 concomitante con le M.M. a 200 periodi e la relativa discesa è stata fermata dal supporto in area 3900. Prima della riunione del FOMC sarebbe auspicabile che l’indice riesca a superare tale area di resistenza consolidando sopra di essa, altrimenti è molto importante che i prezzi non scendano sotto il supporto dei 3900 punti. La pubblicazione dei bilanci in questa settimana di ben 93 società del listino decreterà in che direzione anche se non prevediamo ampie escursioni dei prezzi. Il valore dell’RSI a 56 mostra entrambe le possibilità di scenario. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 3972.61 con una perdita del - 0,66% che porta ad un deficit anno su anno del – 11,38%.
Brutta settimana per l’indice DOW JONES, che risente dei dati trimestrali economici negativi di alcune società appartenenti al listino. Nulla di preoccupante, al momento, in quanto la discesa è stata fermata dall’importante area di supporto dei 33000 punti prima di un piccolo rimbalzo nella giornata di venerdì scorso. Mancava poco al test del massimo relativo di dicembre 2022 a 34712 punti e ciò, ovviamente, non è un segnale incoraggiante anche il livello di RSI a 49 non indica debolezza. Vedremo in questa settimana se le trimestrali societarie saranno ancora penalizzanti prima della riunione del FOMC. Per quanto riguarda il conteggio delle onde potete notare come da una settimana all’altra (peraltro di sole 4 sedute) lo scenario possa modificarsi sensibilmente passando dalle forti probabilità di uno impulsivo in 5 onde a quello laterale o comunque non impulsivo in ABC. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 33375.49 con una perdita del - 2,70% e che porta a segnare un deficit anno su anno del – 7,47%.
ORO INDEX
Venerdì scorso il rally di gennaio dell'Oro ha portato i prezzi ai massimi di nove mesi prima, facendo registrare un massimo di 1939 $/oz. Siamo sicuramente a livelli di ipercomprato, ma lo eravamo già nel corso di due settimane fa ed i prezzi del metallo giallo hanno continuato a salire facendo registrare massimi ma, soprattutto, minimi più alti, pertanto è possibile un consolidamento in questa area di valori e non una discesa, in attesa delle decisioni del FOMC di inizio febbraio. E’ ovvio che un pullback fino alla soglia dei 1880 $/oz. non comprometterebbe il rally in corso, ma riteniamo che gli investitori preferiscano rimanere alla finestra fino alla riunione della FED prima di prendere decisioni.
Ovviamente il sentiment, tra molti analisti di commodities, sono per una prosecuzione del rialzo nel 2023 specialmente con un dollaro stabile o ancora più debole. Psicologicamente la resistenza maggiore è a 2000 $/oz. ma anche tecnicamente, su base weekly, solo una volta i prezzi hanno chiuso l’ottava sopra tale soglia ad agosto 2020. Interessante la motivazione di Frank Cholly, senior market strategist di RJO Futures, secondo cui l'Oro è un mercato unico in quanto i prezzi più alti rendono l'asset più attraente. Dice: "In altri mercati anche di materie prime, quando si raggiunge un punto in cui i prezzi sono elevati, le persone smettono di acquistare a un determinato prezzo obiettivo o i produttori aumentano la produzione. Per l'Oro, più il valore si alza, più persone lo vogliono. Possiamo facilmente raggiungere i 2.000 $/oz. nella prima metà di quest'anno, se non prima”. A seguire, nel corso della settimana appena trascorsa, la Bank of America ha pubblicato un rapporto molto rialzista sull'Oro; gli analisti hanno detto che si aspettano che il metallo prezioso sia un asset fondamentale per i prossimi tre anni.
E Bank of America non è sola nella sua prospettiva rialzista. A novembre, il gestore di fondi europeo HANetf ha intervistato 100 gestori di fondi patrimoniali europei e britannici. Secondo i risultati, l'89% degli intervistati ha affermato di voler aumentare la propria esposizione nell’Oro.
Di contro, i dati del più grande fondo negoziato in borsa garantito dall'Oro del mondo, lo SPDR Gold Shares, mostrano che la domanda di ETC continua a diminuire. Al 19 gennaio, le riserve auree di GLD sono diminuite di 5,21 tonnellate. A questo punto la domanda è: “il prezzo segue una domanda di investimento più ampia o gli acquisti di ETC aumenteranno per riflettere il sentimento rialzista del mercato? I deflussi nel mercato degli ETC sono rallentati, ma non sono finiti”.
Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, di tutt’altro effetto rispetto all’Oro per quanto riguarda il Platino che ha, addirittura, rotto il supporto in area 1050 $/oz. con un minimo a 1015 $/oz. per poi chiudere la settimana appena sotto la fatidica area dei 1050 $/oz. Il trend rimane ancora rialzista ma, visto anche il contemporaneo rally del Rame, c’è evidentemente carenza di domanda a livello industriale e pertanto sono da rivedere le proiezioni di prezzo.
“In media stat virtus”, tra il rally dell’Oro e la discesa del Platino, le quotazioni dell’Argento proseguono nella loro fase laterale che dura dalla seconda settimana di dicembre. Ovviamente non è un bel segnale ma, quanto meno, questo periodo di incertezza è servito per scaricare l’ipercomprato. Le previsioni rimangono sempre le stesse, con un valido supporto in area 23,30 $/oz. mentre nel caso di superamento del massimo relativo del 3 gennaio scorso a 24,775 $/oz., la proiezione vede un primo target in area 25,70 ed un secondo in area 27 $/oz. dove ci auguriamo di vendere il nostro ETC.
