NASDAQ100 WEEKLY - Incertezza sui mercati azionari USA. Omicron e tassi !


SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. I SEGNALI VENGONO GENERATI UNA VOLTA A SETTIMANA E PUBBLICATI SUL SITO IL LUNEDI MATTINA E VALEVOLI PER TUTTA LE SETTIMANA. IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
ASTENERSI PRIMA DI AVERE COMPRESO CON ESATTEZZA IL PROFILO DI RISCHIO E LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEL SERVIZIO CON LA LETTURA DELLE SPIEGAZIONI POSTE NELLA DICITURA "Il Portafoglio LombardReport": (clicca qui >>>
CONSIGLIAMO DI SEGUIRE IN PAPER TRADING LE OPERAZIONI PER QUALCHE SETTIMANA PRIMA DI APPLICARLE.

INCERTEZZA SUI MERCATI. OMICRON E TASSI LE CAUSE !!

Dal titolo si evince che nella settimana appena trascorsa il mercato azionario USA si è preso una pausa di riflessione dovuta alle notizie incerte che provengono dal lato COVID, variante Omicron, che di riflesso incide sulle decisioni che la FED potrà intraprendere in materia di politica monetaria circa il numero di rialzi dei tassi nel 2022 (come vedremo più avanti), mentre è sicuro che il “tapering” finirà a marzo. Le ospedalizzazioni in Sud Africa crescono, idem in Europa, le dichiarazioni allarmate in UK dove si è avuto il primo morto ufficiale per la nuova variante e il primo caso in CINA, dove Omicron minaccia di essere un bel problema per la sua contagiosità che potrebbe mettere in crisi la strategia "zero covid".

Stranamente però, l’indice tech Nasdaq100 che è considerato più resiliente al Covid, ha continuato a sottoperformare l'S&P500, il che in superficie sembra legato alla paura che i rendimenti salgano troppo (anche se si muove solo la parte breve), ma in realtà sembra riflettere maggiormente una certa fatica del rally di certi beniamini del pubblico, che ormai sono un po' inflazionati (v. i titoli a maggiore capitalizzazione FAANG+RT). Non a caso, nell'ultimo periodo le azioni caratterizzate da maggior volume in opzioni, segnale di un grande interesse dei retail investors con una grossa esposizione al rialzo, hanno sottoperformato l'indice (v. grafico) con il “quadruple witching” che nella giornata di venerdì ha visto la scadenza di opzioni e futures su indici e single stocks, confondendo ancora più la price action.

La settimana sui mercati azionari è stata caratterizzata da un breakdown settoriale dell’S&P500 evidenziando il carattere difensivo delle sedute con il real estate, healthcare ed utilities in leggera positività. Neanche i titoli del settore bancario ed energy, cioè quelli che avrebbero dovuto giovarsi dei rialzi dei rendimenti, sono riusciti a chiudere in positivo, anzi risultando tra i settori peggiori.

Va rimarcato che il sentiment e il positioning sembrano molto più prudenti di qualche settimana fa, ma è anche vero che siamo in un periodo (fine anno) in cui la propensione a prendere rischi degli operatori è bassa.

Passando alla politica monetaria, in settimana si è riunito il FOMC e lo “statement” ha riportato le seguenti "novità":

1) raddoppio del ritmo del “tapering” a 30 bln $ al mese (20 di bonds e 10 di mortgages), e quindi un azzeramento degli acquisti netti a Marzo 2022, se non arrivano nuove modifiche.

2) Dot plot passata a indicare 3 rialzi nel 2022 e altri 3 nel 2023, ma solo 2 nel 2024, con punto di arrivo a 2.125%.

3) il concetto di transitorietà dell'inflazione è stato rimosso, a favore di uno "sbilancio tra domanda e offerta".

4) Le previsioni di inflazione sono state portate al 2.7% per il 2022 (da 2.3%) e al 2.3% nel 2023 (da 2.2%) mentre quella per il 2024 è rimasta invariata, e continua a scontare un 2.1%, vicino al target.

In generale una FED che si decide ad alzare i tassi di più nei prossimi trimestri, convinta che questo le permetterà di alzarli di meno in futuro, in quanto controllerà l'inflazione, che tornerà docile all'obiettivo (auguri).

Inoltre la FED ha lasciato intendere che sarà quanto mai cauta e attenta a non indisporre i mercati, e segnalerà attentamente e in anticipo ogni mossa. Lo ha ribadito Powell nella conferenza stampa a margine del FOMC quando un giornalista gli ha chiesto come mai, vista la situazione che si è evoluta così drasticamente, non hanno fermato immediatamente gli acquisti. Il Presidente ha risposto che i mercati sono molto sensibili alla gestione del bilancio FED e quindi bisogna essere cauti e metodici. Loro avevano segnalato questo tipo di percorso (accelerare il “tapering”) ed era appropriato attenervisi e non sorprendere il mercato. Non che fosse un segreto, beninteso.

Il fatto che le principali banche centrali abbiano (magari utilitaristicamente, per poter iniziare la stretta monetaria) sposato lo scenario ottimista, fa sì che i mercati finanziari si debbano confrontare con un inasprimento delle politiche monetarie, di cui di recente abbiamo avuto più di una testimonianza. Il seguente schema lascia intendere abbastanza significativamente quanto il movimento sia corale (il rosso nella colonna "last move" indica le Banche Centrali che hanno già alzato i tassi), anche se i tassi reali sono ancora parecchio negativi (come mostra la colonna centrale):

Spostandoci alla politica fiscale, negli States, ieri è arrivato l’accordo e l’approvazione in Senato sul rialzo al tetto del debito. Il limite è stato innalzato a 2.5 trillion $ e la manovra passerà ora alla Camera e poi al vaglio del presidente USA. La svolta dovrebbe rimandare il problema soltanto ad inizio 2023. Mentre per quanto riguarda l’approvazione del “Build Back Better” sembra slittare definitivamente al 2022 per la continua ostruzione da parte del senatore dem, Manchin.

