LA RUBRICA PRENDE UNA SETTIMANA DI FERIE E LA PROSSIMA PUBBLICAZIONE SARA' PER IL GIORNO 25 APRILE.
PAUSA DI RIFLESSIONE PER I MERCATI AZIONARI USA ALLE PRESE CON L’ASSORBIMENTO DELLE NOTIZIE PROVENIENTI DALLA FED E DALLA GUERRA IN UCRAINA !!
Nulla di preoccupante, nella settimana appena trascorsa, sugli indici azionari USA se non per una pausa di riflessione da parte degli investitori per assorbire le notizie negative che sono arrivate dalle dichiarazioni dei membri della FED ed il rimpallarsi delle accuse tra Mosca e Kiev sui bombardamenti in atto che hanno provocato diverse morti tra i civili e conseguentemente l’allontanamento di un dialogo costruttivo tra le due nazioni che porti ad un “cessate il fuoco” definitivo.
Ad inizio settimana gli indici azionari eseguivano un bel rimbalzo con l’S&P500 ma soprattutto con il Nasdaq100 che faceva segnare un + 2.0% grazie alla notizia che Elon Musk ora detiene il 9% di Twitter, una news che ha dato spolvero ai titoli dei social media. Ma già dalla giornata di martedì il sentiment cambiava rotta a seguito delle forti dichiarazioni del vicepresidente della FED Lael Brainard (membro sempre molto moderato) che hanno colpito soprattutto il tech e i segmenti più growth del mercato USA come i produttori di chip, Nvidia e Micron, che hanno lottato a causa della carenza della catena di approvvigionamento e dei timori di una recessione incombente. La pesantezza dei ciclici e la forza dei difensivi indicano chiaramente che i timori di rallentamento ciclico legati all'inasprimento della politica monetaria (e alla guerra) sono alla base del movimento. Movimento che, ribadiamo, non riteniamo di classificare come “molto importante” in quanto venivamo da quasi tre settimane di rialzi e con la necessità di dover assorbire queste notizie non certo positive. Ricordiamo che da questa settimana, ma soprattutto dopo Pasqua, inizia la stagione delle trimestrali economiche societarie con le dichiarazioni di quest’ultime che indicano come esse siano in linea con le stime degli analisti.
La Commissione Europea ha proposto un nuovo set di sanzioni che includono un bando alle importazioni di carbone (anche se in modo graduale) e l’impossibilità alle navi russe di accedere ai porti europei. Il divieto sul carbone russo dovrebbe entrare in vigore a partire da metà agosto, un mese dopo rispetto a quanto inizialmente previsto a seguito delle pressioni della Germania e Austria per ritardare la misura. L’Unione Europea discuterà anche nuove sanzioni contro la Russia, tra le quali anche un embargo alle importazioni di petrolio, escludendo però il gas. Josep Borrell, l'Alto Rappresentante per la Politica Estera UE, ha detto che l’embargo al petrolio di Mosca non è più una questione di “se” ma “di quando”. A tal proposito l’agenzia internazionale per l’energia, ha rilasciato 120 mln di barili di petrolio per allentare i prezzi, dei quali metà li fornirà gli USA e l’altra metà altri membri AIE.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno sospeso lo stato di “most favored nation” a Russia e Bielorussia convalidando il blocco alle importazioni di petrolio russo. Inoltre hanno vietato alla Russia di rimborsare le cedole e i bond con i propri depositi in USD presso le banche USA. Le riserve in valuta estera della banca centrale russa presso le banche USA erano già state congelate con lo scoppio della guerra, ma il Treasury Department aveva finora concesso l’utilizzo di queste riserve per pagare i coupon sui bond russi denominati in USD. D’ora in avanti, quindi, la banca centrale di Mosca sarà costretta ad utilizzare le riserve in USD detenute in Russia. La scorsa settimana, Elvira Nabiulina, governatrice della Banca centrale russa, ha fatto sapere che le riserve estere russe e quelle di Oro sono scese a 604 mld $, circa 40 mld $ in meno dai livelli dello scorso febbraio.