La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1928.20 $/oz., in guadagno del + 0,34% rispetto alla scorsa settimana e che porta ad un guadagno anno su anno del + 7,28%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1925.82 $/oz. in guadagno del + 0,29% rispetto alla scorsa settimana. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES FEBBRAIO 2023:
GUERRA RUSSIA - UCRAINA (EUROPA)
La scorsa settimana i colloqui in Germania all’aeroporto militare di Ramstein tra gli Stati Uniti e i suoi alleati si sono chiusi senza il raggiungimento di un accordo che preveda l’invio dei carri armati da combattimento tedeschi Leopard da parte di Berlino a Kiev. Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha riconosciuto che l’Ucraina dovrà continuare a sforzarsi per assicurarsi di avere abbastanza armature pesanti, tuttavia ha sottolineato come il meeting di Ramstein, che comunque si è chiuso con impegni per miliardi di dollari, rafforzerà la resilienza ucraina. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz insiste sul fatto che la Germania si muoverà solamente di concerto con gli alleati. Il segretario alla difesa statunitense, Lloyd Austin, ha detto che l’Ucraina anche senza i Leopard è ben equipaggiata, mentre il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale statunitense John Kirby in merito alla scelta di Berlino ha parlato di “decisioni sovrane” che rispettano.
Ieri a Parigi durante una conferenza stampa, rispondendo ad una domanda sull’invio di carri armati all’Ucraina, Scholz ha detto che tutti gli invii di armi a Kiev finora sono avvenuti in stretto coordinamento con i partner occidentali e si continuerà a fare così in futuro. Il Presidente francese Emmanuel Macron alla stessa conferenza ha detto che non esclude la possibilità di inviare in Ucraina i carri armati Leclerc. Inoltre il Presidente francese ha detto che l’invio di carri armati non deve aggravare la situazione, deve prendere in considerazione i tempi per formare gli ucraini e non deve mettere in pericolo la sicurezza della Francia. Macron ha detto che la mossa dovrebbe essere coordinata con gli alleati come la Germania nei prossimi giorni e settimane.
Il generale Mark Milley, capo dello stato maggiore congiunto degli Stati Uniti, ha messo in guardia circa la possibilità dell’esercito ucraino di spingere fuori tutte le forze russe quest’anno: “Da un punto di vista militare per quest’anno sarebbe molto difficile espellere tutte le forze russe da tutti le parti dell’Ucraina occupata dai russi”.
Funzionari senior degli Stati Uniti stanno consigliando a Kiev di aspettare che l’ultimo rifornimento di armi statunitensi sia sul posto e che sia stato portato a termine l’addestramento prima di lanciare un’importante offensiva contro le forze russe.
POLITICA USA
Nel corso di una ricerca consensuale nella casa di Joe Biden nel Delaware, venerdì l’FBI ha trovato ulteriori documenti riservati. Ad annunciarlo sabato sera sono stati l’avvocato personale del Presidente americano e un procuratore. Questo mese erano già stati trovati altri documenti riservati nella casa del Delaware di Biden, mentre a novembre a Washington D.C. dove Biden aveva un ufficio privato. Fino a venerdì scorso erano stati gli avvocati di Biden a trovare tutti i documenti, e quella di venerdì rappresenta la prima volta in cui autorità federali delle forze dell’ordine hanno condotto una ricerca di documenti governativi ad un indirizzo privato del Presidente, secondo quanto dichiarato pubblicamente.
Bob Bauer, avvocato personale di Biden, ha detto che il Dipartimento di Giustizia ha sequestrato sei elementi consistenti in documenti con contrassegni di classifica e materiale circostante. Bauer ha specificato che alcuni degli elementi risalgono al periodo in cui Biden ha ricoperto il suo incarico in Senato (ha rappresentato il Delaware dal 1973 al 2009); altri invece risalgono al suo periodo da vicepresidente nell’amministrazione Obama. Inoltre l’avvocato ha fatto sapere che gli agenti dell’FBI hanno preso anche alcuni appunti scritti a mano da Biden quando era vicepresidente. Bauer ha detto che il Presidente statunitense ha offerto l’accesso alla sua casa per consentire al Dipartimento di Giustizia di condurre la loro ricerca.
Nei giorni scorsi, il procuratore generale Merrick Garland ha nominato Robert Hur procuratore speciale per indagare su come Biden e il suo team hanno gestito i documenti riservati risalenti all’amministrazione Obama.
Alla domanda se si fosse pentito di non aver rivelato pubblicamente l’esistenza di documenti a novembre prima delle elezioni di metà mandato, Biden ha detto di non avere rimpianti (la Casa Bianca ha comunicato pubblicamente solo questo mese la scoperta di documenti riservati avvenuta a novembre a Washington). Biden ha detto: “Non ho rimpianti. Sto seguendo ciò che gli avvocati mi hanno detto che vogliono che io faccia. È esattamente ciò che stiamo facendo”.
Giovedì scorso il governo statunitense ha raggiunto il suo limite di prestito di 31,4 trilioni di dollari e la segretaria al tesoro Janet Yellen ha comunicato ai leader del Congresso che il Dipartimento del tesoro ha iniziato ad utilizzare misure straordinarie di gestione della liquidità per continuare a contrarre prestiti al di sotto del limite del debito federale. Yellen in una lettera ai leader parlamentari ha fatto sapere che il tesoro ha avviato un “periodo di sospensione dell’emissione di debito” che durerà fino al 5 giugno: “Come ho dichiarato nella lettera del 13 gennaio, il periodo di tempo in cui le misure straordinarie possono durare è soggetto a notevole incertezza, incluse le sfide di prevedere i pagamenti e le entrate del governo statunitense nei mesi futuri. Con rispetto esorto il Congresso ad agire tempestivamente per proteggere la piena fiducia e il credito degli Stati Uniti”.
