Un ventaglio di soluzioni che si adattano al difficile momento in corso. Soprattutto se l’abbinata guerra-inflazione dovesse proseguire.
Il report della domenica
La diversificazione non ha retto alla “tempesta perfetta” scatenatasi sui mercati da inizio 2022, per la contemporanea debolezza di azionario e obbligazionario. Ci sono ora due motivi di forte incertezza sorvegliati dagli istituzionali e un tema (statistico) di forza. I primi consistono nel fatto che le performance sono risultate negative sia prima dell’inizio della guerra in Ucraina sia dopo, confermando una dinamica sfavorevole ben oltre le follie di Putin, e poi nel fatto che i bond in euro hanno seguito le pressioni ribassiste di quelli in dollari, senza la certezza che la Bce imiti la Fed nel riadeguamento di politica monetaria.
L’elemento positivo è come detto statistico: quando gli anni partono male di solito finiscono bene. Succederà anche per il 2022? In questo contesto – sostiene Kristin McKenna, amministratore delegato di Darrow Wealth Management, società Usa, “la diversificazione conferma di non essere una bacchetta magica: non c'è sempre un posto dove nascondersi quando i mercati vanno al ribasso. Inoltre, durante i periodi di volatilità, la correlazione tra le asset class tende ad aumentare. Ora non si sa quando avverrà un’inversione: quindi per gli investitori a lungo termine è importante rimanere collocati in attesa di tempi migliori”.
Ecco così una panoramica di ipotesi di investimento utili per muoversi nei prossimi mesi.
► Il mondo…il mondo. Meglio delle singole Borse
Volendo puntare sull’azionario e cercando di stemperare i rischi concentrati (a inizio 2022 chi poteva prevedere la scomparsa di fatto della Borsa di Mosca, che ha trascinato al ribasso gli “emerging markets”?) l’alterativa migliore consiste nel costruire un piano di accumulo sul “global market” mediante Etf preferibilmente con valuta di denominazione l’euro, a replica fisica, a ridotta volatilità e dal Ter più basso possibile. Questo un esempio.
Amundi Msci World (valuta Eur) |
LU1437016972 |
Ter 0,18% |
Ad accumulo |
Soddisfa i requisiti indicati ma ha un punto debole: una presenza prevalente dell’azionario Usa nella composizione del paniere sottostante.
► Ancor meglio se si sommano mercati sviluppati ed emergenti
Nel caso dell’Amundi si ha quindi una forte concentrazione sulle economie occidentali. Volendo inserire anche gli “emerging” ci sono due sole possibilità.
Vanguard Ftse All-World |
IE00BK5BQT80 |
Ter 0,22% |
Ad accumulo – Replica anche Cina, Taiwan ed altri “emerging”, sebbene con pesi non rilevanti |
Vanguard Ftse All-World Distr. |
IE00B3RBWM25 |
Ter 0,22% |
A distribuzione (dividendi trimestrali – yield sull’1,5%) – Replica simile a quella della versione ad accumulo |
► Private markets OK, polizze KO: 10 a 2 cos’è meglio?
Nella classifica degli strumenti “long term” più penalizzati dalle evoluzioni dei mercati ci sono certamente le polizze a gestione separata, note come ramo 1: fra rendimenti molto bassi (nettamente inferiori all’inflazione – nei migliori dei casi al 2%) e costi in aumento le garanzie che offrono non possono compensare una situazione per loro molto negativa. Chi le detiene solitamente non ci pensa e guarda al lungo termine ma un’alternativa valida consisterebbe nell’alleggerire le relative posizioni e nel puntare sul cosiddetto “private market”, finora considerato asset soprattutto per la clientela più dinamica e danarosa.
Gli strumenti di tale tipo non sono quotati in Borsa, poiché come sottostanti hanno investimenti diretti nell’economia realizzati in vari modi. Si caratterizzano per numerosi vantaggi:
- Volatilità quasi a zero
- Forte diversificazione dei sottostanti (immobili, infrastrutture, partecipazioni dirette in aziende “target” con forti potenzialità di crescita, credito privato, risorse naturali e altro)
- Rendimenti elevatissimi (dell’ordine anche di oltre il 10% annuo dopo un certo periodo)
- Ottima protezione dai fattori inflattivi
- Protezione contro i cosiddetti “tail risks” o “cigni neri” che dir si voglia.
È pur vero che ci sono anche dei punti deboli:
- Illiquidità degli strumenti: ci si investe e si va a scadenza, solitamente sui dieci anni
- Scarsa trasparenza (ma in termini solo tecnici) degli investimenti realizzati
- Tagli minimi in alcuni casi elevati, sebbene ci siano prodotti con lotti di poche decine di migliaia di euro.
