OGGI BORSE CHIUSE NEGLI STATES PER LA FESTIVITA’ DEL MARTIN LUTHER KING DAY.
CONTINUA LA POSITIVITA’ SUGLI INDICI AZIONARI USA IN QUESTO INIZIO DI 2023 !!
Anche nella settimana appena trascorsa Wall Street ha prodotto un buon progresso. Questa volta il miglior dato sull’inflazione (CPI) di giovedì scorso non ha prodotto rialzi “monstre” sugli indici in intraday come il 10 novembre scorso o come il 13 dicembre scorso, ma confermando in chiusura di settimana la propria forza, al contrario di dicembre quando proprio nella giornata del 13, dopo un’apertura in gap up è iniziata la forte fase discendente fino al 28 del mese che ha contribuito a chiudere l’anno in modo pessimo. Sicuramente la debolezza del Dollaro ed il calo dei rendimenti dei Bonds stanno favorendo questo rimbalzo dell’azionario ma ora bisogna stare attenti alla stagione delle trimestrali economiche societarie appena aperta venerdì scorso. Le stime degli analisti raccolte da Factset vedono per la prima volta dal Q3 2020 una crescita negativa degli utili societari pari al -4.1%. Il mercato arriva di fronte a questo appuntamento avendo scontando una certa negatività sulle stime degli utili aziendali anche se forse non ancora sufficienti a scontare la possibilità di una recessione. Rispetto alle stime di luglio, le attese degli utili per il 2022 sono state ridotte del 4% mentre quelle del 2023 di circa l’8%.
Il punto è proprio questo, cosa faranno le attese sugli utili nei prossimi mesi ? Di sicuro sui livelli attuali di multipli il mercato può sopportare un moderato calo delle aspettative, nonostante il rally. Dipende da che entità sarà, eventualmente, questo calo. Ora sappiamo che l'inflazione è andata a gonfiare gli utili, complice una sorprendente tenuta della domanda, di fronte ai vari shock. Se questa rientra, un impatto sui margini e i profitti potrebbe esserci. E poi bisogna capire se il ciclo tiene, come ha fatto finora, oppure rallenta. Dal lato positivo abbiamo la resilienza mostrata finora, e la riapertura del mercato del lavoro cinese, essendo la Cina un primario partner commerciale. Tra le incognite abbiamo l'ingranare dei rialzi dei tassi che, per esempio, si comincia a vedere negli USA verso un rallentamento dell'economia, e un impatto ritardato del rialzo dei prezzi sulla domanda. Vedremo.
Intanto il tanto temuto discorso di Powell di martedì scorso, che aveva innervosito i mercati prima dell’intervento, si è rivelato in realtà un bluff, in quanto ha pronunciato un discorso privo di riferimenti specifici alla politica monetaria attuale, a parte un paio di notazioni generiche, cosa che ha immediatamente portato sollievo sull'azionario.
Come detto in precedenza, venerdì scorso è iniziata la stagione delle trimestrali economiche societarie che inizialmente sono state prese male dal mercato, forse perchè alcuni accantonamenti per perdite sono risultati superiori alle attese e hanno impattato i risultati (JPM e Wells Fargo) e molti Ceo hanno parlato di recessione media o rallentamento come scenari centrali. Ma nel prosieguo delle contrattazioni, hanno tutte invertito la marcia con forza. Un segnale tattico interessante per una borsa, quella USA, rimasta clamorosamente indietro rispetto agli altri mercati, emergenti compresi, da inizio anno ma anche negli ultimi mesi.
Nello specifico notiamo che JP MORGAN CHASE ha registrato profitti e ricavi nel quarto trimestre che hanno superato le aspettative poiché gli interessi attivi presso la banca sono aumentati del 48% a causa dell’aumento dei tassi e della crescita dei prestiti. Guadagno di 3,57 $/az. che supera la stima di 3,07 $/az. dopo aver escluso gli elementi una tantum, ricavi pari a 35,57 mld $ rispetto a una stima di 34,3 mld $, secondo Refinitiv.
CITIGROUP ha dichiarato che l’utile netto del quarto trimestre è diminuito di oltre il 21% rispetto a un anno fa, poiché la banca ha accantonato più denaro per potenziali perdite su crediti. L’utile netto è stato pari a 2,5 mld $ contro i 3,2 mld $ di un anno fa. L’utile per azione è stato pari a 1,10 $, escluse alcune cessioni. I ricavi sono stati pari a 18,01 mld $, superiori ai 17,9 mld $ previsti dagli analisti intervistati da Refinitiv. Infine l’accantonamento per perdite su crediti è stato pari a 1,85 mld $ rispetto ai 1,79 mld $ previsti dagli analisti intervistati da StreetAccount.
