Risveglio all’insegna delle vendite sui Treasuries questa mattina. Durerà? Un’analisi della situazione e delle prospettive con qualche consiglio operativo per il piccolo e medio investitore.
Cedole & dividendi
I numeri sono numeri e smentiscono le parole. Dopo il meeting di ieri della Fed e le dichiarazioni tranquillizzati di Powell (“niente rialzi dei tassi almeno fino al 2023”) il risveglio di questa mattina va in direzione opposta. I timori di un’inflazione oltre il 2% - anzi verso il 2,5% - stravolgono i mercati.
Due gli eventi numerici più significativi:
● lo yield del decennale oltre l’1,7%
● lo spread Treasuries-Bund che punta ai 200 pb.
L’analisi su base storica evidenzia queste coincidenze:
- 1) Il rendimento torna a inizio 2020, cioè in una situazione pre-Covid, quando si pensava a tutto, salvo che a un’inversione di politica monetaria.
- 2) Valori di spread così elevati non si riscontrano anche in questo caso da inizio 2020 ma soprattutto lo collocano al terzo posto in classifica, nell’andamento su base mensile, da dieci anni. È stato superato solo nel 2016 e nel 2018, quando la Fed stava per agire su un rialzo dei tassi.
Due cose hanno fatto paura nell’atteggiamento della Fed:
- 1) L’ammissione che l’inflazione andrà oltre il 2% (seppur per un breve periodo di tempo). C’è chi teme che in realtà parta un rialzo successivo incontrollato, oppure all’opposto che siamo entrati in un periodo di reflazione. Cos’è quest’ultima? Una ripresa dei prezzi dopo una discesa sotto la linea di tendenza. Ad esempio, se l'inflazione si fosse stabilizzata in un certo periodo sul 3% ma per un anno approdasse a zero, in quello successivo avrebbe bisogno di uno scatto del 6% per recuperare il trend a lungo termine. Quest’inflazione superiore al normale è considerata appunto reflazione, poiché si tratta di un ritorno alla tendenza, non superiore però alla stessa tendenza di lungo termine. Nella confusione il mercato sta mettendo le mani avanti e vende i tassi fissi.
- 2) Il riconoscimento di una spaccatura all’interno della Fed fra colombe (apparentemente vincenti) e falchi, consistentemente presenti. In altre parole c’è chi teme che il rialzo dei tassi possa essere anticipato rispetto alle intenzioni del 2023.
In questa situazione è indubbio che il mercato cerca di proteggersi e lo fa soprattutto attraverso le mani degli istituzionali più importanti, che già nella giornata di ieri hanno addirittura auspicato un primo rialzo dei tassi quest’anno.
Al piccolo investitore cosa resta da fare?
- - Considerare l’area del dollaro come strategica, visto lo spread a 200 pb. Il rendimento si fa qui, pur con tutte le precauzioni del caso.
- - Puntare – come stiamo indicando da settimane – sull’asset inflattivo in Usd.
- - Valutare qualche acquisto a scaglioni su bond che quotano sui 100 o sotto i 100 (come segnalato nell’articolo di ieri).
Una cosa comunque è certa: l’aria che si respira è nettamente diversa rispetto solo a qualche mese fa.