Passando alla politica monetaria, in settimana è uscito il report dell’ultima riunione del FOMC (del quale parleremo più diffusamente nel relativo capitolo), la quale ha rivelato che la FED vuole ridurre il bilancio al ritmo di 95 mld $/mese a regime (60 mld di treasury e 35 mld di mutui sub-prime) e che questo ritmo potrebbe essere raggiunto nel volgere di 3 mesi o poco più dall'inizio dei "quantitative Tightening". Inoltre il report ha mostrato che più di un membro voleva un rialzo di 50 bps a Marzo.
E su quest’ultimo tema, come detto, le dichiarazioni dei vari membri della FED hanno contribuito ad appesantire i listini azionari tra i quali, la Vicepresidente FED, Lael Brainard, in passato appartenente al gruppo delle colombe, ha dichiarato che l'obiettivo di ridurre le pressioni inflazionistiche è "fondamentale" e quindi l’Istituto porterà avanti metodicamente i rialzi, iniziando da maggio a ridurre il bilancio ad un ritmo rapido. Tanta aggressività dalla Brainard si è riverberata anche su un mercato dei tassi già debole facendo schizzare al rialzo il dollaro index a toccare quota 100,0. I rendimenti USA hanno preso solidamente la via del rialzo per la sesta seduta consecutiva portandosi al 2,706% (massimo dal Marzo 2019) con lo spread 2-10Y in positivo di ben 20 bps, con la curva OIS USA che attribuisce quasi il 70% di probabilità che la FED proceda con tre aumenti da 50 bps tra maggio, giugno e luglio favorendo un rialzo globale nel 2022 tra il 3 ed il 3,25%. Ci sembra una vera assurdità, passare da non considerare un pericolo l’inflazione fino a febbraio 2022 o comunque fino alla fine del 2021 definendola a più riprese “inflazione transitoria”, per poi estremizzare la politica monetaria con contemporanea riduzione di bilancio, rischiando una pesante contrazione dell’economia. Il nostro pensiero è quello di rimanere più cauti credendo ad un rialzo limitato. Staremo a vedere !
Il mercato sembra ricominciare a proiettare un impatto continuato della guerra sulla fiducia di imprese e consumatori e quindi sul ciclo. E poi, con un’inflazione galoppante che impatta il reddito disponibile, l'impressione che il potere di determinazione dei prezzi delle aziende, fin qui egregio, comincerà a scemare, così che i costi progressivamente cominceranno a intaccare i margini. In più c’è da considerare l'inasprimento delle condizioni finanziarie legato all'esplosione dei tassi (vedi sotto grafico dei tassi reali USA e Euro) dove il rialzo dei rendimenti scarica sulle attese di inflazione.
Passiamo ora all’analisi grafica del nostro indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Il quadro tecnico dell’indice tech si è un po' deteriorato nella settimana appena trascorsa anche se, come detto in precedenza, nulla di preoccupante se non il dover smaltire l’aggressività della FED riguardo alla stretta monetaria che più penalizza le società ad alto rendimento. Graficamente, al momento, bene abbiamo fatto ad aspettare di capire se il massimo fatto registrare il 29 marzo scorso si fosse inquadrato come possibile onda 1 rialzista, in realtà il ribasso settimanale farebbe propendere più per un’onda 2 di rimbalzo finita con il massimo a 15265 e con onda 3 ribassista in atto ed il minimo a 13020 che diventa onda 1 ribassista. Ma è ancora troppo presto per esserne sicuri. Certamente la doppia resistenza rappresentata dalla M.M. semplice a 200 periodi (linea bianca), il massimo relativo del 2 febbraio (contrassegnato con B) e il rientro nel canale ribassista di volatilità, non farebbe sperare in una prosecuzione del rialzo. Quindi, ora, risulta molto importante che i prezzi non rompano al ribasso il supporto posto in area 14000 in attesa dell’uscita delle trimestrali economiche che possano dare una mano a riprendere il rialzo, fermo restando che notizie positive o quantomeno meno drammatiche dal fronte guerra sarebbero accolte molto meglio dai mercati. La settimana si è chiusa a 14327.26 con una perdita del – 3,59% che porta ad un deficit da inizio anno del – 12,21%.