Volendo puntare su questo settore, giudicato con ottime potenzialità di crescita, c’è anche l’alternativa degli Etf.
Xtrackers LPX MM Private Equity Swap |
LU0322250712 (Borsa Milano) |
Ter 0,70% |
Valuta di denominazione Eur – Performance 1 anno + 21,3% - Performance da inizio 2022 -12,4% |
In realtà l’Xtrackers LPX MM Private Equity copre le maggiori società del mondo specializzate in “private equity” e quindi entra indirettamente negli asset reali. L’Etf effettua la replica sintetica della performance dell’indice sottostante con uno swap. Si caratterizza pertanto per una volatilità di tipo azionario (del 20% su base annua) al contrario degli strumenti veri e propri di “private market”, contraddistinti da volatilità quasi nulla.
Una seconda opzione non è quotata a Milano ma è presente su varie piattaforme italiane.
iShares Listed Private Equity |
IE00B1TXHL60 (Borse tedesche e di Londra) |
Ter 0,75% |
Valuta di denominazione Usd – Distribuisce dividendi semestrali con uno yield sul 2,5% |
Qui il sottostante è fisico e la replica avviene mediante posizionamenti sulle leader del “private equity” (come KKR, Blackstone, 3I ecc). Si tratta pertanto di un modo indiretto di collocarsi su una forma di investimento destinata a crescere molto nei prossimi anni.
► Per Credit Suisse tre azioni che la guerra non affonderà
Le migliaia e migliaia di morti in Ucraina sono una vergogna che dovrebbe pesare sulla coscienza di tutti. Però “The show must go on” dice una canzone, che ben si adatta anche ai mercati finanziari, abbastanza distaccati rispetto a quanto avviene a Kiev e dintorni. Va quindi citato un report di Credit Suisse, che prende in considerazione tre azioni considerate impassibili ai rischi che l’evento bellico possa proseguire per mesi e mesi.
LVMH (Parigi) |
I minimi dell’8 marzo a 550 € sono ormai un ricordo e il titolo (chiusura venerdì a 631,7 euro) è risalito verso la media mobile a 200, che ha fatto da barriera per sei sedute. Solo un netto rimbalzo sopra i 670 € confermerebbe un suo risoluto rilancio |
Leader mondiale del settore del lusso è favorita dall’ascesa del ceto medio nei mercati emergenti e dalla crescente ricchezza globale. Elevato poi il potere di pricing di Louis Vuitton in un contesto anche iper inflazionistico |
Nike (Nyse) |
Qui il confronto avviene invece con il supporto dei 126,4 Usd. Da novembre il titolo è sceso molto e la probabilità che si ripresenti una fase di lateralità, come quella di inizio 2021, al momento appare probabile. Un vero rimbalzo avverrà solo sopra i 147 $ |
I trend della domanda di abbigliamento sportivo stanno migliorando, con la progressiva uscita dalle limitazioni Covid, e il management resta ottimista sulla Cina e sulle prospettive globali a medio termine dei business del gruppo |
Shell (Londra) |
La crisi? Quest’azione non la conosce. È poco sotto i massimi storici del 2018 e del 2019. Una fase correttiva sarebbe un’ottima occasione di buy |
Come maggiore fornitore al mondo di Gpl (con una quota di mercato di circa il 25%), la società beneficia della sete europea di indipendenza dal gas russo |
► Asset da considerare e asset da trascurare
● Timori per il settore immobiliare e quindi per gli strumenti finanziari correlati, dopo anni di forte espansione. L’inflazione ha fatto crescere i prezzi ma ora si teme che la recessione possa comportare una loro caduta nei grandi centri urbani. Con condizioni del credito meno favorevoli la domanda inevitabilmente calerà. Ripercuotendosi sulle quotazioni di azioni, fondi ed Etf del comparto.
● Nucleare buono e nucleare cattivo: non si fa riferimento logicamente agli utilizzi bellici ma a quello energetico. Nelle ultime settimane i report in merito sono stati numerosi. Ed ecco che gli Etn sull’uranio hanno corso come razzi. Venerdì l’SG Etn Uranium Mining (Isin XS2425320749 – Borsa di Milano – valuta di denominazione Eur) ha messo a segno un +11,3%, proseguendo il trend rialzista iniziato mercoledì. Appartenenti alla categoria dei non armonizzati segnaliamo invece Global X Uranium Etf, North Shore Global Uranium Mining Etf e VanEck Vectors Uranium Nuclear Energy Etf.
