Previsioni di Borsa con le Onde di Elliott e Fibonacci
Piano Bar di Virginio Frigieri 30/12/2021
L’anno che verrà… parte 1 di 2
Mentre i mercati cercano di lanciarsi verso nuovi record (S&P500 l’ha già fatto) e molti report lanciano ottimistiche previsioni sul 2022, ho provato a raccogliere le idee per cercare di evidenziare quelli che invece potrebbero rivelarsi fattori critici. Nessuno ovviamente può determinare il momento esatto in cui una fune troppo tirata finirà per spezzarsi, ma già essere consapevoli dei rischi che si corrono continuando ad immettere denaro nel sistema finanziario potrà aiutare perlomeno a dosare in maniera opportuna il bilanciamento dei propri risparmi. Nella prima parte ripropongo una serie di fattori che R.Precther, nel suo report di dicembre ha spiegato e corredato di grafici molto interessanti. Nella seconda parte sposteremo l’attenzione sulle ripercussioni che si potranno avere in Europa e in Italia.
Fattore N.1 – Prezzi delle azioni in relazione a PIL , vendite aziendali, utili societari e valori contabili aziendali
Si tratta di un indice, calcolato fin dai primi anni del secolo scorso che mette in evidenza i cinque massimi raggiunti in corrispondenza di altrettanti importanti massimi di borsa. Il primo picco dell’indice si raggiunge nei primi anni del ‘900, e a seguire abbiamo il picco del ’29, il terzo picco alla fine del 1960, poi il picco dei tecnologici nel 2000 ed infine il picco attuale. Sotto il grafico in questione.
Cominciamo a notare che ora abbiamo raggiunto i livelli più alti di tutti i tempi e non è un caso se questo picco è stato battezzato “Everything Peak” (Picco di ogni cosa), perché, a differenza del passato, non sono solo le azioni ad essere sopravvalutate, ma anche gli immobili e le obbligazioni e in particolare le obbligazioni spazzatura. Quindi su tutta la linea si vedono persone creare delle valutazioni estreme che stracciano ogni record precedente dal momento in cui si hanno le serie storiche fino ad oggi.
Fattore N.2 – Prezzi dell’S&P500 in relazione alle vendite medie a 12 mesi delle sue società
Qua abbiamo un rapporto che alla fine di agosto svettava a 3,11 che è il valore massimo di tutti i tempi. Nel Bull market del 2000 arrivò a 2,36. Si noti bene che non si parla di profitti o di guadagni, ma semplicemente di vendite (fatturato) e quindi, dentro si sono anche le vendite di aziende che stanno perdendo soldi, ok?. Ci siamo capiti?. Quindi se le 500 aziende che compongono l’indice stanno fatturando 100, la loro quotazione di borsa vale 311.
Un altro dato interessante è dato dal valore delle 5000 azioni che compongono l’indice Wilshire rispetto al PIL trimestrale degli Stati Uniti.
Anche in questo caso l’indice capitalizza 2 volte (200%) il PIL trimestrale degli USA. Il picco del 2000 arrivò al 150% e alla fine degli anni ’60 il picco era all’incirca il 75%. Quindi un altro record di tutti i tempi.
Fattore N. 3 – Marginazione a debito
In determinati periodi alcuni investitori si indebitano per comperare azioni. A prescindere dal fatto che sono azzardi decisamente non alla portata di tutti, ma il dato interessante è che all’inizio degli anni ’90 era un fenomeno molto marginale, ma dopo, man mano che l’S&P500 inanellava nuovi massimi, il livello di questi capitali ha iniziato ad aumentare fino a raggiungere i 700 miliardi di dollari all’inizio di quest’anno e il trilione di dollari oggi. Questo dimostra che gli investitori continuano ad aumentare la loro propensione al rischio e contemporaneamente a mostrare uno scarso interesse a detenere liquidità.
Fattore N.4 – Liquidità degli investitori e dei Fondi d’investimento
Il prossimo grafico mostra questo secondo aspetto come rapporto percentuale tra liquidità e capitalizzazione dell’S&P500. Come si vede dal grafico, sui minimi del 2009 che hanno dato inizio a questo bull market la liquidità si posizionava attorno al 12% mentre oggi siamo a ridosso del 2%.