Il quadro generale dell’S&P500 continua a presentarsi senz’altro meglio rispetto agli altri due indici maggiori. Mentre negli altri la M.M. a 200 (linea bianca) fa da resistenza al prosieguo del rialzo, su questo indice la stessa funge da supporto, così come l’area 4470 sta facendo il suo dovere nel frenare il ribasso. Anche su questo indice abbiamo fatto bene a non pubblicare nel grafico un nuovo conteggio delle onde in quanto, al momento, le ipotesi sul tavolo sono sempre due e cioè: la prima, con l’inizio di un nuovo conteggio rialzista in 5 onde con la 1 il massimo del 29 marzo scorso, e la 2 correttiva in corso; la seconda, ribassista in 5 onde con la 1 il minimo a 4114 del 24 febbraio scorso, la 2 il massimo a 4637 del 29 marzo scorso e la 3 ribassista in corso, ma ribadiamo che è ancora troppo presto per una lettura definitiva in un senso o nell’altro. Una fase di consolidamento è probabile per smaltire le notizie negative, ma è importante non scendere sotto il supporto posto in area 4385 che potrebbe far cambiare il sentiment. La settimana di contrattazione si è chiusa a 4488.28, con una perdita del – 1,27% che porta a segnare un – 5,83% da inizio anno.
Passiamo infine all’indice DOW JONES che, dopo aver tentato di approcciare l’area di resistenza a 35200, si è riportato sotto tale area rompendo al ribasso rompendo la M.M. semplice a 200 periodi (linea bianca) che tuttora funge da resistenza. Anche su questo indice si nota una fase di consolidamento, smaltita la quale è probabile una prosecuzione del rialzo se supportato dall’uscita di buoni dati economici trimestrali. Invece al ribasso sarebbe importante non rompere il supporto in area 34000 o, alla peggio, l’area 33600. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 34721.12 con una perdita del - 0,28% che porta a segnare un – 4,45% da inizio anno.
ORO INDEX
Gli ultimi risultati delle previsioni sull’Oro mostrano che nessun analista di Wall Street è ribassista sul metallo giallo nel breve termine, con una maggioranza sostanziale che prevede di vedere prezzi più alti in questa o nelle prossime settimane. Allo stesso tempo, gli investitori al dettaglio rimangono solidamente rialzisti sul metallo prezioso. Molti analisti hanno notato la resilienza dell'oro poiché i rendimenti obbligazionari a 10 anni sono saliti al livello più alto degli ultimi 3 anni. Le obbligazioni sono state vendute poiché i verbali della Federal Reserve di marzo hanno suggerito che i membri del comitato potrebbero aumentare i tassi di interesse di 50 punti base nelle prossime due riunioni. La banca centrale statunitense prevede inoltre di iniziare a ridurre il proprio bilancio dopo la riunione di politica monetaria di maggio. Nonostante tutte queste notizie ribassiste, l'Oro è riuscito a consolidarsi tra i 1.915 ed i 1.960 $/oz. Sebbene gli analisti non vedano ancora un breakout, si aspettano che i prezzi continuino a testare la fascia alta del range dei prezzi. Dei 16 analisti intervistati dieci di essi, ovvero il 63%, prevedono un aumento dei prezzi dell'Oro nei prossimi giorni, allo stesso tempo sei analisti, ovvero il 38%, rimangono neutrali sugli attuali prezzi. Ribassisti lo 0%. Il denominatore comune è che se l’Oro non si è portato sotto l’area dei 1900 $/oz. con questo quadro negativo, nel prossimo futuro non potrà che andare sù. Tuttavia fanno notare che un ritorno dei valori sui 2000 $/oz. è prematuro a meno che non si verifichi una grande escalation nella guerra tra Russia ed Ucraina che minerebbe l'approvvigionamento di petrolio e gas in Europa spingendo i titoli azionari al ribasso ed i prezzi dell'energia al rialzo, spostando gli investimenti verso l’Oro.
Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio notiamo che il Platino continua la sua debolezza rimanendo sotto la soglia psicologica dei 1000 $/oz. con dei minimi sempre più bassi, dai 957 $/oz. di fine marzo ai 941 $/oz. di giovedì scorso. Discorso in parte diverso per l’Argento che perde l’area dei 25 $/oz. consolidando in area 24,50 $/oz con la M.M. Exp. a 200 periodi a fare da supporto.