Per evitare una crisi sulla questione, un gruppo bipartisan di legislatori è al lavoro per preparare un piano che prevede la modifica del tetto del debito da un importo fisso in dollari ad una percentuale della produzione economica nazionale. A farlo sapere ieri è stato Brian Fitzpatrick, repubblicano della Camera, che ha detto che lo speaker della Camera Kevin McCarthy (repubblicano) assumerà la guida nei negoziati sul tetto del debito con la Casa Bianca. Fitzpatrick ha detto che la proposta sulla quale sta lavorando insieme al collega dem Josh Gottheimer obbligherebbe Washington a tagli di budget in caso di superamento del prestito federale di una determinata quota della produzione economica.
Venerdì scorso Joe Biden ha annunciato che discuterà del debito statunitense con lo speaker della Camera Kevin McCarthy; ad un evento con i sindaci, il Presidente statunitense ha detto: “Il debito che stiamo pagando, e avremo una piccola discussione a riguardo con il nuovo leader della maggioranza alla Camera, si è accumulato in oltre 200 anni”. McCarthy in un tweet ha affermato di accettare l’invito “a sedersi e discutere di un responsabile aumento del tetto del debito per fronteggiare la spesa pubblica irresponsabile". In una nota di venerdì scorso la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, ha affermato che il Presidente statunitense non vede l’ora di incontrare McCarthy per discutere “una serie di questioni” come parte di una serie di incontri di inizio anno con tutti i nuovi leader del Congresso. Karine Jean-Pierre ha spiegato che, come già detto da Biden, “aumentare il tetto del debito non è una negoziazione; è un obbligo di questa nazione e dei suoi leader per evitare il caos economico”. “Il Congresso l’ha sempre fatto e il Presidente si aspetta che faccia il suo dovere ancora una volta. Questo non è negoziabile”.
POLITICA DELLA FED
Questa settimana riportiamo le dichiarazioni di diversi membri della FED, prima dell’inizio del “blackout period” iniziato ieri e fino al primo febbraio, giorno della conclusione della riunione del FOMC.
Nel Beige Book rilasciato la scorsa settimana, relazione pubblicata otto volte all’anno che contiene informazioni aneddotiche raccolte da ogni Federal Reserve Bank sulle condizioni economiche attuali nel suo distretto. La banca centrale statunitense spiega che cinque distretti della FED hanno riportato crescite leggere o modeste nell’attività economica complessiva nelle ultime settimane, sei hanno parlato di nessun cambiamento o leggeri cali rispetto al precedente periodo di riferimento e per una c’è stato un calo significativo. Nel Beige Book viene riportato che nel complesso “i contatti generalmente si aspettano una piccola crescita nei prossimi mesi”. Nel report viene anche segnalato che “i contatti nei distretti hanno detto che si aspettano che la crescita futura dei prezzi si moderi ulteriormente nel prossimo anno”, inoltre viene detto che a fronte di alcuni distretti che hanno notato un aumento della disponibilità di manodopera “le aziende hanno continuato a riportare difficoltà nel riempire posizioni aperte”.
John Williams, presidente della Fed di New York, ha posto l’accento sull’importanza di un’economia in grado di coinvolgere tutti: “Un’economia inclusiva non aiuta solo coloro che hanno bisogno di più o diverse opportunità, piuttosto stimola l’economia in modo più ampio”.
Il presidente della FED di St. Louis, James Bullard (noto falco), invece, mercoledì scorso ha detto che il tasso di interesse di riferimento dovrebbe essere portato sopra al 5% “più in fretta che possiamo” prima di fermare i rialzi dei tassi. Bullard ha valutato positivamente la politica di “front-loading” (l’aumento consistente dei tassi nelle fasi iniziali del ciclo di restringimento monetario) con rialzi di ¾ o mezzo punto ed ha detto che secondo lui non ci si dovrà fermare fino a quando il tasso di riferimento non sarà più vicino al livello indicato come probabile punto di stop.
Il presidente uscente della FED di Kansas City, Esther George (che a fine mese lascerà il suo incarico per raggiunti limiti di età), mercoledì scorso ha sostenuto quella che è l’attuale struttura della banca centrale, con il Board of Governors situato a Washington e dodici banche regionali. Un bilanciamento tra controllo centrale in un sistema federale e influenza regionale, secondo George ha creato “consigli di amministrazione…dove un leader sindacale e un produttore, un banchiere e un dirigente no-profit, un leader tribale e un amministratore delegato del settore energetico siedono fianco a fianco”. Inoltre, per George il sistema attuale con presidenti regionali che, a differenza dei sette governatori del Board of Governors non sono nominati dal presidente degli Stati Uniti, conferisce alla banca centrale statunitense un isolamento politico quando si tratta di dover prendere decisioni difficili sui tassi di interesse e consente di rimanere più a contatto con le questioni locali. George ha detto: “Oggi, gli USA stanno di nuovo vivendo un’inflazione elevata e la Federal Reserve sta stringendo la politica monetaria aggressivamente. E, ancora una volta, i vantaggi dell’indipendenza della banca centrale sono evidenti”.
