SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
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MERCATI AZIONARI INTERNAZIONALI IN BALIA DELLA VOLATILITA’ !!
I mercati azionari internazionali, soprattutto quelli europei, in balia della volatilità e delle dichiarazioni, più che degli eventi. Ad un inizio settimana disastroso ha fatto da contraltare un mercoledì incredibile con rialzi pazzeschi e generalizzati tra il + 6 ed il 9,5%, il triplo rispetto ai listini USA e che ci riportano al marzo 2020 in piena esplosione COVID. Si è trattato di uno spettacolare “short squeeze”. Dopo due giorni di ribassi, il sentiment e il posizionamento in particolare sugli asset europei, non avevano più grossi margini di peggioramento. E' bastato un moderato cambio di narrativa, per capire che proprio non c'erano più venditori nel breve e così gli indici sono esplosi, aiutati nel finale di seduta dalla liquidità rarefatta e dallo scattare a raffica dei livelli di stop loss. Mentre Wall Street, che partiva da livelli assai meno massacrati, ha infatti avuto una reazione assai più composta. Abbiamo menzionato il Marzo 2020 come pietra di paragone lasciando intendere come un segnale che il peggio potrebbe essere passato ma allora il crollo, oltre ad essere stato del 40% ca., era avvenuto con uno stimolo monetario e fiscale già corposo, mentre qui per il momento il grosso dei provvedimenti è depressivo della crescita (sanzioni) e dello stimolo (solo in Europa) si inizia solo a parlare, inoltre in questo caso a farla da padrone sono le dichiarazioni dei vari personaggi che girano intorno a questa vicenda (senza distinzione alcuna) che nel giro di poche ore minacciano e poi ritrattano o quantomeno cambiano versione. Nell’ultimo giorno di contrattazioni della settimana appena trascorsa, abbiamo visto una nuova discesa dei listini azionari in parte mitigata dalla chiusura in buon recupero. Da notare che l’indice della volatilità sull’ S&P500 (VIX) è sceso per il terzo giorno di seguito nonostante le performance negative, un’indicazione che di solito prelude a un miglioramento del sentiment, anche se non è una regola ferrea, in particolare in situazioni così fluide ed incerte come quelle attuali. Vedremo.
A livello geopolitico, la settimana si è aperta con toni pesanti, come anticipato sopra. I negoziati tra le parti restano alquanto sterili, mentre aumentano le attese di ulteriori sanzioni e rappresaglie. La minaccia da parte russa di sospendere la fornitura di Gas attraverso Nord Stream 1 e contingentare i prodotti energetici e buona parte delle materie prime e è stata esclusa da parte di Mosca che però ha annunciato un divieto di esportazione di 200 prodotti in risposta alle sanzioni dell’Occidente. Ciò era alquanto ovvio visto che i maggiori introiti per la Russia derivano appunto dalle esportazioni di prodotti energetici.
Per quanto riguarda le ultime notizie sul conflitto Russia-Ucraina, il Presidente ucraino, Zelenskiy, si è detto pronto ad accettare la neutralità del proprio Paese abbandonando l’idea di adesione alla NATO e la sua spalla, Ihor Zhovkva, ha aggiunto che il Paese è disponibile ad una soluzione diplomatica che includa la neutralità dell’Ucraina ma a patto che ci siano garanzie sulla sicurezza e senza cedere alcun territorio. A seguire si è aperto il tavolo delle discussioni in Turchia tra il Ministro degli Esteri russo, Lavrov ed il suo omologo ucraino, Kuleba.
Dal meeting per le trattative in Turchia è uscita una scontata fumata nera, con l'unico eventuale aspetto positivo che si è parlato di un meeting Putin-Zelenskiy, per il quale i presupposti sono ancora da porre però. Sta di fatto che i russi hanno richiamato dei volontari dall'Asia e messo in disposizione da assedio l'esercito attorno alle città, dalle quali dovrebbero essere evacuati molti civili.
Dal canto suo il Presidente USA, Biden, ha firmato il blocco alle esportazioni russe di petrolio e gas verso gli USA. Le aziende americane avranno a disposizione un mese e mezzo circa per porre fine ai contratti per la fornitura di energia al momento in essere. L’ordine esecutivo firmato da Biden vieta inoltre gli investimenti nel settore energetico russo. Inoltre Biden ha firmato venerdì scorso un ordine esecutivo che vieta l’importazione di frutti di mare russi, diamanti non industriali e liquori negli Stati Uniti. L’ordine vieta anche l’esportazione o la vendita di beni di lusso americani a chiunque si trovi in Russia. Ciò include orologi e vestiti di fascia alta, gioielli, liquori di prima qualità e veicoli di lusso, tutti elementi che hanno un posto di rilievo nello stile di vita degli oligarchi russi mega-ricchi.