 Passiamo ora alle notizie riguardanti le società cinesi. Torna in auge la blacklist USA contro le società cinesi. Questa mattina il FT ha riportato un pezzo secondo cui il Treasury Department USA stia valutando di aggiungere nuovi nomi alla blacklist e secondo i rumors potrebbero essere includere molte società del bio-tech.

E andiamo a dare uno sguardo ai rendimenti dei titoli di Stato.

Venerdì scorso i rendimenti dei titoli del Tesoro USA sono diminuiti, se guardiamo il 10 anni è sceso dall'1,48% all'1,37% in due giorni per poi chiudere a 1,405%, poiché gli investitori sono rimasti cauti sulla diffusione della variante omicron, ma non solo in quanto anche la svolta più aggressiva della Federal Reserve sulla politica monetaria è rimasta al centro dell’attenzione per gli investitori. Questa situazione cosa si è riflessa anche nel mercato dei cambi, nel quale il Dollaro Usa vince contro tutti, Euro compreso che scende nuovamente sui minimi di dicembre a 1,123 (v. grafico di tutti i Treasury quotati):

Ma resta l’enigma di una curva dei tassi USA che, con un’inflazione “headline” parente del 7% e una “core” parente del 5%, prezza i Fed Funds all’1.4% entro 24 mesi, ma colloca il tasso a 10 anni treasury all'1.4%. Una cosa però va detta. Come si nota dal seguente grafico, mentre le ultime 3 serie di rialzi dei Fed Funds si erano concluse rispettivamente al 6,00% (1994), al 6.25% (2000) e al 5.5% (2007) (evidenziate in rosso scuro), l'ultima (evidenziata in rosso chiaro) ha fatto in tempo ad arrivare solo al 2.5% prima che, nella seconda metà del 2018, i mercati si accartocciassero e costringessero Powell a fermarsi e a iniziare il cosiddetto "non QE" (gli acquisti di Tbill per aggiungere liquidità al sistema), e poi tagliare i tassi nella seconda metà del 2019.

In pratica l'ultima serie di rialzi ha un’estensione meno della metà della precedente.

Ma il grafico sopra riportato mostra che i cicli di rialzi non sono negativi per l’azionario di Wall Street in sé per sè. Tutt'altro. Nelle fasi in cui la FED rialza i tassi, normalmente l'economia va bene, e l'S&P500 sale, mentre è quando si ferma che poi inverte la marcia, in quanto l'economia torna debole ed è lì che bisogna preoccuparsi. Peraltro, come mostrano le figure sotto, nelle ultime 4 occasioni (1994, 1999, 2004, 2015) il primo rialzo ha coinciso puntualmente con una discreta correzione, evidenziato in verde:

Su queste basi, l'inquietudine di Wall Street può essere compresa, anche perchè il “tapering” rapido può essere considerato una forma di stretta monetaria anticipata.

In questo momento il mercato sta pianificando aumenti dei tassi un po' più in là della curva. La curva si è inasprita negli ultimi giorni. Suggerisce che il mercato sta diventando un po' più nervoso per il COVID e non è così fiducioso nella visibilità di tassi più elevati. Il cambio di prospettiva operato da Powell è intervenuto non a caso in un momento in cui le aspettative, nelle misure di mercato, minacciavano di disancorarsi: se gli inflation swap rate 5y5y, relativi al periodo 2026-2031, continuavano a oscillare tra il 2 e il 2,5% - un segnale rassicurante perché coerente con gli obiettivi di politica monetaria – i break even a cinque anni (espressi dalla differenza tra i rendimenti dei titoli indicizzati e non indicizzati) erano balzati oltre il 3%. Sono bastate le parole del Presidente FED a riportare verso il basso queste attese, anche se in misura non ancora soddisfacente.

Passiamo ora all’analisi grafica del nostro indice di riferimento delle nostre operazioni, il NASDAQ100. Settimana sicuramente pesante per l’indice tecnologico, nel quale se viene a mancare il supporto dei titoli a maggiore capitalizzazione, gli altri non riescono ad avere la giusta forza per salire. In altre parole i titoli più piccoli senza il traino di quelli più grandi non vengono acquistati. Quindi fermo restando la possibilità di vedere entro la fine dell’anno un nuovo massimo storico, al momento il grafico ci dice che il movimento si sta stabilizzando entro le fasce di prezzo tra 15550 e 16400 con le fasce intermedie di prezzo (15850 e 16100) che vengono continuamente attraversate perdendo il loro valore di supporto e resistenza.  L’importante è che il supporto in area 15550 (ritracciamento del 50% del movimento d-e) continui a tenere egregiamente come fatto finora e che i prezzi si riportino, nel più breve tempo possibile, sulla linea mediana del canale rialzista, del resto il livello di RSI permetterebbe questo ed altro per andare all’attacco di nuovi record. La settimana si è chiusa a 15801.46 con una perdita del - 3,25% che porta l’indice ad un guadagno del + 22,60% da inizio anno 2021.

Diversa la situazione per l’indice S&P500 che, rispetto all’indice tecnologico, ha beneficiato della corsa dei titoli difensivi e finanziari, tanto da andare a sfiorare il precedente massimo storico nella giornata di giovedì, per poi chiudere al ribasso. Questi livelli vengono lavorati ormai da quasi un mese e mezzo e indicazioni tecniche fino a quando non evadiamo dal range di prezzi 4.500-4720 è difficile darne. E’ pur vero che la maggior parte del tempo l’S&P500 lo ha passato nella fascia alta del range e se non ci fosse la variante Omicron in giro, sembrerebbe un consolidamento rialzista. Ma l'incertezza legata a questa variante, sia pure con elementi di positività nella severità e nel rallentamento di alcuni trend, resta la wild card principale. Fermo restando la tenuta dell’importante supporto in area 4510/4500 (ritracciamento del 50% del movimento rialzista d-e), è auspicabile un immediato rimbalzo dei prezzi dall’attuale chiusura di venerdì avvenuta sulla M.M. a 50 giorni con tenuta nel canale rialzista di volatilità. La settimana di contrattazione si è chiusa a 4620.65, con una perdita del – 1,94%, il che porta ad una performance del + 23,02% da inizio 2021.

