La guerra in Ucraina sarà uno shock non solo di breve termine e impatterà ulteriormente sull’inflazione. Franklin Templeton, una delle leader dell’asset management, ne studia gli effetti.
Cedole & dividendi
Ancora inflazione e sempre più inflazione. E pensare che solo due anni fa sembrava definitivamente scomparsa. Ai trend post Covid già in atto ora si aggiunge l’effetto guerra in Ucraina, con quello che comporterà su energia e materie prime agricole. Per questo motivo oggi facciamo nostro uno studio di Franklin Templeton, che riproponiamo in una sintesi su quelle che potrebbero essere le conseguenze nel medio termine.
L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha avuto ripercussioni tragiche per la popolazione. Inoltre, infligge un altro shock dirompente a un'economia globale che stava già affrontando problemi persistenti nelle catene di approvvigionamento e un rapido aumento dell'inflazione. L'impatto più chiaro e immediato del conflitto si concretizzerà in pressioni inflazionistiche più pesanti e durature, trainate da un impatto negativo sulle forniture di energia e di alcune materie prime agricole.
Pur essendo marcato, questo trauma inflazionistico non dovrebbe soffocare il robusto impulso della ripresa in atto dell'economia globale dopo le chiusure imposte dalla pandemia, alimentata da politiche fiscali e monetarie fortemente espansionistiche. Negli Stati Uniti, l'impatto sulla crescita dovrebbe essere modesto, ma sono probabili ripercussioni negative sulla fiducia delle imprese. In Europa gli esiti saranno più pesanti, vista la notevole dipendenza del continente dalle importazioni di energia dalla Russia. Sembra pertanto probabile una dilazione dei piani della Banca Centrale Europea (Bce) per la cancellazione dello stimolo monetario, mentre il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha segnalato che la Banca centrale statunitense andrà avanti con un primo rialzo dei tassi nel corso di questo mese.
Lo shock inflazionistico appare destinato a essere prolungato. In un periodo più lungo, l'impatto sulla crescita dipenderà dall'evoluzione del conflitto e dall'eventualità di un ampliamento delle sanzioni economiche, che peserebbero più duramente sul settore dell'energia della Russia. Fintanto che persiste una forte incertezza, le nostre ipotesi in questa fase tengono conto di un'inflazione maggiore per un periodo più lungo, ma con un urto negativo solo moderato sulla crescita negli Stati Uniti.
Petrolio
La Russia è al terzo posto per la produzione mondiale, dopo Stati Uniti e Arabia Saudita. A gennaio 2022 produceva più di 11 milioni di barili al giorno. Inoltre la è al secondo posto per le esportazioni di petrolio e prodotti raffinati, dopo l'Arabia Saudita. A dicembre 2021 esportava circa 5 mmbbl/d di petrolio e quasi 3 mmbbl/d di prodotti raffinati. Le esportazioni di Mosca erano destinate per il 60% circa all'Europa e il 20% circa alla Cina, in entrambi i casi tramite pipeline e via mare.
I governi occidentali non hanno ancora messo in atto sanzioni dirette sul petrolio e gas russi, ma vi sono già stati impatti di rilievo sui flussi commerciali dell’oil proveniente dalla Russia. In questi ultimi giorni, per esempio, la stampa ha riportato che una Trading House offriva un carico del mix di petrolio degli Urali, il migliore della Russia, con uno sconto superiore a 18 dollari/barile rispetto al Brent, senza riuscire a trovare compratori. Attualmente, in effetti, è risaputo che compratori tradizionali, tra cui raffinerie europee, non sono disposti ad acquistare petrolio russo, per motivi di reputazione o a causa dell'incertezza relativa alle sanzioni finali. Anche certi compratori asiatici, tra cui cinesi e indiani si starebbero attualmente astenendo dall'acquistare petrolio dalla Russia. Inoltre le spedizioni via mare dal Mar Nero potrebbero essere decurtate fino a che è in atto il conflitto. Alcuni osservatori del mercato hanno stimato le perdite delle esportazioni di petrolio dalla Russia tra 2 e 4 mmbbl/d (o più), perlomeno temporaneamente.
