IL REPORTA SALTA L’USCITA DI LUNEDI’ 4 LUGLIO E LUNEDI’ 11 LUGLIO USCIRA’ IN FORMATO RIDOTTO.
RICORDIAMO CHE LUNEDI’ 4 LUGLIO WALL STREET SARA’ CHIUSA PER LA FESTA DELL’INDIPENDENZA.
SARA’ VERO RIMBALZO O UNA FINTA COME A FINE MAGGIO/INIZIO GIUGNO ?
Finalmente una settimana, quella appena trascorsa, che più che positiva possiamo definirla esplosiva, sui mercati azionari USA. Ovviamente il rimbalzo settimanale degli indici non poteva che manifestarsi così, visto l’estremo ipervenduto, il marcato sottopeso e l’eccessiva ricopertura dell’ultimo mese e mezzo, oltre al repentino calo dei rendimenti dei bonds. Ne consegue che sull’uscita delle cattive notizie (v. testimonianza di Powell alla commissione economica di Senato e Camera), i flussi in vendita sono scarsi, mentre il mercato è vulnerabile alle ricoperture a fronte di news neutre o positive (che poi è la ricetta dei rally in presenza di mercati ribassisti). Aggiungiamoci che incombe il fine trimestre, con i suoi ribilanciamenti (e dopo i cali degli ultimi 3 mese ce ne saranno da fare) ed ecco che il quadro per uno “short squeeze” è completo. Attenzione, il potenziale di questo rimbalzo potrebbe essere ancora molto ampio, ma tocchiamo sempre ferro visto ciò che è successo tra fine maggio ed inizio giugno.
Esattamente all’opposto di due settimane fa, tra i settori più performanti troviamo i settori difensivi come le Utilities, insieme a Health Care, Consumer Discretionary e IT, con penalizzazione dei più ciclici (v. grafico):
Se veramente andiamo verso un deterioramento delle aspettative di crescita e un calo di quelle di inflazione (e di conseguenza dei tassi), c'è ancora della strada da fare con questa distribuzione di performance.
Inoltre un aspetto interessante dell’azione dei prezzi dell'ultimo mese è che la sottoperformance del Nasdaq si è interrotta. In altre parole l'indice tecnologico, che aveva fatto i massimi a novembre 2021 e per primo era entrato in "bear market" (da inizio anno perde un 8% più dell'S&P 500) nell'ultimo movimento ha performato meglio. La cosa è ben raffigurata nel seguente grafico che mostra nel riquadro superiore l'S&P500 e in quello inferiore il rapporto tra il Nasdaq100 e lo stesso S&P500 (v.grafico):
Si nota così come a un nuovo minimo dell'indice generale non sia corrisposto un nuovo minimo del “ratio”. Questo, che per ora è un progetto di divergenza, potrebbe se confermato essere un primo segnale che il processo di bottom di questo bear market è avviato, proprio come la divergenza di Dicembre (S&P500 su e ratio giù) ne aveva segnalato l'inizio.
E' sicuramente presto per giudicare la svolta dei mercati negli ultimi giorni visto che, come detto, ci eravamo già illusi a fine maggio/inizi giugno. Ma comunque è un quadro molto interessante da seguire, per capire se effettivamente abbiamo visto i massimi della stretta della FED scontata nei prezzi dei mercati e quindi nel corso dei prossimi mesi il calo delle aspettative di inflazione porterà a prezzare una FED meno aggressiva. E' una circostanza che avrebbe grosse implicazioni per rendimenti e divisa ma anche per l'azionario.
Anche questa settimana viene confermato il rallentamento del mercato delle case su cui l'inflazione sta scendendo. Ci metterà un po' a filtrare nella componente alloggi del CPI (devono rallentare gli affitti). Ma comunque è evidente che i fondamentali dell'immobiliare USA stanno cambiando molto rapidamente. E questo è rilevante anche per l'economia. Ma il mercato un rallentamento ciclico lo prezza (il mercato azionario quanto meno). A dare manforte a questo sentiment, nella settimana appena trascorsa abbiamo assistito anche alle forti vendite sulle commodities, ad iniziare dal Petrolio e Rame. Un rallentamento dell'inflazione è prezzato per la seconda metà del 2023, nel senso che i Fed Funds vengono visti fare un picco tra 12 mesi al 3.8% circa.
