Mercato obbligazionario: siamo alla resa dei conti?


La riunione della FED di fine aprile non ha portato nessuna novità, anzi ha ribadito in modo fermo e inequivocabile le linee guida della politica monetaria a medio termine. E anche la BCE, nella riunione del 22 aprile scorso, ha confermato l’orientamento molto accomodante già in essere da tempo.

Quindi tassi fermi sia in USA sia in Europa, e inoltre la BCE ha confermato l’ammontare del piano (PEPP) fissato a 1.850 miliardi di euro, per un orizzonte temporale che resta esteso almeno fino alla fine di marzo 2022, mentre i proventi saranno reinvestiti almeno fino alla fine del 2023.

Sul fronte USA la Banca Centrale ha ribadito che manterrà i tassi di interesse a questi livelli fino a quando l'economia non avrà raggiunto la piena occupazione e il tasso di inflazione non raggiungerà il 2%, stabilizzandosi sopra questa soglia per diverso tempo. Inoltre, la FED continuerà a incrementare le disponibilità di titoli di stato a un ritmo di almeno 80 miliardi di dollari al mese.

Pertanto, sarebbe lecito attendersi un mercato obbligazionario poco mosso, o comunque con rendimenti pressoché stabili. E invece… Da alcune sedute a questa parte, sui mercati del reddito fisso è ripresa la marcia al rialzo per i redimenti, anche se forse non in maniera così evidente ai più. Ma se osserviamo attentamente le dinamiche non è difficile notare che sotto le ceneri sta covando qualcosa.

E le spiegazioni a questa apparente incongruenza tra tassi e rendimenti sono sostanzialmente due, che adesso andremo ad analizzare mettendole in relazione. Andiamo con ordine e iniziamo col considerare le dinamiche inflattive attese e il c.d. “effetto cobra”.

Il problema è che l’inflazione è tornata, anche se non se parla. Ma basta guardare l’indice FAO sui prezzi alimentari: negli ultimi 12 mesi – cioè da marzo 2020, scoppio della pandemia, a marzo 2021 – il rincaro medio dei prezzi delle materie prime alimentari è stato di quasi il +25%. Roba da fa impallidire, posto che nei cinque anni precedenti la crescita cumulata è stata di appena il +2%.

Ora, da quasi un decennio le Banche Centrali adottano tassi negativi con l’obiettivo di stimolare i consumi e quindi sostenere le aspettative di inflazione. Cosa che però, almeno stando ai dati ufficiali, ad oggi non è successa ed anzi con i rendimenti obbligazionari sottozero per lunghi tratti di curva, siamo arrivati all’assurdo che Stati semi-falliti come la Grecia offrano meno degli USA, pur al netto del fattore cambio.

Ora però l’inflazione ha decisamente rialzato la testa, per cui verrebbe da dire che alla fine la “cura” ha funzionato. Tuttavia, il rischio che le Banche Centrali siano vittime del c.d. “effetto cobra” non sono per nulla remote.

Quando l’India era ancora una colonia del Regno Unito, Delhi era infestata dai cobra. Per risolvere il problema, il governatorato garantì una ricompensa a quanti consegnassero la pelle del rettile. Ma si ritrovò a dover fronteggiare conseguenze del tutto inattese e indesiderate. Fiutando l’affare, molti indiani diedero vita ad una vera industria di allevamento di cobra. Consegnando le pelli alle autorità, intascavano la ricompensa, ma in città i serpenti per le strade non si riducevano affatto. Compreso l’inganno, il governatorato ritirò la compensa. A quel punto, però, allevare cobra non rendeva più e molti improvvisati imprenditori li abbandonarono in giro per Delhi, aggravando il problema.

Per cui, con “effetto cobra” si vuole descrivere un’azione delle Istituzioni che produce risultati opposti a quelli desiderati. Tradotto, con i tassi negativi le Banche Centrali pensavano di stimolare i consumi e gli investimenti e, di conseguenza, la crescita economica e l’inflazione. Peccato che, anche al netto del Covid, si sono ritrovate a dover gestire economie ancora più stagnanti e tassi d’inflazione prossimi allo zero.

Senza perderci in ragionamenti sulle motivazioni del fallimento della strategia dei tassi negativi, consideriamo solo che se i risparmi delle famiglie non vengono più remunerati, anziché stimolare gli acquisti si stimola l’esigenza di consumare meno per accantonare maggiori risorse per il futuro; non di meno con i tassi negativi si tengono in vita aziende decotte che incidono negativamente sulla crescita complessiva e l’occupazione.

E quindi, ora che l’inflazione sta tornando, il panico tra governi e Banche Centrali è scattato. E se pensiamo che è bastato passare da aspettative di inflazione negativa a poco più dell’1%, l’effetto cobra è ben che servito. Se l’inflazione torna a mordere per davvero, addio tassi negativi ma addio a sostenibilità dei debiti e ripresa economica.