La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1945.60 $/oz., con una perdita del – 1,56% che porta ad una performance del + 5,20% da inizio anno. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1945.80 $/oz. con un guadagno del + 1,12%. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES APRILE 2022:
LA GUERRA – RUSSIA – UCRAINA - (EUROPA)
Mentre gli Stati Uniti approvano il disegno di legge volto a vietare l’import di petrolio, gas ed altri prodotti energetici dalla Russia (vedi capitolo POLITICA USA), l’Unione Europea si muove diversamente, almeno per il momento. Come riporta Reuters, venerdì un diplomatico UE ha fatto sapere che oggi (lunedì) a Lussemburgo i ministri degli esteri dell’Unione Europea non discuteranno formalmente di un embargo sul petrolio russo, mentre i ministri degli esteri dovrebbero approvare fondi per 500 milioni di euro per la fornitura di armi all’Ucraina. La scorsa settimana l’Unione Europea, tramite un nuovo pacchetto di sanzioni, ha preso provvedimenti per quel che riguarda le importazioni di carbone. Reuters riporta che il divieto sul carbone russo sarà pienamente efficace dalla seconda settimana di agosto; da venerdì scorso non possono essere firmati nuovi contratti, mentre i contratti esistenti dovranno essere interrotti entro la seconda settimana di agosto, quindi fino ad allora Mosca potrà ricevere pagamenti dall’Unione Europea sulle esportazioni di carbone. Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha detto: “Queste ultime sanzioni sono state adottate a seguito delle atrocità commesse dalle forze armate russe a Bucha e in altri posti sotto l’occupazione russa”. Oltre che il carbone, le nuove sanzioni dell’Unione Europea colpiscono l’import di altre materie prime e prodotti, tra i quali il legno, la gomma, il cemento, fertilizzanti, prodotti ittici come il caviale e alcolici, come la vodka.
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, mercoledì ha detto al Parlamento europeo che il quinto pacchetto di sanzioni non sarà l’ultimo: “Ora abbiamo bandito il carbone, ma adesso dobbiamo esaminare il petrolio”.
Venerdì scorso, durante una conferenza stampa a Londra, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto che la Germania sta lavorando per rendersi indipendente dalle importazioni di petrolio russo, un obiettivo che potrebbe essere raggiunto quest’anno. Scholz ha detto che Berlino è al lavoro anche per rendersi indipendente dal gas russo: “Questo, come potete immaginare, non è così facile perché necessita di infrastrutture che prima devono essere costruite. Quindi gasdotti verso la costa settentrionale della Germania, porti di rigassificazione che rendono possibile per esempio che le navi di GNL possano dare la loro fornitura alla rete del gas in Germania”. Il tema delle sanzioni alla Russia è stato al centro anche di una chiamata tra Scholz e Volodymyr Zelensky, come riportato ieri in un Tweet dallo stesso presidente ucraino: “Ho avuto una conversazione telefonica con Olaf Scholz. Abbiamo sottolineato che tutti i responsabili di crimini di guerra devono essere identificati e puniti. Abbiamo anche discusso sanzioni anti-russe, supporto difensivo e finanziario per l’Ucraina”. L’ufficio di Scholz, in una dichiarazione in merito alla conversazione tra i due leader, non ha citato il tema sanzioni, ma ha fatto sapere che Zelensky ha informato il cancelliere tedesco sulla “situazione attuale ed i negoziati tra Ucraina e Russia”. Politico in un articolo di lunedì scorso riporta che secondo Michael Kruse, portavoce della politica energetica di FDP, uno dei tre partiti della coalizione che sostiene il governo Scholz, alla Germania servirebbe “qualche settimana” per prepararsi ad un divieto contro il petrolio russo. Kruse ha sottolineato la necessità dei tedeschi di rendersi indipendenti dal petrolio russo più velocemente possibile: “Affinché questo riesca, devono essere create nuove reti di distribuzione verso la Germania orientale, perché il petrolio russo è consumato principalmente là. Questo può essere fatto in poche settimane”.