La scorsa settimana su queste colonne parlavamo del rischio di recessione dovuto all'inflazione e allo stato del ciclo economico (tasso di disoccupazione). Manca a farlo apposta, martedì 21 è uscito un report della FED a firma dell’economista Michael Kiley, (report ripreso poi anche dal Wall Street Journal) nel quale evidenzia la seguente situazione: in uno studio dal 1965 ad oggi, in diverse occasioni si è verificato che l'inflazione era ai massimi e il tasso di disoccupazione era vicino ai minimi. Kiley ha considerato la capacità del livello di inflazione e del tasso di disoccupazione, insieme alle variabili finanziarie, di prevedere ampi aumenti del tasso di disoccupazione, concentrandosi su orizzonti di un anno o più. Seguendo l'approccio di tale ricerca, viene considerato un modello con quattro variabili: inflazione CPI (misurata su una base di variazione di quattro trimestri); il tasso di disoccupazione; lo spread di credito; e il termine spread. Ora senza entrare nel merito di calcoli complessi, lo studio riporta la probabilità di una recessione nei prossimi quattro trimestri da questo approccio. Questo approccio implica un rischio considerevole (oltre il 50 per cento) di un forte aumento del tasso di disoccupazione nei prossimi quattro trimestri. Storicamente, l'inflazione elevata e la bassa disoccupazione hanno preceduto le recessioni, coerenti con l'idea che tali andamenti segnalano squilibri (mercati del lavoro e dei prodotti surriscaldati) che potrebbero attenuarsi a causa di una contrazione economica (v.grafico):
Il Presidente della FED, Powell, nel discorso al Senato non ha potuto che ribadire quanto detto allo scorso FOMC. Gli ultimi dati di inflazione hanno imposto di accelerare sui rialzi, e quello che prezza il mercato in termini di ulteriori rialzi è corretto. L'economia è robusta e può tollerare un inasprimento della politica monetaria. Detto questo, ottenere una “soft landing” è un compito sfidante e una recessione, anche se non è probabile, non può certo essere esclusa. Powell ha poi preso atto che il mercato immobiliare si sta raffreddando e notato che i rialzi dei salari stanno rallentando, 2 note positive a margine, ribadendo che la FED deve essere agile nel rispondere all'outlook e ai dati.
A sostegno delle dichiarazioni di Powell, anche Michelle Bowman, che è membro votante del Comitato, secondo la quale a luglio sarà ancora appropriato rialzare i Fed Funds di 75 bps mentre a settembre e novembre si potrà tornare ai 50 bps. Poi hanno parlato anche Harker presidente della FED di Philadelphia e Bullard della FED di St.Louis, che leggeremo nel capitolo dedicato.
In settimana hanno avuto un po’ di clamore anche le dichiarazioni dell’ex Segretario al Tesoro USA Summers che, in un’intervista uscita su Bloomberg, ha detto che l’unico modo affinché l’inflazione americana rientri su livelli normali il tasso di disoccupazione deve essere superiore al 5% per un periodo di tempo piuttosto prolungato. Considerato che ad oggi la disoccupazione USA è al 3.6%, quanto indicato da Summers richiederebbe sostanzialmente una recessione per l’economia americana. Uno scenario decisamente diverso da quanto previsto dalla FED nel meeting di due settimana fa nel quale avevano indicato una disoccupazione al 4.1% nel 2024 (prima fanno una corsa sfrenata per ridurre la disoccupazione ed ora cercano di rialzarla anche se nel tempo. Mahhh…). Sempre sul tema recessione USA, alcune importanti case di investimento iniziano a includere questo scenario nelle loro previsioni con Nomura che è stata la prima ad indicare come cosa ormai più probabile che a partire dal 4° trimestre del 2022 l’economia USA andrà incontro ad una recessione, sebbene per il momento è stata giudicata “mild”. Sarà interessante capire se la visione di Nomura verrà seguita anche da altre case in futuro (ci possiamo mettere la mano sul fuoco che molte altre case di investimento cavalcheranno questa nuova situazione con le più svariate previsioni).