BANK OF AMERICA, ha riportato dati che hanno mostrato tassi di interesse più elevati aiutando il gigante di Wall Street a compensare un forte rallentamento dell’investment banking. La banca ha dichiarato un utile per azione pari a 0,85 $ contro 0,77 $/az. attesi dagli analisti e ricavi pari a 24,66 mld $ contro i 24,33 mld $ attesi dagli analisti, secondo Refinitiv.
BLACKROCK ha battuto tutte le aspettative, riportando utili per azione pari a 8,93 $, ben 1,07 $/az. sopra le stime degli analisti pari a 7,86 $. I ricavi nel trimestre sono stati pari a 4,34 mld $ contro le stime del consensus di 4,26 mld $.
WELLS FARGO, ha riportato profitti in calo, appesantiti da un recente accordo e dalla necessità di accumulare riserve in un’economia in deterioramento. I ricavi sono stati pari a 19,66 mld $, il 5,7% in meno rispetto all’anno precedente e inferiori ai 19,98 mld $ previsti dagli analisti, secondo Refinitiv. L’utile netto è crollato del 50% a 2,86 mld $, o 0,67 $/az. da 5,75 mld $, o 1,38 $/az. di un anno fa. La grande diminuzione è stata guidata in parte dalla minore attività bancaria sui mutui ipotecari. Nell’ultimo periodo, la banca ha accantonato 957 mln $ per perdite su crediti dopo aver ridotto i suoi accantonamenti di 452 mln $ un anno fa. La disposizione includeva un aumento di 397 mln $ dell’indennità per perdite su crediti che riflette la crescita dei prestiti in un ambiente economico meno favorevole.
Passando ad analizzare il livello dei dati macro, il CPI è uscito perfettamente in linea alle attese confermando il trend di raffreddamento. Il report ha sostanzialmente confermato la disinflazione nella componente dei beni “core”, così come però la resilienza nella componente dei servizi, che ormai è responsabile del 90% dal dato “core”.
Il precedente dato fa il paio con l'ISM servizi di gennaio uscito due venerdì fa che ha prodotto una clamorosa sorpresa negativa, uscendo in contrazione per la prima volta dal maggio 2020, e con un collasso dei nuovi ordini di 11 punti. Certo, la serie è volatile, ma va ricordato che il PMI servizi dell’S&P Global Market segnalava da mesi contrazione di attività e il calo di due venerdì fa potrebbe indicare in che direzione potrebbe essere eliminata questa divergenza tra PMI Global Market e ISM. Infatti se si guarda il grafico sotto, si nota che sia sul manifatturiero che sui servizi i picchi di attività sono avvenuti prima nei PMI dell’S&P Global Market e dopo gli ISM si sono adeguati.
Al momento tutti i principali indici di diffusione USA segnalano contrazione, sia pure moderata nel caso degli ISM. Tra l'altro, diversamente dall'ISM manifatturiero, l'ISM servizi non è mai calato sotto 50 dal 2009 in poi, se non per 2 mesi nel 2020, durante l'esplosione del Covid (aprile e maggio 2020). E ricordiamo che la FED è ancora nell'atto di alzare i tassi continuando a focalizzarsi su occupazione e inflazione, ovvero variabili che seguono il ciclo e non lo precedono.
Gli operatori del mercato monetario, ad inizio della settimana appena trascorsa, al pari del calo del Dollar Index, hanno visto il movimento dei rendimenti dei Bonds scendere con la curva che è tornata a prezzare un picco dei Fed Funds a giugno al 4.95% (quindi sotto il 5%) e 50 bps di tagli entro dicembre 2023. Per il FOMC del primo febbraio la curva sconta con maggior probabilità rialzi di 25 bps e altri 25 per marzo con il mercato che va incontro a quest'evento mettendo chiaramente in discussione lo scenario della FED, e con un chiaro allentamento delle condizioni finanziarie, proprio quello scenario contro il quale le minute FOMC mettevano in guardia. Ma proprio dopo l’uscita del dato sull’inflazione, il presidente della Fed di Philadelphia, Patrick Harker, ha dichiarato che per Febbraio lui opterebbe per un rialzo di 25 bps. Considerando che è membro votante, è comunque un’indicazione importante.
Dopo il dato sull’inflazione, il mercato continua a mettere in dubbio le parole della FED fino a quasi ignorarle, è interessante notare che ormai nella Fed Funds Strip non ci sono più nemmeno 2 rialzi di 25 bps prezzati per i FOMC del primo febbraio e del 22 marzo. In altre parole il mercato inizia ad attribuire una piccola probabilità alla circostanza che il rialzo di Febbraio per la Fed sia l'ultimo (v. grafico):
In discesa, rispetto a due venerdì fa, i rendimenti dei treasury 2Y che dopo il dato sull’inflazione, tocca un minimo al 4,111% percentuale che non si vedeva dallo scorso ottobre, per poi recuperare qualcosa chiudendo al 4,226%. Stessa cosa per il titolo di stato a 10 anni che fa registrare un minimo a 3,417% per poi chiudere la settimana a 3,498% portando lo spread 2Y/10Y a 72,8 bps dai 69 bps di due venerdì fa.
