Stagflazione in Europa? Ne beneficeranno gli Usa cogliendo due piccioni con una fava!


Si fa un gran parlare del termine staglfazione e molti iniziano quindi, data l'inflazione ormai per assodata, seppur i grandi presidenti continuino a ripetere ossessivamente di un presunto carattere transitorio della stessa, facendo ricorso a non meglio specificati "modelli" che a loro dire, parlano di una disesa dei prezzi al consumo, ad iniettare nelle argomentazioni, l'altro fattore necessario per conseguire lo status di stagflazione, vale a dire la recessione.

I mercati, per mano degli operatori, hanno continuato a salire, non tenendo debitamente conto di quanto detto ma, agevolati e solleticati da tassi ancora bassi, continuando con un carry trade estremo.

Ora, anche per bocca di illustri rappresentanti della Fed, si inizia a percepire l'imminenza di un rialzo dei tassi ben più incisivo di quanto lo sia stato quello proposto dal tenerone Powell, che non era andato oltre il quarto di punto nel corso dell'ultimo meeting, e come accade ai bambini a cui vengono sottratte le caramelle, le vendite hanno iniziato a premere in maniera significativa.

Tornando sul primo addendo, l'inflazione, dinanzi alla congiuntura economica che la vede in rialzo incontrollato oramai da oltre un anno, con l'aggravante delle tensioni geopolitiche conseguenti al noto conflitto in essere, ci stupisce sempre più questa volontà di voler ignorare un problema che semmai non potrà far altro che ingigantirsi e tardive arrivano le parole di Bullard, illustre membro della Fed, il quale, in settimana, ha ratificato quanto "La Fed sia in netto ritardo nella lotta all'inflazione".

Concentrandoci ora sul secondo fattore, quello recessivo, altrettanto ingenuo è l'uso del condizionale fatto dalle istituzioni, asserendo che le tensioni tra Ucraina e Russia "potrebbero" impattare negativamente il Pil europeo.

In realtà l'impatto è certo e non condizionale e la stessa Confindustria ha già fatto calcoli precisi di quanto si verificherà e i dati oggettivi mostrano che l'economia tedesca verrà azzoppata, come già hanno dimostrato sia il crollo dell'indice Ifo sia quello degli ordini all'industria, scesi del 2.2% a febbraio, senza ancora contemplare l'impatto della guerra alle porte, in Ucraina.

Le armi delle banche centrali, colpevoli di aver perso tempo, almeno un anno, nell'intervenire nella calmierazione dei mercati e consequenzialmente dei prezzi al consumo, ora rischia di scatenare una tempesta finanziaria perfetta!

Il mondo, ancora, e grazie a Dio, non è ancora in guerra e, da cittadino, la speranza è che la diplomazia sia ancora al lavoro per scongiurare l'inferno, inferno che è già realtà per la popolazione ucraina e russa; si russa, perchè sono i potenti che decidono le sorti della gente comune e a morire, purtroppo, non è solo la popolazione ucraina ma anche quella russa, con ragazzi mandati al massacro con cognizione di causa, ma, ciò detto, alla Lagarde non restano più armi a  disposizione per controbattere alla situazione, per cui, non resterà altro che rimanere a guardare, forse non toccando più di tanto i tassi e sperando, che l'inflazione rientri grazie alla diplomazia politica.

Il discorso è diverso invece per gli Usa, i quali, meno coinvolti nel conflitto e forse traendo più interesse da una guerra su suolo europeo, grazie anche alla maggior esportazione di materie prime dirette verso l'Europa, dovranno necessariamente agire sulla leva dei tassi, e, quando se non ora, con un mercato del lavoro che procede a gonfie vele tanto da non riuscire ad occupare tutta la domanda di lavoro?

S arriverà quindi ad avere per la prima volta dopo tantissimi anni, Europa e Usa che hanno viaggiato su scenari molto simili per circa un ventennio, a viaggiare su scenari molto distanti con ampio vantaggio per gli Usa, i quali magari, ambiscono inconsciamente anche al fallimento dell'intergazione europea e della moneta di riferimento, avendo sin da primo giorno, vissuto in maniera conflittuale l'introduzione dell'Euro, che grossi problemi ha creato al gigante a stelle strisce, nel costo delle esportazioni e nel costo delle importazioni.

Non restano altre ipotesi e sarebbe bene per il Board della BCE ne sia perfettamente cosciente.

La sensazione molto forte è che l'epoca di Mario Draghi abbia rappresentato un momento di forza nella leadership della banca centrale europea, ora smarrita.

C'è necessità di una leadership che sia in grado di agire quando i tempi sono maturi e non di temporeggiare, una leadership che sia consapevole delle lacune che la politica europea, per mano dei politici che la rappresentano, venga coesa dalla banca centrale proprio come fu in grado di fare Mario Draghi in più di una conferenza in cui spedì messaggi chiari e forti alle camere europee;  come quando disse a chiare lettere "la Bce ha fatto quanto poteva, ora tocca a voi rappresentanti politici unire le vostre forze ed agire per un bene comune", e questo atteggiamento fu tenuto durante le crisi del debito pubblico dei Paesi del Sud Europa.

Pertanto durante la fase più critica che l'integrazione abbia vissuto, quando si è dovuto decidere di applicare un principio distributivo delle entrate e delle perdite che banche e governi registravano in pendenza, il priveligio di pochi, attestati su posizione negazioniste in termini eurocentrici oppure tesi al consolidamento delle proprie strutture economiche e politiche ha visto sempre più lontano il sogno di una possibile integrazione.

Il punto è che per essere vincenti, come già evidenziavo in precedenti analisi, occorre mettere insieme le forze, percependo la diversità non come un ostacolo all'affermazione della propria identità, ma come leva motivazionale e propulsiva verso una maggiore richezza personale e collettiva.

Draghi fu capace di imporre alla politica quel principio di condivisione ben conscio del fatto che se anche la BCE fosse stata equivoca e di conseguenza meno incisiva, i giorni sarebbero stati contati per una Europa unita.

Ad oggi temi simili, rischiano di dividere l'Europa e di metterla nuovamente in crisi e qualche istituzione è chiamata a ricoprire quel ruolo ignobile, ma forte che l'allora Board, a differenza di quello attuale, fu in grado di fare.

Il nostro non è solo un auspicio, ma una vera richiesta di interventismo, invitandoli a lasciar stare le partite a scacchi con la Fed, perchè i nostri problemi non sono simili ai loro in questo particolarissimo momento storico.

Oggi primo turno elettorale per le presidenziali in Francia, se le indagini statistiche venissero rispettate, prepariamoci a ballare.

Il punto è che occorre ora motivarsi verso l'assunzione di una leadership consapevole che sappia gestire le dinamiche interne alle diverse realtà e sia in grado di rispondere alle esigenze e alle emergenze richieste dal particolare momento.

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)