Per quanto riguarda gli investimenti di carattere monetario, il quadro globale delle “asset class” mostra dei cambiamenti rispetto a quello che ci ha portati ai nuovi minimi. Da qualche seduta le commodities, anche quelle più impattate dalla guerra, stanno arretrando rapidamente. Questo è un segnale brutto per la crescita, ma positivo per le prospettive di inflazione.
La testimonianza di Powell ed i dati macro usciti hanno impattato pesantemente sul mercato dei tassi USA con i rendimenti, che già scendevano in simpatia con quelli EU, che hanno accelerato al ribasso. Il Treasury 10 anni che 2 settimane fa lambiva il 3.5% ora ha fatto registrare un minimo al 3.05% per chiudere la settimana al 3,134%, stessa situazione per il 2 anni che è finito sotto il 3% per poi chiudere la settimana appena sopra.
Anche il rendimento del Treasury a 10 anni legato all’inflazione, dopo la testimonianza di Powell sono scesi ad un minimo del 2,50% per poi risalire in chiusura di settimana al 2,56%.
Se il mercato è allineato al percorso dei tassi definito dalla FED per i prossimi meeting, la vede diversamente sulla restante parte del ciclo di rialzi. La FED Fund Strip, infatti, ha anticipato di qualche mese il picco dei Fed Funds già per Marzo 2023 a differenza di Giugno 2023 prezzato dal mercato due settimane fa dopo il FOMC. I dati macro sulle PMI della scorsa settimana hanno deluso fortemente il consenso segnalando un rallentamento dell’economia più rapido del previsto e spingendo il mercato ad intravedere la necessità di un taglio prima di quanto stimato dalla FED. Ed infatti la FED Funds strip sul 10Y prezza meno del 3.5% per fine anno e un target poco sopra a 12 mesi, quando fino a due settimane fa scontava un 3.8%.
Passiamo l’analisi grafica del nostro indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Nella settimana (corta per festività) appena trascorsa il listino tech è partito, questa volta, in gap up chiudendo l’ottava nuovamente in gap up e recuperando ben due gap down aperti due settimane fa, riportandosi sulla mediana del canale ribassista di volatilità. Al momento manca da ricoprire l’ultimo gap down del 10 giugno scorso, ma crediamo che non mancherà occasione nel corso di questa settimana. Il rimbalzo negli ultimi 4 giorni di contrattazione è stato ampio (quasi il + 7,5%) e violento il che fa pensare ad una continuazione dello stesso, visto anche l’RSI a 50, per raggiungere come primo obiettivo la M.M. a 50 periodi in area 12500 ma, soprattutto, la resistenza in area 13000 che ha fermato il tentativo di rimbalzo tra la fine di maggio e gli inizi di giugno scorso. Possibili ripiegamenti in area 11500/11400 mentre riteniamo molto improbabile la doppia finta rialzista, che proietterebbe i prezzi ad un re-test del minimo a 11037. La settimana si è chiusa a 12105.85 con un guadagno del + 7,45% che porta ad un deficit da inizio anno del – 25,82%.
Buon rimbalzo anche per l'indice S&P500 anche se in tono minore rispetto all’indice tech. Graficamente notiamo come l’ultimo gap down sia stato richiuso ma c’è ancora della strada da fare per richiudere il secondo gap, riportarsi sulla mediana del canale ribassista di volatilità dove staziona anche la M.M. a 50 periodi per dare, infine, l’attacco ai massimi relativi di inizio giugno scorso con il livello di RSI a 48 che permette tutto ciò. Pertanto i prossimi obiettivi rialzisti sono l’area di resistenza dei 4000 punti, quindi l’area 4175. Possibili ripiegamenti in area 3740 e, al momento, non crediamo in un re-test dei minimi a 3636. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 3911.74 con un guadagno del + 6,45% che porta a segnare un – 17,93% da inizio anno.