Infine sull’indice DOW JONES per la seconda settimana consecutivo è l’indice che performa meglio rispetto agli altri due listini maggiori. Nel quadro d’insieme si conferma la bontà del supporto in area 34000 (ritracciamento del 78,6% del movimento d-e) ed attualmente il supporto in area 35300 (ritracciamento del 38,2% del movimento d-e) ha frenato il ribasso con l’aiuto della M.M. a 50 e la non fuoriuscita dal canale rialzista. Nel caso di un auspicabile rimbalzo degli indici, il precedente massimo storico non è posizionato così distante da oggi. Le contrattazioni della scorsa settimana si sono chiuse a 35365.44 con una perdita del + 1,68% il che riporta ad una performance del + 15,55% da inizio anno 2021.

ORO INDEX 

La fase di compressione dei prezzi dell’Oro della quale parlavamo nell’articolo della scorsa settimana, non ha portato ad un’esplosione nei valori ma ha comunque disegnato una candela outside rispetto alle due precedenti. Infatti in un primo momento ha prodotto una rottura ribassista di poco sotto l’importante area di supporto a 1770 $/oz. (ritracciamento del 50,0% dal minimo di marzo 2020 ai massimi di agosto) con un minimo a 1753 $/oz. per poi ribaltarsi completamente andando a rompere l’area 1800 $/oz. con un massimo intraday a 1815.7 $/oz. andando a chiudere a 1804.9 $/oz. La chiusura di per sé non è bella ma accontentiamoci del fatto che quantomeno ci siamo allontanati dalla zona rossa.

E veniamo agli altri due metalli preziosi che seguiamo nel nostro Portafoglio. Per quanto riguarda il Platino, la chiusura di settimana è stata praticamente uguale a quella di due venerdì fa, anche se a metà settimana i prezzi sono riusciti a ritoccare all’ingiù il minimo dello scorso settembre facendo registrare un nuovo minimo a 886 $/oz. Fortunatamente, in coincidenza con un livello di RSI in ipercomprato, nei due giorni successivi i prezzi hanno effettuato l’auspicato rimbalzo. Idem come sopra il discorso sull’Argento che a metà settimana ha testato con precisione millimetrica il minimo di periodo (settembre 2021) a 21,41 $/oz (sembra tutto pilotato) per poi rimbalzare e chiudere più in alto di due venerdì fa in area 22,50 $/oz. La settimana dell’Oro è si è chiusa a 1804.90 $/oz., con un guadagno del 1,13%, che porta il deficit da inizio anno al – 4,76%. La settimana della commodity in modalità spot si è chiusa a 1797.93 $/oz. con un guadagno del + 0,86%. Di seguito il grafico weekly dell’ORO FUTURES FEBBRAIO 2022:

LA POLITICA DEGLI STATI UNITI

Il Congresso la scorsa settimana ha sciolto il nodo dell’aumento del limite di debito del governo federale. La settimana precedente un accordo tra Chuck Schumer e Mitch McConnell, rispettivamente leader della maggioranza e leader della minoranza al Senato, aveva aperto la strada all’approvazione dell’aumento del limite di debito, permettendo un suo passaggio al Senato senza dover ottenere un minimo di 60 voti, ma con una maggioranza semplice. Al Senato, infatti, martedì scorso il passaggio è avvenuto con 50 voti favorevoli e 49 contrari; alla Camera, invece, i voti favorevoli sono stati 221 e i contrari 209. L’aumento in parte servirà anche per coprire il debito contratto sotto la presidenza Trump.

Prima della votazione, McConnell ha dichiarato: “Ogni senatore democratico voterà secondo le linee di partito per aumentare il debito di trilioni di dollari della nostra nazione”. “Se si incastrano in un’altra impennata di tasse e spese sconsiderate, questo massiccio aumento di debito sarà solo l’inizio”. Schumer, invece, ha detto: “Si tratta di pagare debito accumulato da entrambi i partiti, quindi sono lieto che repubblicani e democratici si sono uniti per facilitare un processo che ha reso possibile affrontare il tetto del debito”.

Dal Congresso, l’aumento del tetto del debito è passato alla scrivania di Joe Biden, che giovedì scorso ha firmato la legge, di fatto allontanando il rischio di default sul debito degli USA. La firma è arrivata un giorno dopo alla data indicata come “deadline” dal Dipartimento del Tesoro. La legge aumenta il tetto del debito di 2,5 trilioni di dollari e dovrebbe consentire al governo di far fronte ai propri obblighi fino al 2023. Alcuni democratici volevano un aumento più consistente oppure abolirlo del tutto.