Infine, ha chiesto alle due camere di revocare lo status di “nazione più favorita” (most favoured nation – principio di uguale trattamento tra i membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio) della Russia, il che la declasserebbe come partner commerciale e aprirebbe la porta a nuove tariffe dannose per l’invasione dell’Ucraina. L’Unione Europea e il Gruppo dei Sette nazioni dovrebbero fare gli stessi passi, ha detto Biden. Il Canada ha già rimosso lo status di “nazione più favorita” della Russia la scorsa settimana.
La Russia dal canto suo ha fatto sapere che bloccherà alcune esportazioni ad una serie di Paesi senza specificare però maggiori dettagli sui prodotti e sui Paesi destinatari. Mosca ha anche annunciato alcune restrizioni alle proprie esportazioni di materie prime, anche in questo caso senza maggiori dettagli, fino a fine anno. Stando ai dati di oggi comunque l’afflusso di gas verso l’Europa attraverso l’Ucraina da parte di Gazprom è invariato rispetto ai giorni precedenti.
Sul fronte tassi lo shock è arrivato ad inizio settimana, soprattutto in UE, con forti vendite sul mercato dei Bond in quanto la guerra in Ucraina potrebbe impattare i piani di ritiro dello stimolo. Il bello è che i dati di inflazione hanno continuato a uscire fortissimi, e il petrolio e le altre commodity a volare. Il risultato è che le attese di inflazione si sono impennate, ed i tassi reali sono tornati rapidamente a crollare soprattutto in UE in quanto, a differenza degli USA, è impossibile alzare i tassi a manciate.
Ovviamente anche il mercato dei cambi ha risentito della risk aversion, con Dollaro e Franco Svizzero su tutti, mentre l'Euro ha fatto nuovi minimi. A contribuire alla forza del dollaro anche le aspettative sulle manovre che la FED intraprenderà nel corso di questa settimana.
In questo contesto i rendimenti dei Bond sono esplosi su tutte le scadenze con il decennale passato dall’1.736% al al 2,069% (massimo relativo dal luglio 2019) ed i breakeven inflation sono passati a prezzare un tasso del 2,94% contro il 2,67% di due venerdì fa.
Passiamo ora all’analisi grafica del nostro indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Nonostante il rally di Amazon, i titoli tecnologici sono andati ancora in difficoltà dopo aver tentato un recupero a metà settimana scorsa. Il valido supporto in area 14000 non è stato più ripreso e pertanto ora diventa un importante resistenza, così come la perdurante uscita dal canale discendente di volatilità indica una certa pressione su codesto listino. Graficamente sembra che la discesa si stia aggrappando al supporto in area 13000 testato nel corso della settimana, la cui rottura proietterebbe i prezzi in area 12200 con la compiacenza del livello di RSI ancora distante dall’ipervenduto. Viceversa, molto importante riprendere l’area 14000 e consolidare con diverse chiusure sopra di essa. Come sempre le news provenienti dal fronte guerra faranno la differenza, pilotando il sentiment da una parte o dall’altra con escursioni intraday sempre molto ampie. La settimana si è chiusa a 13301.83 con una perdita del – 3,87% che porta ad un deficit da inizio anno del –18,49%.
Anche se sull’indice S&P500 il quadro generale si presenta meglio di quello del Nasdaq100, la rottura con chiusura settimanale sotto l’importante supporto testato più volte in area 4300 non promette nulla di buono. Pur rimanendo nel canale ribassista di volatilità, tale rottura porta direttamente ad un probabile test sul supporto di fine febbraio in area 4100. Viceversa, molto importante recuperare l’area 4300 con estensione fino in area 4385 (ritracciamento del 38,2% della correzione A-B-C) dove staziona anche la M.M. Exp. a 200. La settimana di contrattazione si è chiusa a 4204.31, con una perdita del – 2,88% che porta a segnare un – 11,79% da inizio anno.
Passiamo infine all’indice DOW JONES nel quale ritroviamo la medesima situazione vista nell’S&P500 ma con una volatilità leggermente maggiore. Graficamente è confermata la rottura del supporto in area 33500 con probabile test in area 32300 minimo della fine di febbraio. Al contrario, molto importante che i prezzi riprendano l’area 33500 con estensione fino in area 34500 dove incrocerebbero la M.M. a 200 Exp. che, al momento, funge da resistenza. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 32944.19 con una perdita del – 1,99% che porta a segnare un – 9,34% da inizio anno.
ORO INDEX
Alla fine l’inasprimento della guerra in Ucraina ed il rischio di stagflazione in Europa ha portato il valore del metallo giallo a sfiorare il record del 7 agosto 2021 a 2089.20 $/oz. fermando le quotazioni della settimana ad un massimo di 2078.80 $/oz. Al momento, fermo restando il trend sicuramente rialzista della commodity, sembra essere stato un fuoco di paglia in intraday, in quanto nelle sedute successive i prezzi sono andati, via via, scemando fino a riportarsi sotto la soglia psicologica dei 2000 $/oz. chiudendo la settimana di contrattazioni a 1985 $/oz. L'inflazione ha continuato a crescere negli Stati Uniti (v. CPI nei dati macro) e ora è particolarmente spaventosa anche nell'area euro a causa dei costi energetici alle stelle a causa della sua dipendenza dalle importazioni russe. Di contro, osservando da vicino la relazione tra i tassi USA e l’Oro, il legame inverso tra il metallo giallo ed i rendimenti reali si è ristabilito nelle ultime settimane, quindi un aumento delle aspettative del mercato sugli aumenti dei tassi della FED potrebbe fungere da freno al rally dell'Oro. Un fattore critico in questo caso sarà se la Fed procederà gradualmente con rialzi dei tassi, come suggerito di recente da Jerome Powell, o se corrisponderà alle aspettative del mercato.
