“Dark pool”, le piscine oscure su cui transitano gli ordini extra mercato, stanno stravolgendo il sistema. Ne parliamo con uno specialista del settore.
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L’appuntamento con Mister X è saltato. Doveva avvenire nel mese di aprile a Cannes, in Francia, città mai toccata dalle guerre ma stravolta dal coronavirus, come il resto d’Europa. Con una differenza: Cannes è una città delle vacanze e del bel vivere per eccellenza. Vedere – via webcam – le sue strade totalmente vuote provoca una strana sensazione, talmente strana da rendere irrealistico il pensiero che si sarebbe potuto realizzare un’intervista sulla Croisette per affrontare il tema delle “dark pool”. Meglio rinunciare comunque, di là dalle imposizioni restrittive dovute alla pandemia. Meglio preferire invece un ben più asettico collegamento Skype. Mister X, che lavora soprattutto fra Londra e Singapore ma vive in Costa Azzurra, lo chiarisce subito.
In questi mesi mi sono risparmiato decine di voli e ho avuto il tempo di capire tante cose su cui non mi soffermavo precedentemente.
Cioè?
Nel nostro settore c’è chi ci considera quasi dei filibustieri. Ci nascondiamo perché temiamo reazioni da parte degli organi di controllo. Invece facciamo un lavoro normalissimo, da assecondare per i vantaggi che comporta al sistema finanziario.
Un po’ di parte come visione!
Le “dark pool” sono semplicemente piattaforme su cui operano gli istituzionali al di fuori dei mercati regolamentati, quindi le classiche Borse, perché queste ultime sono troppo care e poco efficienti, ma soprattutto per non subire l’effetto volatilità e per tanti altro motivi. Noi abbiamo bisogno per le nostre transazioni di liquidità e funzionalità e ce le siamo trovate da tanto tempo sui circuiti paralleli.
A danno del piccolo e medio investitore, che sta registrando crolli proprio di liquidità ed efficienza. Lei lo sa che la situazione è diventata pesante da questo punto di vista?
Certo che lo so ma non è colpa nostra. I sistemi di esecuzione degli ordini ormai utilizzano algoritmi sempre più complessi e iper fulminei. Se questi non trovano risposta nel mercato regolamentato è inevitabile che seguano percorsi alternativi. D’altra parte l’hanno voluto l’Unione europea e gli Usa, approvando ordinamenti come Mifid 1 e RegNMS, che hanno aperto la strada a una pluralità di attori proprio quando le Borse stavano avviando processi di fusioni transnazionali con cui si sono creati dei monopoli veri e propri. Faccio un esempio pratico: voglio comprare un’auto, vado da un concessionario e poi da un altro e da un altro ancora. Ognuno mi propone modelli differenti e condizioni più o meno favorevoli. C’è il pluralismo del mercato. Se opero in Borsa non è così, perché mi scontro con strutture chiuse e direi quasi smorte per la scarsa collaborazione commerciale che riservano ai clienti. Sono centri di potere, come lo erano le banche fino a qualche anno fa. Un burocrate ti imponeva e ti impone le regole, senza nemmeno ascoltare le tue esigenze. Quindi se i piccoli risparmiatori e trader soffrono per tutto questo non ci accusino per vizi che hanno ben altre origini. Non mi riferisco tanto a Borsa Italiana, che non seguo, quanto alle classiche Borse su cui opero io, soprattutto centro europee e asiatiche. Ovunque la mentalità è identica: da noi devi comunque passare!
Ci spiega come funziona realmente una “dark pool”?
Sono piattaforme private non obbligate a rendere noti i prezzi dei propri “book” nella fase di pre-transazione, mentre garantiscono una trasparenza post-transazione con modalità differenti. Sono riservate agli istituzionali che vogliono scambiare in maniera anonima grossi volumi di strumenti finanziari.
Precisi bene i vantaggi di una simile operatività…
Sono tantissimi. Primo: costi infinitesimali rispetto a quelli imposti dalle Borse tradizionali. Secondo: possibilità di effettuare transazioni di rilevanti blocchi di azioni senza che il mercato li rilevi. Terzo: maggiore adattabilità all’high frequency. Quarto: anonimato.
Messi tutti assieme fanno pensare a un’attività illegale. E sono volutamente gentile nel termine utilizzato!
Se vogliamo essere mammolette possiamo esserlo…Garantisco che avviene ben di peggio nell’operatività dei mercati. Comunque gli operatori del settore non sono dei pirati ma gente che rappresenta anche banche internazionali. Non possono permettersi di vivere in contesti privi di regole; così le scrivono loro stessi e poi le rispettano nel migliore dei modi.
In effetti fra i nomi che ho visto in una ricerca prima di questa intervista ce sono anche di significativi. C’è quindi da credere che il sistema bancario operi su due fronti?
La sua è la semplificazione di un processo complesso. Molte “dark poll” sono gestite da grandi banche, che ne hanno necessità per offrirsi a condizioni migliori e con maggiore efficienza rispetto ai sistemi tradizionali. Faccio un esempio pratico. Un cliente istituzionale vuole prendere posizione in “buy” sull’azione XY a un certo prezzo, per un importo rilevante. Se l’ordine globale passasse sulla Borsa classica di competenza le quotazioni rimbalzerebbero di colpo. C’è allora l’alternativa di spezzettare l’operazione in tante mini tranche, soggette però alla volatilità derivante soprattutto dalle macchinette, che rivelerebbero subito i volumi in crescita. Ecco allora la soluzione della Borsa parallela: si piazza l’intero ordine e lo si esegue solo alla quotazione fissata, senza risentire di effetti da volatilità. Altro esempio: una società quotata vuole acquistare o vendere proprie azioni senza farsi vedere dal mercato in tempo reale. Non ha alternativa: deve rivolgersi a noi.