Il quadro non è confortante, ed è per questo che i mercati sono in fibrillazione. E qui arriviamo alla seconda ragione – direttamente collegata a quella appena vista – che sta facendo salire i rendimenti. E’ una suggestione interessante, basata sulle proiezioni dei futures sul cambio EUR/USD, che implicitamente ci dà anche delle evidenze sui tassi USA.

Con l’avanzare delle campagne vaccinali, le economie reali sono in riapertura, e i mercati finanziari iniziano a scontare questo scenario. Ora, quindi la situazione è questa: gli spread di credito beneficiano di una condizione mai così favorevole, a crescita è avviata a una ripresa, i programmi di acquisto delle Banche Centrali mantengono la massima intensità, mentre la maggior parte dei governi continua a garantire o ad aumentare il sostegno e/o le garanzie verso i settori più colpiti.

Pare che l’attenzione sulle proiezioni dei future sull’eurodollaro siano concentrate alla data di dicembre 2023. Sì, tra oltre due anni. Siamo rimasti sorpresi anche noi da questa proiezione, ma ha un senso. A fine 2023 l'economia globale non sarà più influenzata dai vincoli e dalle restrizioni legate alla pandemia, per cui la politica sui tassi della FED è la prima tappa del ragionamento. A fine aprile i futures sull'eurodollaro a tre mesi per scadenza dicembre 2023 hanno chiuso a 98,96.

Cosa significa? In estrema sintesi, senza perderci nei mille rivoli delle proiezioni, significa che entro la fine del 2023 il mercato avrà prezzato tre aumenti dei tassi della FED, la quale dovrebbe così dare inizio ad una fase di innalzamento dei tassi. Dal canto suo, invece, la BCE ha già avvertito che non si ispirerebbe alla Banca Centrale americana per la sua politica monetaria.

In conclusione, stando ai numeri e alle attuali proiezioni, il tasso a dicembre 2023 per il governativo USA a 10 anni è previsto al 2,25% per passare al 2,55% a fine 2025. Per l’Europa il mercato valuta un Bund decennale scambiato con un rendimento intorno a +0,10% entro dicembre 2023, mentre lo valuta a +0,31% entro la fine del 2025. Quindi, pare propri che i mercati obbligazionari si stiano avviando a scontare queste proiezioni facendo salire i rendimenti in uno scenario che in realtà non ne giustificherebbe tale dinamica.

Si conclude oggi il collocamento del nuovo Btp Futura, giunto ormai alla terza edizione, dopo l’esordio di luglio 2020 e il bis di novembre dello stesso anno. Leggendo i numeri, questa terza edizione non decolla, e sta raccogliendo meno della seconda edizione collocata a novembre scorso. Infatti, ieri a fine giornata gli ordini dei risparmiatori italiani si sono fermati a 3,67 miliardi rispetto ai 3,92 miliardi che erano stati prenotati nelle prime due giornate dell’emissione precedente.

Obiettivamente, non si può dire che sia stato un flop, ma nemmeno il successo (forse) sperato dal Tesoro, che ha avuto la possibilità di collocare un bond in condizioni di estremo favore, mai viste prima, a maggior ragione con la figura di Mario Draghi a capo del nostro esecutivo. Però, evidentemente, i risparmiatori hanno imparato (sulla loro pelle) a farsi un po’ furbi.

Nel senso che è evidente che il mandato di Draghi è a termine, e finito il momento di emergenza torneremo a confrontarci con la pochezza dei nostri politici. E quindi, in prospettiva, l’eventualità che ci siano altre aggressioni finanziarie ai nostri danni va tenuta in considerazione. Poi chiaro che si spera che ciò non accada, anche perché a ben guardare gli altri Stati europei non se la passano proprio benissimo. Ma noi rimaniamo l’animale più debole del branco e quindi la preda preferita.

Tornando alla nuova emissione del Btp Futura, quali potrebbero essere i motivi di questo poco interesse da parte dei risparmiatori? Oltre alla possibile lungimiranza di cui ho detto sopra, è molto probabile che la durata a sedici anni scoraggi non poco, soprattutto ora che la curva dei rendimenti è in salita e in prospettiva i tassi potrebbero – anche se non subito – tornare a salire. In effetti il rischio tasso di questo bond non è per nulla trascurabile.

Altro motivo potrebbe essere l’oggettiva difficoltà del piccolo investitore di comprendere l’effettiva remunerazione del titolo. Infatti, questa emissione di Btp Futura ha un meccanismo più complicato in merito al premio fedeltà che in questa emissione è doppio e prevede un acconto dopo i primi 8 anni. In ultima analisi, parrebbe anche che il meccanismo delle cedole step-up non sia particolarmente gradito, visto che in media il retail ha più dimestichezza con un unico tasso e non con scaglioni temporali che rendono non immediata la percezione del tasso medio alla scadenza.