Jeffrey Currie, capo della ricerca sulle materie prime di Goldman Sachs ha sollevato l'idea di una "tempesta perfetta" per il rally dell'Oro, portando l'obiettivo a 2.500 $/oz. per i prossimi sei mesi, citando gli afflussi di ETF sull'Oro da parte di investitori di asset con copertura dell’inflazione che sono collegati alle aspettative di una recessione statunitense, che è probabile che aumenterà nei prossimi mesi a causa della sofferenza dell'economia statunitense; la domanda di Oro da parte delle banche centrali di tutto il mondo raggiungerà un livello record nella seconda metà del 2022, poiché saranno alla ricerca di una forte diversificazione oltre ad incentivi geopolitici, per convertire le riserve nel metallo prezioso; infine la domanda dei consumatori è abbastanza resiliente e dovrebbe continuare a rafforzarsi mentre il PIL asiatico continua a riprendersi, con la CINA che fornisce stimoli politici e l'India che si sta riprendendo dal Covid e non ha ancora inasprito le politiche fiscali.
Passando agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio notiamo che il Platino, come evidenziato nell’articolo della scorsa settimana, è riuscito a portarsi sulla soglia psicologica in area 1200 $/oz., ma da lì ha poi ritracciato ampiamente, riportandosi sotto l’area dei 1100 $/oz. chiudendo la settimana a 1088,6 $/oz. La M.M. a 200 passa in area 1030 $/oz. valore sotto il quale non deve proprio andare. Discorso analogo per l’Argento che è riuscito a raggiungere la vetta dei 27,5 $/oz. per poi ridiscendere e chiudere la settimana sopra i 26 $/oz. L’ideale sarebbe non scendere sotto tale area, ma anche fino a 25,50 $/oz il trend rimane positivo.
La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1985,0 $/oz., con un guadagno del + 0,94% che porta ad un guadagno del + 8,55% da inizio anno. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1988.23 $/oz. con un guadagno del + 0,75%. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES APRILE 2022:
LA POLITICA USA
La scorsa settimana, prima alla Camera e poi al Senato, è stato approvato un disegno di legge di finanziamento del governo. Nello specifico il disegno di legge finanzia il governo fino al 30 settembre con 1,5 trilioni di dollari; inoltre stanzia 13,6 miliardi di dollari per sostenere l’Ucraina con forniture militari e aiuti umanitari. Il leader della maggioranza al Senato, Chuck Schumer ha detto: “Stiamo dando agli ucraini miliardi di dollari per cibo, medicine, riparo e sostegno per gli oltre due milioni di rifugiati che hanno dovuto lasciare l’Ucraina, ma anche fondi per il trasferimento di armi come i Javelin (arma anticarro portatile, ndr) e gli Stinger (missile terra-aria spalleggiabile, ndr)”.
Dal pacchetto, alla Camera, sono stati tolti 15,6 miliardi di dollari per ulteriori fondi di assistenza per il coronavirus dopo una discussione su come soddisfare le richieste dei repubblicani per compensare la spesa. La Camera punta ad approvare il pacchetto di aiuti pandemici in settimana, tuttavia questo potrebbe bloccarsi al Senato non trovando abbastanza sostegno tra i repubblicani. Per Schumer il Congresso “deve assolutamente” provare ad approvare ulteriori aiuti pandemici nelle prossime settimane.
La speaker della Camera, Nancy Pelosi, mercoledì ha detto ai giornalisti che questo pacchetto di aiuti all’Ucraina probabilmente sarà seguito da ulteriori misure volte ad aiutare Kiev nella guerra contro l’esercito russo e nella ricostruzione. Nella notte italiana tra sabato e domenica, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha annunciato un pacchetto da 200 milioni di dollari per ulteriore assistenza militare agli ucraini. Nella nota pubblicata sul sito del Dipartimento di Stato americano si legge: “Questo pacchetto includerà ulteriore assistenza difensiva per aiutare l’Ucraina ad affrontare le minacce corazzate, aeree e di altro tipo che sta fronteggiando”. Sempre nella nota del Dipartimento di Stato viene specificato che con questo nuovo stanziamento di fondi, la somma totale di assistenza alla sicurezza fornita dagli USA all’Ucraina arriverà ad oltre 1,2 miliardi di dollari dall’insediamento dell’amministrazione. Inoltre dal Dipartimento di Stato affermano: “Continueremo anche a fornire assistenza umanitaria ai bisognosi e a sostenere la gente dell’Ucraina nella loro lotta per la loro patria attraverso assistenza di sicurezza ed economica”.