Nel caso di un blocco per un certo periodo di tempo di alcuni quantitativi di greggio proveniente dalla Russia, vi sono possibili fonti di forniture petrolifere incrementali; tuttavia, le dimensioni delle esportazioni di Mosca nel mercato globale potrebbero rendere difficile compensare la riduzione delle forniture. I Paesi membri dell'International Energy Agency (Iea) il 1° marzo hanno concordato di svincolare 60 milioni di barili di petrolio dalle riserve strategiche, ossia un volume pari a circa il 60% della domanda giornaliera globale. È una misura una tantum di breve termine ma potrebbe comunque colmare un modesto deficit per un periodo di tempo limitato. Un impegno da parte dei membri dell'Iea a liberare altre riserve potrebbe contribuire a calmare i mercati. Una fonte di forniture incrementali in un periodo più lungo verrebbe da un'eventuale revoca delle sanzioni imposte all'Iran dagli Stati Uniti, svincolando 1 mmbbl/d di forniture incrementali. Infine, i più importanti Paesi dell'Opec, principalmente Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, hanno una capacità di produzione non utilizzata.
Il volume effettivo della capacità inutilizzata dell'Opec è un argomento di accesa discussione, con l'Energy Information Agency statunitense che punta a più di 4 mmbbl/d di capacità inutilizzata attuale, mentre altri osservatori del mercato stimano che potrebbe essere inferiore a 2 mmbl/d. La riunione mensile dei membri dell'Opec si è tenuta il 2 marzo. È stata una riunione incredibilmente breve (a quanto riferito è durata meno di 15 minuti), con il comunicato stampa del gruppo che ha dato inaspettatamente rilievo a una prospettiva di un mercato ben equilibrato, affermando anche che la volatilità attuale è associata a sviluppi geopolitici, e non a cambiamenti dei fondamentali del mercato. Prevediamo che la prossima riunione, in programma per il 31 marzo, potrebbe essere molto più interessante.
L'altro elemento che ha fatto una grande differenza nella produzione negli ultimi anni è stato lo scisto Usa. Le attese di una produzione incrementale di petrolio negli Stati Uniti nel 2022 rispetto al 2021 variano generalmente da 0,6 a 1 mmbbl/d. Le società pubbliche indipendenti di esplorazione e produzione sono passate generalmente a una struttura di allocazione del capitale con bassa crescita della produzione mirata alla generazione di cash flow libero destinato a rimborsare il debito e restituire capitale agli azionisti nell'attuale contesto dei prezzi. La disciplina di crescita della produzione potrebbe essere messa alla prova qualora i prezzi del petrolio continuassero a salire, e negli ultimi giorni si è sentito anche accennare in commenti pubblici di grandi produttori statunitensi che l'invasione russa potrebbe portare a un certo cambiamento di mentalità. Tuttavia lo scisto richiederebbe almeno due o tre trimestri per arrivare a un aumento della produzione, visti i cicli di pianificazione e i problemi generali delle catene di approvvigionamento. In effetti, alla luce della disponibilità limitata di manodopera, nonché di certi materiali e servizi, rimane da vedere quando potrebbe aumentare realisticamente la produzione di scisto statunitense.
Venendo a mancare una certa quota delle esportazioni russe tradizionali, anche con incrementi delle forniture offerte dalle altre fonti, con il tempo il mercato potrebbe trovarsi nel 2022 in una situazione in cui la capacità globale inutilizzata ancora disponibile sarebbe molto ridotta. Uno scenario come questo generalmente può portare a prezzi del petrolio in aumento e volatili. Se l'offerta non è sufficiente per soddisfare la domanda, le quotazioni potrebbero alzarsi su livelli tali da distruggere la domanda. È difficile immaginare che ci si arrivi; comunque 125 o 150 dollari/barile non sono irrealistici. Se i prezzi del petrolio dovessero arrivare in quella fascia, un certo livello di abbattimento della domanda, unito a un aumento della produzione Opec e dello scisto statunitense, determinerebbe un deciso calo dei prezzi nel medio termine. D'altro canto, anche se la guerra dovesse terminare rapidamente, è concepibile che le società del petrolio e gas occidentali eviterebbero il petrolio russo per un periodo prolungato, con il possibile risultato di un rapporto tra offerta e domanda più limitato di quanto si sarebbe visto altrimenti, e il tutto accompagnato da un ritorno in primo piano della sicurezza energetica per vari governi. In effetti molte delle maggiori società petrolifere, che negli ultimi anni sono state piuttosto concentrate sulle domande relative a fattori ambientali, sociali e di governance degli investitori, dopo l'invasione si sono affrettate ad annunciare che avrebbero bloccato gli investimenti e abbandonato progetti in Russia.