Fanalino di coda del rimbalzo l’indice DOW JONES, che presenta una performance minore rispetto agli altri due indici maggiori. Graficamente molto simile all’S&P500 notiamo anche qui la chiusura dell’ultimo gap down ma non del secondo in area 32270 con annessa resistenza dovuta alla presenza della M.M. a 50 periodi con raggiungimento della mediana del canale ribassista di volatilità. Proseguendo nel rimbalzo troviamo l’importante resistenza dei massimi relativi di fine maggio/inizi giugno in area 33250. Possibili ripiegamenti in area 30500, non credendo probabile in questa fase un re-test del minimo a 29650. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 31500.68 con un guadagno del + 5,39% che porta a segnare un – 13,31% da inizio anno.
ORO INDEX
Dopo la testimonianza di Powell al Senato e Camera e con dollaro ritornato forte si pensava che nel corso della settimana scorsa i prezzi dell’Oro andassero a testare il supporto psicologico dei 1800 $/oz. e forse anche il supportone dei 1770 $/oz. Tutto ciò non è avvenuto ma, di contro, anche il fatto che i rendimenti dei Treasury sono scesi abbastanza, non sono serviti a far decollare i prezzi della commodity. Pertanto anche nella scorsa settimana, graficamente, notiamo una candela molto piccola con un range di prezzi tra i 1850 ed i 1817 $/oz. con chiusura a 1830 ancora sotto l’area di supporto/resistenza dei 1850 $/oz.
Alcuni alti dirigenti di società del settore, tra i quali Frank Holmes, CEO and Chief Investment Officer di U.S. Global Investors e Tom Palmer, CEO di Newmont Mining Corp., continuano a vedere nelle attuali valutazioni della commodity il bicchiere mezzo pieno in quanto siamo quasi a metà del 2022 e finora l’Oro è stato il grande vincitore dopo petrolio, carbone e altre materie prime. Il metallo giallo è riuscito a rimanere positivo dall'inizio dell'anno (di un’inezia aggiungiamo noi), evitando i periodi di forte pressione dell'aumento dei rendimenti e di un dollaro USA altrettanto forte. Nel frattempo, quasi tutte le altre classi di attività, dalle azioni “large cap e small cap” alle obbligazioni, dai fondi di investimento immobiliare (REIT) alle criptovalute, sono cadute in territorio di correzione o di mercato ribassista (v. grafico):
La loro visione è che questo dimostri come l'Oro abbia mantenuto il suo ruolo percepito come riserva di valore durante periodi di inflazione elevata da decenni e incertezza economica e geopolitica. Come ripetono spesso: “investire in Oro non ti renderà miliardario, ma potrebbe aiutare a stabilizzare il tuo portafoglio quando tutto il resto va a rotoli”.
Rimangono molto impressionati dal fatto che la commodity sia rimasta a galla anche se il dollaro USA si è rafforzato ai massimi da 20 anni ad oggi contro un paniere di altre principali valute. Poiché l'Oro ha un prezzo in dollari, i due asset hanno storicamente condiviso una relazione inversa, con uno che cade quando l'altro sale e viceversa. All'inizio della pandemia, il dollaro è aumentato mentre gli investitori cercavano un porto sicuro, cosa che ha messo sotto pressione l'Oro. Il valore del dollaro è ora molto elevato sulla scia dei rialzi dei tassi di interesse, eppure il metallo giallo ha continuato a essere scambiato al di sopra di 1.800 $/oz.
I due CEO hanno affermato la scorsa settimana, che il prezzo minimo dell'Oro è probabilmente aumentato dal precedente supporto di circa 1.200 $/oz. a quello tra i 1.500 ed i 1.600 $/oz. attuali.
Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio, il Platino continua la sua correzione iniziata due settimane fa dopo che i prezzi erano riusciti a rompere al rialzo la barriera psicologica dei 1000 $/oz. portandosi all’ennesimo re-test del triplo supporto in area 900/890 $/oz. La chiusura settimanale a 903 $/oz. potrebbe, a questo punto, preludere ad una rottura di detto supporto alla ricerca di nuovi minimi. Attendiamo gli eventi. Stesso discorso per quanto riguarda l’Argento con i prezzi che, dopo aver toccato i 22,50 $/oz., hanno iniziato una discesa che li ha portati a registrare un doppio minimo in area 20,50 $/oz. Anche su questa commodity è probabile vedere nuovi minimi anche se in chiusura settimanale i prezzi hanno rimbalzato in area 21,125 $/oz.