Venerdì scorso il presidente Joe Biden ha ribadito che gli Stati Uniti difenderanno “ogni centimetro del territorio NATO”. “Certamente, se rispondiamo è la Terza guerra mondiale, ma abbiamo un sacro impegno sul territorio NATO, tuttavia non combatteremo la Terza guerra mondiale in Ucraina”. L’inquilino della Casa Bianca ha anche firmato un ordine esecutivo che prevede nuove sanzioni volte a colpire il commercio russo. Le misure restrittive vanno a bloccare l’importazione negli USA di vodka, prodotti ittici e diamanti. Biden ha detto che gli USA aggiungeranno nomi alla lista degli oligarchi russi sanzionati e vieterà l’esportazione di beni di lusso verso la Russia. In un’altra dichiarazione, la Casa Bianca ha fatto sapere che saranno vietati gli investimenti statunitensi in Russia oltre al settore energetico e le nazioni del G7 si muoveranno per bloccare la Russia dai fondi del Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Biden e gli altri leader del G7 chiedono che alla Russia sia tolto lo status commerciale di “nazione più favorita” (most favoured nation – principio di uguale trattamento tra i membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio), cosa che permetterebbe ai paesi del G7 di aumentare dazi su prodotti russi. Per revocare tale status è necessario approvare una legge al Congresso statunitense; i parlamentari di maggioranza e minoranza hanno segnalato il loro sostegno e dopo le dichiarazioni di Biden, Nancy Pelosi ha annunciato che questa settimana la Camera intende approvare una legge per formalizzare la revoca dello status di “most favoured nation” alla Russia. Anche il Senato si è mosso in questa direzione, con il leader dem Chuck Schumer che venerdì ha dichiarato: “Stiamo lavorando ad un accordo che il Senato possa approvare rapidamente”.
Già all’inizio della scorsa settimana gli Stati Uniti avevano ulteriormente inasprito le sanzioni contro Mosca. Martedì scorso, infatti, la Casa Bianca aveva rilasciato una nota informativa con la quale si annunciava la firma del presidente Biden su un ordine esecutivo volto a vietare l’importazione negli USA di petrolio, gas naturale liquefatto e carbone russo. Nella nota si legge: “Gli Stati Uniti hanno preso questa decisione in stretta consultazione con i nostri alleati e partner nel mondo, così come con i membri del Congresso di entrambi i partiti. Gli Stati Uniti sono in grado di fare questo passo in virtù della nostra forte infrastruttura energetica interna e riconosciamo che non tutti i nostri alleati e partner al momento sono nella posizione di potersi unire a noi. Ma siamo uniti ai nostri alleati e partner nel lavorare insieme per ridurre la nostra dipendenza collettiva dall’energia russa e mantenere la pressione su Putin, mentre al contempo ci si impegna attivamente per limitare gli impatti sui mercati globali dell’energia e per proteggere le nostre economie”.
LA GUERRA – RUSSIA – UCRAINA - (EUROPA)
Mentre sul territorio ucraino non si ferma la guerra, si spera nella soluzione diplomatica del conflitto. Ieri la TASS, agenzia di stampa russa, ha riportato le dichiarazioni rilasciate a RT da Leonid Slutsky, presidente della commissione affari internazionali della Duma di Stato e membro della delegazione russa ai colloqui con Kiev. Secondo Slutsky le due delegazioni nei colloqui hanno fatto progressi rispetto all’inizio: “Sono lieto di ribadire che secondo le mie aspettative personali questo progresso potrebbe trasformarsi in una posizione comune a giorni e in alcuni documenti da firmare”. Anche le parole di Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Zelensky, sembrano testimoniare qualche passo in avanti verso il dialogo tra le parti: “Ai negoziati, la Russia non pone ultimatum, ma ascolta attentamente le nostre proposte. L’Ucraina non cederà su nessuna sua posizione. Le nostre richieste sono la fine della guerra ed il ritiro delle truppe russe. Vedo la comprensione e c’è un dialogo”. A ricoprire il ruolo di mediatori in questo momento sono Israele e Turchia. Come dichiarato da Podolyak ieri, domenica 13 marzo, l’Ucraina sta lavorando con i due paesi per definire il luogo in cui tenere i colloqui. Già sabato il presidente ucraino Zelensky aveva espresso apprezzamento nei confronti di Gerusalemme come possibile luogo d’incontro tra le delegazioni di Kiev e Mosca. Come riporta The Jerusalem Post, Zelensky in una telefonata ha detto al primo ministro di Israele, Naftali Bennett, che al momento “non è costruttivo” tenere incontri in Russia, Ucraina o Bielorussia. “Questi – ha detto Zelensky – non sono posti in cui noi (i leader dei paesi coinvolti) possiamo concordare di fermare la guerra. Considero Israele, in particolare Gerusalemme, un luogo del genere? Penso la risposta sia sì”. Bennett è in contatto con il presidente ucraino, ma anche con Vladimir Putin, che ha incontrato sabato 5 marzo a Mosca, sentendolo poi anche telefonicamente. Secondo Zelensky il premier israeliano può ricoprire un ruolo importante: “perché Israele è un paese con molta storia e parallelismi (con la nostra situazione), oltre ad avere una grande migrazione di ebrei dall’Ucraina, dalla Russia e dalla Bielorussia”.
