Se vince Biden, se vince Trump! E tanti altri temi dell’attualità finanziaria
Banche nordiche, azioni “green” negli Usa e in Europa, Etf sulla Cina, bond di Google: sono i temi trattati oggi. In primo piano però le ipotesi su quali settori trarrebbero maggiore vantaggio da un successo dell’uno o dell’altro alle elezioni presidenziali Usa.
Hot markets
La tradizionale imponente valutazione di report curati dall’industria finanziaria porta a sorvegliare tantissime strade, sempre molto interessanti e redditizie (quando verificate a posteriori). Occorre però sintetizzarne i contenuti. Altrimenti avreste da leggere ininterrottamente per tutta la settimana!
Oggi – allora – spazio a tanti argomenti inevitabilmente riepilogati. Qui e là abbiamo anche decretato qualche Oscar. In merito vogliamo precisare che le relative nomine non hanno certo un valore perentorio ma intendono semplicemente vivificare il nostro report domenicale (questa settimana pubblicato di martedì per problemi tecnici). Lo puntualizziamo perché qualche lettore ci ha, nelle scorse settimane, chiesto sui criteri di giudizio. Dipendono da una nostra considerazione puramente soggettiva. Ben venga se qualcuno vuole esprimere opinioni diverse. Il confronto è l’anima dei media. Il tema più caldo del giorno è però quello dei possibili effetti su Wall Street dalle elezioni Usa. Da qui cominciamo.
► Presidenziali: se si impone l’uno o se si impone l’altro
Tutti al lavoro su ipotesi ed effetti delle “US presidential elections”, in base agli eventuali risultati. Capital Group, società Usa di asset management, ha immaginato quattro scenari. Vediamoli:
Prima ipotesi
Se i Democratici dovessero espugnare Casa Bianca, Senato e Camera si assisterebbe a una rivoluzione politica. Uno dei primi cambiamenti sarebbe l’abolizione, completa o parziale, del Tax Cuts and Jobs Act del 2017, normativa che prevede significative riduzioni fiscali. Le aliquote complessive per le società sono infatti scese dal 35% al 21%, spingendo gli utili aziendali. Inevitabile l’effetto di un simile cambiamento sulle stime delle previsioni dei profitti societari complessivi. Se ne può desumere un impatto negativo su Wall Street.
Seconda ipotesi
Se Biden dovesse conquistare la Casa Bianca e i Repubblicani mantenessero il controllo del Senato ci sarebbe un vero e proprio stallo, tale da impedire l’approvazione di leggi importanti. Dal punto di vista dei mercati finanziari, sono presumibili un atteggiamento più aggressivo da parte della Securities and Exchange Commission e una rinnovata spinta politica da parte del Dipartimento del Lavoro in relazione alla revisione dei piani di pensionamento. In altre parole si andrebbe verso un progressivo stallo politico, che Wall Street non apprezzerebbe.
Terza ipotesi
Se Trump dovesse essere rieletto e i Repubblicani mantenessero il controllo del Senato si ripresenterebbe la situazione in corso. Vento in poppa per Wall Street.
Quarta ipotesi
Se Trump dovesse essere rieletto ma i Democratici conquistassero il Senato ci sarebbe un’ostilità ancora maggiore rispetto a quella attuale. L’ipotesi è teoricamente possibile ma nei fatti poco probabile stante il sistema elettorale Usa. Comunque Wall Street non apprezzerebbe.
Le elaborazioni in corso degli impatti sui diversi settori azionari portano a conclusioni complesse. C’è chi mette in relazione la corsa dell’oro con le potenzialità di un successo di Biden ma ciò appare poco verosimile. Se quest’ultimo vincesse Wall Street crollerebbe? Più probabilmente si assisterebbe a un riequilibrio fra settori, con in crescita le società di servizi pubblici e legate all’ambiente, in particolare l’automobilistico “green” (Tesla in testa), e si registrerebbe una neutralità per l’immobiliare, così come per industriali, sanità e beni di largo consumo. Al contrario della spiccata simpatia nei suoi confronti da parte delle big tecnologiche, Silicon Valley sarebbe probabilmente penalizzata in Borsa, mentre certamente ribassisti risulterebbe il comparto petrolifero e il finanziario. E se sul filo di lana si affermasse invece Trump? I conflitti con la Cina riesploderebbero ed ecco allora che bisognerebbe vendere le azioni di Shanghai e dintorni, nonché delle leader tecnologiche con business in Asia, mentre ne trarrebbero vantaggio le piccole e medie capitalizzazioni, quotate nel Russell 2000. In assoluto però un Oscar andrebbe all’industria petrolifera, che si affermerebbe come vincitrice assoluta.