La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1830.30 $/oz., con una perdita del – 0,56% che porta ad un guadagno del + 0,09% da inizio anno. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1826.10 $/oz. con una perdita del – 0,72%. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES AGOSTO 2022:
LA GUERRA – RUSSIA – UCRAINA - (EUROPA)
Giovedì scorso l’Ucraina è diventato uno stato candidato all’adesione all’Unione Europea insieme alla Moldavia in seguito alla decisione del Consiglio europeo. “Un momento storico. La giornata di oggi segna un passo cruciale nel vostro cammino verso l’Unione Europea”, ha scritto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel su Twitter. “È un momento unico e storico nelle relazioni tra Ucraina ed Unione Europea. Grato a Charles Michel, Ursula von der Leyen ed i leader dell’Unione Europea per il loro sostegno. Il Futuro dell’Ucraina è all’interno dell’UE”, ha tweettato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.
Mercoledì scorso, invece, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto di voler discutere di un “piano Marshall per l’Ucraina” con i leader del G7 ed intervenendo al parlamento tedesco ha dichiarato: “ricostruire l’Ucraina sarà un compito per generazioni”.
Si parla ancora anche della richiesta di adesione alla NATO di Finlandia e Svezia. Il segretario generale dell’alleanza, Jens Stoltenberg ha fatto sapere che all’incontro di Madrid, previsto per questa settimana, saranno affrontate le preoccupazioni della Turchia. Stoltenberg ha dichiarato: “Ora stiamo lavorando attivamente sui prossimi passi nel processo di adesione di Finlandia e Svezia. E stiamo affrontando le preoccupazioni di sicurezza della Turchia, incluso per il tema della lotta contro il terrorismo”. “Il mio obiettivo è trovare un modo comune di procedere, così che entrambe le nazioni possano unirsi alla nostra alleanza nel più breve tempo possibile”. Secondo Stoltenberg l’entrata di Helsinki e Stoccolma renderà le due nazioni più sicure e rafforzerà la NATO.
Come riportato dal governo britannico, ieri in Germania all’incontro del G7, Gran Bretagna, USA, Giappone e Canada si sono accordati sul divieto di nuove importazioni di Oro russo; il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha detto che il tema dovrà essere discusso ulteriormente: “Sull’Oro siamo pronti ad entrare nel dettaglio e vedere se sia possibile puntare sull’Oro in modo da colpire l’economia russa e non in modo da colpire noi stessi”. La Gran Bretagna sostiene che le misure sull’Oro puntano ad avere un impatto sui russi facoltosi che hanno comprato lingotti rifugio per ridurre le ripercussioni delle sanzioni occidentali. Reuters riporta che una fonte governativa tedesca ha detto che i leader dei paesi del G7 stanno avendo colloqui anche su un possibile prezzo massimo da applicare al petrolio russo. I leader del G7 si sono anche accordati sull’impegno di raccogliere 600 miliardi di dollari in fondi pubblici e privati per i paesi in via di sviluppo per contrastare l’influenza cinese e mitigare l’impatto dei prezzi crescenti degli alimenti e dell’energia.
LA POLITICA USA
Il Congresso degli Stati Uniti fa un passo verso una maggiore limitazione all’accesso delle armi. Prima l’approvazione di giovedì scorso da parte del Senato, poi il disegno di legge bipartisan ha incassato la maggioranza anche alla Camera, 234 voti favorevoli (tra i quali quelli di 14 repubblicani) contro 193 ‘no’.