Il denaro viene evitato praticamente da tutti. Il prossimo grafico mostra la percentuale di liquidità dei fondi comuni d’investimento. Si badi che la scala è invertita.
Un tempo il mercato azionario raggiungeva il massimo quando la liquidità dei fondi comuni arrivava al 4%. Ora è meno del 2%. Se si osserva il grafico in blu, anch’esso invertito, vediamo che il denaro investito nei fondi del mercato monetario di Rydex è al minimo storico rispetto alle attività investite al rialzo nei suoi indici azionari.
Fattore N.5 – Come hanno usato la Liquidità, investitori e Fondi
Ancor più interessante il prossimo grafico che mostra il rapporto tra il denaro che gli investitori dei fondi Rydex hanno messo in fondi rialzisti rispetto al denaro investito in fondi ribassisti. Nella parte sinistra del grafico centrale compare la scritta “normal range” e a destra …BOOM!!. Se fino a 16-17 anni fa il rapporto poteva oscillare tra 1:1 e 2:1, negli ultimi 5 anni gli investitori sono letteralmente impazziti portando questo rapporto a 62:1. Il 19 novembre scorso c’era 62 volte più denaro sui fondi rialzisti di Rydex che sui fondi ribassisti. Ma questo non è ancora l’indicatore più folle! Infatti basta scendere un po’ per scoprire che lo stesso rapporto calcolato sui fondi rialzisti e ribassisti con leva arriva addirittura a toccare il livello di 82:1. Questi valori sono incredibili e non trovano riscontri nel passato e dimostrano che le persone sono investite al rialzo fino all’ultimo centesimo ed oltre!.
Fattore N.6 – Come si stanno comportando gli investitori in Opzioni
Nel prossimo grafico vediamo l’indice Nyse e sotto con scala invertita il rapporto tra il numero di put e di call scambiate. Essendo a scala invertita più il rapporto Put/Call ratio sale avvicinandosi a zero più significa che le persone sono rialziste.
E come si vede anche qua nessuno è ribassista. Tutti questi acquisti di Call sono riscontrabili anche in altre aree. Nella prossima figura viene mostrato il rapporto degli acquisti di Call “Buy-to-Open” effettuati dai Grandi Trader rispetto al volume totale delle opzioni scambiate.
Anche in questo caso i record del 2000 sono stati ampiamente stracciati e il prossimo grafico mostra come anche i piccoli trader stanno facendo la stessa cosa e risultano più investiti sulle Call che in qualsiasi altro momento della storia. Lo spartiacque che divide i Grandi Trader dai Piccoli Trader è la soglia dei 10 contratti. Sotto ai 10 contratti si finisce nella statistica dei piccoli Trader.
Si potrebbe pensare che i Grandi Trader siano persone che conoscono meglio il mercato, gente intelligente e invece sia loro che i piccoli trader tendono a seguire il mercato comprando man mano che sale e al contrario quando il mercato scende e scatta la paura comprano Put invece che Call. L’acquisto di tutte queste Call ha comportato una enorme quantità di denaro incanalato al pagamento dei premi ai venditori. Mettetevi seduti per non svenire e guardate l’impennata degli ultimi due anni.
Dai vecchi picchi che si attestavano sui 6-7 miliardi (bilioni) di premi acquistati siamo arrivati a 44 miliardi di dollari facendo impallidire i record precedenti.
Fattore N.7 – Replicanti (ETF)
Gli ETF sono spesso scambiati sulla base di panieri di azioni. Anche in questo caso come per i fondi di Rydex gli investitori stanno versando denaro su questi strumenti e il prossimo grafico mostra il denaro che si trova posizionato negli ETF a leva lunga. Questi investitori scommettono su leve 2:1 o talvolta 3:1 sul mercato azionario che sale. Lo scorso 8 dicembre l’ultima cifra fornita è di 43 miliardi (altro record di tutti i tempi).