Nel grafico comparativo settimanale delle varie scadenze tra la chiusura di due venerdì fa 06 gennaio e la chiusura di venerdì scorso 13 gennaio 2023, si nota come la curva dei rendimenti in percentuale delle scadenze si sia ulteriormente abbassata dopo l’uscita del dato sui CPI:
Infine riportiamo lo spread del Treasury decennale USA rispetto all'omologo titolo dei principali paesi mondiali a venerdì 13 gennaio 2023:
Analisi grafica dell’indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Ottima settimana, quella appena trascorsa, per l’indice tech che vede diminuire le tensioni sul fronte tassi e beneficia del ribasso del Dollaro e dei rendimenti dei Bonds. Powell nel discorso tenuto in settimana non ha fatto accenni alla futura politica monetaria e né ha fatto riferimento a mercati finanziari che sembrano non seguire le direttive della FED. A seguire anche la dichiarazione del membro votante Harker ha contribuito a rasserenare i mercati azionari. Vedremo se il sentiment continuerà ad essere positivo anche nel corso delle prossime settimane in concomitanza con le pubblicazioni delle trimestrali economiche societarie che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere un po' penalizzanti per le società del listino, forse più rispetto alle attese degli analisti che verso sé stesse.
Graficamente notiamo con sollievo che i prezzi non si sono mai portati sotto l’importante area degli 11000 punti e che, anzi, si sono allontanati dalle zone pericolose dei supporti in area 10700 e 10450 minimo di ottobre scorso. Ora è molto importante riprendere l’area 11700 consolidando sopra quei valori. L’area di resistenza dei 12000/12100 punti sta diventando sempre più importante in quanto, oltre a rappresentare i massimi relativi di dicembre scorso, ora trova la concomitanza anche delle due M.M. a 200 periodi (semplice ed esponenziale). Superare tale area sarebbe…… !! Il valore dell’RSI a 59 indica che tutto ciò possibile anche subito, per poi avere qualche seduta di consolidamento o leggera discesa dei valori. La settimana si è chiusa a 11541.48 con un guadagno del + 4,54% che porta ad un deficit anno su anno del – 26,08%.
Discorso leggermente differente per l’indice S&P500 che risentendo meno delle turbolenze del mercato e della retorica della FED, perde meno rispetto all’indice tech, ma viceversa, quando il sentiment diventa positivo, guadagna meno. Dal grafico possiamo notare che l’area di resistenza a 3910 che aveva frenato il rimbalzo, è stata infranta e che i prezzi si sono spinti fino alla successiva importante area dei 4000 punti sulla quale si è fermata la settimana di contrattazioni. Cosa aspettarci ora ? L’ideale sarebbe la rottura di tale area verso i massimi relativi di dicembre in area 4100, con il valore dell’RSI a 61 che mostra la possibilità di codesto scenario prima di qualche giornata di lateralizzazione o discesa anche fino al supporto dei 3910 punti, per poi riprendere il rimbalzo. Anche a livello di pubblicazioni dei dati economici, la varietà di società presenti non dovrebbe impattare in maniera considerevole sulle quotazioni del listino. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 3999.09 con un guadagno del + 2,67% che porta ad un deficit anno su anno del – 14,16%.
Infine riguardo all’indice DOW JONES, pur essendo il listino che meno ha guadagnato durante la scorsa settimana, continua a confermarsi il più resiliente rispetto agli altri due indici. Graficamente notiamo l’avvicinarsi sempre più dei prezzi verso il massimo relativo di dicembre 2022 a 34712 punti e con un livello di RSI a 62 è possibile che avvenga subito per poi consolidare per scaricare l’ipercomprato. Ora l’area dei 33500 punti potrebbe diventare un buon supporto fermo restando l’importante area dei 33000 punti che ha fatto da attrattiva per i prezzi dalla metà di dicembre e che ci auguriamo non venga più testata ma che serva come base per il conteggio delle onde che, al momento, sembra più propenso allo scenario a 5 onde anche se non è ancora avvenuto il superamento del massimo di dicembre. Vedremo. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 34302.61 con un guadagno del + 2,00% e che porta a segnare un deficit anno su anno del – 4,90%.