Il Presidente, Joe Biden, giovedì scorso ha commentato così il passaggio del disegno di legge al Senato: “Stanotte dopo 28 anni di inazione, membri bipartisan del Congresso si sono uniti per dare ascolto all’appello di famiglie in tutto il paese ed hanno approvato la legislazione per far fronte alla piaga della violenza da armi nelle nostre comunità”. “Le famiglie di Uvalde e Buffalo (dove nelle scorse settimane ci sono state sparatorie, ndr), e troppe tragiche sparatorie prima, hanno chiesto azione. E stanotte abbiamo agito”. Tra le misure contenute nel pacchetto bipartisan appena approvato, il potenziamento dei controlli dei precedenti per acquirenti di armi dai 18 ai 21 anni. La legislazione va anche ad agire sul cosiddetto ‘boyfriend loophole’ con una legge che limita il possesso di armi alle persone condannate per abusi domestici (attualmente la legge si applica solo se queste persone vivono con il loro partner, sono sposate con il loro partner o se hanno un figlio con il loro partner). Inoltre vengono istituti contributi agli stati per incoraggiare le leggi ‘red-flag’, che permettono alla polizia, a parenti o conoscenti di presentare una petizione ai tribunali per ordinare la rimozione di un’arma da fuoco agli individui considerati pericolosi. Ancora, con il pacchetto vengono finanziati programmi per la sicurezza scolastica e per la salute mentale giovanile. “Anche se dobbiamo fare di più, il Bipartisan Safer Communities Act è un passo avanti che aiuterà a proteggere i nostri bambini e a salvare vite”, ha affermato giovedì scorso la speaker della Camera, Nancy Pelosi. Al Senato il disegno di legge ha potuto contare sull’appoggio di 15 repubblicani, tra i quali anche il loro leader Mitch McConnell, che ha dichiarato: “La legislazione in esame renderebbe le nostre comunità e le nostre scuole più sicure senza sfiorare con un dito il Secondo Emendamento per i cittadini rispettosi della legge. Le sue norme chiave sono enormemente popolari tra il popolo americano”.
Sabato mattina Joe Biden ha firmato il disegno di legge; prima della firma il Presidente statunitense ha dichiarato: “Anche se questo disegno di legge non fa tutto quello che voglio, include azioni che ho richiesto a lungo e che salveranno vite”.
L’azione intrapresa dalla Corte Suprema giovedì scorso, però va in direzione opposta rispetto alle misure sopra citate. Secondo la Corte Suprema, infatti, una legge dello stato di New York che prevede che chi richiede di ottenere una licenza per portare un’arma fuori dalla propria casa debba avere una “giusta causa” viola il Secondo Emendamento. Per questa legge è un crimine portare un’arma nascosta senza una licenza. A votare a favore dell’annullamento della legge sei giudici conservatori della Corte Suprema. Per Biden la sentenza “contraddice sia il senso comune che la Costituzione e dovrebbe preoccupare profondamente tutti noi”.
La scorsa settimana la Corte Suprema ha anche annullato la Roe v.Wade, sentenza che stabiliva il diritto costituzionale all’aborto. La decisione della Corte Suprema conferisce agli stati il potere di stabilire le loro leggi sull’aborto. Il presidente Biden ha invitato gli americani ad eleggere più legislatori favorevoli alla libertà di scelta alle prossime midterm di novembre: “Abbiamo bisogno di ripristinare le protezioni di Roe come legge dello Stato. Abbiamo bisogno di eleggere funzionari che faranno questo”.
LA POLITICA DELLA FED
Doppio appuntamento al Congresso la scorsa settimana per Jerome Powell. Il Presidente della FED mercoledì scorso ha parlato alla Commissione bancaria del Senato e il giorno seguente è comparso davanti alla Commissione servizi finanziari della Camera. Mercoledì scorso Powell ha detto che la banca centrale non sta cercando di provocare una recessione, che, tuttavia, come ammesso dal numero uno della banca centrale resta possibile. Powell ha dichiarato: “È essenziale ridurre l’inflazione se vogliamo avere un periodo prolungato di forti condizioni del mercato del lavoro a beneficio di tutti”. Il Presidente della banca centrale ha anche ribadito che rialzi nel tasso di riferimento della FED saranno appropriati e il loro ritmo dipenderà dalla prospettiva economica. Inoltre non ha escluso un rialzo di 100 punti base in caso di necessità.