Dal Senato è anche arrivato il via libera per il National Defense Authorization Act, che autorizza spesa per la difesa per 770 miliardi di dollari. I voti favorevoli sono stati 88, i contrari 11, mentre alla Camera, dove la legislazione era stata approvata la settimana precedente, i voti favorevoli erano stati 363 ed i contrari 70. Il National Defense Authorization Act (NDAA) autorizza spesa militare per circa un 5% in più rispetto all’anno scorso ed è stato elaborato con un compromesso dopo intensi negoziati tra democratici e repubblicani di Camera e Senato. Include un aumento salariale del 2,7% per le truppe e più acquisti di aerei e navi per la Marina, oltre a strategie per affrontare minacce geopolitiche, in particolare da Russia e CINA. Con l’NDAA vengono stanziati 300 milioni di dollari per il supporto alle forze armate ucraine, 4 miliardi di dollari per l’European Defense Initiative e 150 milioni di dollari per la cooperazione per la sicurezza baltica. Per quanto riguarda la CINA, invece, l’NDAA stanzia 7,1 miliardi di dollari per la Pacific Deterrence Initiative ed include una dichiarazione di sostegno del Congresso alla difesa di Taiwan ed un divieto per il Dipartimento della Difesa di procurarsi prodotti fabbricati con il lavoro forzato dalla regione dello Xinjiang. Viene anche istituita una commissione di 16 membri per studiare la guerra in Afghanistan. L’NDAA quest’anno prevede anche una revisione del sistema di giustizia militare per prendere decisioni sulla possibilità di perseguire casi di stupro, abuso sessuale ed alcuni altri crimini gravi al di fuori dei compiti dei comandanti militari.

L’attenzione di Biden e dei democratici ora si concentra sul Build Back Better Act, il pacchetto da 1,75 trilioni di dollari di politica sociale e climatica. Ieri il senatore dem Joe Manchin ha detto che non sosterrà questo piano, mettendo seriamente a rischio la sua approvazione nella sua attuale forma. I democratici, infatti, non possono perdere voti interni al partito al Senato. Manchin ha detto di essere preoccupato di aumentare il debito nazionale.

Jen Psaki, addetta stampa della Casa Bianca, ha definito la decisione di Manchin “una improvvisa ed inspiegabile inversione nella sua posizione”, oltre che “una rottura dei suoi impegni verso il Presidente ed i colleghi del senatore alla Camera e al Senato”. Sempre Psaki ha dichiarato che Manchin si era impegnato con il Presidente a sostenere l’assetto del Build Back Better. Inoltre la settimana precedente avrebbe promesso di “continuare le discussioni nei prossimi giorni e lavorare con noi per raggiungere quel punto d’incontro”. Psaki ha fatto sapere che proveranno a fargli cambiare nuovamente idea. 

Tuttavia, già in settimana Biden aveva specificato che non ci sarebbe stato un voto sul pacchetto fino a gennaio.

Manchin ha espresso preoccupazioni circa spesa ed inflazione. Inoltre il senatore della Virginia Occidentale ha criticato il suo partito per aver usato dieci anni di misure di raccolta di entrate per finanziare un pacchetto di programmi che in alcuni casi durano solo pochi anni o meno.

I dem devono anche prestare attenzione alla posizione della senatrice centrista Kyrsten Sinema. In caso di cambiamenti da parte del Senato, inoltre, il disegno di legge dovrebbe tornare alla Camera, dove i dem possono ‘fare a meno’ di soli tre voti interni al partito. Ed in caso di concessioni a Manchin e Sinema, questo potrebbe diventare un problema. Il “parliamentarian”, consulente del Senato sull’interpretazione delle regole permanenti del Senato e sulla procedura parlamentare, deve poi pronunciarsi su ciò che i dem possono includere nel loro disegno di legge sotto il processo di riconciliazione del bilancio. Infine i democratici devono elaborare un compromesso sulle detrazioni fiscali statali e locali.

LA POLITICA DELLA FED

Mercoledì scorso la Federal Reserve ha fornito nuove indicazioni sulle sue prossime mosse, mosse indirizzate a fornire una risposta all’inflazione e che si riassumono un’accelerazione della riduzione degli acquisti mensili di obbligazioni. A partire da gennaio, la banca centrale acquisterà ogni mese obbligazioni per 60 miliardi di dollari, una cifra pari alla metà della spesa prima del “tapering” di novembre e 30 miliardi in meno rispetto a dicembre. Il ritmo di “tapering” della FED era pari a 15 miliardi di dollari mensili a novembre, ritmo poi raddoppiato a dicembre e che aumenterà ancora nel 2022. Alla conclusione del processo, a fine inverno o ad inizio primavera, la banca centrale prevede di iniziare ad aumentare i tassi di interesse; le proiezioni rilasciate mercoledì indicano che i funzionari della FED prevedono fino a tre rialzi dei tassi nel 2022.

Dopo il meeting di mercoledì del FOMC, il numero uno della FED, Jerome Powell, ha dichiarato: “Gli sviluppi economici ed i cambiamenti nella prospettiva giustificano questa evoluzione della politica monetaria, che continuerà a garantire l’adeguato sostegno all’economia”. “L’economia non ha più bisogno di un supporto in quanto si sta espandendo ad un ritmo robusto anche nel prossimo anno, facendo rapidi progressi verso la piena occupazione. Al momento i datori di lavoro hanno difficoltà a reperire manodopera e non è chiaro per quanto tempo questa situazione persisterà, ma ci aspettiamo che l’economia raggiunga il massimo obiettivo occupazionale nel 2022”. “L’elevata inflazione ci ha costretto ad accelerare il ritmo del “tapering” in quanto il vero rischio è che l’inflazione possa essere più persistente ed utilizzeremo qualsiasi strumento per impedire all’inflazione di essere tracciata. L’alta inflazione impone difficoltà significative sulle persone, ma la crescita dei salari non è stata la causa principale dell’alta inflazione”. “Non aumenteremo i tassi fino al termine del “tapering” anche se prevediamo un tempo ridotto tra i due eventi. Non direi che siamo in ritardo rispetto alla curva dell’inflazione”.