La Russia giovedì scorso si è anche vista sospendere dal Consiglio per i diritti umani dell’ONU, con 93 voti favorevoli alla sospensione, 24 contrari e 58 astenuti. Gennady Kuzmin, vice ambasciatore russo all’ONU, ha definito l’esclusione un “passo illegittimo e politicamente motivato” per poi annunciare la decisione della Russia stessa di lasciare il consiglio sui diritti umani. Linda Thomas-Greenfield, ambasciatrice degli Stati Uniti presso l’ONU, ha detto che le Nazioni Unite “hanno mandato un chiaro messaggio, che la sofferenza di vittime e sopravvissuti non sarà ignorata”. L’ambasciatore ucraino Sergiy Kyslytsya ha detto davanti all’ONU: “Bucha e dozzine di altre città e villaggi, dove migliaia di pacifici abitanti sono stati uccisi, torturati, violentati, sequestrati e derubati dall’esercito russo, fungono da esempio di quanto drammaticamente la Federazione Russa si sia allontanata dalle sue iniziali dichiarazioni in ambito di diritti umani”.
Ieri il ministro degli esteri ucraino Kuleba, come riporta Interfax Ukraine, ha detto ad NBCnews: “È estremamente difficile anche solo pensare di sedersi al tavolo dei negoziati con persone che commettono o cercano una giustificazione per tutte queste atrocità e crimini di guerra che hanno causato un danno così mostruoso all’Ucraina. Ma capisco una cosa: se sedersi al tavolo dei negoziati con i russi mi aiuta ad evitare almeno un massacro come quello a Bucha o almeno un altro attacco come quello a Kramatorsk, devo cogliere questa opportunità qualunque cosa provi, se ho l’opportunità di salvare una vita umana, un villaggio, una città dalla distruzione coglierò questa opportunità”.
Ursula von der Leyen, che la scorsa settimana si è recata in Ucraina, ha detto che Bruxelles e Kiev sono al lavoro per raccogliere prove di possibili crimini di guerra da presentare in futuri casi giudiziari.
LA POLITICA USA
Gli USA mettono in campo nuove misure per contrastare la continuazione della guerra tramite le sanzioni a Mosca. Giovedì il Congresso ha approvato la rimozione dello status di nazione più favorita” (most favoured nation – principio di uguale trattamento tra i membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio) alla Russia: 420 i voti favorevoli alla Camera contro 3, al Senato invece la proposta ha raccolto 100 voti favorevoli. Il disegno di legge, che riguarda anche il rapporto commerciale con la Bielorussia, permette il controllo sulle importazioni di prodotti come il platino, prodotti chimici, ferro e acciaio. La misura andrebbe ad irrigidire ulteriormente la relazione commerciale tra Washington e Mosca, dato che l’amministrazione Biden ha deciso di vietare l’importazione di petrolio, vodka, diamanti e prodotti ittici.
Il leader della maggioranza al Senato, Chuck Schumer, giovedì ha detto: “Nessuna nazione il cui esercito stia commettendo crimini di guerra merita lo status di libero scambio con gli Stati Uniti”. “Nessun vile delinquente come Putin merita di stare alla pari con i leader del mondo libero. È una minaccia e un emarginato che ha assicurato che il suo posto nella storia sarà un’eterna vergogna”.
Giovedì scorso il Congresso ha approvato anche il disegno di legge che prevede il divieto delle importazioni di petrolio, gas ed altri prodotti energetici dalla Russia; anche in questo caso il Senato ha votato compatto (100 voti favorevoli, nessuno contrario), la Camera ha approvato la misura con 413 voti a favore contro 9. Ad inizio marzo il presidente statunitense aveva firmato un ordine esecutivo per vietare l’importazione di petrolio, gas naturale liquefatto e carbone russo, dunque il disegno di legge codifica l’ordine esecutivo di Biden.