ORO INDEX
Finalmente !! La nostra previsione del target dei prezzi sull’Oro in area 1915/1920 $/oz. è stata raggiunta nel corso della settimana appena trascorsa. Con un massimo a 1931.80 $/oz. riportiamo le lancette dell’orologio allo scorso 25 aprile 2022 anche se poi i prezzi hanno ripiegato leggermente chiudendo l’ottava a 1915.80 $/oz. E’ ovvio ed anche (forse) giusto, visto che il livello di RSI daily aveva raggiunto quasi i 74 punti nella giornata di giovedì scorso. Ora è importante consolidare su questa area con puntate correttive fino a 1900, max 1880 $/oz. per scaricare l’ipercomprato e fare in modo che altri investitori vengano invogliati dal leggero calo dei prezzi per iniziare gli acquisti. Se i rialzisti dovessero riprendere il controllo i prezzi potrebbero portarsi in prima battuta in area 1950/1960 $/oz. per poi dare l’assalto alla soglia di resistenza dei 2000 $/oz. Ovviamente un ulteriore calo del Dollar Index, in questo periodo alle prese con pesanti vendite nel cross contro Yen, favorirebbe questo scenario.
Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, di tutt’altro effetto rispetto all’Oro per quanto riguarda il Platino che, pur avendo fatto registrare un massimo a 1117 $/oz. nella giornata di mercoledì scorso, in seguito non ha fatto altro che scendere riportando i prezzi in area 1055 $/oz. per poi chiudere le contrattazioni settimanali a 1072.5 $/oz. Ora i prezzi non dovrebbero scendere sotto l’area di supporto dei 1050 $/oz. per poi attaccare gli ultimi massimi relativi con proiezione del target in area 1150 $/oz. per poi attaccare l’area 1195/1200 $/oz. zona nella quale venderemo il nostro ETC. Un po' meglio per le quotazioni dell’Argento che chiudono la settimana in rialzo, ad un passo dal massimo relativo del 3 gennaio scorso. Rimane sempre valido il supporto in area 23,30 $/oz. mentre nel caso di superamento del massimo relativo a 24,775 $/oz. la proiezione vede un primo target in area 25,70 ed un secondo in area 27 $/oz. dove ci auguriamo di vendere il nostro ETC.
La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1921.70 $/oz., in guadagno del + 2,78% rispetto alla scorsa settimana e che porta ad un guadagno anno su anno del + 6,92%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1920.25 $/oz. in guadagno del + 2,94% rispetto alla scorsa settimana. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES FEBBRAIO 2023:
GUERRA RUSSIA - UCRAINA (EUROPA)
“La dinamica è positiva”, così Vladimir Putin ha commentato al canale televisivo Rossiya 1 la presa della città di Soledar, vittoria annunciata venerdì dai russi, ma smentita da Kiev. Putin ha aggiunto: “Tutto si sta sviluppando nel quadro del piano del Ministro della Difesa e dello Stato Maggiore”. “E spero che i nostri soldati ci soddisfino ancora di più con i risultati del loro combattimento”.
Il Presidente russo ha poi definito “stabile” la situazione economica: “Molto meglio non solo di quanto previsto dai nostri avversari, ma anche di quanto previsto da noi”. Secondo quanto affermato da Putin la disoccupazione è ad un minimo storico, mentre l’inflazione è più bassa delle attese ed ha un trend al ribasso.
Intanto sabato scorso una palazzina a Dnipro è stata colpita da un attacco missilistico della Russia che ha ucciso diversi civili. L’aeronautica militare ucraina ha detto che l’edificio è stato colpito da un missile russo Kh-22, che è noto per essere impreciso e che l’Ucraina non ha le difese aeree per abbattere.
Sempre sabato scorso, l’ufficio del primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak, ha detto che Londra invierà a Kiev 14 carri armati Challenger 2 nelle prossime settimane e si prevede che seguiranno circa trenta AS-90, semovente d’artiglieria. Il Regno Unito nei prossimi giorni si occuperà anche dell’addestramento delle forze ucraine all’uso dei mezzi forniti.
L’ambasciata russa a Londra ha detto che la decisione di inviare carri armati in Ucraina trascinerebbe lo scontro, porterebbe altre vittime, tra cui civili. Inoltre sarebbe la prova del “coinvolgimento sempre più evidente di Londra nel conflitto”.
POLITICA USA
Lunedì scorso è stato approvato un pacchetto di regole interne che governerà le operazioni della Camera per i prossimi due anni. Tra le regole adottate, alcune che rappresentano delle concessioni fatte dal neo eletto speaker, Kevin McCarthy, all’ala più radicale del partito Repubblicano, come la possibilità per un singolo parlamentare di chiedere la sua rimozione in qualsiasi momento. Le modifiche prevedono anche un tetto alla spesa pubblica ai livelli del 2022 e l’istituzione di una commissione per indagare sul Dipartimento di Giustizia. Il pacchetto di regole è stato approvato con 220 voti favorevoli e 213 contrari. A dire “no”, oltre al blocco dem, anche il repubblicano Tony Gonzales (un altro repubblicano, invece, non ha votato), contrario a potenziali limiti alla spesa per la difesa in un momento di tensioni crescenti con Russia e Cina. Critici i dem verso un pacchetto di regole che secondo loro favorirebbe società ricche rispetto ai lavoratori, comprometterebbe gli standard etici del Congresso e porterebbe ad ulteriori restrizioni sui servizi per l’aborto. Secondo il democratico, membro della Camera, Jim McGovern le regole del pacchetto “sono essenzialmente una richiesta di riscatto all’America da parte dell’estrema destra”.