Nella serata di ieri, la TASS ha scritto che il portavoce del presidente Vladimir Putin, Dmitry Peskov ha fatto sapere che i colloqui tra le delegazioni russe ed ucraine oggi, lunedì 14 marzo, continueranno online. Sempre la TASS riporta che l’ufficio stampa del Cremlino sabato scorso ha detto che Putin in una telefonata ha informato il Presidente francese Emmanuel Macron ed il cancelliere tedesco Olaf Scholz riguardo “una serie di colloqui tenutisi in formato video tra rappresentanti russi ed ucraini negli ultimi giorni”.
Intanto ieri missili russi hanno colpito la base militare ucraina di Yavoriv, che si trova vicino ai confini con la Polonia, paese membro della NATO. Nell’attacco avrebbero perso la vita almeno 35 persone e 134 sarebbero rimaste ferite; a riportarlo è stato il governatore della regione Oblast’ di Leopoli, Maksym Kozytskyy. Il ministero della Difesa Russo ha riferito che l’attacco aereo ha distrutto una grossa quantità di armi fornite da nazioni straniere e che hanno ucciso “fino a 180 mercenari stranieri”. Sempre nella giornata di sabato il vice ministro degli esteri russo aveva avvertito che convogli con spedizioni di armi occidentali in Ucraina avrebbero potuto essere considerati obiettivi legittimi.
LA POLITICA USA - RUSSIA – CINA
È in programma per oggi a Roma l’incontro tra il consigliere per la Sicurezza Nazionale statunitense, Jake Sullivan ed il direttore dell'Ufficio della Commissione Centrale degli Affari Esteri cinese, Yang Jiechi. La portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale statunitense, Emily Horne riguardo il meeting ha detto: “Le due parti discuteranno degli sforzi in atto per gestire la concorrenza tra i nostri due paesi e discuteranno dell’impatto della guerra della Russia contro l’Ucraina sulla sicurezza regionale e globale”.
Jake Sullivan ieri alla CNN ha detto che gli USA sono stati chiari con Pechino circa il fatto che ci sarebbero conseguenze nel caso in cui decidesse di aiutare la Russia ad aggirare le sanzioni imposte in risposta alla guerra in Ucraina. Il Financial Times ed il Washington Post, citando funzionari statunitensi, ieri hanno riportato che la Russia avrebbe chiesto alla CINA equipaggiamento militare dall’inizio dell’invasione in Ucraina. Il portavoce dell’ambasciata cinese a Washington, Liu Pengyu ha detto di non aver mai sentito parlare di questa vicenda ed ha definito “sconcertante” la situazione in Ucraina, aggiungendo: “Sosteniamo ed incoraggiamo tutti gli sforzi che contribuiscono ad una soluzione pacifica della crisi”.
Il ministro delle finanze russo, Anton Siluanov ha affermato che metà delle riserve di oro e di valuta estera della Banca di Russia sono state congelate a causa delle sanzioni: “Abbiamo un importo totale di riserve di circa 640 miliardi di dollari. Attualmente non possiamo usare circa 300 miliardi di dollari di queste riserve”. Siluanov ha aggiunto che una parte delle riserve in valuta estera è in yuan, ma come detto prima gli USA stanno cercando di mettere pressione su Pechino, affinché non dia “un’ancora di salvezza” a Mosca. Siluanov sulla Cina ha detto: “Certamente, c’è pressione per limitare l’accesso a queste riserve che abbiamo in yuan. Penso che la nostra partnership con la CINA ci permetterà di mantenere la cooperazione che abbiamo raggiunto, e non solo di mantenerla, ma anche di moltiplicarla in condizioni in cui i mercati occidentali sono chiusi”. Il ministro ha anche sottolineato che i debiti con i paesi “ostili” alla Russia e che hanno applicato restrizioni sull’uso di riserve in valuta estera saranno pagati in rubli equivalenti.
LA POLITICA USA – CINA
Alcuni titoli cinesi sono diminuiti drasticamente giovedì scorso.
Gli osservatori cinesi ritengono che ciò sia probabile perché la SEC (Securities and Exchange Commission) ha identificato cinque titoli ADR di società cinesi (Yum China, BeiGene, Zai Lab, ACM Research e HUTCHMED) quotati negli Stati Uniti per non aver aderito alla Holding Foreign Companies Accountable Act (HFCAA). Gli ADR sono titoli che rappresentano azioni di società non statunitensi e sono negoziati su borse statunitensi.
L’atto, approvato nel 2020, consente alla SEC di vietare alle società di commerciare e di essere cancellate dalle borse statunitensi se le autorità di regolamentazione americane non sono in grado di riesaminare gli audit aziendali per tre anni consecutivi. Questi sono i primi ADR cinesi ad essere identificati come non conformi all’HFCAA in quanto hanno recentemente presentato le loro relazioni annuali alla SEC.