Ma non solo. Come riporta Politico, mercoledì il Senato americano ha approvato all’unanimità il “Lend-Lease act” un programma, creato durante la Seconda guerra mondiale, che permetterebbe al presidente americano di inviare più rapidamente armi e altri rifornimenti all’Ucraina tagliando lungaggini burocratiche. Il paese destinatario delle forniture, in questo caso l’Ucraina, pagherà gli USA in un secondo momento. La senatrice democratica Jeanne Shaheen ha dichiarato: “Mentre si svolge la guerra Ucraina, inviare aiuto militare più velocemente possibile è fondamentale per l’abilità dell’Ucraina di difendersi contro gli attacchi non provocati di Putin”. “Il Cremlino sta commettendo in tutta la nazione orribili assalti su infrastrutture civili e sta prendendo di mira uomini, donne e bambini innocenti”. Sull’Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act ora dovrà pronunciarsi anche la Camera. Giovedì il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba tramite il proprio profilo Twitter ha commentato il passaggio della misura al Senato: “Grato al Senato degli Stati Uniti per aver approvato l’Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act. Importante primo passo verso un programma di lend-lease per accelerare la consegna di equipaggiamento militare all’Ucraina. In attesa del suo rapido passaggio alla Camera e della firma del presidente statunitense”.
Martedì il Dipartimento di Stato americano ha pubblicato sul proprio sito una nota del suo segretario Antony Blinken, nella quale vengono illustrati nuovi aiuti militari per l’Ucraina. In particolare nel testo viene citata assistenza alla sicurezza per un valore fino a 100 milioni di dollari per “rispondere all’urgente necessità dell’Ucraina di ulteriori sistemi anticarro”. “Questa autorizzazione è il sesto prelievo di armi, equipaggiamento e rifornimenti dagli inventari del Dipartimento della Difesa per l’Ucraina da agosto 2021. Combinato con i 300 milioni di dollari in assistenza annunciati dal Dipartimento della Difesa il 1° aprile sotto l’Ukraine Security Assistance Initiative, questo ulteriore prelievo porta il totale dell’impegno statunitense nell’assistenza alla sicurezza dell’Ucraina ad oltre 2,4 miliardi di dollari dall’inizio di questa amministrazione ed oltre 1,7 miliardi di dollari dall’inizio del brutale assalto della Russia all’Ucraina iniziato il 24 febbraio”. Blinken chiude la nota sottolineando che gli USA insieme a partner ed alleati lavoreranno per raccogliere informazioni per documentare abusi segnalati e continueranno a fornire assistenza all’Ucraina in ambito di sicurezza ed anche sul piano economico ed umanitario.
LA POLITICA USA-CINA
Viaggio in Asia rimandato per Nancy Pelosi. La trasferta asiatica di una delegazione del Congresso degli Stati Uniti, in programma durante le due settimane di pausa parlamentare, è stata rinviata dopo che la scorsa settimana la speaker della Camera è risultata positiva al Covid-19. Giovedì su Twitter Drew Hammill, vice direttore della comunicazione di Pelosi, ha fatto sapere che il viaggio “sarà posticipato a data da destinarsi”.
In precedenza alcuni media giapponesi e taiwanesi avevano riportato che la Pelosi avrebbe visitato prima il Giappone, poi Taiwan, circostanza non confermata né dall’ufficio della speaker della Camera né dal governo di Taiwan. La possibile visita statunitense a Taiwan ha scatenato la reazione cinese; giovedì da Pechino hanno fatto sapere che questo tipo di visita avrebbe un impatto sulle relazioni bilaterali con Washington.
Giovedì Zhao Lijian, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ha detto che la CINA “si oppone in maniera risoluta a tutte le forme di contatto ufficiale tra USA e Taiwan”, esortando Washington ad annullare la visita taiwanese della Pelosi. Zhao Lijian ha anche affermato: “Se gli Stati Uniti insistono per fare a modo loro, la CINA prenderà misure ferme e forti per salvaguardare con fermezza la propria sovranità ed integrità territoriale. Tutte le possibili conseguenze che deriveranno da questo saranno completamente a carico della parte statunitense”.