Nella dichiarazione post-meeting del FOMC si legge: “Squilibri di offerta e domanda legati alla pandemia e alla riapertura dell’economia hanno continuato a contribuire ad elevati livelli d’inflazione”. E a proposito d’inflazione, il comitato ha aggiornato la propria previsione per il 2021: l’inflazione relativa a tutti i prodotti passa da 4,2% a 5,3%, mentre l’inflazione core passa da 3,7% a 4,4%. L’attesa per il 2022 è di un’inflazione complessiva al 2,6% e di un’inflazione core al 2,7%. In calo, invece, la proiezione 2021 sul tasso di disoccupazione con un passaggio dal 4,8% al 4,3%. Le previsioni per il PIL 2021 hanno subito una contrazione rispetto a quanto indicato a settembre, con una crescita ora prevista al 5,5% anziché al 5,9%; rivista al rialzo la crescita per il 2022 (da 3,8% a 4%) e al ribasso quella per il 2023 (da 2,5% a 2,2%).

Sul tema del rialzo dei tassi d’interesse, venerdì scorso è intervenuto John Williams, presidente della FED di New York: “Entro nel nuovo anno con la sensazione che la prospettiva di riferimento sia molto buona. Per questo, in realtà aumentare i tassi d’interesse sarebbe un segnale di uno sviluppo positivo in riferimento a dove ci troviamo nel ciclo economico”. “Sono abbastanza ottimista sul fatto che stiamo vedendo miglioramenti veramente forti nel mercato del lavoro. Vediamo un tasso di disoccupazione scendere rapidamente”. Sull’inflazione ha dichiarato: “Siamo molto concentrati sull’inflazione, ovviamente ora è troppo alta”. “Vogliamo assicurarci che l’inflazione torni al nostro obiettivo di lungo termine del 2%”. Williams ha anche sottolineato che la FED non ha bisogno di accelerare ulteriormente il “tapering” di acquisto di asset per moderare il recente aumento dell’inflazione. “Non vedo un reale vantaggio nel provare a velocizzarlo ulteriormente”. “Ci piace fare le cose in un modo studiato molto attentamente, comunicato molto attentamente…senza creare disagio nei mercati”.

Chris Waller, membro del consiglio dei governatori del Federal Reserve, venerdì scorso ha detto: “Il momento adeguato al primo aumento dei tassi ufficiali dipenderà dall’evoluzione dell’attività economica”. Tenendo conto della situazione occupazionale e dell’alta inflazione, Waller ha aggiunto: “Credo che un aumento nel target range per il tasso sui federal funds sarà giustificato” al meeting di marzo della FED. Sul suo approccio al ritiro degli stimoli monetari, Waller ha detto che la FED dovrebbe “fare alcuni rialzi, e vedere qual è l’impatto. L’inflazione indietreggerà come la maggior parte di noi pensano farà nella seconda metà dell’anno? Se così non fosse, allora dovremmo muoverci più velocemente, dovremmo fare di più. Il deflusso del bilancio aiuterebbe in questo permettendo ai tassi a lungo termine di aumentare”.

Mary Daly, presidente della Federal Reserve Bank di San Francisco, che fino a poco tempo fa chiedeva alla banca centrale pazienza nell’orientamento della politica per permettere ai lavoratori di rientrare nel mercato del lavoro, ha detto che sosterrebbe due o tre aumenti dei tassi d’interesse il prossimo anno e non ha escluso l’aumento dei tassi a marzo. Daly ha detto: “Se proviamo a spingere il mercato del lavoro ora, quando chiaramente molti americani che sono estromessi non vogliono entrare, se spingiamo troppo e poi dobbiamo aumentare i tassi d’interesse rapidamente, ci ritroveremmo con una brusca frenata dell’economia che storicamente sfocerebbe in una recessione”. “Se vediamo che l’economia sta portando alta inflazione, anche se ci aspettiamo che l’inflazione non persista oltre la pandemia e vediamo che il mercato del lavoro è estremamente stretto, anche se non ci aspettiamo che sarà così dopo la pandemia, allora l’azione politica appropriata è, dopo il “tapering”, aumentare gradualmente i tassi d’interesse”.

LA POLITICA USA-CINA

Sono addirittura 34 gli istituti di ricerca e gli enti cinesi finiti giovedì nel mirino dell’amministrazione Biden e che dovranno fare i conti con restrizioni commerciali per violazioni dei diritti umani e per il presunto sviluppo di tecnologie che minacciano la sicurezza nazionale degli USA. Il Dipartimento del Commercio ha accusato l’Academy of Military Medical Sciences cinese ed undici dei suoi istituti di ricerca di usare la biotecnologia “per sostenere gli utilizzi finali militari cinesi e gli utenti finali, per includere presunte armi per il controllo del cervello”, secondo un avviso nel Federal Register.

Gina Raimondo, segretaria al Commercio degli USA, riferendosi alla CINA e alle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang, ha scritto: “La ricerca scientifica della biotecnologia e dell’innovazione medica può salvare vite. Sfortunatamente la Repubblica Popolare Cinese sta scegliendo di usare queste tecnologie per perseguire il controllo sulla sua gente e la repressione di membri di gruppi di minoranze etniche e religiose”. “Non possiamo permettere che materie prime, tecnologie e software statunitensi che sostengono la scienza medica e l’innovazione biotecnica vengano dirottati verso usi contrari alla sicurezza nazionale degli USA”.

Alla base del boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi invernali di Pechino, annunciato dalla Casa Bianca questo mese, c’è proprio la questione dello Xinjiang ed altre violazioni dei diritti umani. Pechino nega di aver maltrattato minoranze religiose ed etniche nello Xinjiang.

Nella Entity List ci sono finite anche quattro aziende per il loro ruolo nella modernizzazione dell’esercito cinese, contrario agli interessi di sicurezza nazionale e di politica estera statunitensi. Altre cinque aziende cinesi sono entrate nella lista per aver presumibilmente “acquisito o tentato di acquisire tecnologia dagli Stati Uniti per aiutare a modernizzare l’Esercito Popolare di Liberazione”.

Giovedì il Dipartimento del Tesoro ha annunciato sanzioni per Cloudwalk Technology, Dawning Information Industry, Leon Technology Company, Megvii Technology, Netposa Technologies, SZ DJI Technology, Xiamen Meiya Pico Information e Yitu per la sorveglianza biometrica ed il tracciamento di minoranze etniche e religiose in CINA, in particolare nei confronti degli uiguri dello Xinjiang.

