Nessuna vera novità sul fronte bellico, così come nessuna vera novità dal fronte politico ed economico. La situazione generale resta tesa e difficile da qualunque parte la si voglia guardare. Sul fronte politico abbiamo la vittoria di Macron contro Le Pen, dalla Russia arrivano nuove minacce da parte di Lavrov su un’escalation di portata mondiale e in Cina pare sia tornato l’incubo del Covid.
Già questo basta e avanza per farci passare qualsiasi velleità di andare a prenderci dei rischi sui mercati, che stanno perdendo quota in modo ordinato ma costante ormai da settimane a questa parte. Le speranze di un buon esito delle trattative diplomatico sono ormai azzerate e bene abbiamo fatto a provare a mettere solo la punta di un piede sugli ultimi ingressi in portafoglio, quando le speranze di pace erano invece piuttosto buone e i mercati ci credevano davvero.
Per non farsi mancare nulla, su tutto questo si innesta il deciso rallentamento economico in Europa, con Morgan Stanley che ha tagliato le stime di crescita dell’Eurozona dal precedente 3% al 2,7% per quest’anno e dal 2,3% all’1,3% per il 2023. La banca d’affari americana individua due fattori di rischio per l’area: il boom dei prezzi dell’energia a causa della guerra russo-ucraina e i nuovi lockdown cinesi. Punto di vista certamente condivisibile, ma anche singolare, perché messa così pare che gli USA possano considerarsi impermeabili sia alle conseguenze del conflitto ad est sia del ritorno del virus in Cina.
L’analisi di Morgan Stanley prosegue sostenendo che è vero che l’economia dell’Eurozona ha dato sino oggi una buona risposta agli shock, ma nella seconda parte dell’anno le cose andranno peggiorando. E spiega in questo modo la forza del dollaro contro l’euro, aggiungendo che la posizione della BCE contribuisce a deprimere la moneta unica. E su questo è difficile dare torto alla banca d’affari USA, perché da un lato la BCE non ha ancora agito sui tassi d’interesse nonostante l’inflazione sia ormai schizzata al 7,5%; dall’altro ha indicato di voler avviare la stretta monetaria a luglio, ma i mercati temono che arrivi nel momento peggiore possibile.
E i mercati hanno ragione, perché a luglio la recessione sarà messa nera su bianco dai numeri dei dati macro e quindi sarà conclamata anche la stagflazione. E alzare i tassi sarà necessario per combattere l’inflazione quanto tenerli bassi per stimolare l’economia. Non sarà un bel periodo per Lagarde. E purtroppo, nemmeno per noi…
Ed ecco che dalla Cina arrivano notizie poco confortanti. I fatti sono questi: dopo Shanghai, le autorità stanno effettuando test di massa nella capitale Pechino, al fine di valutare il lockdown anche qui. La versione ufficiale è il timore della diffusione della variante Omicron BA e minacciano di chiudere tutto, come già hanno fatto in diverse aree densamente popolate e dove si produce il 40% del PIL nazionale. Manco a dirlo, uno scenario ferale per l’Europa (in realtà per tutto l’occidente), che vedrebbe un inasprimento dei colli di bottiglia e una conseguente accelerazione dell’inflazione.
La verità però è un’altra, e già da qualche parte la si sente sussurrare. Questa è l’alleanza nemmeno tanto segreta tra Cina e Russia per scalzare il dominio commerciale e geopolitico degli USA, ovvero dell’occidente in generale. La Cina non prende apertamente né le difese né le distanze dall’invasione russa ai danni dell’Ucraina, facendo il doppio gioco con l’occidente e usando la scusa del Covid per bloccare la produzione in Europa e negli USA facendo mancare le materie prime di cui ci siamo resi dipendenti in modo scellerato.
Sembra una partita a Risiko? Sì, sembra una partita al famosissimo gioco da tavolo, peccato che non lo sia, perché è la realtà dei fatti. La Cina e la Russia si sono alleate nella sostanza e nei fatti: la Russia con la guerra, e il contestuale rialzo dei prezzi energetici, sta importando inflazione nei paesi occidentali. La Cina, dal canto suo, ha in mano la possibilità per fermare il complesso produttivo internazionale bloccando pretestuosamente le forniture. Non facciamoci prendere in giro: è una strategia concordata tra le due nazioni più grandi ed estese del mondo che ambiscono ad affossare USA ed Europa.
Tornando al nostro portafoglio, sempre bene gli ultimi ingressi di carattere conservativo (fondi CB-Accent Lux Swan Ultra Short Bond e Nordea Alpha 15), mentre soffre l’ETF azionario Xtrackers Portfolio. Nulla di che, visto il peso ridotto con cui siamo entrati e infatti il nostro portafoglio, all’ultimo close disponibile, valorizza un NAV a 105,85 in lieve flessione rispetto al precedente 106,16 Dimostrando una buona tenuta alle turbolenze che non sono mancate e che purtroppo non mancheranno. La performance storica su base annua è anch’essa in lieve contrazione al +2,86% rispetto al +3,07% della scorsa valorizzazione. Stabile la volatilità totale, sempre all’1,43% così come quella negativa che resta allo 0,50%.
Portafoglio ed equity line aggiornati nell’apposita sezione.