Brendan Ahern, CIO di KraneShares, ha affermato: “Tutti gli ADR quotati in CINA finiranno probabilmente nell’elenco, perché nessuno di loro sarà in grado di soddisfare le richieste di revisione dei propri audit, in quanto la legge cinese vieta al revisore dei conti di fornire la propria revisione alle autorità di regolamentazione statunitensi”. Inoltre ha osservato che la SEC non si è mossa per rimuovere dal listino nessuna di queste società in quanto il conteggio dei tre anni di tempo è iniziato l’anno scorso, quindi la prima possibile cancellazione di una società sarebbe prevista per il 2024.
Le controversie con la CINA stanno facendo sì che le società cinesi quotate negli Stati Uniti diventino sempre più quotate a Hong Kong. Nell’ultimo anno, Alibaba, JD.com, Baidu, Bilibili, Trip.com, Weibo e Nio hanno fatto quel passo. Sempre secondo Ahern, queste società sono state utilizzate come proxy per la CINA e la guerra commerciale in quanto non negoziano necessariamente sui fondamentali”.
LA POLITICA DELLA FED
Quest’anno potrebbe essere interamente caratterizzato da inflazione che resta a livelli elevati. L’ipotesi è stata avanzata dal Segretario al Tesoro, Janet Yellen, intervenuta la scorsa settimana ad una trasmissione televisiva. Secondo Yellen c’è molta incertezza legata alla guerra in Ucraina, che starebbe aggravando l’inflazione: “Non voglio fare una previsione esatta di quello che accadrà nella seconda metà dell’anno. È probabile che vedremo un altro anno in cui i numeri dell’inflazione a 12 mesi resteranno molto scomodamente alti”.
Yellen ha aggiunto: “Abbiamo visto un aumento molto significativo dei prezzi del gas e la mia ipotesi è che il prossimo mese vedremo ulteriori prove di un impatto sull’inflazione statunitense della guerra di Putin in Ucraina”. Il Segretario del Tesoro ha sottolineato il peso di Russia ed Ucraina nella produzione di grano: “Stiamo assistendo ad impatti sui prezzi del cibo e penso che ciò possa avere un effetto molto grave su alcuni paesi dei mercati emergenti, molto vulnerabili”.
Intanto, resta complicato il cammino di Sarah Bloom Raskin verso il consiglio della Federal Reserve. L’ex membro del Board of Governors della banca centrale ed ex vice segretaria del Tesoro, rientra nella lista di cinque nomi candidati dal presidente Joe Biden per un ruolo nella Federal Reserve. I Repubblicani per settimane hanno chiesto tempo per interrogare Raskin, che nei piani del Presidente statunitense dovrebbe andare a ricoprire l’incarico di vicepresidente per la supervisione, cosa non gradita dal GOP che contesta il sostegno a politiche ambientaliste e la critica dell’industria energetica statunitense di Raskin e che ha sollevato domande riguardo le sue azioni in qualità di dirigente di un’azienda di tecnologia finanziaria nel 2017.
I Repubblicani si sono detti disposti a votare le altre quattro nomine avanzate da Biden, inclusa quella del Presidente della FED Jerome Powell e del membro del consiglio dei governatori Lael Brainard. Il dem Sherrod Brown, presidente della commissione bancaria al Senato, e la Casa Bianca però sostengono Raskin ed il voto sulla lista dei candidati della FED al completo. E sulla proposta dei repubblicani di far avanzare le altre quattro nomine si è espresso il senatore Democratico Joe Manchin: “Se sono disposti a passarne quattro su cinque? Prendi e scappa. È una vittoria”. Manchin non fa parte della commissione bancaria al Senato.
La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, giovedì ha sottolineato che le candidature non possono arrivare al Senato senza il quorum in commissione, aggiungendo che il rifiuto di presenziare da parte dei Repubblicani impedisce alla maggioranza di andare avanti per via di norme procedurali: “È importante osservare che non è una mancanza di voti in commissione per portare avanti questi candidati. È una mancanza di volontà dei Repubblicani di presentarsi alla commissione per votare effettivamente. La nostra speranza è che i membri della commissione bancaria si presentino e facciano il loro lavoro, e votino o non votino”. Un portavoce del dem Brown, invece, ha detto: “I dati economici appena pubblicati chiariscono senza ombra di dubbio: i Repubblicani devono fare il loro lavoro e votare queste candidature fondamentali così che possiamo far fronte all’inflazione ed affrontare la nostra crisi economica globale”.
Tenendo conto del mutamento della situazione politica ed economica delle ultime settimane dovuto alla guerra in Ucraina, i Repubblicani argomentano che le candidature alla FED dovrebbero favorire una politica monetaria più rigorosa e sostenere il settore energetico statunitense. E in questo senso ritengono non adatta la scelta di Raskin, considerando la sua posizione volta a limitare i prestiti di emergenza alle aziende energetiche.
