La settimana scora abbiamo dato una bella sfoltita al nostro portafoglio, in modo particolare sugli asset potenzialmente più sensibili e a rischio delle dinamiche che si stanno propagando sui mercati da circa tre settimane a questa parte.
Eccesso di zelo? Troppa prudenza?
Forse, ma il nostro portafoglio si chiama Rischio Contenuto nei fatti e non solo di nome, per cui la regola prima e inviolabile è quella di preservare rendimento e capitale se i rischi iniziano ad essere troppo elevati, anche solo in via potenziale.
Intanto, sul fronte dei tassi – che è poi quello che forse preoccupa di più i mercati su entrambe le sponde dell’Oceano, pare che in BCE si stiano muovendo per avviare la tanto temuta stretta monetaria, tra tapering e rialzo dei tassi.
Come sappiamo, si sta avvicinando l’ultimo board dell’anno per la BCE e la nota agenzia Reuters ha reso noti i risultati di un sondaggio condotto tra gli analisti. Ebbene, secondo il questionario proposto gli acquisti di bond saranno dimezzati dall’aprile prossimo e i tassi d’interesse saliranno a partire dalla fine del 2023. In particolare, la Banca Centrale Europea dovrebbe cessare effettivamente il PEPP alla fine di marzo, così come previsto. Tuttavia, proseguirebbero gli acquisti di bond condotti con il QE, pari a 20 Mld euro al mese. Ma su questo punto gli analisti non sono concordi e alcuni vedono gli importi del QE raddoppiati fino almeno alla metà del 2023, se non addirittura fino alla fine di quell’anno.
Facciamo due conti per capire cosa sia verosimile attendersi. Ad oggi la BCE acquista mensilmente bond per 60 Mld euro netti con il PEPP e 20 Mld euro con il QE; per evitare un impatto brusco sui bond sovrani più fragili dell’unione monetaria, il QE potrebbe salirebbe a 40 Mld euro al mese.
Inoltre, i tassi BCE sono a zero per il saggio di riferimento mentre sono al -0,50% sui depositi overnight e non saranno alzati fintantoché proseguiranno gli acquisti di bond. Ne consegue che, se le precedenti ipotesi non sono campate per aria, il primo rialzo del costo del denaro nell’Eurozona dovrebbe avvenire in una finestra temporale compresa tra un anno e mezzo/due anni.
Cosa farà da ago della bilancia? Naturalmente l’inflazione, le sue dinamiche reali e soprattutto le dinamiche sulle attese inflattive, sia in termini di entità sia in termini di durata.
In tema di tassi, appare sensato immaginare uno scenario che veda prima una BCE attiva al rialzo sui depositi overnight, per poi passare ai prestiti ordinari alle banche. Questo naturalmente ha una logica: sarebbe più logico che l’istituto riducesse, in prima battuta, il disincentivo alla liquidità apportata presso i suoi sportelli da parte delle banche commerciali, ancor prima di far costare di più i prestiti erogati.
Per ora il mercato dei tassi non ha risentito in modo particolare di queste voci, con l’Euribor a 3 mesi sempre nei pressi di area -0,60% mentre si sono rivelati più mossi gli IRS sul tratto a lunga, con l’IRS a 20 anni (che viaggiava in territorio negativo a inizio 2021) adesso in area 0,33%. Comunque, a parte i movimenti di questa entità, neppure per le lunghe scadenze si hanno tassi in forte risalita, quasi a voler confermare che il mercato stia scontando una politica monetaria ancora piuttosto accomodante. Ma questo implica che il mercato vuole credere alla storia che l’inflazione sia momentanea, ma se così non dovesse essere saranno dolori.
In attesa di vedere cosa succederà noi ci siamo messi alla finestra e aggiorniamo il nostro portafoglio dopo le vendite della settimana scorsa. All’ultimo close disponibile, il portafoglio valorizza un NAV a 105,70 in leggero ritracciamento dai 106,80 corrispondenti all’ultimo massimo storico registrato nella seconda parte di novembre. La performance su base annua si attesta 3,39% con la volatilità totale in salita all’1,46% come quella negativa che passa allo 0,48%.
Portafoglio ed equity line aggiornati nell’apposita sezione.