Ieri pomeriggio è venuto a trovarmi un giovane giornalista di un quotidiano locale. Voleva un mio parere sull'introduzione del green pass per le attività economiche. Onestamente ero un pò titubante sul fatto di rilasciare o meno l'intervista, del resto le Borse erano in fibrillazione e quindi come ben potete immaginare in quel momento preferivo rimanere concentrato. La mattinata era andata benone e quindi ho pensato che tutto sommato era un giovane ragazzo, agli inizi della sua carriera, e gli ho dedicato volentieri qualche minuto del mio tempo. Leggendo l'intervista noto però che non ha colto esattamente il nocciolo della questione relativo alle problematiche imprenditoriali di fronte ai nuovi obblighi di prevenzione introdotti dal governo italiano. Chiaramente Voi che mi leggete da svariati mesi sapete già come la penso. Ad oggi ci troviamo nella triste situazione in cui le imprese vengono da due anni in cui l'attività economica è stata messa a dura prova ed i vari "ristori" non sono stati altro che uno spuntino, certamente non in grado di ammortizzare i costi fissi. Parlando con questo giornalista ho fatto presente che la situazione attuale è nettamente peggiore rispetto a quella di un paio di anni fa, poichè ci si trova di fronte ad un lockdown mascherato: le imprese e le attività sono aperte MA il green pass riduce de facto la clientela e lo dico a prescindere da qualsivoglia parere politico e/o sanitario.
Le piccole imprese si trovano così di fronte ad una riduzione di domanda aggregata e ad un aumento notevole dei costi derivante dall'aumento di tutte le materie prime. Su queste colonne Vi avevo scritto che se il prezzo del caffè raddoppia per un lungo periodo di tempo, la tazzina al bar passerà da 1 euro a 1.20 ad esempio e quell'esercente non abbasserà più il prezzo. Per questo motivo ho sempre espresso chiaramente la mia view sul fatto di trovarci in una situazione di inflazione NON momentanea, a dispetto delle varie Banche Centrali. Come dicevo ieri al giovane giornalista, credo che per l'Italia sia mediamente peggio degli altri paesi: la situazione è quella della stagflazione, ovvero di unione di stagnazione (STAG) ed inflazione (FLAZIONE). L'inflazione è di per sè una buona cosa se rientra in determinati ranghi: il 2-3% è segno di vitalità del sistema economico-produttivo. Se però l'inflazione, come nel nostro caso, NON è una inflazione da domanda aggregata (ovvero molti clienti che chiedono beni e servizi e quindi l'imprenditore ha margini di ritocco del listino prezzi) ma deriva dai costi (delle materie prime in generale, quindi caffè, petrolio, gas, rame, etc..) ecco che la situazione diventa critica. Il motivo è presto detto: a parità di salario (in Italia sono ai minimi da decenni) si riduce il potere di acquisto dei clienti e l'imprenditore si trova inevitabilmente con meno domanda e maggiori costi. Appunto quel cocktail micidiale che si chiama stagflazione. Io non sono un banchiere centrale chiaramente, ma vivo quotidianamente questa realtà anche parlando con le persone e imprenditori che hanno aziende con decine di dipendenti. In casi come questi paradossalmente risulta più economico chiudere o sospendere l'attività. So di imprenditori nell'ambito dell'abbigliamento che hanno preferito farlo per evitare ad esempio di acquistare nuove collezioni per la stagione primaverile ed hanno rimandato tutto ai prossimi mesi piuttosto che avere sul groppone prodotti invenduti a causa del calo di clientela.
Certamente su queste colonne parliamo di mercato ma credo che sia utile a tutti avere una view generale di vita reale (magari più rosea della mia). Altrettanto certamente ritengo che non tutte le nazioni sono ridotte così male e talvolta mi domando: ma è possibile che ci si debba tirare la zappa sui piedi in ogni situazione? Non eravamo quelli più virtuosi con più "vaccinati" (siamo al 90%) ma dai numeri degli ultimi 28 giorni ci possiamo tranquillamente paragonare all'India (che però di abitanti ne ha qualcuno in più di noi: circa 1.4 miliardi): stesso numero di contagi a 28 giorni e solo il 15% in più di morti. Francamente qualcosa non mi torna. Poi chiaramente la colpa dovrà ricadere come sempre su qualcuno, del resto è il modo migliore per non assumersi mai le responsabilità.
I dati sono come sempre della Johns Hopkins University (link: https://gisanddata.maps.arcgis.com/apps/dashboards/bda7594740fd40299423467b48e9ecf6).