Patrick Harker, presidente della FED di Philadelphia, mercoledì scorso ha spiegato che per portare sotto il controllo l’inflazione, la FED punta a rallentare l’economia “modestamente” e allineare maggiormente la domanda con l’offerta. In merito alle prossime mosse di politica monetaria, Harker ha detto di aspettarsi ancora qualche rialzo dei tassi quest’anno, ma non della portata di 75 punti base come visto nel recente passato: “Rialzi di 25 punti base saranno appropriati in futuro”. Il presidente della FED di Philadelphia si aspetta che la banca centrale porti i tassi oltre il 5%, inoltre sostiene che l’incertezza riguardo il punto di stop è il motivo per il quale la FED dovrebbe rallentare il passo dei rialzi. Secondo Harker passerà un po’ di tempo prima che l’Istituto sarà in grado di abbassare i tassi e la decisione sarà guidata dai dati economici disponibili. Harker ha detto che restano rischi al rialzo per l’inflazione, anche se “stiamo iniziando a vedere l’inflazione scendere in una gamma di beni”, con l’inflazione core che dovrebbe scendere al 3,5% quest’anno e al 2,5% il prossimo, per arrivare al target nel 2025. Inoltre per Harker l’economia statunitense non andrà in recessione e quest’anno dovrebbe registrare una crescita dell’1%.
Mercoledì scorso, Lorie Logan, presidente della FED di Dallas, ha spiegato come a fronte di una situazione incerta sia una buona idea rallentare i rialzi dei tassi. Secondo Logan un ritmo più lento non corrisponde ad un minor impegno verso l’obiettivo di un’inflazione al 2% e se rallentare i rialzi dei tassi dovesse agevolare le condizioni finanziarie riducendo l’incertezza “potremo compensare l’effetto aumentando gradualmente i tassi ad un livello più alto di quanto atteso in precedenza”. Logan invita alla flessibilità: “La mia visione è che probabilmente dovremo continuare ad aumentare gradualmente il tasso sui Fed Funds fino a quando non vedremo prove convincenti che l’inflazione è sulla strada per tornare verso il nostro obiettivo del 2% in un modo sostenibile e tempestivo”.
Susan Collins, presidente della FED di Boston, giovedì scorso ha affermato che probabilmente sarà necessario aumentare i tassi “appena sopra il 5%”, per poi mantenerli a quel livello per un po’ di tempo. Collins si è anche espressa a favore di modifiche dei tassi “più misurati” per meglio affrontare i rischi contrastanti che la politica monetaria fronteggia ora: “il rischio che le nostre azioni possano essere insufficienti per ripristinare la stabilità di prezzo, contro il rischio che le nostre azioni possano causare perdite non necessarie nell’attività attività reale e nell’occupazione”. Collins ha anche sottolineato come ci sia “molta strada da fare” per riportare la domanda di lavoro in un miglior equilibrio, per rallentare ulteriormente il ritmo degli aumenti dei prezzi.
Secondo la vicepresidente della FED, Lael Brainard, sembra siano in crescita le prove che conducono ad un “atterraggio morbido” per l’economia statunitense. Giovedì scorso in un discorso Brainard ha osservato che “l’inflazione è diminuita negli ultimi mesi in un contesto di crescita moderata” ed ha notato un “indebolimento significativo nel settore manifatturiero”, una moderazione nella spesa dei consumatori ed altri dati che indicano una “crescita contenuta” quest’anno. Brainard inoltre sostiene che è probabile che il pieno effetto del ciclo di rialzi dei tassi adottato l’anno scorso deve ancora essere percepito su domanda, occupazione ed inflazione. La vicepresidente della banca centrale ha anche sottolineato i trend di prezzi, salari e margini che indicano che l’inflazione sta rallentando e potrebbe continuare su quella strada. Brainard ha detto: “Resta possibile che una moderazione continua nella domanda aggregata possa facilitare un allentamento continuo nel mercato del lavoro e una riduzione nell’inflazione senza una perdita significativa di occupazione”.
Christopher Waller, membro del Federal Reserve Board of Governors, ha manifestato il proprio sostegno a favore dell’adozione di un rialzo dei tassi da 25 punti base al prossimo meeting del FOMC. Secondo Waller le prossime mosse sui tassi insieme ad un atteso continuo calo dell’inflazione hanno avvicinato la banca centrale ad un tasso d’interesse “sufficientemente restrittivo” per tenere l’inflazione sotto controllo. Waller ha detto di rimanere “cauto” verso il percorso dell’inflazione e di prevedere la necessità di un “continuo inasprimento della politica monetaria” per tornare al target del 2%. Inoltre ha messo in guardia contro un taglio dei tassi prematuro. Waller si è detto cauto rispetto alle “recenti buone notizie” che mostrano inflazione e salari che continuano a moderarsi: “Ma è una buona notizia. Abbiamo fatto progressi. Sei mesi fa quando l’inflazione stava aumentando e la produzione economica si era appiattita avevo sostenuto che era piuttosto plausibile fare progressi sull’inflazione senza danneggiare seriamente il mercato del lavoro. Finora, ci siamo riusciti e resto ottimista sul fatto che questo progresso possa continuare”.
DATI MACROECONOMICI
Come previsto dal consensus l’indice dei prezzi alla produzione core (che esclude il settore del cibo e dell’energia) a livello mensile a dicembre cresce dello 0,1%, con un leggero rallentamento rispetto al +0,2% di novembre (rivisto da +0,4%).