Non capisco un aspetto: sostiene che si cerca di evitare l’effetto macchinette ma sul mercato si dice che i maggiori utilizzatori siano gli specialisti dell’high-frequency trading. E’ una contraddizione poco comprensibile!
Lei cerca di avere una risposta precisa su un mondo in cui la frammentazione è totale. Ci sono specialisti solo di grossi blocchi (io sono uno di loro) e professionisti dell’high frequency attivi nelle “dark pool”. Se mi chiedesse quanti operatori sono presenti sul mercato parallelo non saprei rispondere. Ogni tanto entrano in scena protagonisti diversi, un po’ com'è successo nell’ultimo decennio per i broker di Cfd. Consideri poi l’esistenza anche degli internalizzatori soprattutto bancari, che in modo sistemico e frequente negoziano per conto proprio ordini dei clienti al di fuori dei mercati regolamentati. Ciò avviene quando l'intermediario esegue transazioni controbilanciando per esempio ordini di segno opposto di altri clienti oppure accedendo al magazzino dei titoli detenuti. Sono pratiche diffusissime, di cui nessuno si scandalizza. Certamente c’è la Mifid che impone la “best execution” ma il cliente finale spesso ignora tutto questo. Non entro nei tecnicismi ma di “dark pool” ne esistono di diverso tipo: alcune rispettano le regole autoimposte fra “colleghi” e altre invece se ne fanno di proprie ma meno vincolanti perché rispondono alle esigenze di clientele particolari.
Infatti ogni tanto scattano denunce di manipolazione dei mercati. Alcuni big hanno pagato caro simili prassi. Quanto sono diffuse?
Non so dirlo e se lo sapessi non lo direi. E’ indubbio che i regolatori sono diventati più rigidi nell’analisi delle dinamiche dei prezzi. Lo dimostra il fatto che la Sec, Securities and Exchange Commission, ente federale statunitense preposto alla vigilanza di Wall Street, collabori con l’Fbi. Tutto questo non è l’effetto della diffusione delle Borse parallele quanto per esempio di meccanismi pilotati di false notizie fatte circolare sui social media. Purtroppo tweet e retweet svolgono un ruolo nell’operatività dei modelli di certi algoritmi dell’high frequency, il che sposta di più i mercati di quanto non facciano le “dark pool”. Ed è uno solo degli esempi che potrei citare.
Cerchiamo di dare qualche dato?
Non sono la persona più indicata in merito ma ci provo. Le stime ufficiali parlano di un 4% di transazioni nelle mani dei mercati paralleli. Quelle attendibili salgono a ipotesi del 20-25%. Secondo me siamo già al 40%, perché c’è un problema: l’Europa non è in grado di valutare con precisione le dimensioni del fenomeno per ritardi strutturali e culturali che la caratterizzano. D’altra parte l’azionario Ue è il più caro in termini di “bid”-“ask” ed è quindi inevitabile che sia qui a concentrarsi la presenza di “dark pool” al servizio degli istituzionali.
Negli Usa invece?
Il fatto che ci siano broker a commissioni zero è la risposta. L’efficienza del sistema è molto più elevata e da anni la Finra – regolatore indipendente dei mercati finanziari – è in grado di pubblicare settimanalmente dati sui volumi delle transazioni effettuate dalle “dark pool” così come di monitorare gli specialisti dell’high frequency accedendo ai loro server per realizzare analisi sulla conformità delle operazioni. Pochi lo sanno ma alcune Borse scandinave hanno imposto dei rapporti minimi obbligatori fra transazioni e ordini per limitare l’esplosione di quelli fasulli, finalizzati a spostare le quotazioni in una direzione o nell’altra. Altre sono intervenute nel fissare dei tempi minimi per l’esecuzione degli ordini. A mio giudizio solo la vecchia Europa è ancora una giungla.
Inutile chiedere quali siano i vantaggi delle “dark pool”. Li ha già esposti. Ci saranno però anche degli svantaggi?
Se utilizzate in maniera criminosa possono incidere negativamente sulle negoziazioni regolamentate, il che è senz'altro avvenuto negli ultimi vent’anni. Un impatto sulla riduzione della liquidità del sistema regolamentato infatti ce l’hanno. Il piccolo investitore si trova quindi a confrontarsi con “bid”-“ask” più larghi, senza che nessuno intervenga su questo aspetto. Fra effetti da “dark pool” e high frequency nonché costi di broker e “market maker” è una bella mangiatoia alle spalle di chi non conta nulla in termini di importi scambiati.
E l’aspetto trasparenza non lo cita?
Forse ci sono lati oscuri. Si dice che lo strano boom di certe Borse legate a Paesi leader nel mercato della droga dipenda dalla presenza di “dark pool” guidate dai Governi locali. Può darsi ma sono fenomeni marginalissimi sulla globalità dei mercati. Se gli organismi di tutela degli investitori a livello europeo e in Asia seguissero le indicazioni di Wall Street forse le cose andrebbero meglio e la trasparenza sarebbe più allineata rispetto a quanto voi moralizzatori vorreste. Io – per quello che mi riguarda – non mi vergogno assolutamente del lavoro che faccio, perché non c’è niente di irregolare nella mia condotta.
Caro Mister X lei però mi ha detto qualche tempo fa di avere un doppio passaporto!
Questi, se non le dispiace, sono fatti miei. Bye bye.