Un’altra misura approvata dalla nuova Camera a maggioranza repubblicana prevede tagli nei fondi all’Internal Revenue Service (IRS – agenzia governativa deputata alla riscossione dei tributi). Il disegno di legge andrebbe a revocare decine di miliardi assegnati all’agenzia nel prossimo decennio tramite l’Inflation Reduction Act approvato ad agosto. La misura tuttavia con ogni probabilità non riuscirà ad ottenere il via libera del Senato a maggioranza democratica, ed anche nel caso in cui dovesse farcela, Biden ha anticipato che porrà il veto.
La scorsa settimana però alla Camera è stata mostrata anche una linea bipartisan, con l’approvazione a larga maggioranza (365 voti favorevoli, tra i quali 146 democratici) dell’istituzione di una commissione che affronti la questione cinese (come approfondiremo nel capitolo dedicato al rapporto USA-CINA).
E a proposito di nuovi organi, martedì scorso alla Camera è stata votata l’istituzione di una “Sottocommissione ristretta sull’armamento del Governo Federale” per indagare sull’amministrazione Biden. Le questioni sulle quali i repubblicani intendono operare sono l’accusa di “armare” l’FBI contro Trump e presunte pressioni dell’amministrazione in carica su aziende big-tech per censurare opinioni contrarie alla politica della Casa Bianca. Nel disegno di legge riguardante la sottocommissione viene detto che i parlamentari indagheranno su come il potere esecutivo lavora con il settore privato, gruppi no-profit ed altre agenzie “per facilitare l’azione contro” i cittadini americani. Tra le agenzie federali prese di mira ci sono quelle che indagano sul tentativo di Trump di ribaltare la sconfitta elettorale del 2020 e sulla sua presunta cattiva gestione di documenti riservati. I dem hanno espresso preoccupazione in merito ad una misura che permette alla commissione di indagare su “indagini penali in corso” che solitamente sono fuori dalla competenza della vigilanza del Congresso.
Lunedì scorso la Casa Bianca ha fatto sapere che gli avvocati di Biden a novembre hanno trovato documenti riservati presso un gruppo di esperti affiliati con il Presidente in carica, mentre giovedì scorso un avvocato della Casa Bianca ha comunicato che il team di legali di Biden ha rinvenuto nella casa del Delaware del Presidente altri documenti riservati risalenti a quando ricopriva il ruolo di vicepresidente; scoperta fatta il 20 dicembre. Giovedì scorso il procuratore generale Merrick Garland, ha nominato Robert Hur come procuratore speciale per indagare sulla vicenda ed ha spiegato che Hur esaminerà “se qualcuno o qualche entità ha violato le legge”. Lo stesso Garland a novembre ha indicato Jack Smith come procuratore speciale per sovrintendere alle indagini del Dipartimento di Giustizia legate a Donald Trump, inclusa la gestione da parte dell’ex Presidente di documenti classificati e gli sforzi di ribaltare le elezioni 2020. Giovedì scorso Biden parlando ai giornalisti ha dichiarato: “Come ho detto all’inizio della settimana, la gente sa che prendo seriamente i documenti riservati, il materiale riservato. Ho anche detto che stiamo cooperando pienamente e completamente con la revisione del Dipartimento di Giustizia”.
La Casa Bianca ha riferito che gli avvocati di Biden hanno trovato un piccolo numero di documenti riservati consegnandoli dopo la scoperta, Trump invece aveva resistito fino a quando in agosto durante una perquisizione dell’FBI furono rinvenuti circa 100 documenti riservati.
Sabato scorso la Casa Bianca ha fatto sapere che sono state ritrovate un totale di sei pagine di documenti riservati nella casa del Delaware di Biden. In precedenza la Casa Bianca aveva parlato del ritrovamento di una sola pagina. Il consulente speciale della Casa Bianca, Richard Sauber, ha detto che il primo documento era stato individuato mercoledì scorso dall’avvocato del Presidente e consegnato, mentre gli altri documenti sono stati trovati successivamente. Sauber ha detto che gli avvocati di Biden si sono subito attivati volontariamente per fornire i documenti al Dipartimento di Giustizia.