DATI MACROECONOMICI
La bilancia commerciale USA (la differenza in valore tra beni e servizi importati ed esportati) a gennaio registra un dato di -89,7 miliardi di dollari, contro un consensus fissato a -87,1 miliardi di dollari ed allargando il divario rispetto a dicembre, quando il dato era pari a -82,0 miliardi di dollari (rivisto da -80,7 miliardi di dollari). Il dato è rilasciato dall’U.S. Bureau of Economic Analysis.
L’indice dei prezzi al consumo (CPI), a livello annualizzato, nel mese di febbraio cresce del 7,9%, in linea con le previsioni. Nel mese di gennaio la crescita era stata del 7,5%.
Il dato core (che esclude il settore del cibo e dell’energia), a livello mensile, a febbraio ha visto un rialzo dello 0,5% (anche in questo caso in linea con il consensus), una crescita di poco inferiore a quella dello 0,6% registrata a gennaio;
il dato annualizzato, invece, a febbraio realizza una crescita del 6,4%, ovvero un rialzo superiore anche a quello del 6,0% di gennaio. I dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.
Cresce il numero di richieste iniziali di sussidi di disoccupazione negli USA, che nella settimana terminata il 5 marzo hanno toccato quota 227 mila. La settimana precedente, quella terminata il 26 febbraio, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione erano state 216 mila (numero rivisto da 215 mila). Il dato è rilasciato dall’U.S. Department of Labor.
Il dato preliminare di Marzo del sentiment dei consumatori a cura dell’Università del Michigan è uscito a 59,7 punti, in calo rispetto al mese precedente di 62 punti e rispetto alle attese a 62,8 punti, a causa di un deterioramento delle aspettative, che chiaramente chiama in causa la crisi ucraina (occhio al rialzo delle aspettative di inflazione di breve salite al 5,4%).
PORTAFOGLI AZIONARI
In questa fase di mercato è fermo il Portafoglio Storico in attesa di una risoluzione del conflitto russo-ucraino che porti ad un rimbalzo degli indici azionari.
Diverso il discorso sul portafoglio “The Challenge”, che anche nella settimana appena trascorsa porta a casa dei bei tozzi di pane che ci sono stati regalati da due investimenti su ETF/ETC, nello specifico sull’ETC PHAG in Argento con un guadagno + 14,47% e quello sull’ETF FTSEMIB_DAILY_1X_BEAR (modalità short sull’indice FTSEMIB40) con un bel guadagno del + 24,91%. Inoltre abbiamo incrementato la lista dei titoli italiani con l’acquisto di CAMPARI e FERRARI. Inoltre siamo in attesa di entrare in acquisto sul titolo olandese ASML Holding sul mercato EURONEXT (il titolo è quotato anche nel Nasdaq100 come ADR), infine per quanto riguarda i 4 titoli azionari USA che avevamo messo nel mirino, bene abbiamo fatto ad attendere in quanto, ad eccezione di uno, gli altri 3 sono andati sotto le nostre quotazioni iniziali. Attendiamo quindi, segnali di inversione per procedere all’acquisto. Nulla osta che possano anche avvenire in diretta, nel qual caso avviseremo tempestivamente sempre con segnale via SMS e Telegram.
Alla prossima.
PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA.
CROWDSTRIKE HLDG. + 6,43%. La società di sicurezza informatica basata su cloud, con la piattaforma CrowdStrike Falcon protegge i clienti dagli attacchi informatici sugli endpoint e sui carichi di lavoro all'interno o all'esterno della rete offrendo visibilità e protezione in tutta l'azienda, ha riportato utili nel quarto trimestre fiscale 2022 pari a 0,30 $/az. su ricavi per 431.0 mln $. La stima degli analisti per gli utili era pari a 0,20 $/az. su ricavi per 410.91 mln $. Il fatturato è cresciuto del 62,7% su base annua. La società ha dichiarato che prevede utili nel primo trimestre fiscale 2023 tra 0,22 e 0,24 $/az. su ricavi tra 458.9 e 465.4 mln $. L'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 0,17 $/az. su ricavi per 440.76 mln $. Infine la società ha detto che prevede utili per l’intero anno fiscale 2023 tra 1,03 e 1,13 $/az. su ricavi tra 2,133 e 2,163 mld $. L'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 0,91 $/az. su ricavi per 2,01 mld $.
George Kurtz, co-fondatore e A.D. della società, ha affermato: "CrowdStrike ha realizzato ancora per una volta un quarto trimestre eccezionale e ha chiuso un anno record, raggiungendo nuovi traguardi superiori alle previsioni. Il nuovo ARR (Entrate ricorrenti annuali) netto pari a di 217 milioni $ nel trimestre è stato un nuovo massimo storico, guidato dall'espansione della nostra leadership nel mercato principale degli endpoint, nonché un trimestre record per cloud, protezione dell'identità e Humio. Come dimostrano i nostri risultati record i clienti stanno sfruttando sempre più l'ampiezza e la profondità della piattaforma Falcon mentre cercano di trasformare i loro impianti di sicurezza".