Parlando giovedì scorso alla commissione servizi finanziari della Camera, Powell ha aggiunto: “Abbiamo veramente bisogno di ripristinare la stabilità di prezzo, perché senza di essa non saremo in grado di avere un periodo prolungato di massima occupazione in cui i benefici siano distribuiti in modo molto ampio”. Rispondendo alle domande dei membri della commissione, Powell ha detto che c’è un rischio che le azioni della FED possano portare ad un aumento della disoccupazione, ma ha anche dichiarato che una recessione non è inevitabile e si aspetta che la crescita economica statunitense si riprenda nella seconda metà dell’anno. In merito alla riduzione del bilancio della FED che ha toccato circa i 9 trilioni di dollari durante la pandemia, Powell ha detto che la banca centrale punta a farlo calare di 2,5 o 3 trilioni di dollari rispetto all’ammontare attuale.
Mercoledì scorso il presidente della FED di Philadelphia, Patrick Harker, ha detto che la FED dovrebbe portare i tassi d’interesse oltre il 3% entro fine anno, per poi valutare le successive mosse eventualmente ancora necessarie per far abbassare l’inflazione: “Dobbiamo andare oltre la neutralità e mi piacerebbe andare oltre al 3%, ma non penso che si debba accelerare rapidamente oltre fino a quando non si avrà una migliore comprensione di ciò che sta facendo esattamente il quantitative tightening”.
Charles Evans, presidente della FED di Chicago, mercoledì scorso ha detto che nel caso in cui i dati relativi all’inflazione non migliorino, sarebbe favorevole ad un altro importante rialzo dei tassi a luglio, in particolare si è sbilanciato a favore di un aumento di 75 punti base: “Penso che [un rialzo di] 75 sarebbe in linea con le costanti forti preoccupazioni che i dati dell’inflazione non stiano scendendo così rapidamente come pensavamo". Secondo Evans tassi in rapida crescita aumentano il rischio di una recessione.
Anche Michelle Bowman, membro del Federal Reserve Board of Governors, ha definito “appropriato” un aumento dei tassi di 75 punti base al prossimo meeting del FOMC, pronunciandosi anche a favore di rialzi di almeno 50 punti base “nelle successive riunioni, fino a quando i dati in arrivo li supportano”. Bowman si è riferita all’inflazione come una minaccia per una crescita sostenuta dell’occupazione ed ha detto di essere “impegnata per una politica che porterà di nuovo il tasso reale dei federal funds in territorio positivo”, inoltre ha aggiunto che non ha senso che il tasso di riferimento sia sotto le aspettative a breve termine di inflazione. Bowman ha anche sottolineato che i rialzi dei tassi della FED non sono senza rischio, ma “la nostra responsabilità numero uno è ridurre l’inflazione”.
Non potevano mancare le dichiarazioni del numero uno della FED di St.Louis, James Bullard, che ovviamente non è venuto meno alle sue uscite da falco. Secondo Bullard è necessaria una politica monetaria ancora più aggressiva per evitare un disancoraggio delle aspettative di inflazione. (Mi domando se parlano solo per farsi pubblicità).
DATI MACROECONOMICI
Il numero di richieste iniziali di sussidi di disoccupazione nella settimana terminata il 18 giugno hanno confermato un trend in moderato rialzo. Il dato è stato pari a 229 mila unità, appena sopra al consensus (227 mila) ed in linea con le ultime due rilevazioni; nella settimana terminata l’11 giugno le richieste erano state 231 mila (dato rivisto da 229 mila) e in quella precedente 232 mila (dato rivisto da 229 mila). Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.
Il dato preliminare di giugno relativo al PMI manifatturiero S&P Global si è dimostrato al quanto debole risultando la prima contrazione dal luglio 2021. Il dato si attesta a quota 52,4 punti, registrando una contrazione significativa rispetto ai 57 punti di maggio e deludendo il consensus fissato a 56 punti.
Ma il punto dolente sono ancora i servizi che anche qui dovevano essere ancora supportati dalle riaperture e invece vedono l'effetto svanire dalla politica monetaria della FED. Si è passati dai 53,4 punti di maggio ai 51,6 punti del dato preliminare di giugno; il consensus prevedeva una crescita a 53,5 punti. I due dati sono rilasciati da Markit Economics.