POLITICA USA – CINA
A grande maggioranza, martedì scorso la Camera ha votato a favore dell’istituzione di una nuova commissione che affronterà le minacce che la CINA pone agli Stati Uniti e che avrà soprattutto poteri investigativi. Il nome scelto è stato House Select Committee on the Strategic Competition Between the U.S. and the Chinese Communist Party (commissione ristretta della Camera sulla concorrenza strategica tra USA e Partito Comunista Cinese). La commissione potrà anche ascoltare testimoni e tenere audizioni pubbliche in relazione alle sue indagini. I voti favorevoli raccolti sono stati 365, la misura infatti ha trovato non solo il sostegno dei repubblicani, ma anche di 146 dem. Per il neo eletto speaker Kevin McCarthy dunque, dopo la sua complicata elezione che ha mostrato anche divisioni interne al proprio partito, arriva una vittoria bipartisan proprio sulla questione cinese. La commissione, che sarà presieduta dal repubblicano Mike Gallagher, sarà composta da nove esponenti repubblicani e sette democratici.
Martedì scorso parlando alla Camera, Gallagher ha sottolineato come tra repubblicani e dem dovrà esserci collaborazione “perché questo è l’unico modo per avere successo nel lungo termine”. Sempre martedì, lo speaker McCarthy ha sostenuto che il comitato sarà veramente bipartisan e non solo di facciata: “Vogliamo parlamentari seri”. “Questo non è per qualcuno che entra ed è virale per dire qualcosa. Si tratta di lavorare insieme come un unico Congresso, su una delle nostre più grandi sfide per il futuro”. McCarthy ha poi detto che vorrebbe che la commissione resti in piedi indipendentemente da chi detiene la maggioranza e che non sia mai una commissione di parte.
Sul Global Times, tabloid quotidiano cinese prodotto dal quotidiano ufficiale del Partito Comunista Cinese, commentando la notizia, scrive che esperti cinesi mercoledì scorso hanno detto che la nuova commissione ha una “forte connotazione ideologica” e la CINA dovrebbe diffidare “dell’avventurismo più aggressivo e del comportamento distruttivo dei politici americani”. Il tabloid cinese riporta che Wang Wenbin, portavoce del Ministero degli esteri cinese, mercoledì scorso ha detto che Pechino spera che politici statunitensi interessati possano vedere la CINA e il rapporto tra i due paesi in modo oggettivo e razionale, lavorare con la CINA per far avanzare le relazioni caratterizzate da sviluppo, rispetto reciproco, coesistenza pacifica ed una cooperazione vantaggiosa per tutti. Secondo Lü Xiang, esperto di studi sugli Stati Uniti e ricercatore alla Chinese Academy of Social Sciences citato dal Global Times, probabilmente l’obiettivo della commissione sarà “diffamare e denigrare” il Partito Comunista Cinese sul piano ideologico.
Judy Chu, democratica della Camera nonché presidente del CAPAC (Congressional Asian Pacific American Caucus), in seguito all’approvazione dell’istituzione della nuova commissione, martedì scorso ha rilasciato una dichiarazione nella quale viene ricordato come il loro comitato elettorale abbia sempre riconosciuto che ci sono preoccupazioni legittime rispetto alle azioni del governo cinese. Tuttavia Chu specifica di aver votato contro l’istituzione della nuova commissione per i rischi di una retorica xenofoba che intensifichi l’odio anti-asiatico negli Stati Uniti e perché pensa che il lavoro del nuovo organo possa essere svolto da commissioni esistenti. Chu afferma: “Non possiamo dimenticare che la retorica utilizzata intorno alla concorrenza con i paesi asiatici è risultata in molestie verbali e fisiche e perfino uccisioni di asiatico-americani qui a casa. Dal marzo 2020 e dai continui riferimenti dell’ex Presidente Trump al coronavirus come il “virus cinese”, sono stati segnalati oltre 11.500 crimini d’odio ed incidenti contro asiatico-americani”. Nella nota Chu e il CAPAC ricordano che la nuova commissione non dovrebbe essere utilizzata come un “invito aperto ad impegnarsi e trafficare in una retorica anti-cinese palesemente xenofoba che sappiamo storicamente tradursi in violenza fisica e danno emotivo contro asiatico-americani in tutto il paese”.
POLITICA DELLA FED
Il presidente della FED, Jerome Powell, martedì scorso parlando al simposio sull’indipendenza delle banche centrali alla Sveriges riksbank (banca centrale svedese) ha sottolineato come riportare i prezzi ad una stabilità possa portare a misure impopolari: “La stabilità di prezzo è la base di un’economia sana e fornisce al pubblico incommensurabili benefici nel tempo. Ma ripristinare la stabilità di prezzo quando l’inflazione è alta può richiedere misure che non sono popolari nel breve termine poiché aumentiamo i tassi d’interesse per rallentare l’economia”. Il numero uno della banca centrale statunitense ha anche spiegato come l’assenza di un controllo politico diretto sulle loro decisioni permetta di adottare le misure necessarie senza prendere in considerazione fattori politici di breve termine.