Gas naturale europeo
Il conflitto tra Russia e Ucraina ha portato a nuovi rialzi dei prezzi del gas e dell'energia in Europa, che da metà febbraio sono saliti per entrambi più del 120%. La Russia fornisce il 30/40% del gas del Continente, e il gas naturale rappresenta il 20% del fabbisogno totale di energia dell'Europa. Il Paese è il maggiore fornitore di gas e l'Europa a sua volta è il maggiore cliente del gas russo.
Mentre ciò suggerisce che Mosca sia avvantaggiata, vista la sua capacità di controllare i flussi di gas verso l'Europa e, alla fine, di esercitare una pressione sulla crescita economica Ue, le esportazioni di gas sono cruciali per il governo russo, in termini di ricavi, e la possibilità per la Russia di spostarli dall'Ue verso altre destinazioni è molto limitata. Di conseguenza, riteniamo che i costi per la Russia di tagli delle forniture all'Europa siano elevati, e non costituiscano un possibile scenario principale.
Con l'aumento in atto del rischio geopolitico, le attese tendono a un'accelerazione della transizione energetica dell'Europa, riducendo la sua dipendenza dal gas russo, diversificando meglio le forniture di gas e ampliando la capacità di energie rinnovabili. Comunque ciò non avverrà dall'oggi al domani, e ci vorrà tempo affinché questi cambiamenti siano sostanziali. Nel breve termine, la sicurezza della fornitura di energia è della massima importanza, e Paesi che dipendono fortemente dal gas russo, quali Germania, Italia e Paesi Bassi, devono prendere decisioni atte a eliminare rapidamente le preoccupazioni per le forniture di energia. Il ruolo di quella nucleare nel mix potrebbe essere riesaminato. L’ha dimostrato il governo tedesco valutando di mantenere in funzione gli impianti per ridurre l'insicurezza relativa all'energia.
L'aumento dei prezzi del gas e dell'energia sarà trasferito sugli utenti finali, a meno che i governi non decidano di passare all'azione. L'Ue sta consentendo agli Stati membri di ridurre gli impatti sui consumatori, come si è visto in molti Paesi, ad esempio Francia e Spagna. È improbabile che l'interferenza politica diminuisca nel breve termine, esercitando ulteriori pressioni sul settore delle utility.
Il cammino futuro dei prezzi del gas e dell'energia europei dipenderà in ampia misura dall'esito del conflitto tra Russia e Ucraina. Presupponendo che Mosca non finisca per tagliare le forniture dei gas naturale all'Europa, i prezzi dovrebbero comunque restare elevati rispetto ai livelli prevalenti prima dell'estate scorsa, vista la necessità di ripristinare le riserve di gas esauritesi. Un inverno ragionevolmente mite (e presumibilmente una certa distruzione marginale della domanda) hanno aiutato a salvare il continente dallo scenario peggiore, ovvero restare senza gas. Ciò nonostante, alla fine dell'inverno i livelli di stoccaggio quest'anno risulteranno al livello più basso della fascia storica dal 2010. Intanto il gas naturale liquefatto (Gnl) scarseggia in tutto il mondo.
Vi è un vuoto nella prossima crescita delle forniture di Gnl ed è necessario molto tempo e capitale per rafforzare la capacità delle esportazioni di quello statunitense. L'Europa dovrà presentare offerte per carichi di Gnl superiori all'Asia, se vuole fare maggiori acquisti affinché le riserve siano in condizioni migliori all'inizio dell'inverno prossimo. Ancora prima che la Russia invadesse l'Ucraina, i prezzi dei mercati di future scontavano prezzi del gas naturale molto più alti per il prossimo inverno e per quello successivo, rispetto ai livelli prevalenti nella primavera dell'anno passato. Se la Russia dovesse tagliare le forniture di gas naturale, all'arrivo del prossimo inverno lo stoccaggio risulterebbe in condizioni peggiori rispetto all'anno passato.
