Come da programma, è attesa per oggi la riunione della FED, come sempre evento molto atteso e importantissimo per i mercati. A maggior ragione in queste circostanze, poiché si tratta dell'ultimo board prima del voto per le presidenziali, oltre al fatto che saranno rilasciate le nuove stime economiche con la pandemia COVID-19 che ancora potrebbe condizionare la ripresa che pare esservi vista con i dati estivi migliori delle attese.
A livello di politica monetaria non dovremmo assistere a grandi novità, posto che a fine agosto il governatore Powell ha di fatto abbattuto uno dei “totem” del mandato della Banca Centrale USA, annunciando che manterrà i tassi bassi anche qualora l'inflazione dovesse superare il 2% per concentrandosi maggiormente sull'andamento dell'occupazione.
Affermazione di non poco conto e che apre scenari tutti da scoprire per il reddito fisso. In sostanza, l’inflazione sarà “a regime” tranquillamente tollerata sopra il target del 2%, così da compensare i periodi in cui essa è risultata inferiore a tale soglia e, al tempo stesso, i tassi non saranno più alzati quand’anche il mercato del lavoro abbia superato la piena occupazione. Cioè, la politica monetaria diverrà “a regime” più accomodante.
Rebus si stantibus, diventa pertanto cruciale capire se e quando la FED tornerà ad alzare i tassi d’interesse, e per farlo prendiamo a riferimento alcuni dati e proviamo a fare delle ipotesi. Oggi l’inflazione USA viaggia intorno al 2% e la disoccupazione è sotto il 4%, soglia largo circa ritenuta di equilibrio nel mercato del lavoro: questo nella norma dovrebbe prevedere una politica monetaria più restrittiva con un ritocco al rialzo dei tassi d’interesse. E, come sappiamo, questo farebbe male sia ai bond sia alle azioni.
Tuttavia, se l’inflazione cresce le azioni acquistano appeal e i bond vedono erodersi il rendimento in termini reali. Ma ora, con la nuova “impostazione” della FED, queste dinamiche da caso di scuola saranno totalmente slegate dal contesto dei tassi. Infatti, stando a quanto dichiarato da Powell, l’inflazione salirà molto prima che i tassi siano rivisti al rialzo, accettando implicitamente una maggiore erosione del potere d’acquisto.
Un po’ come accadde negli anni ’70 e nei primi anni ’80, quando i rendimenti offerti dai governativi USA erano nettamente inferiori ai livelli di inflazione. Che poi, di fatto, è ciò che già da anni sperimentiamo anche noi in Europa, non tanto per alta inflazione (anzi…) piuttosto perché sino alle scadenze lunghe si trovano solo rendimenti nulli se non addirittura negativi.
La sensazione è che l’operato e le strategie future delle Banche Centrali abbiano modificato il paradigma della remunerazione dei risparmi. Cioè, dai primi QE – che hanno fatto pensare ad una situazione straordinaria e transitoria – siamo passati ad una sorta di “QE globale endogeno”. Ha un senso? Sì, ce l’ha, perché i governi punteranno a sostenere con le buone e (soprattutto…) con le cattive consumi e investimenti. Senza contare che i livelli di debito globale hanno ormai raggiunto livelli mostruosi e, come tutti sappiamo, uno dei modi migliori per “abbattere” il debito è farlo “mangiare” dall’inflazione. Infatti, potendo godere di bassi tassi d’interesse reali, quando non addirittura negativi, l’incidenza delle passività tenderà a ridursi rispetto ai redditi (leggasi PIL per gli Stati).
Ne consegue che, verosimilmente, solo quando i livelli di indebitamento di Stati, famiglie e imprese saranno scesi a livelli compatibili con i tassi di crescita dell’economia, le Banche Centrali torneranno ad inasprire la politica monetaria. Come sempre, staremo a vedere.
Tornando al nostro portafoglio, e in attesa di utilizzare un’altra parte della nostra liquidità con nuovi acquisti, siamo nuovamente diretti verso il massimo storico recentemente raggiunto a quota 101,40 di NAV. Al close di ieri, infatti, il NAV del nostro portafoglio è pari a 101,34 e l’equity line prosegue la sua marcia tranquilla e regolare, caratteristica mai abbandonata sin dall’esordio del nostro asset cinque mesi fa.
Tabella e grafico dell’equity line aggiornate nella consueta sezione “Portafoglio”, ove è stata anche aggiunta la sintesi del rendimento del “vecchio” portafoglio Rischio Contenuto.