Fattore N.8 – Penny Stock
Ne avevo già parlato circa un anno fa. Si tratta di titoli che quotano a prezzi molto bassi, in genere meno di 1$ ma alcune volte in questi panieri si trovano inseriti anche titoli con un prezzo inferiore ai 5$. Sono titoli molto rischiosi, per lo più illiquidi e spesso trattati su borse secondarie più piccole e sui mercati over the country. Talvolta questi titoli possono trasformare un piccolo investimento in una fortuna e questo fatto attira spesso chi dispone di pochi capitali ma in cuor suo sogna di diventare un piccolo Soros. Peccato che avendo poca capitalizzazione si prestano ovviamente alla manipolazione dei prezzi, a improvvisi delisting che lasciano in braghe di tela gli sprovveduti. Sono titoli su cui operano spesso un numero ridotto di azionisti, con ampi spread denaro/lettera e con divulgazione spesso molto limitata di informazioni. Eppure nonostante questi fattori tutt’altro che trascurabili negli ultimi tre anni il volume di capitali che si è riversato su questi strumenti è stata addirittura esponenziale passando da 45 a 60 e infine a 100 miliardi di dollari decuplicando la media degli anni precedenti, come mostra il prossimo grafico.
Fattore N.9 – IPO
Le IPO sono offerte pubbliche iniziali di azioni. Wall Street sa quando il pubblico è pronto a buttare soldi, e questo è quando vende azioni di tutti i tipi di nuove emissioni al pubblico.
Nel 2020, c'è stato un volume record di IPO in dollari. Come si vede nel prossimo grafico, il 2020 ha fatto impallidire tutte le letture precedenti. Quest'anno si è corso a un ritmo ancora più alto.
Questo dato è ancora più sorprendente se si considera che a gennaio del 2021 il rapporto tra numero di IPO che perdono soldi e quelle che guadagnano soldi si attestava vicino a 12 come vediamo nel prossimo grafico. Nonostante questo le persone comprano a man bassa come se fossero profumate torte calde! Non ne hanno mai abbastanza ed è incredibile.
Fattore N.10 – Aziende che non riescono a pagare gli interessi sui loro debiti
Sta aumentando a vista d’occhio il numero di imprese che guadagnano troppo poco per riuscire a pagare gli interessi sui loro debiti. Ora qualcuno potrebbe domandarsi come possa una società restare in attività se non può pagare gli interessi sui suoi debiti. Ma la risposta per quanto disarmante è semplice: prendono in prestito più soldi!! E per quanto incredibile le persone stanno pagando per possedere azioni di queste società al punto che nel 2020 si è arrivati alla cifra stratosferica di 2 trilioni di dollari (2000 miliardi!) e lo stanno ancora facendo!.
Infine per non farsi mancare nulla c’è un cospicuo numero di IPO che sono SPAC (Società di acquisizione a scopo speciale). Nelle ultime settimane di quest’anno il numero di queste società ha superato quota 600. Ma cosa sono esattamente? Sono società che vanno sul mercato a chiedere soldi senza aver ancora deciso cosa faranno da grandi. Cosa produci? preservativi o casse da morto? Non si sa! Quello che stanno facendo è dire: “dacci i tuoi soldi e poi scopriremo più tardi cosa ne faremo!” e la gente (un buon 90% di ritardati..) dice: “ Che grande idea!. Penso che lo farò!”. Queste cose non accadevano dalla bolla dei mari del sud!! (anno 1720).
Fattore N.11 – Aziende tecnologiche che perdono denaro
Goldman Sachs cura un indice delle società tecnologiche che perdono soldi. Come vediamo nel prossimo grafico, questo indice ha toccato un minimo importante a Marzo 2020 quando il mercato azionario ha registrato il minimo della correzione. Da allora si è passati da poche decine di aziende ad oltre 400 con un incremento a valore delle perdite circa del 500%. Nonostante questo sembra che le persone non riescano ad ottenere abbastanza società in perdita di denaro da inserire nei loro portafogli. Per altro tutto questo entusiasmo per le società tecnologiche ha aumentato il volume degli scambi sul Nasdaq rispetto all’S&P500.