LA POLITICA DELLA FED
Una serie di aumenti dei tassi d’interesse e già dal prossimo mese via alla riduzione del bilancio da quasi 9 trilioni di dollari. Sono queste le misure per far fronte all’alta inflazione illustrate martedì scorso ad una conferenza alla Fed di Minneapolis da Lael Brainard, membro del consiglio dei governatori della Federal Reserve. “Al momento l’inflazione è troppo alta ed è soggetta a rischi al rialzo”, ha detto Brainard, spiegando che il FOMC è pronto a prendere “un’azione più forte” se ciò sarà giustificato da indicatori ed attese di inflazione. Per quanto riguarda la riduzione del bilancio della banca centrale, Brainard ha spiegato: “Dato che la ripresa è stata considerevolmente più forte e veloce rispetto al ciclo precedente, mi aspetto che il bilancio si riduca in modo notevolmente più rapido rispetto alla precedente ripresa, con importi significativamente più grandi ed un periodo molto più corto per introdurre gradualmente degli importi più grandi rispetto al 2017-19”.
I verbali dell’incontro di marzo del FOMC, pubblicati mercoledì scorso, hanno fornito ulteriori indicazioni sulla dimensione della riduzione del bilancio della FED. Nel meeting di marzo i decisori politici della banca centrale si sono accordati sull’introduzione, probabilmente già da maggio, di un piano per ridurre le partecipazioni della FED in titoli del Tesoro fino a 60 miliardi di dollari al mese e le sue partecipazioni in titoli garantiti da ipoteche fino a 35 miliardi al mese, con importi introdotti gradualmente nell’arco di tre mesi o poco più. Sul tavolo della discussione all’incontro di marzo c’era anche il tema del ritmo dei rialzi dei tassi. Al meeting del 15-16 marzo è stato approvato un rialzo dei tassi di 25 punti base, tuttavia il verbale indica potenziali aumenti dei tassi di 50 punti base nelle prossime riunioni. Nel verbale viene riportato che: “molti partecipanti hanno notato che uno o più aumenti di 50 punti base nel target range potrebbero essere appropriati negli incontri futuri, in particolare se le pressioni inflazionistiche dovessero rimanere elevate o dovessero intensificarsi”.
Ad inizio della scorsa settimana, martedì, Mary Daly, presidente della Federal Reserve Bank di San Francisco, ha espresso la propria preoccupazione riguardo l’inflazione: “Capisco che l’inflazione è dannosa quanto non avere un lavoro”. “Se hai un lavoro e non puoi pagare le tue bollette o sento di non poter risparmiare per quello che devo fare, allora questo ti tiene sveglio la notte”. “E il nostro obiettivo è assicurarci che le persone non restino sveglie a preoccuparsi se il loro dollaro oggi sarà lo stesso e varrà un dollaro domani”. Secondo Daly l’economia potrebbe vacillare, ma quest’anno non entrerà in recessione, nonostante i tassi d’interesse più alti.
L’inflazione troppo alta preoccupa anche Patrick Harker, presidente della FED di Philadelphia. Mercoledì Harker ha detto: “Il nocciolo della questione è che le politiche fiscali generose, le interruzioni della catena di approvvigionamento e la politica monetaria accomodante hanno spinto l’inflazione molto più in alto rispetto a dove, io ed i miei colleghi (del FOMC), prevedevamo arrivasse”. Harker ha spiegato di aspettarsi “una serie di rialzi deliberati, metodici mentre va avanti l’anno ed i dati si evolvono”.
Secondo il presidente della FED di St. Louis, James Bullard (noto membro molto aggressivo), entro la fine dell’anno la banca centrale statunitense deve aumentare il tasso dei fondi federali di altri tre punti percentuale, ciò si tradurrebbe in un rialzo di mezzo punto percentuale ad ognuno dei sei meeting restanti del FOMC. Secondo Bullard cambiamenti nel bilancio della FED “sono già stati assorbiti dai mercati” e non dovrebbero influenzare le decisioni della banca centrale sui tassi, così come la guerra in Ucraina non dovrebbe influenzare la lotta all’inflazione da parte dell’Istituto. Inoltre per Bullard la forza lavoro non sta crescendo abbastanza velocemente da fornire aiuto nella lotta all’inflazione: “Stiamo riportando le persone al lavoro, ma è un processo lento e non qualcosa che si sta verificando ad una frequenza abbastanza elevata per aiutarci sulla dimensione dell’inflazione”.