A livello annualizzato, si è passati dal +6,2% registrato a novembre al +5,5% di dicembre, rilevazione più bassa da maggio 2021. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.
Le vendite al dettaglio di Dicembre hanno deluso marcatamente, in particolare nelle categorie depurate delle componenti volatili come auto e carburanti. Anche i mesi precedenti hanno visto revisioni al ribasso dei numeri. Ricordiamo che questi numeri sono nominali e per avere le vendite reali bisogna correggerli per l'inflazione. Quindi secondo mese consecutivo con il segno ‘meno’ per le vendite al dettaglio, che a livello mensile registrano una contrazione dell’1,1% dopo il -1,0% di novembre (rivisto da -0,6%). Si tratta di un calo superiore rispetto al -0,8% previsto dal consensus. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.
Anche le vendite al dettaglio Control Group per il secondo mese consecutivo realizzano una contrazione. Infatti, a livello mensile si è passati dal -0,2% di novembre al -0,7% di dicembre. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.
Sempre buoni i dati sulle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione che, per la prima volta da metà settembre, restano sotto quota 200 mila e nella settimana terminata il 14 gennaio si attestano a 190 mila, contro un consensus di 214 mila. Nella settimana precedente erano state 205 mila. Ciò ad indicare ancora un mercato del lavoro forte. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.
Migliora leggermente il dato del Philadelphia Fed Manufacturing Index pur restanmdo in contrazione. Si passa dai -13,7 punti di dicembre (rivisti dai -13,8 punti) ai -8,9 punti di gennaio, contro un consensus di -11,0 punti. Il dato è rilasciato dalla Federal Reserve Bank di Philadelphia.
Il dato preliminare di dicembre sui permessi di costruzione sono scesi più delle attese e sono del 30% inferiori al dato di dicembre 2021. A livello mensile segna un -1,6% mentre a novembre era stato registrato un -10,6% (rivisto da -11,2%). Ricordiamo che i permessi precedono i cantieri di 45-60 giorni e quindi il calo dei cantieri dovrebbe continuare. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.
Migliora il dato sul numero di case per le quali è iniziata la costruzione a dicembre anche se il dato di novembre viene rivisto al ribasso. A livello mensile, registra un calo del 1,4% dopo la contrazione più marcata dell’1,8% del mese di novembre (rivista da -0,5%). Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.
Male la produzione industriale, oltre mezzo punto sotto attese e con revisione al ribasso di novembre nonostante un balzo della produzione delle società utilities legata alle basse temperature. Il dato di dicembre registra un –0,7% rispetto al -0,6% di novembre (rivisto da -0,2%) e soprattutto rispetto al -0,1% del consensus.
PORTAFOGLI AZIONARI
Se la settimana appena trascorsa è stata interlocutoria sui mercati azionari di Europa ed USA, così non possiamo dire sui nostri Portafogli che hanno riportato buone soddisfazioni sia a livello di target raggiunti che di valori azionari complessivamente più elevati. Iniziando dai titoli del Portafoglio Storico, siamo andati a target (forse un po' conservativo ?) sul titolo del Nasdaq, VERTEX PHARMA, con un guadagno del + 6% ma in soli 9 giorni di borsa aperta. Meglio non rischiare troppo. Bene le quotazioni di BIOGEN e LINDE, in sofferenza PEPSICO (acquisto della settimana) che dovrebbe invertire la rotta essendo andato in zona di forte ipervenduto.
Sul Portafoglio “The Challenge” il bocconcino più prelibato ci è stato offerto dal titolo FERRARI che ci ha regalato un bel + 24,65% (e di questi tempi….!). Stessa cosa per BREMBO, rientrato dall’ipercomprato di breve e speriamo di venderlo al livello di target anche se (a pelle) il titolo supererà i 12 €. Continua a VOLARE il titolo DEUTSCHE LUFTHANSA nonostante si trovi in ipercomprato mostruoso. Ritraccerà sicuramente e l’ideale (per noi) sarebbe che lo facesse dopo aver raggiunto il nostro target. Di TUI non voglio più parlarne ed ogni volta mi piange il cuore non averla presa a 1,50 € (per eccessiva prudenza) tutte le volte che il titolo ci è andato a sbattere. KERING ha rotto i cosiddetti, appena arriva a pareggio la molliamo. UNITED AIRLINES cincischia sul nostro livello di breakeven ma la teniamo per vederla, anche lei, volare in cielo. Forza META 2° Lotto, manca poco e ci siamo anche se è sempre a ridosso dell’ipercomprato. ZOOM o ce la fai da solo oppure noi non ti possiamo più acquistare anche se i bilanci sono buoni. Sull’ETC del Platino lo abbiamo acquistato a 91 € quando il sottostante future era a 1200 $, ora siamo quasi sugli stessi prezzi di ETC ma con un future che quota 1050 $. Se aspettiamo che il future ritorni a 1200 $ il guadagno è sicuro. Discorso diverso per l’ETC sull’Argento che abbiamo acquistato a 20 € quando il sottostante future era a 22,60 $. Oggi siamo con l’ETC a 20,40 € con un future che quota quasi 24 $. Sovrapponendo i grafici si nota che oggi non c’è correlazione, cosa presente quando lo abbiamo acquistato. Vedremo più avanti. Continua a sfuggirci l’ETF sul CARBON che acquisteremo al di sotto dei 25 €. Infine stiamo monitorando due ETF, uno sulle società operanti nel settore agricolo sia nei paesi sviluppati che in quelli emergenti, ed uno su società che operano nel settore viaggi e del tempo libero. Sul primo a breve saremio in rampa di lancio, sul secondo dobbiamo aspettare che i prezzi scendano (se scendono !).