Sono finite nella lista anche HMN International, Jiangsu Hengtong Marine Cable Systems, Jiangsu Hengtong OpticElectric, Shanghai Aoshi Control Technology Co, Ltd, e Zhongtian Technology Submarine Cable per le accuse da parte degli USA di aver acquistato o tentato di acquistare tecnologie dagli Stati Uniti per aiutare a modernizzare l’esercito cinese.

Ma Biden non si è fermato solo alle società di ricerca, sta valutando di imporre sanzioni più severe al più grande produttore di chip della CINA, basandosi su uno sforzo per limitare l'accesso del paese alla tecnologia avanzata. La proposta in esame inasprirebbe le regole sulle esportazioni alla Semiconductor Manufacturing International Corp. (SMIC) con sede a Shanghai. Se una proposta venisse adottata, aziende USA come Applied Materials Inc., KLA Corp. e Lam Research Corp. potrebbero trovare le loro capacità di fornire attrezzature a SMIC fortemente limitate. Un'ulteriore azione degli Stati Uniti contro SMIC complicherebbe le cose per le aziende nella catena di fornitura dei chip. La Cina è il più grande mercato per i semiconduttori poiché ospita fabbriche che producono una fetta enorme dei dispositivi elettronici del mondo.

Le aziende, dai produttori di videogiochi ad Apple Inc., hanno affermato di non essere in grado di realizzare prodotti sufficienti per soddisfare la domanda a causa della carenza di semiconduttori. Si prevede che la sola industria automobilistica perderà più di 200 mld $ di vendite in quanto non riesce a ottenere abbastanza chip per costruire tutti i veicoli per soddisfare la richiesta.

La risposta cinese non si è fatta attendere. Il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, durante un normale briefing con la stampa a Pechino ha detto: “La CINA è seriamente preoccupata per i rapporti pertinenti. Alcuni politici statunitensi hanno esagerato con il concetto di sicurezza nazionale e utilizzano la scienza e le questioni commerciali come strumento politico per scopi ideologici".

L’ambasciata cinese a Washington ha etichettato le azioni statunitensi come “soppressione ingiustificata” che viola le regole del libero scambio ed ha aggiunto che Pechino prenderà tutte le misure necessarie per difendere gli interessi delle aziende e degli istituti di ricerca cinesi

Liu Pengyu, portavoce dell’ambasciata cinese negli Stati Uniti, ha detto: “I fatti e la verità sulle questioni relative allo Xinjiang sono molto chiari. Lo sviluppo cinese della biotecnologia è sempre stato per il benessere dell’umanità. I reclami in questione degli Stati Uniti sono completamente infondati”.

Martedì scorso la Camera ha approvato una normativa per vietare importazioni dalla regione dello Xinjiang per via delle preoccupazioni riguardo il lavoro forzato. Repubblicani e dem di Camera e Senato hanno discusso per mesi sulla legislazione sugli uiguri.

Wang Wenbin, portavoce del Ministero degli Affari Esteri cinese, venerdì ha espresso la contrarietà della CINA alle ultime mosse degli statunitensi, invitando gli USA a “correggere” i suoi “modi sbagliati”. Il Ministero del Commercio cinese, invece, ha affermato che le azioni americane non sono favorevoli alla ripresa dell’economia mondiale, aggiungendo che in assenza di basi fattuali per l’adozione delle misure, Washington ha “inventato ragioni dal nulla”.

Venerdì l’autorità di regolamentazione dei titoli cinese ha detto che stava parlando con le autorità statunitensi riguardo la cooperazione sulla verifica delle aziende cinesi quotate negli USA e stava facendo alcuni progressi. La China Securities Regulatory Commission ha fatto sapere tramite una dichiarazione sul proprio sito che la CINA è pronta a comunicare con gli USA sulla questione in qualsiasi momento.

DATI MACROECONOMICI

Dati shock sui prezzi alla produzione che riporta numeri parecchio sopra le attese ed al record storico (anche se la serie non è così lunga). L’indice dei prezzi alla produzione core (che non tiene conto del settore del cibo e dell’energia) a livello mensile a novembre registra un +0,7%, realizzando una crescita più significativa di quella prevista dal consensus (+0,4%) e di quella registrata nel mese di ottobre (+0,4%). A livello annualizzato, invece, la crescita è del 7,7%, contro un dato di ottobre del +7% (rivisto da 6,8%) ed un consensus fissato a +7,2%. I due dati sono rilasciati dall’U.S. Bureau of Labor Statistics.

Debolucce, e sotto attese, per una volta le retail sales USA di Novembre, che forse hanno risentito di un anticipo a Ottobre degli acquisti per timore di non vederseli consegnare, e che comunque non potevano continuare sui ritmi del passato, in quanto anche in attesa dell'approvazione del Build Back Better plan, che potrebbe slittare. Il dato sulle vendite al dettaglio, a livello mensile, delude segnando un +0,3%. Una crescita sotto alle attese, con un consensus fissato a +0,8%, ed anche decisamente più lenta rispetto al mese di ottobre, quando la crescita era stata del +1,8% (rivisto da +1,7%). Il dato sulle vendite al dettaglio Control Group, invece, a novembre perde uno 0,1%, dopo il +1,8% di ottobre (rivisto da +1,6%). Anche in questo caso la rilevazione risulta essere inferiore al consensus, che era fissato al +0,7%. I due dati sono rilasciati dall’U.S. Census Bureau.