In merito al ruolo della FED nella lotta al cambiamento climatico, Powell ha spiegato che la banca centrale dovrebbe attenersi al proprio lavoro e non allontanarsi per perseguire benefici sociali percepiti che non sono legati strettamente ai suoi obiettivi statutari. Secondo il Presidente della FED le decisioni riguardanti politiche per contrastare direttamente il cambiamento climatico dovrebbero essere di competenza dei rami eletti del governo “e quindi riflettere la volontà del pubblico espressa attraverso le elezioni”. “Ma senza un’esplicita legislazione congressuale, sarebbe inappropriato per noi utilizzare la nostra politica monetaria o strumenti di supervisione per promuovere un’economia più verde o per raggiungere altri obiettivi basati sul clima. Non siamo, e non saremo, un ‘policymaker del clima’”.
Lunedì scorso il presidente della FED di Atlanta, Raphael Bostic, ha spiegato che alla banca centrale c’è ampio consenso rispetto al fatto che la politica al momento sia ad un livello restrittivo ed ha aggiunto che in futuro sarà appropriato muovere i tassi ad una “cadenza più normale”. “Data la quantità di incertezza che c’è là fuori, penso che sia appropriato per noi essere molto più cauti… per quanto riguarda la nostra calibrazione”.
Michelle Bowman, membro del consiglio direttivo della FED, martedì scorso ha espresso la propria posizione in merito alle azioni di contrasto all’inflazione: “Negli ultimi mesi, abbiamo visto un calo in alcune misure di inflazione, ma abbiamo ancora molto lavoro da fare, quindi mi aspetto che (il FOMC, ndr) continui ad aumentare i tassi di interesse per stringere la politica monetaria”. Secondo Bowman una volta raggiunto un tasso sui federal funds ritenuto sufficientemente restrittivo dovrà essere mantenuto a quel livello per un po’ di tempo per ripristinare la stabilità dei prezzi, “che a sua volta aiuterà a creare le condizioni che supportano un mercato del lavoro sostenibilmente forte”. Bowman ha spiegato che la politica sarà guidata dai dati economici in arrivo per avere indicazioni dell’impatto delle misure della FED sulla crescita.
Secondo il presidente della FED di Philadelphia Patrick Harker, quest’anno la banca centrale alzerà i tassi ancora, ma non al ritmo di 75 punti base per volta: “Dal mio punto di vista, in futuro saranno appropriati rialzi di 25 punti base”. Inoltre, sempre secondo Harker: “Ad un certo punto quest’anno, mi aspetto che il tasso di riferimento sarà abbastanza restrittivo da mantenere i tassi in posizione per lasciare che la politica monetaria faccia il suo lavoro”. In merito al tasso sui federal funds, Harker ha detto che secondo lui non si deve andare molto oltre il 5%. Per quanto riguarda la situazione economica, il presidente della FED di Philadelphia ha detto: “Ciò che è incoraggiante è che anche se stiamo aumentando i tassi e vedendo alcuni segnali di raffreddamento dell’inflazione, l’economia nazionale resta relativamente sana nel complesso”. Harker ha anche espresso soddisfazione per un mercato del lavoro che secondo lui rimane “in forma eccellente” ed ha detto che vede per quest’anno che la disoccupazione passi dall’attuale 3,5% al 4,5%, per poi tornare al 4% nei prossimi due anni.
In merito al percorso di rialzi dei tassi, aumentati di mezzo punto al meeting di dicembre, giovedì scorso il presidente della FED di Richmond, Thomas Barkin, ha fatto sapere di essere “nel concetto favorevole ad un percorso che sia più lento ma più lungo e potenzialmente più alto”. “In effetti stiamo limitando l’economia e presumibilmente nel processo limitando l’inflazione”. “Questo per me significa che posso essere un po’ più sfumato nella risposta”.
Il presidente della FED di St. Louis, James Bullard, ha commentato positivamente i dati rilasciati giovedì scorso che hanno mostrato un calo nei prezzi al consumo: “È incoraggiante che oggi abbiamo avuto alcune informazioni che vanno nella giusta direzione”. “La mia linea di fondo per il 2023 è che sarà un anno di disinflazione”. Secondo Bullard probabilmente c’è troppo ottimismo sul fatto che l’inflazione tornerà facilmente al 2%. “Stiamo davvero entrando in un’era di tassi di interesse nominali più alti per un bel po’ di tempo, mentre cerchiamo di continuare ad esercitare pressioni al ribasso”.
DATI MACROECONOMICI
Il dato NFIB small business optimism USA di dicembre è sceso più delle attese (89.8 da precedente 91.9 e vs stime per 91.5). E' il secondo livello più basso dal 2013 dopo l'89.5 di giugno 2022. L'outlook resta su livelli storicamente molto bassi. C'è poco da dire, i dati macro USA segnalano in aggregato un indebolimento ben chiaro.
