Aggiornamento portafoglio: l’Europa arranca


Facciamo un salto indietro nel tempo, e andiamo al periodo 2008/2009, quando la crisi finanziaria globale scatenata dai mutui subprime scavò un solco netto sia sul piano economico e finanziario sia sul piano politico.

Gli USA, epicentro dello tsunami, superò piuttosto in fretta la terribile recessione dell’economia, avendo potuto confidare tra l’altro sul coordinamento delle politiche fiscali e della politica monetaria. La Cina, nel frattempo, consolidava il suo ruolo di nuova superpotenza mondiale, mentre l’Unione Europea si dibatteva penosamente e senza concretezza su come reagire alla sfiducia dei mercati in merito alla tenuta dei debiti sovrani, ottenendo il risultato di accentuare e prolungarne la crisi.

Nel 2015 la crisi del debito ellenico, e l’anno dopo il Regno Unito che con la Brexit salutava orgogliosamente soddisfatta un’Europa inconsistente e ottusamente burocratica, in netto contrasto con il pragmatismo della mentalità anglofona. Nel 2020 il Covid, che ancora una volta mette in evidenza la pochezza di una UE avvitata su sé stessa, persa in mille cavilli inutili che non servono ad altro che rendere farraginosa qualunque operazione sia necessaria.

Per carità, va riconosciuto che qualche timido miglioramento si è visto, ma purtroppo solo nella forma ma non nella sostanza. Infatti, è innegabile che il Covid abbia messo a dura prova la sopravvivenza della UE, la quale – almeno stavolta – ha reagito con una politica di sostegno ai debiti dell’Eurozona e con un piano fiscale comune, attraverso il Recovery Fund. E questa è la forma. Ma la sostanza?

Ebbene, intanto il Recovery Fund da 750 miliardi ad un anno dalla pandemia non esiste ancora operativamente e probabilmente erogherà i primi aiuti solamente nella seconda metà di quest’anno, cioè con notevole ritardo rispetto al momento del bisogno e quando già si stanno contando i posti di lavoro annientati e le aziende, esercizi commerciali, piccole e medie imprese che sono saltate gambe all’aria irrimediabilmente.

La vera speranza di uscire rapidamente dall’incubo con la campagna vaccinale è stata mortificata dalla gestione Europea che ci vede fanalino di coda rispetto a tutto il resto del mondo, esclusa l’Africa. Infatti, le vaccinazioni – indispensabili per uscire dalla crisi sanitaria ed economica – hanno confermato l’assenza di istituzioni efficienti ed efficaci. Gli USA hanno somministrato dosi per circa il 30% della popolazione e il Regno Unito per oltre il 35%; nella UE siamo ancora intorno al 10%. La lentezza delle campagne vaccinali nazionali dipende dalla carenza di forniture da parte delle case farmaceutiche e a sua volta impedirà alla nostra economia di ripartire da qui a breve. Anche perché è ben chiaro a tutti ormai che sino a quando non saranno state vaccinate ampissime fasce di popolazione le restrizioni anti-Covid resteranno attive.

Ecco qui la sostanza: ancora una volta ha regnato sovrana l’incostistenza. Il tutto aggravato dall’assenza di case farmaceutiche nella UE che abbiano prodotto vaccini contro il Covid. Come noto, infatti, le società che hanno ottenuto l’autorizzazione dell’EMA sono la britannica AstraZeneca e le americane Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson. Persino Cina e Russia hanno prodotto vaccini propri e il russo Sputnik V è anche diventato caso geopolitico imbarazzante per Bruxelles. Peccato che Mosca sia sotto embargo da parte di USA e UE, ma intanto diversi stati comunitari le hanno fatto richiesta di vender loro il vaccino, mentre parrebbe che l’Italia lo produrrà dai prossimi mesi.