I sussidi sono più o meno in linea coi recenti numeri bassi a indicare un mercato del lavoro ormai tirato anche se tornano sopra quota 200 mila. Infatti le richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione nella settimana terminata l’11 dicembre sono state 206 mila. Un dato in crescita quindi rispetto a quello della settimana terminata il 4 dicembre, quando le richieste erano state 188 mila (dato rivisto da 184 mila), ed anche superiore a quello indicato dal consensus, che prevedeva una crescita più contenuta, a 200 mila. Il dato è pubblicato dall’U.S. Department of Labor.

I permessi di costruzione nel mese di novembre hanno toccato quota 1,712 milioni, realizzando una crescita del 3,6% rispetto al dato di ottobre di 1,653 milioni (rivisto da 1,650 milioni). Il consensus era fissato a 1,663 milioni. Il dato a livello mensile relativo al numero di abitazioni per le quali sono iniziati i lavori di costruzione passa da 1,502 milioni di ottobre (rivisto da 1,52 milioni) a 1,679 milioni di novembre. I due dati sono rilasciati dall’U.S. Census Bureau.

Il Philadelphia Fed Manufacturing Index scivola passando dai 39 punti di novembre ai 15,4 punti di dicembre. Una rilevazione che si attesta ampiamente sotto al consensus fissato a 30. Il dato è stato rilasciato dalla Federal Reserve Bank di Philadelphia.

Il dato preliminare PMI manifatturiero di dicembre rilasciato da Markit Economics è pari a 57,8 punti. Un dato inferiore a quello previsto dal consensus (58,5 punti) ed anche al dato di novembre, pari a 58,3 punti. Il dato preliminare PMI sul settore dei servizi, anche questo elaborato da Markit Economics, invece, a dicembre si attesta a quota 57,5 punti, in contrazione rispetto ai 58 punti di novembre.

FOCUS SU TITOLI

APPLE - Vende una quantità incredibile di prodotti, ma tutto ciò che offre tende a essere messo in ombra dall'iPhone, che, a seconda del trimestre, rappresenta circa dal 50% al 70% delle sue vendite. Ciò rende l'iPhone probabilmente il singolo prodotto di maggior successo di tutti i tempi. Ma quando un'azienda vende 65 miliardi di dollari di prodotti solo nel quarto trimestre, questo lascia molto spazio ad altri prodotti per contribuire ai profitti.

Le vendite di iPhone sono effettivamente scese al 46,6% delle entrate totali di Apple nel quarto trimestre, secondo i dati di Statista, pari a circa 41 miliardi di dollari di vendite.

Per fare un paragone, le entrate totali di Tesla per il terzo trimestre sono state di 13,7 miliardi $ e le sue entrate per gli ultimi 12 mesi hanno appena superato le entrate iPhone di Apple nel quarto trimestre. Ma mentre l'iPhone è stato un successo senza riserve e la sua importanza per Apple non può essere misurata, non è l'unico prodotto Apple di incredibile successo.

Il Mac e l'iPad costituiscono solo una piccola parte delle entrate fornite dai telefoni Apple, ma svolgono un ruolo importante nell'ecosistema dell'azienda. Luca Maestri, CFO di Apple, ha dichiarato durante la conference call degli utili del quarto trimestre "Per Mac, abbiamo stabilito un record di entrate di 9,2 miliardi di dollari, nonostante i vincoli di offerta, spinti dalla forte domanda per il nostro MacBook Air con alimentazione M1. In effetti, i nostri ultimi cinque trimestri per Mac sono stati i migliori cinque trimestri di sempre per la categoria".

Le vendite dell'iPad sono state quasi pari a quelle del Mac, il che è impressionante perché la categoria complessiva dei tablet è in declino.

WALT DISNEY – Il futuro della società di intrattenimento è stato spesso dibattuto, poiché il ridimensionamento delle richieste di abbonamento via cavo è costantemente, anche se lentamente, avvenuto. Poco meno di 79 milioni di case americane avevano una qualche forma di abbonamento via cavo alla fine del terzo trimestre 2021, in calo dell'8% da 86 milioni alla fine del 2019 e del 16% da 94,6 milioni alla fine del 2013, secondo i dati del Leichtman Research Group. Si tratta di un calo di 15,6 milioni di clienti in meno di un decennio. Secondo gli analisti, la Disney guadagna tra i 7 e i 9 dollari per abbonato via cavo per i vari canali ESPN e ciò significa che con una media di 8 $, la Mouse House ha perso 124,8 milioni $ al mese o 1,5 miliardi $ all'anno, in canoni di abbonamento via cavo.

Mentre gli abbonamenti cavo sono diminuiti, gli abbonamenti in streaming sono aumentati e l'amministratore delegato della Disney, Bob Chapek, rimane ottimista sui canali ESPN e sull'opportunità che la sua azienda ha con il suo canale in streaming ESPN +. Chapek durante la conference call sugli utili del quarto trimestre ha dichiarato: "Continuiamo a sviluppare ESPN+ con contenuti sportivi esclusivi che rendono il nostro DTC (Direct-to-consumer) il complemento perfetto per l'esperienza di ESPN e che ogni nuovo accordo sui diritti sportivi sia lineare con il DTC. In effetti, tutti e sette i principali accordi che abbiamo fatto nell'ultimo anno e mezzo includevano una componente di streaming".

Chapek ha fatto notare che la Disney ha firmato un contratto di 10 anni con la National Football League e un contratto di 7 anni per i diritti della National Hockey League, superando la società Comcast, per quell'accordo, che ha un pesante componente di streaming. Inoltre ha affermato che settantacinque delle partite nazionali in diretta della Lega sono e saranno disponibili esclusivamente su ESPN+ e Hulu e ESPN+ è l'unica sede per oltre 1.000 partite NHL”.

Infine ha detto: "A proposito, questo è un altro motivo per cui il pacchetto Disney si sta dimostrando molto attraente per i consumatori perché gli sport dal vivo sono un elemento chiave e un elemento chiave di differenziazione del nostro ecosistema Disney".