L'inflazione USA di dicembre è uscita totalmente in linea con le attese. Questo non toglie che il calo sia significativo e la headline in disinflazione. Per il sesto mese consecutivo l’indice dei prezzi al consumo a livello annualizzato registra un rallentamento. A dicembre il dato si attesta al 6,5%, in linea con il consensus proprio del 6,5% e sotto al 7,1% di novembre. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.
L’indice dei prezzi al consumo core (che esclude il settore del cibo e dell’energia), il dato più seguito dai membri della FED, a livello mensile a dicembre segna una crescita dello 0,3% come previsto dal consensus e appena sopra al +0,2% di novembre.
A livello annualizzato a dicembre si segnala un rallentamento rispetto al mese precedente. Nello specifico, a dicembre è stato segnato un +5,7% (come indicato dal consensus) contro il +6,0% di novembre. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.
Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata il 7 gennaio sono state 205 mila, poco meno di quelle registrate nella settimana precedente, ovvero 206 mila (dato rivisto da 204 mila). L’ultima rilevazione si attesta sotto al consensus di 215 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.
Ulteriore recupero per la University of Michigan Sentiment, ben distribuito tra attese e situazione corrente. Il dato preliminare di gennaio dell’indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan è pari a 64,6 punti (per trovare un dato più alto si deve tornare ad aprile), in rialzo rispetto ai 59,7 punti di dicembre e sopra al consensus di 60,5 punti.
PORTAFOGLI AZIONARI
Buona settimana per gli indici azionari ed anche sui titoli dei nostri Portafogli che guadagnano terreno verso i rispettivi target o, quantomeno, al pareggio dei prezzi delle posizioni acquisite. Sul Portafoglio Storico, nel quale abbiamo modificato il relativo disclaimer riguardo all’operatività, ora rivolta per tutte le strategie all’uscita a target con il 100% della posizione e per la quale dobbiamo ringraziare un abbonato storico molto preciso e puntuale, siamo in attivo su tutti i titoli ed anche il tanto atteso BIOMARIN 1° Lotto sta ritornando alla pari dopo, comunque, aver portato a casa un + 25,48% sul secondo lotto. Certo, abbiamo il titolo dall’agosto 2020, ma sui titoli biotecnologici bisogna avere pazienza circa le sperimentazioni che richiedono tempo per l’approvazione alla commercializzazione del o dei farmaci. Ci abbiamo sempre creduto e già siamo stati ripagati, ora dovrebbe essere il momento per portare a casa qualche tozzo di pane anche con il primo lotto. Il titolo AURORA è oramai una scommessa persa e fortunatamente non ci siamo ammazzati acquistando un secondo lotto. Nella scorsa settimana abbiamo acquistato il titolo tedesco LINDE e peccato per non essere riusciti ad entrare per un $ sul titolo del Nyse, ALBEMARLE, che dopo 3 giorni è volato anche oltre il nostro livello di target fissato al + 8%. AMEN ! Pronti in ogni caso domani per l’acquisto di un nuovo titolo con la strategia del Nasdaq Weekly che, finalmente, inizia nuovamente ad inviare segnali (v. sez. “nuovi ordini” del relativo Portafoglio).
Sul Portafoglio “The Challenge” il titolo FERRARI si è avvicinato a meno di un € dal nostro target, facendoci penare ancora in quanto è in zona ipercomprato. Stessa cosa per BREMBO, in ipercomprato di breve e dove stiamo valutando se abbassare, di poco, il livello di target o alzarlo sopra il massimo relativo dell’11 novembre scorso. Vola, è proprio il caso dirlo, LUFTHANSA e con essa UNITED AIRLINES che è tornata a vedere il cielo; vola anche TUI, e qui l’eccesso di prudenza per acquistare un secondo lotto si è rivelato un boomerang; META 2° Lotto un ultimo sforzo e ci siamo. Sugli ETC di Platino ed Argento, come detto in precedenza, aspettiamo che i rispettivi futures arrivino al nostro target per venderli, anche se non corrisponderanno ai livelli di target inseriti nel Portafoglio. Su questa operatività molto probabilmente, invieremo degli SMS per la vendita immediata. Mentre l’ETF sul CARBON è nuovamente in rampa di lancio e se scende ancora un po' inseriremo il prezzo per il “buy limit”. Infine bene abbiamo fatto bene a non acquistare l’ETF sul VIX, a parziale copertura del Portafoglio, causa scorrelazione tra i futures dell’ETF (ricordiamo che è un Roll) ed il sottostante indice. Pe quanto riguarda le società con ottimi fondamentali che sono nettamente sotto quotate, dobbiamo sperare in una discesa dei singoli prezzi per poterle acquistare.
Alla prossima.
PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 USCITI NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA.
Non ci sono state pubblicazione nel corso della scorsa settimana.
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SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>)
CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.
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Pagina a cura di SANDRO MANCINI.
(articolo di Sandro Mancini)