DOCUSIGN – 26,01%. La società vende firme elettroniche e altri prodotti e servizi di transazione basati su cloud, ha riportato utili nel quarto trimestre fiscale 2022 pari a 0,48 $/az. su un fatturato di 580.80 mln $. La stima degli analisti per gli utili era di 0,47 $/az. su un fatturato pari a 561.47 mln $. Il fatturato è cresciuto del 34,8% su base annua. La società ha detto che prevede ricavi nel primo trimestre fiscale 2023 tra 579,0 e 583,0 mln $, e per tutto l’anno fiscale 2023 ricavi tra 2,47 e 2,48 mld $. L'attuale stima degli analisti per i ricavi è rispettivamente pari a 594.42 mln $ per il prossimo trimestre e ricavi annui 2023 pari a 2,61 mld $.
Il CEO della società, Dan Springer, ha affermato: "Nell'esercizio 2022, abbiamo aumentato i ricavi del 45% e le fatturazioni del 37% anno su anno, generando al contempo margini operativi e di flusso di cassa record. Anche se l'anno si è svolto in modo diverso dal previsto, siamo orgogliosi della continua performance e resilienza del nostro team in quanto siamo cresciuti fino a diventare un'azienda multimiliardaria. Insieme, abbiamo aiutato altri 280.000 nuovi clienti a iniziare a digitalizzare, superando complessivamente 1,17 milioni di clienti totali. Mentre entriamo nell’anno fiscale 2023, la trasformazione digitale rimane una priorità assoluta per le organizzazioni di tutto il mondo”.
JD.COM - 24,54%. E’ una società di vendita diretta online in Cina. La Società acquisisce prodotti dai fornitori e li vende direttamente ai propri clienti tramite il proprio sito Web e le applicazioni mobili, ha riportato utili nel quarto trimestre 2021 pari a 0,35 $/az. su un fatturato di 43,30 mld $. La stima degli analisti per gli utili era di 0,24 $/az. su un fatturato pari a 43,37 mld $. I ricavi sono aumentati del 25,9% su base annua.
Lei Xu, Presidente della società, ha affermato: "JD.com ha mantenuto una sana crescita e ha contribuito all'espansione di alta qualità dei consumi cinesi in un ambiente esterno dinamico. Ciò è stato guidato dal nostro modello di business resiliente come un nuovo tipo di impresa basata sull'economia reale e un'attenzione costante al servizio degli utenti e al supporto dei partner commerciali. L'ecosistema aperto e le capacità della catena di approvvigionamento di JD hanno creato un valore eccezionale per i partner commerciali consentendo operazioni ad alta efficienza e una crescita continua. Guardando al futuro, la nostra attenzione nel portare valore a utenti e partner continuerà a guidare le nostre priorità di investimento e sviluppo a lungo termine".
ULTA BEAUTY – INV.%. La società è un rivenditore di prodotti di bellezza che offre acquisti per prodotti di massa e per saloni e servizi per saloni negli Stati Uniti, ha riportato utili nel quarto trimestre 2021 pari a 5,41 $/az. su un fatturato di 2,70 mld $. La stima degli analisti per gli utili era di 4,58 $/az. su un fatturato pari a 2,69 mld $. I ricavi sono aumentati del 24,1% su base annua. La società ha detto di aspettarsi utili per l’intero anno fiscale 2022 tra 18,20 e 18,70 $/az. per un fatturato tra 9,05 e 9,15 $ mld. L'attuale stima degli analisti per il 2021 per gli utili è pari a 17,84 $/az. su ricavi pari a 9,14 mld $.
Dave Kimbell, A.D. della società, ha affermato: "Il nostro anno fiscale si è concluso con una performance migliore del previsto, che riflette un'eccellente esecuzione a livello aziendale rispetto alle nostre previsioni del quarto trimestre, nonché una domanda più forte da parte dei consumatori e la forza del modello differenziato di Ulta Beauty. Voglio esprimere il mio sincero apprezzamento a tutti i collaboratori di Ulta Beauty che continuano a fornire cure e servizi eccezionali ai nostri ospiti mentre affrontano con successo le sfide legate alla pandemia e fornendo ottimi risultati ai nostri azionisti. La categoria Bellezza è sana e in crescita e siamo fiduciosi che la ripresa iniziata nel 2021 continuerà, poiché i consumatori mantengono le loro routine di cura di sé, diventano più resilienti alle ondate di COVID e si impegnano in più attività ricreative e sociali. Le nostre prospettive per l'anno fiscale 2022 riflette le aspettative per la crescita di Beauty, nonché la sfida per ottenere prestazioni eccezionali nell'anno appena iniziato, le continue pressioni sui salari e sui costi della catena di approvvigionamento e gli investimenti in nuove capacità per supportare la crescita futura. Stiamo emergendo dalla pandemia come un'azienda più forte e più sana”.
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Pagina a cura di SANDRO MANCINI E GIANMARCO LUCHETTI SFONDALMONDO.