► Banche nordiche, occhio ai dividendi
I motivi del loro progressivo calo di quotazioni dal 2018 in poi sono vari e complessi. Le banche dei Paesi scandinavi rappresentano forse un termometro anticipatore delle crisi dei mercati? L’ipotesi regge solo in parte ma quello che più importa è che ora costituiscono – dopo prolungate fasi correttive – degli ottimi asset protettivi, in quanto caratterizzate da una buona solidità e da una redditività stabile nel tempo. Danske Bank (Danimarca), Nordea (Finlandia), Swedbank (Svezia), Handelsbanken (Svezia) e DNB (Norvegia) hanno interessanti potenzialità di trend positivi ma si contrassegnano soprattutto per prospettive di rilevanti rendimenti da dividendi per il 2021. Nordea, per esempio, versa da anni importi in continua crescita e potrebbe il prossimo anno superare il 6% di “dividend yield”, collocandosi ai primi posti nella relativa graduatoria europea relativa al sistema bancario. Le altre seguono, assestandosi fra il 4 e il 5%. Sempre Nordea, quotata a Helsinki (in euro – ci sono poi le versioni negoziate a Copenhagen e Stoccolma nelle rispettive valute) si muove da due mesi in un range laterale, riproponendo – pur con piccole differenze - gli andamenti delle altre quattro. La migliore nelle ultime sedute è risultata Swedbank, mentre la peggiore Handelsbanken ma naturalmente occorre tenere conto delle diverse valute di denominazione.
► BlackRock consiglia di puntare sul mondo Esg
Larry Fink, numero uno di BlackRock, non è uno che si lascia andare a facili entusiasmi. Eppure in una sua recente lettera ai clienti ha sostenuto che è in corso un “rimodellamento fondamentale della finanza”. Di che si tratta? Del mondo Esg (ambientale, sociale e governance). Voi direte: sai che fantasia! Da anni se ne parla. Etf, bond, fondi e certificati sono in molti casi studiati in tale ottica. Ma quali sono le azioni più interessanti in prospettiva Esg e ancor più ecologica? Da una ricerca di quanto valutato con maggiore attenzione dagli specialisti del settore sono non poche quelle quotate a Wall Street, tutte da seguire con attenzione. Ecco le più gettonate.
Brookfield Renewable Partners |
Nyse (BEP) |
Produzione energie rinnovabili |
Dominion Energy |
Nyse (D) |
Servizi energetici |
FMC Corp. |
Nyse (FMC) |
Chimica per l’agricoltura |
Hannon Armstrong Sustainable Infrastructure Capital |
Nyse (HASI) |
Produzione energie rinnovabili e altro |
Nextra Energy |
Nyse (NEE) |
Maggiore produttore mondiale di energia eolica e solare |
Prologis |
Nyse (PLD) |
Strutture logistiche |
Xcel Energy |
Nyse (XEL) |
Produzione energie rinnovabili |
Waste Management |
Nyse (WM) |
Gestione rifiuti |
A quale attribuire un Oscar? A Dominion Energy. Se i Democratici vincessero le presidenziali l’energia pulita sarebbe aiutata da un immenso piano di finanziamenti (da due trilioni di dollari!). Inoltre la società ha di recente venduto i suoi asset relativi al gas naturale a Berkshire Hathaway Inc, incassando dieci miliardi di dollari, grazie ai quali la situazione finanziaria è migliorata, con un azzeramento del debito. Il dividend yield in corso di Dominion Energy è del 4,7%. Il titolo quota attualmente sugli 80 $ e alcuni analisti lo considerano “overvalued” in termini di business odierni ma così facendo non tengono conto delle nuove strategie ambientali di una società che punta a diventare 100% “green”. Una seconda nomina può interessare Waste Management, leader nelle tecnologie dei termovalorizzatori. Da mesi è in lenta ripresa rispetto al crollo di marzo, sebbene il p/e sia elevato (sui 30), il che si riscontra anche su altre azioni del mondo Esg, le cui quotazioni sono state in molti case spinte dai tanti nuovi prodotti così targati dall’industria finanziaria.