Di fatto, quindi, UE e Africa sono rimasti gli unici due continenti ad essere privi di vaccini propri. Non entriamo nel merito della gestione dei contratti, ma speriamo vivamente che prima o poi si chieda – e si faccia pagare – il conto a qualcuno, ma già sappiamo che la speranza è vana. La conclusione che possiamo trarre, purtroppo, è sempre la stessa: la UE non esiste, e tantomeno è in grado di esserci fattivamente quando le circostanze richiedono pragmatismo, autorità e rapidità nel passare dalle decisioni ai fatti.

Siamo sempre più un vaso di coccio tra vasi di acciaio. Ormai USA, Cina e Russia si stanno giocando la partita per gli assetti geopolitici per i prossimi decenni. Anche l’UK è risorta a nuova vita e ha già messo a segno un punto contro l’Europa da cui è appena uscita con la formalizzazione della Brexit nel 2020.

Torniamo al nostro portafoglio, che in queste settimane è stato condizionato in termini di volatilità dall’andamento un po’ nervoso di alcuni mercati, in primis l’indice tecnologico USA. Come sapete tutto è partito dall’allarme sul settore dei semiconduttori – altra vicenda molto poco chiara – che ora pare che si stia ridimensionando, almeno in termini di quotazioni dei titoli, posto che i mercati hanno ripreso vigore e hanno segnato nuovi massimi.

Il nostro portafoglio ha ritracciato molto velocemente e altrettanto velocemente si è riportato sui massimi, di fatto patendo solo un po’ di volatilità ma reagendo perfettamente alla ripresa dei mercati. Siamo infatti tornati sul precedente massimo storico in area 102,65 di NAV registrato a metà febbraio. La discesa delle scorse settimane ci ha portati a toccare un minimo a 102,04 di NAV, livello repentinamente abbandonato con un bel balzo verso l’alto. Al close di ieri il nostro portafoglio valorizza un NAV pari a 102,65 con una performance su base annua in ripresa e ora al +2,87% e con la volatilità (ovvero il rischio) stabile allo 0,64%.

Tabella e grafico dell’equity line aggiornate nella consueta sezione “Portafoglio”, ove è stata anche aggiornata la sintesi dei rendimenti storici di “Rischio Contenuto”.

Linee guida per seguire al meglio il portafoglio Rischio Contenuto ed essere allineati all’operatività

1) Il portafoglio Rischio Contenuto ha una strategia conservativa di base, attuata attraverso i migliori fondi in circolazione, capaci di creare valore nel medio lungo termine con costanza e movimentati solo quando necessario. Su questa parte del portafoglio si fa asset strategico nel vero senso della parola. Il portafoglio Rischio Contenuto deve garantire sempre il massimo controllo del rischio cercando di massimizzare la perfomance.

2) I fondi proposti sono tutti acquistabili su FundStore, hub di fondi gratuito che richiede solo delle fee fisse in base alla casa di gestione. Anche la vostra banca on line potrebbe avere (e spesso ha) questi fondi, ma se non dovesse renderli disponibili o renderli negoziabili solo con commissioni elevate, la soluzione è FundStore. Sappiamo di moltissimi lettori che la utilizzano con soddisfazione da tempo per cui è il modo migliore di attrezzarsi per seguire i segnali operativi sui fondi del portafoglio Rischio Contenuto.

3) Gli ETF inseriti in portafoglio sono tutti negoziati sul nostro mercato MTA, sezione ETF-Plus, per cui non ci sono problemi nella negoziazione di questi strumenti. Gli ETF sono destinati in parte sempre ad asset strategico, ma una quota variabile è destinata ad un’operatività in ottica tattica, quindi leggermente più dinamica. Non cambia il rapporto di rischio originario dell’intero portafoglio, che rimane sempre nei limiti stabiliti dal “mandato” Rischio Contenuto. Con questa parte del portafoglio si cerca di apportare maggior rendimento all’intero asset.

4) L’orizzonte temporale del portafoglio Rischio Contenuto è di medio/lungo termine nel suo complesso, perchè il suo scopo è far crescere un patrimonio in ottica di amministrazione del risparmio e non in ottica di trading mordi e fuggi.