Nel 2000, nell’era delle dot-com mania Il Nasdaq arrivò a sviluppare volumi pari a 1,3 volte i volumi dell’S&P500. Oggi assistiamo ad un picco doppio a 2,5 con tendenza all’aumento!
Fattore N.12 – Sondaggi di Sentiment dei gestori
Ci sono sondaggi che vengono fatti ai gestori di denaro in cui viene chiesto: “Stai assumendo rischi più alti del normale a lungo termine?”
E quando i gestori sono davvero fiduciosi normalmente rispondono felicemente a questa domanda: “Si, lo sono!”.
Il prossimo grafico mostra che la percentuale di gestori che ammettono di correre rischi più alti del normale sono quasi il 20%, e questa è la percentuale più alta mai registrata.
Un altro grafico che non metto perché rischiamo di andare troppo lunghi mostra che i gestori più ribassisti degli Stati Uniti in rare occasioni diventano così rialzisti che non sopportano più di essere corti e acquistano il mercato. In questo periodo il 75% dei gestori più ribassisti si è messo lungo. Anche le famiglie hanno incrementato in percentuale significativa l’allocazione azionaria dei loro portafogli come vediamo nel prossimo grafico.
Anche in questo caso i precedenti record del 1968 e del 2000 sono stati stracciati e la percentuale azionaria nei portafogli delle famiglie supera ormai il 40%. Se si pensa che la maggior parte delle famiglie ha i loro soldi investiti nel settore immobiliare il dato diventa ancor più significativo. Poi ci sono gli stranieri che acquistano titoli americani ed entrano sempre al momento sbagliato. Riescono ad acquistare quasi sempre i picchi ed anche questa volta non fa eccezione come mostra il prossimo grafico.
Un ultimo indice di cui ho parlato lo scorso mese di maggio è l’indice FOMO un acronimo che sta per “Fear of missing out” ovvero la paura di essere tagliati fuori … la paura di perdere il treno. E’ uno dei primi segnali che preludono all’insorgenza di dipendenza da smartphone. La digitalizzazione della nostra vita quotidiana arriva in molti casi a sviluppare una nuova forma di ansia sociale compulsiva, caratterizzata dal desiderio di restare continuamente in contatto con le attività che fanno le altre persone e dalla paura di restare esclusi da eventi, esperienze o contesti sociali gratificanti. A quel punto i soggetti coinvolti sviluppano l’abitudine ad essere sempre connessi e reperibili. Nel nostro caso l’indice vien costruito attraverso una ricerca di google che individua il numero di articoli che includono sia il termine “mercato azionario” che “paura di perdere”. Inutile dire che anche quest’ultimo indicatore si trova sui livelli più alti di sempre come si vede nel prossimo grafico.
A chiusura di questa carrellata resta infine da vedere il mio vecchio “indicatore di carta” ovvero la lettura dei titoli di giornale.
Quando sui giornali cominci a vedere titoli del tipo:
“Le borse non sanno più scendere” oppure
“Il Bull Market è appena entrato nel suo terzo inning!” della serie siamo solo all’inizio! O ancora:
“C’è da godersi il viaggio”
“C’è più spazio per correre”
“C’è un Super Bull Market”
“Il Bull Market è tutt’altro che finito”
“E’ l’inizio di un boom pluriennale” poco importa se siamo al 12° anno di rialzo. Beh quando cominciate a vedere titoli del genere cominciate a stare all’erta!.
Alla fine però c’è un gruppo di persone che non sono rialziste e comprano con la testa: sono gli addetti ai lavori aziendali. Queste persone sanno esattamente quanto valgono le loro aziende e ultimamente stanno vendendo al ritmo di 8 sell per ogni buy come vediamo nel grafico sottostante.
A questo punto sta a ciascun lettore decidere se essere d’accordo con tutte le precedenti diapositive o se seguire gli addetti ai lavori aziendali che stanno vendendo questa mania.
Nella seconda parte vedremo il problema dell’inflazione che tutti auspicano temporanea, ma potrebbe non esserlo quali problemi si trascinerà dietro per i paesi dell’euro e dell’Italia.
alla prossima