Siamo in chiusura di questo 2022 e, nel corso degli ultimi mesi, il nostro portafoglio si è rimpinguato di titoli, per lo più obbligazionari, ora che sono tornati ad offrire motivi di interesse. Siamo investiti per poco più del 70% del totale disponibile e ci concediamo un ultimo acquisto, approfittando dello storno dell’obbligazionario europeo di queste ultime due sedute.
Entriamo in acquisto sul Btp Italia con scadenza a Maggio 2025 (IT0005410912) per un 10% del totale del portafoglio, cioè per circa 10.000 euro di nominale, ai prezzi correnti di mercato. Andiamo così a circa l’80% di capitale investito e ci teniamo un 20% circa di liquidità.
Con l’inflazione, soprattutto italiana, che non accenna a diminuire e viste le prospettive da qui ad un paio d’anni, in base alle ultime riunioni delle Banche Centrali, crediamo saggio mettere in portafoglio uno tra i migliori indicizzati in circolazione.
Come da attese la sia FED sia BCE hanno alzato, nell’ultima riunione dell’anno, i tassi di interesse dello 0,50% dichiarando apertamente che vi sarà d’ora in avanti una stretta più graduale ma più lunga. E infatti, per quel che riguarda gli USA, i “dots”, cioè le previsioni dei singoli governatori sul futuro andamento dei tassi, appaiono in linea con quanto aveva anticipato il presidente della Fed Jerome Powell.
La mediana delle stime indica per fine 2023 un tasso dei Fed Funds nell’intervallo 5%-5,25%, ovvero 75 punti base in più rispetto al livello attuale, contro il 4,5%-4,75% annunciato a settembre. In rialzo anche le attese per il 2024, con la mediana che punta al 4%-4,25%, contro il precedente 3,75%-4%, per finire nel 2025 nell’intervallo del 3%-3,25% dal precedente 2,75%-3%.
Per cui i tassi dovrebbero rimanere più alti del tasso di “equilibrio” del 2,50% sino al 2025 compreso. E la crescita ne risentirà, naturalmente, come gli stessi dati FED aggiornati ci mostrano. Infatti, ora le previsioni sono per uno 0,5% l’anno prossimo, in deciso calo dall’1,2% ipotizzato solo a settembre scorso; previsione dell’1,6% nel 2024 (rispetto al precedente 1,7%) e 1,8% (invariato) nel 2025.
Lascia perplessi il fatto che non si consideri minimamente la recessione, ma solo una frenata seppur consistente dell’economia. In realtà, le più pessimistiche tra le indicazioni dei singoli governatori non escludono affatto una recessione l’anno prossimo: si vocifera di un -0,5% (era il -0,3% a settembre) per la proiezione meno favorevole.
Tassi al rialzo anche in Europa, con il Consiglio direttivo BCE che ritiene “che i tassi di interesse debbano ancora aumentare in misura significativa a un ritmo costante per raggiungere livelli sufficientemente restrittivi da assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine”.
Europa in seria crisi, con l’inflazione a due cifre che non molla la presa più di tanto e che rende quindi potenzialmente ancor più severa e duratura la recessione che è ormai alle porte. Il problema è che la crisi europea è strutturale, poiché troppo dipendente sul piano energetico e debole nel prendere le posizioni corali e unitarie che servirebbero per difendere le economie dei vari Paesi e la moneta unica, ad oggi ancora viva (per miracolo...) solo perché nel bene o nel male tutti sanno che senza euro staremo ancora peggio.
Staremo a vedere cosa ci riserverà il nuovo anno, che cerchiamo di salutare con un pizzico di speranza. Dal 2020 in poi abbiamo vissuto un triennio davvero tribolato, che speriamo voglia concludersi lasciando spazio a tempi migliori sotto tutti i punti di vista.
Come di consueto il titolo oggetto di acquisto sarà contabilizzato in portafoglio al prezzo di chiusura odierno e il portafoglio aggiornato nel giro dei prossimi giorni.
Un ringraziamento a tutti i lettori di Rischio Contenuto per quest’anno passato insieme e i nostri migliori auguri di Buone Feste. Arrivederci nel 2023!