Alla prossima.
FOCUS SU TITOLI
L'industria tecnologica sta tagliando i posti di lavoro a un ritmo che si avvicina ai primi giorni della pandemia di Covid-19. A novembre, il mese più recente per il quale sono disponibili dati, il settore ha annunciato 52.771 tagli, per un totale di 80.978 nel corso dell'anno, secondo la società di consulenza Challenger, Gray & Christmas Inc. È stato il totale mensile più alto per il settore da quando l'azienda ha iniziato a conservare i dati nel 2000. Più recentemente, giganti della tecnologia come Amazon.com e Microsoft hanno annunciato piani per tagli più profondi. E un certo numero di aziende sta facendo i conti con la volatilità dei mercati delle criptovalute o con un improvviso crollo della domanda.
Dopo un inizio irregolare della pandemia nel 2020, le aziende tecnologiche hanno beneficiato di un boom della spesa per l'e-commerce e il lavoro a distanza è esploso, innescando una corsa alle assunzioni. Ora le cose sembrano diverse. Nelle recenti relazioni sugli utili, Alphabet, Meta Platforms, Microsoft e altri hanno mancato le stime, facendo crollare il valore delle azioni.
Ecco un elenco aggiornato di chi sta tagliando posti di lavoro e ritirandosi dalle assunzioni.
ADOBE. Adobe Inc. ha eliminato circa 100 posti di lavoro, concentrati nelle vendite. L'azienda ha trasferito internamente alcuni dipendenti ad altri ruoli.
AMAZON. Il colosso dell'e-commerce sta licenziando 18.000 dipendenti, secondo quanto annunciato dall'amministratore delegato Andy Jassy il 4 gennaio. Inizialmente si prevedeva che i tagli, iniziati lo scorso anno, avrebbero interessato circa 10.000 posti di lavoro. "Amazon ha resistito a economie incerte e difficili in passato e continueremo a farlo. Questi cambiamenti ci aiuteranno a perseguire le nostre opportunità a lungo termine con una struttura dei costi più forte". A novembre, Amazon ha interrotto le "nuove assunzioni incrementali" nella sua forza lavoro aziendale.
APPLE. Il produttore di iPhone ha sospeso le assunzioni per molti lavori al di fuori della ricerca e sviluppo, un'escalation del suo piano per ridurre i budget nel nuovo anno, secondo le persone a conoscenza della questione. L'interruzione generalmente non si applica ai team che lavorano su dispositivi futuri e iniziative a lungo termine, ma riguarda alcune funzioni aziendali e ruoli di ingegneria hardware e software standard.
CHIME. La startup di banca digitale, Chime Financial, sta tagliando il 12% del suo personale, ovvero 160 persone. Un portavoce ha affermato che la società rimane ben capitalizzata e che il provvedimento la posizionerà per un "successo duraturo".
CISCO. Cisco Systems sta avviando un piano di ristrutturazione che riguarderà circa il 5% dei dipendenti. La società afferma che dovrà sostenere oneri ante imposte pari a ca. 600 mln $ per licenziamento, cessazione e altri costi. I dipendenti avranno la possibilità di trasferirsi in altri lavori all'interno dell'azienda. In un'intervista il direttore finanziario Scott Herren ha dichiarato: "Non si tratta di ridurre la nostra forza lavoro, infatti alla fine di questo anno fiscale avremo all'incirca lo stesso numero di dipendenti che avevamo quando abbiamo iniziato". Cisco aveva più di 83.000 dipendenti al 30 luglio.
DOORDASH. DoorDash sta tagliando circa 1.250 posti di lavoro, riconoscendo che la sua rapida espansione durante la pandemia ha portato a crescenti perdite. I tagli riguarderanno circa il 6% della forza lavoro dell'azienda, un mix di personale statunitense e non, secondo quanto riportato da fonti di agenzie. Il CEO Tony Xu in una lettera al personale ha scritto: "Mentre la nostra attività continua a crescere rapidamente, data la velocità con cui abbiamo assunto, le nostre spese operative, se non diminuite, continuerebbero a superare le nostre entrate”.
HEWLETT PACKARD. HP taglierà fino a 6.000 posti di lavoro nei prossimi tre anni poiché il calo della domanda di personal computer ridurrà i profitti. Oltre a ridurre la sua forza lavoro di circa il 10%, l'azienda ridurrà le sue partecipazioni nell’immobiliare.
INTEL. Intel sta tagliando posti di lavoro e rallentando la spesa per nuovi impianti nel tentativo di risparmiare 3 mld $, ha affermato il produttore di chip. La speranza è di risparmiare fino a 10 mld $ entro il 2025, un piano che è piaciuto gli investitori tanto da far salire le azioni di oltre il 10%. Fonti di agenzia hanno riferito che la riduzione dell'organico potrebbe essere di migliaia posti di lavoro.
LYFT. Gli sforzi di risparmio sui costi di Lyft includono la cessione della sua attività di assistenza ai veicoli. Sta eliminando il 13% del personale, ovvero circa 683 persone. La società aveva già detto che avrebbe congelato le assunzioni negli Stati Uniti almeno fino al nuovo anno. Ora sta affrontando problematiche ancora più rigide. In una dichiarazione i co-fondatori John Zimmer e Logan Green hanno detto: "Non siamo immuni dalla realtà dell'inflazione e del rallentamento dell'economia. Abbiamo bisogno che il 2023 sia un periodo in cui possiamo eseguire al meglio il lavoro senza dover cambiare i piani in risposta a eventi esterni. E’ la dura realtà e con le azioni di oggi ci prepariamo a farlo".