E infine, non va dimenticato che le famiglie italiane sono schiacciate dalla crisi scatenata dalla pandemia che ci affligge da oltre un anno. E poco conta che stando ai numeri ufficiali sul risparmio italiano i conti correnti siano pingui di liquidità. In un momento come questo, dove non vi è nessuna certezza sul futuro, con danni economici in tutti i settori, con una manciata di fave al posto di sostegni economici degni di tale nome, è normale che i risparmiatori prudenti – che è poi il target che queste emissioni vogliono colpire – stiano alla finestra e si tengano ben stretti i soldi che ancora hanno.

Analisi ZC-Yield Curve
La lettura della ZC-Yield Curve, questa settimana, mostra ancora una robusta crescita dei rendimenti rispetto alla scorsa analisi, soprattutto nella parte a medio della curva. E’ chiaro, a questo punto, che il cambio di scenario è avvenuto in ottica strategica, anche alla luce dell’analisi condotta nella parte iniziale di questo articolo. Il rendimento della scadenza a 10 anni passa precedente 0,10% all’attuale 0,14% mentre la scadenza trentennale cresce ancora e va allo 0,56% dal precedente 0,50%. Solo quattro mesi fa eravamo a rendimento negativo su questa scadenza. Orami stabile la forma della curva, con la parte a breve e medio sempre inclinata intorno ai 45° per poi appiattirsi sulle scadenze lunghe. La curva evidenzia ora un massimo di rendimento sulle scadenze 2043-2044, in netta crescita rispetto alla scorsa rilevazione e ora in area 0,58% rispetto allo 0,51% del mese scorso. Ben mossi anche i tassi forward su Euribor 6 mesi, con il tratto a medio che si inclina decisamente con previsione di tassi positivi entro il 2025, mentre il tratto a lunga sale oltre area 1,00%. Il tratto a breve consolida, dopo aver raggiunto area -0,40% da diverse settimane a questa parte.

Analisi Integrata Trendycator
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei principali benchmark decennali, il quadro si è ormai definito e anche il modello Trendycator sta fornendo nuove evidenze. Sull’area UK siamo nuovamente sui massimi di periodo, poco sotto area 0,90% e con Trendycator stabilmente LONG ormai da tredici settimane. Nuovi massimi di periodo per il BUND, che ingrana la quarta e supera la resistenza in area -0,20% di rendimento per portarsi in prossimità di area -0,19%, con il modello Trendycator ancora in stato NEUTRAL, ma in procinto di cambiare stato per rendimenti verso area -0,15%. Cambia lo stato Trendycator per il nostro Btp, che torna LONG, dopo la lunga discesa dei rendimenti culminata con il minimo storico in area 0,50% a inizio 2021. Netta risalita dei rendimenti per il nostro decennale, ora sopra ad area 0,80% e con lo spread che ha ripreso ad allargare sopra i 100 bps. Riprendono a salire anche i rendimenti dell’area USA, dopo la breve pausa delle scorse settimane, con il Treasury decennale che prova a tornare in area 1,70% di rendimento con Trendycator saldamente LONG.

Bond Governativi Mndo Weekly Ranking
Analisi sotto forma di ranking dei bond governativi mondiali con qualunque rating. In alcuni casi, per alcuni emittenti o per alcune valute, il rapporto rischio/rendimento di questi bond può essere anche piuttosto speculativo. Il ranking considera i bond benchmark decennali in tutte le valute di emissione.

Proseguiamo anche in questo articolo a parlare del dollaro USA, che continua a dibattersi nell’intorno di area 1,20 dopo la rottura al ribasso occorsa il mese scorso. Come da manuale, la reazione di pullback verso il livello rotto non si è fatta attendere e dal minimo relativo in area 1,17 il cambio è rimbalzato sino a 1,21 per poi ripiegare verso 1,20.

Il modello Trendycator, che ha abbandonato lo stato LONG, è ormai NEUTRAL da sei settimane e l’oscillatore si è praticamente scaricato dopo aver disegnato un’interessante divergenza negativa tra ottobre 2020 e gennaio 2021, come possiamo osservare sul grafico.

La situazione non è ancora delineata, per cui non mettiamo il carro davanti ai buoi. Anche perché – per quanto possano valere – alcune “proiezioni” di lungo periodo (ne abbiamo accennato nella parte iniziale dell’articolo) vedono delle dinamiche tassi/cambio USA danno nel medio/lungo un EUR/USD oltre area 1,24.

Ormai sappiamo bene che queste previsioni degli “esperti” lasciano il tempo che trovano, ma poiché si basano pur sempre su numeri – per quanto temporanei e molto volubili – non ignoriamoli del tutto. Resta comunque il fatto che sotto il profilo tecnico abbiamo almeno due evidenze di inversione del trend a favore del dollaro USA.

Lo stato NEUTRAL del modello Trednycator e la divergenza negativa tra i prezzi e il Trendycator Oscillator, che sappiamo essere una robusta evidenza statistica. Rimangono quindi per ora in piedi entrambi gli scenari: il primo, che vedrebbero il dollaro in rafforzamento con spazi sino ad area 1,16/1,15 corroborato da due evidenze tecniche importanti e il secondo, con un ritorno in area 1,24 con rottura rialzista come alcune proiezioni e previsioni macro lasciano intendere.