Dollaro o euro? Monete dei Paesi sviluppati o di quelli emergenti? Come si muoverà il renminbi? Un interessante studio di UBP fa delle previsioni sulle possibili evoluzione delle “currencies” nel prossimo anno.
Hot markets
Quanto pesano le valute sui vostri portafogli? Per i più prudenti forse nulla. Per gli amanti del rischio (e di conseguenza dei rendimenti) certamente tanto. È il caso di fare allora un punto in previsione di cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi. Lo realizziamo sentendo l’opinione dei gestori di UBP, banca svizzera esperta nel settore, nonché private specialista in investimenti, in asset management istituzionale e nelle gestioni patrimoniali per i clienti privati.
Uno studio diffuso negli ultimi giorni propone un quadro preciso sulle aspettative in merito.
“Nel 2022 ci attendiamo un moderato apprezzamento del dollaro rispetto alle valute del G10 e di alcune monete dei mercati emergenti. Questo costituisce un importante cambiamento rispetto alla visione che nutrivamo da tempo sul dollaro ma lo riteniamo avvalorato dai toni più hawkish adottati dalla Fed, che hanno portato a un rialzo dei rendimenti a breve e a lungo termine negli Usa, nonostante l’attesa di una crescita asincrona delle principali economie”.
La Fed (questa sera si saprà forse qualcosa di più) ha cominciato ad assumere una linea più rigorosa. Vuole terminare il quantitative easing entro giugno 2022 per poi procedere a tre aumenti dei tassi nel 2023 e nel 2024. Quindi il dollaro beneficerà di un migliore profilo dei tassi d’interesse rispetto alle altre principali valute del G20: c’è da attendersi che i rendimenti statunitensi a 10 anni saliranno all’1,7% circa e persino al 2% nel 2022.
Il dollaro ha già messo a segno un moderato progresso rispetto alla maggior parte delle altre valute e c’è da credere che proseguirà su questa strada. In caso di un notevole rialzo dei rendimenti statunitensi, le valute ciclicamente sensibili, quali euro, dollaro australiano, dollaro canadese a altre divise di Paesi sviluppati sottoperformeranno con l’ampliarsi del differenziale dei tassi.
La recente underperformance delle valute ciclicamente sensibili e ad alto beta del G10 sarà accentuata dalla crescita asincrona delle principali economie. Da marzo 2020 le monete con un beta elevato rispetto alla crescita globale hanno sovraperformato grazie a un miglioramento dei dati delle economie globali e a una moderata debolezza del dollaro. Tuttavia, dal giugno 2021 gli indici di sorpresa economica delle principali economie hanno cominciato a retrocedere e i recenti cambiamenti annunciati da Pechino sulla sua politica lasciano presagire un periodo di crescita più debole in Cina. Ciò ha conseguenze nefaste per alcune valute tra cui dollaro australiano e dollaro neozelandese ma anche per l’euro: una frenata della crescita cinese implica rischi al ribasso per la moneta unica a causa delle forti esportazioni Ue verso l’Asia.
Gli investitori si sono già riorientati in risposta a questa nuova realtà. I dati aggregati sul mercato monetario internazionale stilati dalla Commissione statunitense di trading sui futures dimostrano che hanno chiuso posizioni lunghe e adesso sono short persino sulle valute ad alto beta. La posizione lunga aggregata in dollari è nettamente superiore a 25 miliardi di $.
Le prospettive per la sterlina inglese sono più sfumate. Si prevede che la Bank of England aumenterà i tassi base di almeno 40 pb, portandoli allo 0,5% nel 2022. Di conseguenza, c’è da attendersi una buona performance della divisa d’oltre Manica rispetto all’euro, mentre sembrano meno probabili progressi sul dollaro, anche se gli spread sui tassi tra le due valute sono in linea con un cambio ben oltre 1,45.
La frenata della crescita globale tra le principali economie cambierà i flussi di portafoglio. Gli investimenti hanno favorito euro e yuan cinese negli ultimi 18 mesi, poiché gli investitori hanno cercato di trarre vantaggio dalla riapertura del commercio. Tuttavia, una crescita più moderata ridurrà i flussi di portafoglio nelle valute ciclicamente sensibili.
In particolare c’è da aspettarsi minori investimenti sui mercati azionari cinesi onshore fino a quando da Pechino non giungeranno indicazioni più chiare a livello regolatorio, anche se gli investimenti obbligazionari dovrebbero dare prova di una buona tenuta. Il generale riorientamento sarà compensato dall’enorme aumento del surplus commerciale cinese. Quindi non si ipotizza una svalutazione notevole dello yuan. Il cambio Usd/Cny rimarrà in una fascia piuttosto ristretta e il flusso di fondi sul renminbi aumenterà gradualmente.
Tuttavia flussi di portafoglio più deboli verso l’Eurozona impediranno all’euro rialzi significativi. Ciò peserà sulla divisa comunitaria, unitamente alla possibilità che le esportazioni siano fiacche nei prossimi trimestri.
Infine le valute dei mercati emergenti. Tendono a sottoperformare quando i tassi d’interesse aumentano. Si ritiene però che saranno meno vulnerabili rispetto al 2013, poiché i disavanzi aggregati delle partite correnti sono migliorati. Quindi le economie emergenti sono meno esposti ai flussi di capitali. Ciò limiterà l’esigenza di aumenti aggressivi dei tassi, che soffocherebbero la crescita.
Le prospettive per le valute “emerging” sono comunque eterogenee. Brilleranno quelle dei Paesi le cui banche centrali aumenteranno proattivamente i tassi d’interesse. Si attende dunque un exploit del rublo russo, sulla scia di un carry nominale elevato e del supporto proveniente dall’ascesa dei prezzi del petrolio. Anche il real brasiliano beneficerà di un carry nominale elevato, per quanto controbilanciato dalla ripresa dell’inflazione nei primi mesi del 2022.
Altre valute, tra cui rand sudafricano, peso messicano e lira turca, continueranno invece a perdere terreno, a causa dell’inflazione sostenuta, degli investimenti sottotono e della riluttanza delle rispettive Banche centrali di aumentare i tassi. Nel caso della lira turca, li si sta addirittura tagliando: quindi la valuta si deprezzerà, mentre aumenterà l’inflazione indotta dai cambi.