I rischi crescenti di inflazione, evidenziati nelle ultime rubriche, inizia a innervosire i mercati finanziari. In particolare negli USA , con un tasso di inflazione annua già al 4% e oltre, iniziano ad esserci ipotesi di evoluzioni della politica monetaria in senso meno espansivo di quanto si sperava. La Fed da un lato rassicura i mercati dicendo che si tratta di rialzi solo temporanei e non dell’inizio di una nuova e duratura stagione inflazionistica, ma dall’altro segue con molta attenzione l’evoluzione per non farsi cogliere impreparata. Dopo la riunione di mercoledì, i timori di rialzi dei tassi hanno provocato nella seduta di giovedì un forte sell-off sui metalli preziosi e sulla quasi totalità di materie prime. Una reazione forse troppo emotiva e in parte spiegata dall’apprezzamento del dollaro Usa, correlato inversamente con le commodities. Nella seduta di venerdì le vendite si sono estese anche ai mercati azionari.
Anche se i tassi dovessero risalire un poco, sembra poco probabile che le Banche Centrali abbandonino la loro politica di “repressione finanziaria”, che consiste nel lasciare risalire l’inflazione intervenendo sui rendimenti nominali per tenerli artificialmente compressi. L’obiettivo principale delle Banche Centrali è sgonfiare in termini reali l’enorme massa di debiti, pubblici e privati, in giro per il mondo (balzati dai già stratosferici 250mila miliardi di dollari USA pre-Covid agli oltre 280mila miliardi attuali, circa il 365% del Pil mondiale) e l’unico modo in cui possono riuscirci, evitando dei default a catena, è quello di portare il sistema verso rendimenti reali negativi (= rendimenti nominali - tasso inflazione): in tal modo i debiti (e i corrispondenti crediti dei poveri risparmiatori!) si sgonfiano magicamente da soli col passare del tempo. Come dicevamo la scorsa volta: “una sorta di ‘usura al contrario’, ai danni non del debitore ma del creditore. Il problema è che con la mole di debiti in circolo ci vorranno anni di tale tassa occulta sul risparmio per mettere in sicurezza i grandi debitori (ovviamente a spese di tanti piccoli risparmiatori...). Riusciranno le Banche Centrali a mantenere rendimenti artificialmente compressi in pendenza di tensioni inflazionistiche? È quanto probabilmente si stanno domandando gli stessi governatori delle varie Banche Centrali in giro per il mondo...”.
Già, il tema rimane quello, come riuscire a tenere i tassi bassi se parte l’inflazione? è il motivo dietro al sell-off di giovedì sulle materie prime e ai realizzi sull’azionario di venerdì...
Come scrivevamo la scorsa volta, “In un contesto inflazionistico bisogna iniziare a ragione in termini reali, cioè di potere d’acquisto, e non in termini semplicemente nominali, come siamo abituati a fare da anni dato che in assenza di inflazione le due grandezze coincidono: in una prospettiva inflazionistica la peggiore asset class è quella obbligazionaria, perché rende poco in termini nominali e presenta rendimenti negativi in termini reali a fronte di rischi di forte discesa dei corsi se le Banche Centrali dovessero perdere il controllo della situazione. Dovrebbero soffrire meno le Borse, senonché presentano quotazioni tiratissime, in specie negli USA. L’asset class più interessante in termini strategici rimangono le materie prime”. Ciò non significa che le commodities siano immuni da andamenti fortemente volatili ed erratici di breve, come abbiamo visto nella seduta fortemente negativa di giovedì: la quota di portafoglio strategico allocata sul comparto non dovrebbe però dipendere dalla volatilità di breve; anzi, eventuali ulteriori storni fornirebbero interessanti occasioni di ingresso per chi è rimasto fuori dal comparto o per chi potesse incrementare l’esposizione.
Confermiamo quindi “l’opportunità di mantenere una quota importante del portafoglio allocata sul comparto dei preziosi, in prospettiva strategica”. Come veicoli, manteniamo i seguenti Etc quotati su Borsa italiana:
Oro, ticker PHAU: PC 141,72; Argento, ticker PHAG: PC 20,475 (cfr. Grafico) Platino, ticker PHPT: PC 82,830. A parziale “copertura” della posizione lunga netta sul comparto manteniamo anche lo short sul Palladio, ticker 1PAS: PC 9,320.
Manteniamo anche le posizioni lunghe sul frumento (ticker WEAT: PC 0,6104), sul Mais (ticker CORN: PC 0,7617), sul Caffè (ticker COFF: 0,7809) e sul Cotone (ticker COTN: 2,0300). Da monitorare il Rame, che dopo lo storno potrebbe essere interessante..attendiamo però una stabilizzazione.
Manteniamo anche le posizioni corte tattiche sull’S&P500, con l‘Etf short sull’S&P500 Xtrackers S&P500 Inv Day con ticker XSPS (PC 7,250).
(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)