Aggiornamento portafoglio: brutti dati macro e Banche Centrali aggressive


Come avevamo ipotizzato nello scorso articolo, le Borse internazionali hanno mantenuto la rotta verso sud. E abbiamo anche assistito ad alcune importanti rotture al ribasso – anche se per ora solo marginali – che lasciano pochi dubbi sul proseguimento del movimento in atto.

I dati macro non aiutano, visto che le economie stanno procedendo a spasso spedito verso la recessione, data la politica monetaria aggressiva delle Banche Centrali. Prova ne sia che l’importante dato USA relativo all’indice Ism manifatturiero, per il mese di settembre, si è attestato a 50,9 punti. Non solo è in calo da 52,8 di agosto ma è anche al di sotto del consenso degli economisti, che lo vedevano a 52,8 punti.

Come già abbiamo avuto modo di osservare, è chiaro che con queste prospettive economiche pensare che i mercati azionari possano salire è davvero poco ragionevole. E d’altra parte, i numeri parlano chiaro: l'indice S&P500 è sceso di oltre il 9% a settembre, portando le perdite annuali praticamente al 25%.

E ormai si è scatenata la ridda dei target al ribasso snocciolati dagli analisti, che prevedono livelli ancora più bassi nelle prossime settimane, con gli investitori che si preparano per l'atteso rilascio dei Non Farm Payroll di venerdì 7 ottobre prossimo.

Diversi analisti ritengono che la discesa dello S&P500 a 3.400 punti sia quasi scontata, cioè la loro ipotesi è che il livello poco sotto area 3.600 punti non segnerà il minimo, e quindi potremmo assistere ad un possibile affondo sotto 3.400 prima che si formi un minimo più duraturo, ipotizzato verso la fine di ottobre.

Sul fronte obbligazionario gli spread del credito continuano ad allargarsi, e i CDS europei sono tornati sui massimi. Di conseguenza anche i rendimenti decennali hanno proseguito la corsa al rialzo e se da un lato è vero che potrebbero aver raggiunto dei potenziali picchi, è ancora troppo presto per poterlo affermare.

In pratica, tutti gli analisti e gli strategist delle principali banche d’affari USA sono piuttosto pessimisti sul futuro del mercato azionario, pur non escludendo momenti di rimbalzo che allevierebbero un po’ la pressione al ribasso.

Ad esempio, Bank of America ha calcolato delle possibili proiezioni in base ai dati storici delle chiusure mensili in rapporto alla media mobile annuale, affermando che dobbiamo aspettarci un movimento dell'S&P500 nell'intervallo 3450-3220.

E tanto per chiarire bene il mood ribassista generale, anche gli strategist di Goldman Sachs hanno fatto sapere che le posizioni degli investitori sui mercati azionari potrebbero ridimensionarsi in modo consistente, visto che l'aumento dei tassi d'interesse, il rallentamento della crescita e l'aumento della disoccupazione, spingeranno le famiglie a continuare a vendere azioni.

Questo quindi il quadro e il sentiment, per cui bene abbiamo fatto a suggerire molta prudenza sugli investimenti azionari da tempo a questa parte e a tenerci ben stretta la liquidità. Anche perché, anche se il sentiment ha decisamente virato al pessimismo, non è detto che abbia già toccato il suo punto minimo.

Ad ogni buon conto, Goldman Sachs vede una modesta prospettiva di rialzo, che a nostro modo di vedere si configurerebbe più come rimbalzo che non come inizio di un’inversione del trend. L’obiettivo di fine anno per l’S&P500, secondo Goldman Sachs, dopo il proseguimento della discesa tra i 3.400 e i 3.200 punti, si collocherebbe intorno ai 3.600 punti, ovvero esattamente dove siamo ora.

Infine, sono assolutamente coerenti con la situazione macro le conclusioni cui giungono alla banca d’affari USA: “riteniamo che il rialzo dei mercati azionari rimarrà limitato fino a quando l'inflazione non sarà chiaramente sotto controllo”.

Come sempre staremo a vedere, ma pare abbastanza pacifico che il ribasso non è ancora esaurito. Il ciclo economico sta seguendo diligentemente il suo percorso e solo improvvise sorprese positive (leggasi la fine del conflitto Russia-Ucraina o una improvvisa caduta dell’inflazione) potrebbero stravolgere uno scenario che sia a livello tecnico sia a livello fondamentale resta impostato negativamente.

Tornando al nostro portafoglio, la volatilità negativa ha ripreso piede ed è chiaro che i pochi asset che abbiamo in pancia siano un po’ in sofferenza. Nulla di preoccupante, per carità, ma per quanto sia poca e sotto controllo la volatilità negativa non è una compagnia che ci piaccia molto.

Il nostro portafoglio, all’ultimo close disponibile, valorizza un NAV a 103,70 in calo rispetto alla lettura precedente. Ne risente ovviamente anche la performance storica su base annua ora al +1,52%. Sale la volatilità totale, ora al 2,10%, così come quella negativa che ora si porta all’1,10%. 

Non apportiamo ancora modifiche al nostro asset e aspettiamo che i tempi siano favorevoli per imbastire delle operazioni e attuare un piano di portafoglio in ottica strategica. Stiamo però valutando anche due possibili strade da seguire in ottica tattica e a breve ve ne daremo conto.  

Quindi per ora ci teniamo stretta la liquidità, che non ci stancheremo mai dire è una risorsa irrinunciabile per qualunque investitore e non un peso. A costo di essere noiosi, ripetiamo che in questa fase dobbiamo tenere botta e giocare in difesa.

E, in merito alla liquidità, su un social ho visto in questi giorni un simpatico “meme”. La vignetta ritrae un investitore che afferma: “prima ero liquido e perdevo il 10% all’anno, ora ho investito e perdo il 10% al giorno”. Al di là dell’ilarità che può suscitare, esprime un concetto e una situazione attualissima, sui cui crediamo valga la pena meditare.

Portafoglio ed equity line aggiornati nell’apposita sezione.