● Che sete! L’acqua è vita, energia, una risorsa essenziale dal valore inestimabile per l’uomo e per tutti gli esseri viventi della Terra. Senza acqua non c’è vita. Senz’acqua non c’è attività economica. Per questo l’acqua è oggetto di un business la cui importanza cresce di giorno in giorno: l’acqua è una commodity come il petrolio, il ferro, il gas, la cui scarsità crea opportunità di investimento. Lo ricorda Bnp Paribas, che proprio negli ultimi giorni ha proposto un nuovo Tracker Certificate (Isin XS2348171245 – valuta di negoziazione Eur – senza scadenza – ultima quotazione 103,2) sull’indice BnpParibas Global Water Return. Quest’ultimo replica i prezzi di 50 delle principali società attive nel settore idrico, scelte sulla base di tre criteri: fondamentali economici, capitalizzazione di mercato e correlazione delle attività al settore idrico. Ogni sei mesi il paniere viene aggiornato. L’indice è un Total return, il che vuole dire che i dividendi pagati da ciascuna società presente nel paniere sono reinvestiti.
● L’oro con la protezione: salirà o scenderà? Le opinioni sul “gold” sono talmente numerose e contraddittorie da imbarazzare. Per questo motivo segnaliamo un certificato, il Bpa Gold Ep 160227 (è la definizione ufficiale con cui appare su Borsa italiana), che ha nella fase in corso una caratteristica interessante. Quota poco sotto i 96 Usd. E allora? Considerando una protezione a scadenza a 95 Usd, di fatto comporta un minimo rischio, mentre al rialzo prevede una partecipazione lineare al sottostante fino al +145% del valore nominale. Con scadenza 16/2/2027 e strike 1.822,60, consente di investire sul metallo prezioso con uno scudo quasi totale.
● Cybersecurity, il momento è ora. La sicurezza informatica è sempre stata un’ossessione per molti utilizzatori delle reti ma adesso assume un ruolo più importante, complice la guerra. I rischi continuano infatti ad aumentare in termini di effetti, dimensioni e sofisticatezza. Su Borsa italiana sono quotati sei Etf specifici, che hanno risentito finora negativamente delle tensioni geopolitiche. Li segnaliamo per una facilità di confronto. Tutti hanno come valuta di denominazione l’Usd.
First Trust Cybersecurity |
IE00BF16M727 |
E’ quello con la migliore performance a 1 anno (+31,4%) |
Global X Cybersecurity |
IE00BMH5Y871 |
E’ quello più giovane in assoluto (debutto nel novembre scorso) |
iShares Digital Security |
IE00BG0J4C88 |
E’ quello con il Ter più basso (0,40%) |
L&G Cybersecurity |
IE00BYPLS672 |
E’ quello con maggiore capitalizzazione |
Rize Cybersecurity |
IE00BJXRZJ40 |
E’ quello con la minore presenza di azioni Usa fra i sottostanti |
Wisdomtree Cybersecurity |
IE00BLPK3577 |
E’ quello con la volatilità strutturalmente più elevata |
● Bond high yield: sono stati una cassaforte per gli obbligazionisti negli anni cupi dei tassi a zero. Hanno garantito ottimi rendimenti, nonché una discreta volatilità (adattandosi bene a chi fa trading di medio termine) e registrato soprattutto basse percentuali di default. Molti investitori vi hanno puntato con i tanti Etf presenti sul mercato, in alcuni casi convenientemente remunerativi. In presenza di timori su riadeguamenti di politica monetaria negli Usa, quelli in Usd hanno inizialmente retto bene, con minori cali delle quotazioni e spread più competitivi rispetto ai corporate “investment grade”. Questo fatto (illogico in teoria) è dovuto a una loro prevalente caratteristica: “duration” non troppo elevate, caratterizzandosi per cedole più alte e scadenze inferiori. Da qualche settimana la musica però è cambiata. Si cominciano ad avvertire tensioni, in presenza di dati inflattivi in ulteriore forte crescita negli Usa e degli annunci Fed. Attenzione quindi: occorre monitorare con esattezza i prezzi di carico ed eventualmente vendere. Lo conferma uno degli indici di riferimento più seguiti: l’Ice BofA Us High Yield Index Effective Yield (BAMLH0A0HYM2EY) ha strappato al rialzo da fine febbraio, tornando oltre il 6%. Un obiettivo possibile? L’8% di fine 2018. Lì si potrebbe ridefinire un livello di riposizionamento, preferendo ancora una volta gli Etf alle singole emissioni, soprattutto se si opera soltanto attraverso i titoli – spesso poco liquidi – quotati su Borsa Italiana. Altra storia se si accede alle dinamicissime piazze tedesche!
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● Immagine di apertura tratta da Pixabay