Le vendite di nuove case hanno sorpreso al rialzo di parecchio con i mesi scorsi che hanno visto revisioni dei numeri positive. Se ne ricava che il mercato immobiliare USA non è così malconcio come sembrava. Ma i fondamentali non cambiano di molto in prospettiva. Sta per arrivare sul mercato un'ondata di case nuove. Dopo due mesi in calo, a maggio la vendita di nuove case ha registrato un incremento del 10,7% rispetto alla rilevazione precedente. Nello specifico, si è passati da un dato di aprile di 629 mila (rivisto da 591 mila) ad uno di maggio di 696 mila; il consensus prevedeva una contrazione a 588 mila. Il dato è rilasciato dall’U.S. Census Bureau.
L’indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan è stata rivista al ribasso rispetto al numero preliminare, con un deterioramento delle condizioni correnti. Ma le aspettative di inflazione sono scese, un segnale che forse i consumatori guardano più avanti della FED. Per il secondo mese consecutivo il dato registra un calo, passando dai 58,4 punti di maggio ai 50 punti di giugno (mai così in basso), praticamente in linea con il dato preliminare di 50,2 punti.
PORTAFOGLI AZIONARI
Nulla di nuovo, nella settimana appena trascorsa, a livello operativo sui nostri Portafogli azionari. Riguardo alla strategia da adottare nel prossimo futuro vi rimando al mio articolo pubblicato il 24 giugno (v. link). In questo capitolo fornisco ulteriori considerazioni a livello di mercati internazionali.
A fronte di quello che sembra prendere i contorni di un marcato rallentamento globale, l'azionario USA torna ad essere preferibile per una serie di motivi:
1) la maggior predominanza di settori difensivi come il tech, a fronte della maggior ciclicità di quello Eurozone;
2) l'economia USA è più resiliente e chiusa e meno dipendente dalla domanda globale;
3) un tipo di inflazione più "da domanda" e come tale più impattata dalla politica monetaria. Quindi un’economia meno esposta di quella EU al rischio di stagflazione;
4) Maggior margine di manovra per la Banca Centrale nel caso l'economia si avviti: la FED (pur con tutti i suoi errori recenti) è più avanti dell'ECB (che di fatto cessa gli acquisti dei bonds la prossima settimana) e potrà eventualmente invertire la marcia con maggior efficacia della Banca Centrale Europea, che ha i tassi ancora negativi almeno fino a settembre.
Non a caso nelle ultime sedute la maggiore performance di Wall Street rispetto all'azionario continentale è tornata a farsi rilevante, dopo un lungo periodo in cui l'aggressività della FED l'aveva penalizzata. Ecco anche il motivo per il quale contiamo di acquistare più lotti sui titoli USA e cercheremo di vendere in perdita qualche europeo (V. JUST EAT TAKEAWAY) come riportato nel mio articolo della scorsa settimana.
Per concludere, al riguardo della gestione dei Portafogli, nel monitorare costantemente i rischi, non bisogna perdere di vista il quadro generale e le lezioni del passato. La storia sembra indicare che ad ogni "eccesso di pessimismo generalizzato” non sia raro osservare una successiva fase di notevole rimbalzo, quindi sarebbe un peccato osservarla dopo aver liquidato le posizioni per eccesso di emotività. In buona sostanza è una fase in cui bisogna comprare il pessimismo, quando diventa eccessivo e vendere il sollievo, quando sconfina nell'ottimismo. Non è così facile individuare tali fasi (periodo fine maggio/inizi giugno docet !), ma bisogna procedere a tentativi, con cautela e senza farsi prendere dall’emotività o peggio dallo sconforto.
Grafico S&P500 worst
Alla prossima.
PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA.
Non erano previste pubblicazioni delle trimestrali nella settimana appena trascorsa sui titoli del Nasdaq100.
SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>)
CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.
ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (24/06/2022)
Non sono presenti ordini di acquisto per la settimana entrante.
Pagina a cura di SANDRO MANCINI e GIANMARCO LUCHETTI SFONDALMONDO.