META PLATFORMS. Il proprietario di Meta Platforms (ex-Facebook) sta tagliando 11.000 posti di lavoro, il primo grande round di licenziamenti nella storia dell'azienda di social media. Le azioni di Meta sono crollate nell'ultimo anno e la società sta cercando di ridurre i costi dopo diversi trimestri di guadagni deludenti e un calo delle entrate. Le riduzioni equivalgono a circa il 13% della forza lavoro e Meta estenderà il blocco delle assunzioni fino al primo trimestre. Mark Zuckerberg ha dichiarato: "Voglio assumermi la responsabilità di queste decisioni e di come siamo arrivati fin qui. So che è difficile per tutti e sono particolarmente dispiaciuto per coloro che ne sono stati colpiti".
MICROSOFT. Microsoft ha dichiarato che taglierà 10.000 posti di lavoro quest'anno, ovvero circa il 5% della sua forza lavoro, il che si tradurrà in un addebito di 1,2 mld $ nel secondo trimestre fiscale. L'amministratore delegato Satya Nadella ha dichiarato in un post sul blog e in un'e-mail interna ai dipendenti che la società continuerà ad assumere in "aree strategiche chiave". Nadella, parlando al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, ha affermato che l'industria tecnologica deve adattarsi al più ampio rallentamento economico. Dice: “Durante la pandemia c'è stata una rapida accelerazione. Penso che oggi attraverseremo una fase in cui c'è una certa normalizzazione della domanda. Dovremo fare di più con meno: dovremo mostrare i nostri guadagni di produttività con la nostra tecnologia ".
OPENDOOR. Opendoor Technologies ha dichiarato che sta licenziando circa 550 dipendenti, circa il 18% del suo organico. La società online che acquista e vende immobili residenziali con sede a San Francisco, sta affrontando il rallentamento della domanda di alloggi a causa dei tassi ipotecari più elevati.
PELOTON. Peloton Interactive ha licenziato 500 dipendenti a livello globale, ovvero circa il 12% della forza lavoro, a fine 2022. È la quarta volta che l'azienda ha tagliato il personale nell'ultimo anno. Insieme ad altre misure di riduzione delle spese, Peloton ha affermato che il provvedimento lo aiuterà a raggiungere il punto di pareggio sul flusso di cassa entro la fine dell'anno fiscale 2023. Il CEO Barry McCarthy ha dichiarato: "So che molti di voi si sentiranno arrabbiati, frustrati ed emotivamente prosciugati dalle notizie di oggi, ma per favore sappiate che questo è un passo necessario se vogliamo salvare Peloton. Il nostro obiettivo è controllare il nostro destino e assicurare la redditività futura dell'azienda".
PLAID. Plaid ha tagliato 260 dipendenti per ridurre i costi. La società fintech fornirà 16 settimane di licenziamento e accelererà le sovvenzioni azionarie per alcuni dipendenti, ha dichiarato il CEO Zach Perret in una nota ai membri dello staff.
QUALCOMM. Qualcomm ha dichiarato di aver congelato le assunzioni in risposta a un calo della domanda di telefonia, più rapida del previsto, che utilizza i suoi chip. Ora prevede che le spedizioni di smartphone diminuiranno con una percentuale a due cifre quest'anno, peggio delle prospettive fornite in precedenza.
SALESFORCE. Salesforce taglierà circa il 10% della sua forza lavoro e ridurrà le sue partecipazioni immobiliari, secondo un deposito normativo del 4 gennaio. Il CEO Marc Benioff ha scritto in una lettera ai dipendenti: "Abbiamo assunto troppe persone durante la pandemia”. La società di software aveva circa 80.000 dipendenti. I tagli hanno incluso il personale di Slack, Tableau e Mulesoft, aziende che Salesforce ha acquisito negli ultimi anni.
SEAGATE. Seagate Technology, il più grande produttore di dischi rigidi per computer, ha affermato che sta tagliando circa 3.000 posti di lavoro. I fornitori di computer, tra cui Seagate e Intel, sono stati duramente colpiti dal rallentamento della spesa per l'hardware. Il CEO Dave Mosley ha dicharato: “I clienti hanno i magazzini pieni, danneggiando gli ordini e pesando sulla performance finanziarie di Seagate e ciò ha richiesto tagli. Abbiamo intrapreso azioni rapide e decisive per rispondere alle attuali condizioni di mercato e migliorare la redditività a lungo termine".
STITCH FIX. Stitch Fix taglierà circa il 20% dei dipendenti stipendiati poiché la piattaforma di personal styling fatica a mantenere la crescita delle vendite che ha visto durante la pandemia. La società chiuderà anche il suo centro di distribuzione di Salt Lake City.
STRIPE. La società di pagamenti via internet Stripe, una delle startup più preziose al mondo, sta tagliando più di 1.000 posti di lavoro. La riduzione del personale del 14% riporterà il suo organico a quasi 7.000. I co-fondatori Patrick e John Collison hanno detto al personale che devono ridurre le spese in modo più ampio mentre si preparano per "tempi più magri".