Il risultato è che i prezzi del gas naturale e dell'energia in Europa resteranno prevedibilmente elevati per il prossimo futuro, indipendentemente dall'esito del conflitto tra Russia e Ucraina, con implicazioni negative per l'inflazione e la crescita. Mentre in certi Paesi europei i consumatori potrebbero avere una certa protezione dai prezzi elevati dell'energia, le aziende sono prevedibilmente più esposte. Potrebbero tuttavia disporre di un certo tempo per prepararsi, visto gli intervalli normativi abituali di 12/24 mesi prima che le utility trasferiscano gli aumenti dei costi.
I prezzi spot del gas naturale in Europa sono stati recentemente fino a 10 volte superiori a quelli negli Stati Uniti; se il gas naturale costoso in Europa dovesse diventare una questione strutturale di lungo termine, sarà importante vigilare attentamente sulla concorrenzialità globale di certi settori dell'economia industriale europea in generale.
Materie prime agricole
Il conflitto tra Russia e Ucraina ha fatto salire rapidamente anche i prezzi di alcune materie prime per la nutrizione, con l'avena in rialzo del 40% dall'inizio dell'anno e il grano del 25%. Ciò riflette il fatto che nel 2021/2022 i due Paesi prevedibilmente avrebbero dovuto contribuire circa con il 25/30% delle forniture mondiali di avena all'esportazione e circa il 20% delle forniture mondiali di grano (con la maggioranza di questa cifra rappresentata dall'Ucraina), nonché a volumi importanti di altre materie prime agricole. Le chiusure dei porti in Ucraina, problemi dei trasporti e restrizioni ai finanziamenti per materie prime russe hanno tutti svolto un ruolo pesante.
I problemi per le stagioni della semina e del raccolto, aggravati da quelli di manodopera e trasporti provocati dal conflitto, possono avere un impatto sui mercati globali per queste materie prime agricole per i prossimi 2/3 anni e portare a prezzi dei prodotti per la nutrizione elevati anche nel prossimo futuro.
Pure la fornitura globale di fertilizzanti è destinata a risentire dell'impatto. Il 10% circa della produzione di nitrogeno e delle esportazioni di fosfato proviene da Russia/Ucraina, e quasi il 31% della capacità globale di potassio si trova nella Bielorussia/Russia. Per complicare ulteriormente la situazione, il gas naturale europeo attualmente determina il costo marginale per il fertilizzante a base di nitrogeno. Una parte della produzione di fertilizzante a base di quest’ultimo era già ferma verso la fine del 2021, a causa dei prezzi elevati del gas in Europa; ciò ha contribuito a un mercato globale ristretto ancora prima che scoppiasse la guerra. In effetti, il 2 marzo il management dell'importante produttore di nitrogeno statunitense CF Industries ha dichiarato pubblicamente di prevedere che le relative scorte "scendano ai livelli più bassi della storia".
Le variazioni dei prezzi dei fertilizzanti dall'inizio dell'anno sono state relativamente modeste, in attesa dell'inizio della stagione della semina nell'emisfero settentrionale, in parte a causa dei mercati che non sono molto liquidi e gli ultimi data point dei prezzi risalivano a prima dell'invasione. Detto ciò, i prezzi recenti sono notevolmente più alti rispetto agli anni passati, e per la maggior parte dei fertilizzanti praticamente di qualsiasi qualità sono raddoppiati o più che triplicati nel 2021. Viste le possibili problematiche delle forniture e i mercati globali già ristretti per i fertilizzanti, questa sarà un'altra area chiave da osservare nei prossimi mesi.
Considerando che avena e grano non sono soltanto componenti dell'alimentazione umana, ma anche dei mangimi per bovini, pollame e suini, e che il fertilizzante è un input cruciale per l'agricoltura moderna, è probabile che le pressioni sui prezzi dei prodotti alimentari saranno generalizzate, di dimensioni notevoli e persistenti. Ancora una volta, le implicazioni per inflazione e crescita risulteranno negative, portando in questo caso a una contrazione del reddito disponibile per i consumatori e a possibili contrazioni del margine per le società produttrici di alimentari e per i gestori di attività di ristorazione.
Conclusione
Le ramificazioni del conflitto tra Russia e Ucraina, spostando i paradigmi, creeranno prevedibilmente certe correnti trasversali difficili da superare per le economie e le Banche Centrali di tutto il mondo l'anno prossimo e forse ancora oltre. Analogamente, gli investitori dovranno riflettere su implicazioni complesse e posizionare di conseguenza flessibilmente i propri portafogli.