Nelle passate settimane avevo evidenziato più volte come, nonostante il mercato fosse bullish e rialzista, ci fossero molti alert da non sottovalutare, ad esempio come l'S&P500, che raggruppa le 500 società a maggior capitalizzazione, stesse salendo ma la somma delle azioni al di sopra della media a 200 periodi ovvero i titoli partecipanti a quel rally fosse in continuo calo (linea di colore arancione). Il grafico pubblicato era il seguente (link dell'articolo: https://www.lombardreport.com/2022/1/8/previsioni-per-il-2022/):
Finalmente la situazione si è sbloccata ed abbiamo avuto un bel ribasso su uno dei principali indici al mondo. Ovviamente questo non era l'unico alert, penso ad esempio a quanto da me scritto la settimana scorsa (link: https://www.lombardreport.com/2022/1/15/prova-6/) in cui evidenziavo la perdita di momentum che si verifica statisticamente a partire dalla seconda metà di gennaio, in cui il "boost" rialzista del rally di Natale perde mano a mano forza. Vogliamo poi parlare della "danza" del Nasdaq attorno alla sua 200 ?
Adesso Vi pubblico un interessante grafico che evidenzia il rendimento dell'S&P500 rapportato all'inflazione. Si nota che siamo in territorio negativo, in altri termini se rapportiamo il rendimento all'inflazione reale il risultato è sotto lo zero (fonte: yardeni.com). A titolo di esempio: se avessimo un rendimento del 5% ma l'inflazione reale è all'8%, ecco che il risultato sarebbe negativo del 3%.
Ora, nel grafico appena indicato, tenete a mente gli anni 1973-1974, gli anni '80, il 2000-2001, il 2007. In questi periodi è stato negativo. Prendiamo ora il grafico dell'S&P500 negli anni appena menzionati. Notiamo che quando si è verificato il fenomeno descritto in precedenza il mercato ha subìto delle correzioni che talvolta sono state molto marcate (1973, 2000 e 2007) mentre altre lo sono state molto poco (1980). C'è però da considerare il fatto che negli anni '80 si veniva da oltre un decennio di lunghissimo laterale, mentre noi ci troviamo nella fase finale di una bolla, nel senso che il mercato è in salita da circa 12 anni e come dicevo la volta scorsa la fase di scoppio è sempre difficile da individuare, l'importante è non rimanere incagliati per vent'anni in posizioni problematiche.
Tornando al discorso dell'inflazione, sappiamo che il Dow Jones è passato dai 18500 del minimo di marzo 2020 ai 34000 punti attuali: +75% circa. Se però vi postassi il grafico inflation adjusted la salita è attorno al +45%!
Detto questo la buona notizia è che il mercato si è certamente imbruttito parecchio e non escludo assolutamente ulteriori sell off che potrebbero anche modificare il trend di lungo periodo, ma allo stato attuale sono necessarie delle conferme.
Teniamo poi a mente che ci stiamo avvicinando ad una situazione (parlo degli Stati Uniti) in cui i margini di profitto delle aziende si stanno assottigliando e contestualmente si sta andando verso una situazione di aumento della tassazione sulle corporations e questo non è certamente positivo per i mercati. Questo non necessariamente significa che il mercato debba crollare, ma la possibilità di una riduzione della tassazione è nettamente inferiore a quella di un suo aumento prossimo venturo.
Pensate ad esempio che pochi anni dopo la crisi del 1929 vennero alzate drasticamente le tasse e negli anni immediatamente successivi il mercato andò in laterale (di svariati punti percentuali, attorno ai 1000 punti, ma al tempo ne valeva solo 3500!). Di seguito trovate il grafico con l'aumento della tassazione e poi quello relativo al comportamento del Dow Jones negli anni '30.
Altro fattore da non sottovalutare a mio avviso è quello dei farward sul rapporto prezzo utili attesi che è a ridosso dei massimi del 2000. Chiaramente questo non ci dice che ci debba essere un crash di mercato ma solo che i margini (probabilità) di salita dell'indicatore sono inferiori a quelle di una sua discesa (frecce rosse).
Analizzando altri indicatori tecnici come la A/D line che misura il numero di titoli al rialzo rispetto a quelli al ribasso, notiamo che si è nettamente verticalizzata al ribasso e questo potrebbe portare ad un climax, magari per il FOMC (Federal Open Market Committee) in programma il 25-26 gennaio attenuando in parte il pessimo mese di gennaio. Ricordiamoci anche che in Cina ci saranno festività nazionali a partire dal 31 gennaio fino alla prima settimana di febbraio, quindi i mercati saranno meno liquidi e potrebbe essere più facile avere movimenti direzionali al rialzo o al ribasso naturalmente.
Rimanendo sul Dow Jones credo che sia possibile una visita attorno ai 33500 punti, magari per far scattare un pò di stop loss: rottura della 200 daily+weekly e mercato in avvitamento su un supporto dinamico, segno di aumento di volatilità.