► Le “best” del “green” in Europa
Il Green Deal dell’Unione Europa, che Goldman Sachs ha definito il “più grande stimolo economico che l’Europa abbia visto dal Piano Marshall”, mira a raggiungere zero emissioni nette di carbonio entro il 2050 e una riduzione del 50-55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. In questo contesto quali sono le azioni “green” da valutare relativamente al nostro Continente? La stessa Goldman ha realizzato un’articolata ricerca in merito. Ne esce una lista di “preferred”, dalla quale estraiamo l’italiana Enel, la tedesca Rwe, la spagnola Iberdrola e la britannica SSE relativamente al comparto utilities. In ambito auto - oltre ad alcuni costruttori (nomi un po' scontati) - segnaliamo il fornitore tedesco di componenti Hella e il belga Umicore, che produce materiali catodici per veicoli elettrici. Nel settore della componentistica edile in evidenza la francese Legrand, mentre nel contesto degli specialisti di energie rinnovabili inevitabile il nome della danese Vestas Wind Systems, che sta toccando massimi storici a 856 Dkk.
► La Cina è sottovalutata?
Per Morningstar le Borse della prima economia emergente al mondo, in termini di valutazione rispetto al prezzo obiettivo, non si sono ancora espresse al massimo. Cerchiamo di valutare la situazione attraverso gli Etf quotati su Borsa Italiana e relativi all’ex Impero asiatico. Ne emerge un quadro molto differenziato e con risposte quindi articolate in rapporto alle caratteristiche dell’indice sottostante. Attenzione quindi alle scelte intraprese quando si vuole entrare sul mercato azionario di Shanghai e dintorni.
Considerando le performance a sei mesi i risultati, che emergono, sono netti.
Il migliore (+17,9%) |
Lyxor Hwabao WP MSCI China A (FR0011720911) |
Il relativo indice replica le azioni più liquide denominate in renminbi. Si prende quindi il rischio di cambio, sebbene la valuta di denominazione sia l’Usd |
Il peggiore (-11,2%) |
Amundi MSCI China Eur (LU1681043912) |
In questo caso il sottostante è rappresentato da un indice sull’azionario H di Hong Kong con valuta di denominazione l’euro |
Il più grande (dimensione del fondo) (+6,9%) |
Xtrackers MSCI China (LU0514695690) |
Replica le società maggiori e più liquide quotate sulla Borsa di Hong Kong (titoli H, B, Red Chips e P Chips). Valuta di denominazione Usd |
Quello che paga il maggiore dividendo (-5,2%) |
iShares China Large Cap (IE00B02KXK85) |
Sottostanti le maggiori società presenti alla Borsa di Hong Kong. Versa un dividendo trimestrale e il rendimento in corso si aggira sul 2,5% |
Il consiglio che se ne trae è di conoscere bene lo strumento su cui si punta, perché le differenze sono talvolta rilevanti e possono portare a risultati contrastanti. In questo caso non ce la sentiamo di attribuire un Oscar, poiché le variabili in gioco appaiono davvero tante.
► Infine questo bond un Oscar se lo merita
Qui non siamo noi a dare il riconoscimento ma lo è stato il mercato. La nuova serie di emissioni obbligazionarie di Alphabet (Google) con obiettivi sociali è andata a ruba sia sul primario – con una domanda superiore di quattro volte rispetto all’offerta - sia sul secondario. Si tratta di sei bond (rating AA+) di S&P in dollari con scadenze dal 2025 al 2060. Sono sociali perché i capitali raccolti verranno utilizzati per promuovere iniziative di efficientamento energetico, di edilizia ambientale, di progetti contro il razzismo e di tante altre proposte. Gli investitori hanno apprezzato la novità, sebbene i tassi nominali siano bassi, poiché adeguati all’attuale politica monetaria della Fed. Fra tutti quello che è piaciuto di più è l’extralungo, ovvero il 2060 (Isin US02079KAG22 – importo 2 miliardi $ - taglio 2.000), subito salito oltre 102 $ per poi ridiscendere verso i 100,1. Gli scambi sulle Borse tedesche sono stati rilevantissimi e probabilmente il titolo sarà soggetto a una volatilità estrema. Quello che piace non è quindi il rendimento quanto lo scopo e il mercato pertanto l’ha subito premiato.