TWITTER. Lo sconvolgimento di Twitter ha più a che fare con la sua recente acquisizione (e il debito che l'accompagna) che con le preoccupazioni economiche. Ma l'azienda ha subito alcuni dei tagli più profondi rispetto alle società del suo settore in questo momento. Elon Musk, che ha acquistato Twitter per 44 mld $, ha eliminato circa 3.700 posti di lavoro. Musk ha anche invertito la politica di lavoro da qualsiasi luogo dell'azienda, chiedendo ai restanti dipendenti di presentarsi agli uffici. Musk ha twittato: "Per quanto riguarda la riduzione della forza di Twitter, sfortunatamente non c'è scelta in quanto la società sta perdendo oltre 4 mln $ al giorno".
UPSTART. Upstart Holdings, una piattaforma di prestito online, ha dichiarato in un deposito normativo di aver tagliato 140 dipendenti data l'economia difficile e la riduzione del volume dei prestiti sulla propria piattaforma.
VIMEO. Vimeo, la piattaforma video all-in-one, ha annunciato che taglierà l'11% della sua forza lavoro globale a tempo pieno, secondo un deposito normativo del 4 gennaio.
Infine numerose sono le società che operano nel settore delle criptovalute che sono state costrette a licenziare un buon numero di propri dipendenti a causa del crollo del mercato. Tra queste troviamo COINBASE GLOBAL, DAPPER LABS, DIGITAL CURRENCY GROUP, GALAXY DIGITAL HOLDINGS, GENESIS GLOBAL, KRAKEN, SILVERGATE CAPITAL, ecc.
PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA.
FASTENAL INV.%. La società è impegnata nella distribuzione all'ingrosso di forniture industriali e da costruzione in Nord America. L'azienda offre bulloni, dadi, viti, prigionieri e relative rondelle; e forniture varie e hardware, ha riportato utili nel quarto trimestre 2022 pari a 0,43 $/az. su un fatturato di 1,695 mld $. La stima degli analisti per gli utili era di 0,42 $/az. su un fatturato pari a 1,68 mld $. I ricavi sono cresciuti del 10,7% su base annua.
In una nota la società ha dichiarato: “Nel quarto trimestre 2022 abbiamo avuto una crescita della domanda nei mercati legati ai beni strumentali industriali e alle materie prime, che ha più che compensato i mercati più deboli legati ai beni di consumo e la crescita relativamente inferiore delle costruzioni. I cambi hanno inciso negativamente sulle vendite di circa 90 punti base. A livello contabile abbiamo riportato un utile lordo, in percentuale sulle vendite nette, sceso al 45,3% dal 46,5% del quarto trimestre del 2021. Il reddito operativo, in percentuale sulle vendite nette, è rimasto invariato al 19,6% dal 19,6% del quarto trimestre del 2021. Le spese relative ai dipendenti, che rappresentano dal 70% al 75% delle spese operative e amministrative totali, sono aumentate del 6,0% rispetto al quarto trimestre del 2021. La spesa per interessi netti è stata pari a 4,8 mln $ rispetto ai 2,4 mln $ del quarto trimestre del 2021. Abbiamo prodotto un flusso di cassa operativo pari a 301,9 mln $ con un aumento del 93,0% rispetto al quarto trimestre del 2021, che rappresenta il 122,9% dell'utile netto del periodo rispetto al 67,7% del quarto trimestre del 2021. Infine abbiamo restituito 270,1 mln $ ai nostri azionisti sotto forma di dividendi (176,9 mln $) e acquisti di azioni ordinarie (93,2 mln $), rispetto ai 161,1 mln $ del quarto trimestre del 2021, tutti sotto forma di dividendi”.
NETFLIX + 2,91%. La società opera come una rete televisiva su Internet che fornisce programmi TV e film che includono serie originali, documentari e lungometraggi. L'azienda ha tre segmenti: streaming nazionale, streaming internazionale e DVD nazionale, ha riportato utili nel quarto trimestre 2022 pari a 0,12 $/az. su un fatturato di 7,85 mld $. La stima degli analisti per gli utili era di 0,45 $/az. su un fatturato pari a 7,85 mld $. I ricavi sono cresciuti del 1,9% su base annua. La società ha detto che prevede utili nel primo trimestre 2023 pari a 2,82 $/az. su un fatturato di 8,17 mld $. L'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 2,97 $/az. su un fatturato di 8,13 mld $.
Nella lettera gli azionisti la società ha dichiarato: “Il processo di successione è stato completato con Reed Hasting che è diventato Presidente esecutivo e Greg Peters e Ted Sarandos co-CEO. A livello contabile abbiamo chiuso l’anno 2022 con 231 milioni di abbonamenti pagati e generato 32 mld $ di ricavi, 5,6 mld $ di reddito operativo, 2,0 mld $ di liquidità netta da attività operative e 1,6 mld $ di flusso netto di cassa. I nostri obiettivi finanziari a lungo termine rimangono invariati: sostenere la crescita dei ricavi a due cifre, espandere il margine operativo e fornire un flusso netto di cassa positivo in crescita. Per l'intero anno 2023, mentre continuiamo a migliorare il nostro servizio, far crescere la nostra attività pubblicitaria e lanciare condivisione a pagamento, prevediamo che la crescita costante dei ricavi valutari acceleri nel corso dell'anno. Prevediamo inoltre una crescita dell'utile operativo anno su anno e un'espansione del margine operativo per l'intero anno (presupponendo che non vi siano oscillazioni sostanziali nel cambio Euro/Dollaro)”.
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Pagina a cura di SANDRO MANCINI.
(articolo di Sandro Mancini)