Aggiornamento portafoglio: Draghi presenta il Recovery Fund


In questi ultimi giorni, con i numeri della pandemia che pare stiano lievemente migliorando, si è tornato a parlare di Recovery Fund, e ieri il premier Draghi ha presentato il programma in Parlamento. Il piano nazionale prevede 221,5 miliardi di euro: indubbiamente un’occasione storica per l’Italia.

Se ce la giochiamo bene abbiamo la possibilità concreta di tirarci fuori dalle secche decennali, se ce la giochiamo come al solito (cioè male…) potrebbe essere la nostra fine. Stando alle proiezioni lette su alcuna stampa specializzata, questo fiume di denaro – se ben speso – sarebbe in grado di spingere il PIL da qui al 2026 sino al 16%. Di fatto una media di poco più del 3% su base annua, che in confronto alla nostra misera crescita degli ultimi vent’anni sarebbe un risultato epocale.

Va poi però anche detto che, scavando nelle cifre, il beneficio netto per l’Italia potrebbero essere più modesti. Scomponendo la cifra totale, vediamo che i fondi europei ammontano a 191,5 miliardi di euro e i 30 miliardi in più derivano dallo scostamento di bilancio votato in Consiglio dei ministri e che sarà sostanzialmente utilizzato per sostenere la ripresa. Infine, dei 191,5 miliardi di euro, 53 servono alla copertura di investimenti già in programma.

In conclusione, per progetti nuovi saranno disponibili 138,5 miliardi. Ed è quindi su questa cifra che si devono impostare i ragionamenti in merito al contributo dell’Europa. Ma come sappiamo, se da un lato 68,9 miliardi ci saranno erogati come sovvenzioni, i restanti saranno offerti come prestiti, che naturalmente dovranno essere restituiti.

Ulteriore complicazione e ulteriore rischio: come noto il nostro Paese contribuisce pro-quota al finanziamento del Recovery Fund, esattamente con 40 miliardi di euro. Va da sé che la cosa più normale e intelligente da fare sia quella di utilizzare tutti i 68 miliardi di sovvenzioni, onde evitare di trasformaci magicamente da beneficiari in creditori netti. E siccome nel periodo 2014-2020 è stato effettivamente utilizzato solo il 38% di quanto erogato… E la domanda è spontanea: che fine ha fatto il restante 62%? Mistero. Soldi erogati per essere spesi in progetti a beneficio del Paese che si sono persi nel nulla…

Nota positiva: per i prestiti il beneficio consiste naturalmente nella possibilità di indebitarci a costi nettamente inferiori di quelli che avremo dovuto sostenere ricorrendo direttamente al mercato. Quindi abbiamo a nostro vantaggio uno spread “azzerato” sui miliardi di prestiti UE.

Il problema però si presenterà quando questi soldi dovranno essere restituiti. Infatti, per restituirli dovremo emettere titoli di Stato esponendoci ai tassi d’interesse imposti dal mercato. Ne deriva che se al momento di pagare il conto non avremo impiegato i fondi ottenuti in maniera proficua, correremo il rischio di avere ancora più debito pubblico ma la stessa misera e imbarazzate crescita economica di sempre.

E, in ultima analisi, questo si ricollega alla quota dei sussidi, perché il Recovery Fund prevede l’introduzione di forme di fiscalità comune, con l’obiettivo di incassare a livello comunitario 22 miliardi di euro all’anno da nuove imposte. Che pagheremo anche noi contribuenti italiani. Quindi proprio tanto gratis questi sussidi non sono…

Nonostante queste indubbie criticità, il Recovery Fund è comunque l’occasione per rilanciare l’Italia dopo decenni di sotto-investimenti e crescita asfittica. Per altro, a ben guardare, come nel gioco delle tre carte, alla fine questi sono soldi essenzialmente nostri, semmai “coperti” dalla Commissione europea. In definitiva per non sprecare questa occasione l’Italia dovrà cambiare radicalmente registro e spendere tutto e bene.

Ai posteri…

Torniamo ora ad occuparci del nostro portafoglio che sta consolidando magnificamente il recente massimo storico. Siamo infatti incollati a ridosso di area 104 di NAV, con volatilità in netta contrazione. Si è avviata una micro-fase laterale che fa tirare il fiato alla nostra equity dopo la galoppata iniziata nella seconda metà di marzo scorso.

Il nostro portafoglio, al close di ieri, valorizza un NAV pari a 103,87 con una performance su base annua pari al +3,68% rispetto al precedente +3,88%.  Sempre stabile la volatilità storica, intorno all’1%.

Tabella e grafico dell’equity line aggiornate nella consueta sezione “Portafoglio”, ove è stata anche aggiornata la sintesi dei rendimenti storici di “Rischio Contenuto”.