Un rapido aggiornamento sullo stato di salute del nostro portafoglio e, soprattutto sulla situazione a livello macro che è ovviamente fondamentale in ottica prospettica per le nostre scelte di investimento.
Inutile dire che c’è ben poco da stare allegri, ad iniziare dagli ultimi dati sull’inflazione nell’Eurozona schizzati al nuovo record dell’8,6%. Non si vedevano tali valori da diversi lustri, e ormai non è più un tabù parlare apertamente di recessione o peggio stagflazione. Infatti, i consumi si stanno riducendo progressivamente, visto che i redditi sono schiacciati dall’inflazione che galoppa e dalla loro inadeguatezza a questi livelli dei prezzi.
In Europa si aspetta la BCE, con il primo rialzo dei tassi, tardivo e del tutto inadeguato nella sua sostanza. Aumento, tra l’altro, che lascerà ancora i tassi in area negativa. E la distanza tra USA ed UE si sta misurando in questi ultimi giorni sul prossimo differenziale dei tassi americani ed europei, visto da qui a qualche tempo a 275 bps.
Chiaro che in queste condizioni macro i mercati non possano far altro che scendere. Ed è già un mezzo miracolo che talvolta trovino la forza per rimbalzare un po’ e permettere a qualche investitore di alleggerire qualche posizione con una perdita più contenuta.
E sì, perché è di questo che stiamo parlando. Parliamo della marea di mail che riceviamo ogni giorno di risparmiatori disperati che chiedono cosa fare ora che il loro portafoglio perde in media il 30% rispetto all’investimento iniziale. I più fortunati riescono ad approfittare dei rimbalzi per ricucire un po’ il gap e chiudere con un loss sopportabile. Però, sempre di una perdita si parla e non tutti sono nelle condizioni per poterlo fare.
D’altra parte, con la borsa americana che ha appena archiviato il suo peggior primo semestre dal 1970 non potrebbe essere diversamente. C’è poco da fare: sui mercati finanziari tira aria di crisi. E le Banche Centrali questa volta non possono venire in loro soccorso, occupate come sono a contrastare un’inflazione sfuggita pericolosamente (e stupidamente) al loro controllo.
Seppur approssimativa, c’è un ratio tra due materie prime che ci può dare un’idea di come stiano andando realmente le cose a livello globale. Come sappiamo il rame è la materia principe da osservare in ottica prospettica per capire verso quale fase del mercato stiamo andando. E se mettiamo in relazione il rame con un’altra materia prima, bene rifugio per eccellenza, ecco che otteniamo un indicatore in grado di aiutarci a capire.
Parliamo del copper/gold ratio, il quale mette in relazione i due prezzi. Il rame è un buon indicatore della congiuntura economica internazionale, visto che per i due terzi il metallo è utilizzato nei processi produttivi, specie legati alle costruzioni. L’oro, invece, è un metallo dallo scarso impiego produttivo e al quale si guarda invece in qualità di bene rifugio. Quando il prezzo del rame sale, significa che l’economia mondiale va bene ed essendo al numeratore fa sì che il ratio salga. Invece, se sale l’oro, significa che o c’è alta inflazione da cui il mercato vuole proteggersi o l’appetito per il rischio sta diminuendo e il ratio scende.
In sintesi, il copper/gold ratio segnala il grado di propensione al rischio sui mercati globali: più è elevato e maggiore è la propensione ad investire in asset rischiosi come le azioni; più è basso e maggiore sarà la propensione ad investire in asset conservativi o addirittura a rimanere liquidi.
Ora, poiché nella seduta di venerdì scorso il prezzo del rame è sceso sotto la soglia degli 8.000 dollari per tonnellata, è ben chiaro dove sia andato a finire il livello del ratio. La quotazione, tra l’latro, rappresenta il livello più basso da inizio 2021 e, rispetto ai massimi storici toccati nei mesi scorsi, segna un crollo di quasi il 40%.
Ne consegue che non è ragionevole pensare che il nostro portafoglio non ne risenta. Stiamo nei fatti sopportando una buona dose di volatilità negativa, e ancora non è finita qui. Ma se da un lato stiamo soffrendo un po’ e stiamo temporaneamente restituendo al mercato un qualcosa rispetto ai precedenti massimi storici, dall’altro abbiamo un asset globale che regge e che continua a segnare un risultato positivo su base annua.
Il nostro portafoglio, all’ultimo close disponibile, valorizza un NAV a 104,34 in lieve calo rispetto al precedente 104,75. La performance storica su base annua è ovviamente in arretramento al +1,94% rispetto al +2,18% della scorsa valorizzazione. Inevitabile l’aumento della volatilità totale, ora all’1,80% così come quella negativa che ora si è portata all’1,09%.
Dobbiamo tenere botta, grati all’abbondante liquidità che ci teniamo ben stretta, e che ci permette di mantenere un equilibrio più che accettabile a livello strategico. Torneranno i tempi buoni, i cicli sono fatti per darsi il cambio e oggi si gettano le premesse per la prossima ripartenza. Ci vorrà tempo, ma quando sarà noi saremo pronti e avremo soldi da investire e prendere il rialzo mentre, purtroppo, in molti si leccheranno ancora le ferite sperando di rivedere la parità sul proprio portafoglio.
Portafoglio ed equity line aggiornati nell’apposita sezione.