PORTAFOGLI AZIONARI

Nella settimana di incertezza sugli indici azionari anche i nostri Portafogli azionari si sono adeguati nella speranza, però, che il fine anno ci porti anche un bel panettone o pandoro a scelta degli abbonati. Iniziando dal Portafoglio Storico vediamo come la strategia del Nasdaq Weekly continui a mietere successi su successi con target raggiunto sul titolo AMGEN che porta un guadagno del + 7,08%. Di contro registriamo una perdita del 10,14% sul titolo BRUNELLO CUCINELLI con la strategia del Breakout Massimi Storici che stenta nel dare soddisfazioni. Peccato !!

Passando al Portafoglio “The Challenge”, nessun target da segnalare, mentre abbiamo aumentato gli acquisti sugli ETF settoriali investendo a livello globale in società che stanno guidando la rivoluzione della blockchain (un registro digitale le cui voci sono raggruppate in "blocchi", concatenati in ordine cronologico, e la cui integrità è garantita dall'uso della crittografia) e sulla performance del MAC Global Solar Energy Index che è focalizzato sulle aziende leader mondiali nel settore dell'energia solare. Ma contiamo di coprire altri settori alternativi appena i prezzi ce ne daranno l’opportunità. A livello strategico abbiamo deciso di acquistare un terzo lotto sul titolo ZOOM in quanto presenta una quotazione penalizzante e non conforme ai dati economici societari, inoltre è una società californiana e non cinese, anche se il fondatore e maggior azionista è di origine cinese. Infine monitoriamo il colosso ALIBABA, questo sì cinese, alle prese con una fase di ristrutturazione dovuta alla concorrenza di diverse piccole nuove società che inevitabilmente le hanno sottratto una fetta di mercato. Non si parla assolutamente di “delisting” da Wall Street.

Alla prossima.

PUBBLICAZIONE DELLE TRIMESTRALI ECONOMICHE SUI TITOLI DEL NASDAQ100 NELLA SETTIMANA APPENA TRASCORSA.

ADOBE SYSTEMS – 14,95%. La società offre una linea di software e servizi utilizzati da professionisti creativi, professionisti del marketing, sviluppatori, imprese e consumatori, ha riportato utili nel quarto trimestre fiscale 2021 pari a 3,20 $/az. su ricavi per 4,11 mld $. La stima degli analisti per gli utili era pari a 3,20 $/az. su ricavi per 4,09 mld $. Il fatturato è aumentato del 23,0% su base annua. La società ha dichiarato di aspettarsi per il primo trimestre fiscale 2022 utili per ca. 3,35 $/az. su ricavi pari a ca. 4,23 mld $ e l'attuale stima degli analisti per gli utili è pari a 3,38 $/az. su ricavi pari a 4,34 mld $. Infine ha dichiarato di aspettarsi per tutto l’anno 2022 utili pari a 13,70 $/az. su ricavi pari a 17,90 mld $ e l'attuale stima degli analisti per gli utili 2022 è pari a 14,26 $/az. su ricavi pari a 18,16 mld $.

Shantanu Narayen, Presidente e CEO di Adobe, ha affermato: "La performance record di Adobe nel quarto trimestre ha portato a entrate fiscali 2021 superiori a 15 mld $. La visione di Adobe, la leadership di categoria, la tecnologia innovativa e la base di clienti ampia e fedele ci posizionano bene per l'anno fiscale 2022 e oltre. Inoltre la performance finanziaria di Adobe nell'anno fiscale 2021 è stata anch’essa eccezionale, con un aumento a oltre 7 mld $ di flussi di cassa operativi. Con un mercato mondiale stimato in ca. 205 mld $, siamo ben posizionati per una crescita significativa negli anni a venire con i nostri prodotti e piattaforme leader del settore".

TRIP.COM – 12,11%. La Società è la più grande agenzia di prenotazioni, sistemazioni alberghiere e biglietti aerei in Cina, ha riportato utili nel terzo trimestre 2021 pari a 0,01 $/az. su un fatturato di 831,0 mln $. La stima degli analisti per gli utili era di 0,01 $/az. su un fatturato pari a 808,9 mln $. I ricavi sono cresciuti del 3,2% su base annua.

Jane Jie Sun, A.D. della società, ha dichiarato: “L'andamento dei mercati dei viaggi nelle principali economie è stato divergente. Il mercato dei viaggi in Cina è stato spesso interrotto dalla recrudescenza dei casi di COVID. Abbiamo assistito a una forte ripresa a luglio, fino a quando non sono emersi disastri naturali e l’ennesimo aumento dei contagi. Dal punto di vista del settore, i tassi di occupazione degli hotel e le prenotazioni di biglietti aerei nel terzo trimestre sono diminuiti di circa il 30% rispetto al livello pre-COVID. Tuttavia, la nostra attività alberghiera nazionale è stata in grado di superare la performance del mercato dal 20% al 25% e anche il recupero delle prenotazioni di biglietti aerei nazionali è stato molto superiore ai livelli di mercato. Il mercato globale invece sta facendo grandi passi avanti nel ritorno alla normalità, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. Le prenotazioni di biglietti aerei in questi mercati hanno fatto passi da gigante verso i livelli pre-pandemia negli ultimi mesi. Le prenotazioni complessive di biglietti aerei internazionali di Trip.com è aumentata di circa il 40% trimestre su trimestre, con le prenotazioni di biglietti aerei in Europa in crescita del 170%. Skyscanner ha anche visto aumentare le prenotazioni di biglietti aerei di circa il 100% anno su anno e di circa il 35% trimestre su trimestre”.


ORDINI DI ACQUISTO NUOVE POSIZIONI DELLA SETTIMANA (20/12/2021)
Non sono presenti ordini di acquisto per la settimana entrante.

Pagina a cura di SANDRO MANCINI e GIANMARCO LUCHETTI SFONDALMONDO.

(articolo di Sandro Mancini)