Sempre rimanendo sull'indice Dow Jones ma adottando una scala settimanale è ben visibile come il trend di lungo sia comunque ancora intatto, almeno fino a chiusura al di sotto dei 33200. Insomma, al momento ritengo che si tratti di un assestamento inevitabile e valuteremo quanto prolungato sarà nelle prossime settimane. Come scrivevo a inizio anno credo che, con tutte le cautele del caso, possa ancora valere la pena di essere compratori su forti ribassi e venditori sui rimbalzi.
A proposito di volatilità. Il Vix, altresì detto indice della paura, ci dice che negli ultimi venti anni nel mese di gennaio tende ad aumentare attorno al 5% con una frequenza che si attesta al 60% delle rilevazioni. Analizzando questo indicatore contrarian porrei attenzione al superamento di 30 con estensione verso i 40 punti per individuare zone di tenuta di mercato dove la forza del ribasso può trovare una attenuazione alla discesa. Non mi aspetto picchi oltre i 50 punti e comunque se la volatilità impazzisse si possono configurare buone opportunità per i long term investors.
Analizziamo ora il nostro indice FTSEMIB40 attraverso il suo future scadenza marzo. Anche in questo caso abbiamo una discreta rottura al ribasso anche se nel complesso tendiamo a sovraperformare grazie ad un paio di azioni (Eni e Intesa ad esempio). Abbiamo una maggior forza relativa, forse dovuta alle aspettative sull'elezione del nuovo Presidente della Repubblica che, come scrivevo la volta scorsa, conta molto poco: pensiamo ai mille bei discorsi e propositi fatti nel corso degli anni che sono stati costantemente disattesi dalle forze politiche di qualunque schieramento. In Italia è difficile/impossibile fare il premier (67 governi in totale dalla proclamazione della Repubblica), è detto tutto. Ora, il nostro future pare sia diretto verso i 26000 dove passano una trendline di lungo corso e la media mobile a 200 periodi.
Attenzione al fatto che l'elezione di Draghi al Colle potrebbe portare volatilità: sfaldamento di Governo e ingovernabilità momentanea con aumento dello spread. A proposito di spread, sabato scorso indicavo un'area di approdo/target del BTP future a 144.50/145 che è stata toccata millimetricamente a metà ottava (link: https://www.lombardreport.com/2022/1/15/prova-6/). Adesso si vedrà se riuscirà a tenere nelle prossime sedute.
Fronte watchlist....
In situazioni come queste seguo tutti i titoli come mostrerò nella mia conferenza online di mercoledì dove Vi farò vedere qualche operazionecon denaro reale sui titoli oggetto di studio ed in giornate particolari come quella di ieri (venerdì,ndr). Ricordo a tutti che su queste righe mi limito a scrivere la mia view generale, il mio sentiment e feeling e quelle che ritengo essere potenziali idee operative degne di essere valutate. Ciascuno in base al proprio profilo di rischio ed al suo -eventuale- trading plan sempre e comunque con uno stop e sapendosi accontentare dell'eventuale utile accettando le inevitabili perdite che comportano il fatto di mettersi continuamente in gioco. Al trading puro ed estremo dedico tre ore piene ogni giorno, escludendo naturalmente le mie ricerche del fine settimana per gli eventuali trades long term. Questo è un mestiere in cui non ci si improvvisa perché si combatte quotidianamente contro persone che sono migliori di noi e, peggio ancora, con le nostre emozioni e le nostre fragilità.
Bitcoin o Bitcrash?
Nel mio primo articolo di gennaio (link: https://www.lombardreport.com/2022/1/5/attenzione-ribasso-probabile-su/) segnalavo la possibiltà di un deciso ribasso alla rottura dei 40000 contro euro. Altrettanto onestamente il target era a 36000. Il 13 gennaio, in un nuovo articolo, ho tuttavia postato questo grafico (link: https://www.lombardreport.com/2022/1/13/la-discesa-stata-veloce-il-target-attorno-al-10-centrato-in-tre-sedute-ma-adesso-attenzione/).
Nella seduta di ieri abbiamo avuto la rottura di 34000 punti contro EURO ed una veloce accelerazione a 30000. Certamente ha contribuito la richiesta della banca centrale russa di vietare mining e l'utilizzo delle cryptovalute. Pensate lo facessero tutti: andrebbero a zero in un battibaleno! Del resto onestamente non ne comprendo l'utilità e ammetto la mia ignoranza in materia: se il bitcoin esiste da 14 anni non ne ho ancora visto l'applicazione nella vita reale. Ora, il primo target per azzardare un acquisto credo sia attorno ai 25-26 mila punti (sempre contro euro). Sotto i 23000 sarebbe possibile una ulteriore discesa a 16000 (grafico mensile indicato di seguito)
Buon fine settimana a tutti.
Ad maiora!
PNA
(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)