Dopo lunga tenzone l’S&P 500 (PC: 3202, cfr. grafico) è riuscito ad infrangere la resistenza chiave a quota 3.000, accelerando al rialzo. Contestualmente, e specularmente, il Vix (PC: 25,10) ha rotto con decisione il supporto chiave a quota 30. Il forte rally messo a segno dai minimi di metà marzo ha consentito di riportare l’azionario Usa ad un contenuto -6% rispetto ai picchi di fine febbraio, dopo avere registrato addirittura un -35% sui minimi di 2 mesi e mezzo orsono.
Da un punto di vista squisitamente tecnico, il segnale è indubbiamente rialzista e smentisce, almeno per il momento, l’ipotesi avanzata che quello in corso fosse solamente un bear market rally. E, tuttavia, qualcosa non torna...
È infatti a tutti evidente il forte e crescente disallineamento tra il marcato recupero dei mercati azionari, da un lato, e dall’altro le incerte prospettive di miglioramento dell’economia reale - dove sembra di potere escludere un recupero a “V” - nonché la persistente fragilità di fondo dei mercati finanziari - pensiamo anche solo all’enorme mole di debito pubblico e privato (oltre 250 trilioni di dollari USA) accumulatasi negli ultimi anni grazie a tassi artificialmente compressi verso e sotto lo zero dalle politiche monetarie ultraespansive della Fed e delle altre banche centrali mondiali.
La liquidità sembra tutto curare, ancora una volta. Ciò che continua a preoccupare, tuttavia, è proprio il legame sempre più stretto tra le sorti dei mercati finanziari e l’enorme flusso di liquidità immesso nei circuiti dalle politiche concertate delle varie banche centrali nel mondo. Già prima del Covid eravamo in una situazione di espansione creditizia record (la liquidità globale era a circa 80 trilioni di dollari USA, il doppio rispetto ai livelli del 2008-2009): tale fiume di denaro creato ex-nihilo dalle autorità monetarie aveva prodotto una vera e propria asset inflation, ovvero un rialzo generalizzato di quotazioni azionarie e obbligazionarie. Ebbene, post Covid abbiamo assistito ad un’ulteriore accelerazione nei flussi di liquidità immessi nei mercati, nel tentativo di stabilizzarli e di rigonfiare quelle bolle che l’ago del Covid aveva improvvisamente fatto scoppiare. Con successo, a quanto pare...
Le Banche Centrali stanno vincendo la loro battaglia per stabilizzare il sistema finanziario, ma a quale prezzo? E’ possibile che le dinamiche finanziarie diventino del tutto scollate rispetto alle dinamiche dell’economia reale? La liquidità può essere la panacea universale? Fino a quando? A queste domande nessuno sa rispondere, né i governi (il cui debito - come anche il debito privato corporate dall’Investment grade all’high yield - è ampiamente sostenuto dagli acquisti sul mercato secondario delle Banche Centrali) né le stesse Banche Centrali che si ritrovano prigioniere degli schemi che hanno implementato a partire dalla Grande Crisi Finanziaria post 2008-2009.
Operativamente non sembra opportuno tentare di andare corti - don’t fight the Fed - ma rimane valido il consiglio di continuare ad alleggerire i portafogli. In una prospettiva di risk-reward e visto che non si possono escludere delle bull trap pare inopportuno correre dietro al mercato. Probabilmente perderemo delle occasioni ma la prudenza diviene essenziale in presenza di un’euforia giustificata solo dalla droga monetaria.
Per lo stesso motivo rimane valido il consiglio di mantenere un’importante quota dei propri investimenti strategici allocata sui metalli preziosi, nonostante il ripiegamento dell’ultima ottava. In specie su Oro (PHAU. PC: 140,90) ma anche Argento (PHAG. PC: 14,400) e Platino (PHPT. PC: 67,300). Mantenere invece posizioni corte sul Palladio (si segnala l’ETC con ticker 1PAS. PC: 13,992) in modo da ridurre tatticamente l’esposizione lunga sugli altri preziosi, che rimane strategica. Per chi non fosse ancora investito sul comparto, la fase di debolezza attuale potrebbe essere una buona occasione di ingresso. Si ricorda che l’orizzonte è di investimento strategico, plurimensile e, anzi, pluriennale, non certo di tradìng.
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