Raphael Bostic, presidente della Federal Reserve Bank di Atlanta, giovedì intervenendo ad una conferenza virtuale della FED di Chicago ha spiegato come secondo lui sia il momento di abbandonare l’approccio d’emergenza e come sia opportuno adottare una politica che si avvicina ad una posizione neutrale, ma farlo in un “modo misurato”. Charles Evans, presidente della FED di Chicago, ha detto: “Sono ottimista che possiamo raggiungere la neutralità, guardate intorno e si scopre che non siamo necessariamente così lontani da dove dobbiamo andare”. Sia Evans che Bostic hanno detto di sostenere i piani della banca centrale per irrigidire la politica ed entrambi in precedenza hanno sostenuto che sarebbero aperti ad un rialzo di 50 punti base, se necessario.
In merito al ritmo del rialzo dei tassi, mercoledì Thomas Barkin, presidente della FED di Richmond, ha detto: “Vogliamo normalizzare i tassi per contenere l’inflazione, ma se correggiamo eccessivamente potremmo impattare negativamente l’occupazione. Abbiamo un po’ di tempo per arrivare ad una posizione neutrale. L’inflazione e l’occupazione sono ancora pesantemente influenzate dalle pressioni sull’offerta, dalla presenza ancora attuale della pandemia e più recentemente dalla guerra in Ucraina”.
DATI MACROECONOMICI
La bilancia commerciale USA tra beni e servizi esportati ed importati nel mese di febbraio non si discosta dalla rilevazione precedente; come a gennaio, il dato è pari a -89,2 miliardi di dollari, contro un consensus di -88,5 miliardi di dollari. Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Economic Analysis.
Il dato PMI relativo al settore dei servizi rilasciato da ISM mostra nel mese di marzo una crescita a 58,3 punti, contro un consensus di 58,4 punti ed un dato di febbraio di 56,5 punti.
Nello specifico, il dato relativo ai nuovi ordini balza dai 56,1 punti di febbraio ai 60,1 punti di marzo.
I prezzi passano dagli 83,1 punti di febbraio agli 83,8 punti di marzo.
Mentre l’indice che riguarda l’occupazione, invece, passa dai 48,5 punti di febbraio ai 54 punti di marzo.
Quarta rilevazione consecutiva che segna un calo per le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione che mostrano un mercato del lavoro estremamente tirato. Nella settimana terminata il 2 aprile hanno toccato quota 166 mila, registrando un nuovo minimo dal 1968, contro un consensus di 200 mila. Nella settimana terminata il 26 marzo le richieste iniziali erano state 171 mila (dato rivisto da 202 mila). Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.
PORTAFOGLI AZIONARI
Nella settimana appena trascorsa, diversi movimenti a livello di operatività, sui Portafogli azionari. Nel Portafoglio Storico, con la strategia Nasdaq Weekly, bene il titolo WALGREENS BOOTS ALLIANCE nonostante la discesa dell’indice di riferimento. Quattro nuovi ordini, sempre con la medesima strategia, sono in rampa di lancio nella sez. “Nuovi ordini”. Mentre il Portafoglio “The Challenge” ci ha regalato un bel tozzo di pane con la vendita a target del titolo spagnolo ENAGAS (+ 21,98%) ad ennesima dimostrazione che la strategia del Portafoglio (sia a livello temporale, che geografica, che di settori) è azzeccata e profittevole. Per quanto riguarda gli acquisti, siamo entrati su due titoli del listino Nasdaq100 e precisamente su LAM RESEARCH, e ADVANCED MICRO DEVICES che contiamo di detenere a lungo per gli ottimi fondamentali societari. Altri due sono già stati inseriti nella sez. “nuovi ordini” ed in rampa di lancio altri 8/10 sono pronti per essere segnalati appena i prezzi si avvicineranno a quelli da noi fissati.
Alla prossima.
PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA.
Non sono state pubblicati report nella settimana appena trascorsa.
SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>)
CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.
ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (11/04/2022)
* 11/04/2022 (NXP SEMICONDUCTORS) Acquista limit prezzo 170.10 $ -
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Pagina a cura di SANDRO MANCINI.