La crisi tra Russia e Ucraina non fa che aggravarsi di ora in ora e, al momento non si vedono schiarite all’orizzonte. Inutile dire che la situazione è pesantissima, sotto diversi punti di vista, dentro e fuori dall’Europa. E la BCE che rimane pizzicata tra l’incudine dell’inflazione e il martello dell’aumento dei tassi.
I mercati, come è normale che sia e come noi ci aspettavamo da settimane, sono crollati pesantemente sotto la mole delle vendite, premiando esclusivamente i beni rifugio come oro, dollari e titoli legati all’inflazione. Esattamente quello che da molte settimane prima dell’inizio del conflitto costituiva l’asset del portafoglio di Rischio Contenuto, a cui si aggiunge una quota molto pingue di liquidità pronta ad essere utilizzata.
Risultato? Portafoglio nuovamente lanciato verso un nuovo massimo storico, dopo aver patito un minimo di volatilità negativa che però non ha mai destato preoccupazioni di alcun genere. Ma dei conti del portafoglio ci occupiamo tra poco: ora cerchiamo di capire come muoverci nel prossimo futuro.
Per quanto possa sembrare riduttivo, tutto ruota intorno alle ripercussioni e i riflessi delle pesanti sanzioni comminate alla Russia, le cui conseguenze tuttavia e inevitabilmente si stanno in parte anche riverberando sull’Europa. Questo perché, al netto di colpi di testa nefasti, né la Russia né il resto del mondo ha davvero interesse a scatenare un conflitto nucleare. E questo solo perché in un mondo devastato – ammesso che un pezzo di mondo possa poi ancora esistere – non c’è convenienza economica o di potere nemmeno per chi è sopravvissuto.
Per cui, visto che Russia e Cina aspirano ancora ad arricchirsi, è lecito sperare davvero che i guadagni derivanti da quasi un miliardo di persone (UE, USA e Giappone) continuino a fare gola alle due dittature che da tempo si spalleggiano e si sostengono subdolamente. Almeno fino a quando – e lo speriamo ardentemente – entrambe saranno economicamente, finanziariamente e commercialmente isolate dal resto del pianeta.
E infine, chiosando un po’, la Cina in questa vicenda ha un ruolo molto meno defilato di quanto possa sembrare. E nel suo classico modus operandi, fatto di tecniche di manipolazione su larga scala, fa finta di non gradire troppo lo stato bellico in atto, ma si guarda bene dal condannarlo o dal considerarlo una vera e propria invasione di uno Stato libero e sovrano. E, non di meno, dice che “il prima possibile” (ok, quando?) invierà aiuti umanitari all’Ucraina ma al contempo sottolinea con vigore l’alleanza strategica con Mosca, definita solida e di ampio respiro, “intesa per contrastare l'influenza statunitense”.
Detto questo, è innegabile che l’impatto delle sanzioni alla Russia sia stato violento sulla struttura finanziaria, con la Banca Centrale Russa impossibilitata ad intervenire e con la messa al bando del 70% delle 300 banche russe dal circuito SWIFT, oltra ad un bel po’ di beni confiscati agli oligarchi un po’ ovunque nel mondo. A cui naturalmente aggiungiamo i quasi 630 Mild USD bloccati – e non disponibili per il Cremlino – in varie banche occidentali. E ricordando Churchill, che all’alba della Seconda guerra mondiale disse che le potenze europee reagirono con codardia nei confronti dell’invasione di Hitler, ora l’Europa sta mostrando fermezza e coraggio con sanzioni spietate che fanno male anche a noi ma che stanno mettendo la Russia in ginocchio.
Per fare una guerra ci vogliono soldi, e ce ne vogliono tanti. E non servono rubli o yuan, ma servono dollari ed euro. Soldi che la Russia non ha, o che stanno per finire molto rapidamente. Certo, Putin può ancora contare su un 14% di riserve depositate in Cina e poi sulle scorte di oro. Ma se dovesse dare fondo anche a quelle non farebbe altro che prolungare l’agonia economica del suo Paese.
Come sempre, staremo a vedere, sperando che questo nuovo ventennio (altro che i ruggenti anni ’20 del secolo scorso…) prenda una piega decisamente diversa dopo averci regalato una pandemia devastante e adesso un delinquente che aggredisce e invade i vicini di casa minacciando la pace mondiale.
Rebus sic stantibus, la nostra strategia di portafoglio sarà per ora ancora estremamente prudente: ci teniamo ben stretti gli asset rifugio ad oggi presenti e iniziamo a guardarci intorno alla ricerca di asset poco volatili e decorrelati per valutare se parcheggiare un po’ di liquidità.
Attenzione: abbiamo detto parcheggiare, non investire. Questo significa che siamo disposti a vedere anche un leggero segno meno su quella eventuale porzione di portafoglio, che comunque va rapportata al -6% circa derivante dall’erosione dovuta all’inflazione.
Tornando al nostro portafoglio, iniziamo ad avere le giuste soddisfazioni dai nostri asset difensivi con l’oro ormai sui 2.000 USD/oncia che ci regala un ottimo +9,81% e l’argento che vola a +11,83%. In fortissima ripresa anche gli ETF inflation linked sia in euro sia in dollari. Questo ha spinto in alto il nostro portafoglio, ora ad un soffio dal precedente massimo storico a 106,81 registrato a fine novembre, quando abbiamo iniziato ad alleggerire le posizioni mettendoci su risk off e iniziando ad accumulare gli asset rifugio.
All’ultimo close disponibile, il portafoglio valorizza un NAV a 106,69 in netta crescita rispetto al precedente 105,26. La performance storica su base annua si porta a +3,52% dal +2,82% della precedente analisi. Torna a scendere la volatilità totale, ora all’1,45% rispetto al precedente all’1,48% così come quella negativa che pasa dallo 0,52% all’attuale 0,51%.
Portafoglio ed equity line aggiornati nell’apposita sezione.