Lo dicono in tanti e lo promettono in molti: è una grande “balla”. Ecco perché oggi facciamo il punto sulla possibilità – che piace di nuovo in questo difficile periodo – dell’aprire un conto corrente oltre confine.
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Una tassa patrimoniale appesa al filo spaventa certamente i piccoli e medi risparmiatori, sebbene sul tema circolino tante “fake news” che meriterebbero un approfondimento. Se davvero un qualsiasi Governo - l’attuale, un successivo di espressione politica o uno tecnico - l’approvasse, scatterebbe all’istante la classica fuga di capitali all’estero, come successo in vari Paesi europei nelle ultime numerose crisi che hanno colpito singole economie (Grecia, Cipro e Irlanda i casi più significativi). D’altra parte che segnali di apprensione ci siano lo dimostrano:
1°) l’aumento della liquidità detenuta sui conti correnti;
2°) le email promozionali inviate da piccoli istituti di credito e intermediari vari a chi abbia cliccato su specifici siti dopo aver digitato nei motori di ricerca parole come “banca svizzera”, “soldi all’estero” o “aprire un c/c all’estero”;
3°) le continue richieste di chiarimenti in materia a chi opera in finanza.
Quindi una tema caldo, che merita ulteriori approfondimenti dopo i vari già pubblicati in passato da LombardReport. Rispondiamo così ad alcune delle domande più classiche che vengono solitamente poste.
1°) E’ vero che sui soldi all’estero non si paga la patrimoniale?
Questa è una vera “fake news” fatta circolare ad arte in alcuni siti o da intermediari che cercano di convincere così chi sia interessato a trasferire capitali in altri Paesi. Se il possesso di capitali oltre confine è dichiarato (nel caso non lo fosse si rischia di incorrere in più infrazioni penalmente rilevanti, con pesanti conseguenze dal punto di vista economico e personale), attraverso il quadro RW del modello dei redditi o mediante l’ausilio di una fiduciaria nazionale, è evidente che l’obbligo di versare una tassa extra spetterebbe al detentore italiano con modi e tempi stabiliti dal legislatore. Ve l’immaginate cosa succederebbe se un Governo approvasse una patrimoniale riservata solo a capitali posseduti nel nostro Paese? L’ipotesi è semplicemente assurda ma viene cavalcata da chi afferma che quanto trasferito per esempio in Svizzera o in Gran Bretagna sarebbe esente da imposte straordinarie decretate in Italia. Quello specifico capitale sì ma il relativo titolare, sia attivo in proprio sia attraverso un intermediario, ne dovrebbe comunque rispondere con quanto detenuto di qua dalle Alpi. Lo conferma d’altra parte l’Ivafe, riferita ad attività finanziarie estere di un cittadino italiano e dovuta come equivalente dell’imposta di bollo applicata per i depositi posseduti nelle banche della penisola. Tale precedente esclude qualsiasi altra congettura.
2°) Se si portano fisicamente i soldi all’estero si può trovare la soluzione che eviti una patrimoniale?
Nel caso la movimentazione si riferisca a importi oltre 9.999 euro si è obbligati a fare denuncia dell’operazione all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza specificando generalità del contribuente, origine degli importi e scopi dell’operazione. Consigliabile assolutamente farlo prima o al momento del passaggio da una qualsiasi dogana per non incorrere – in caso di controlli – a contestazioni, con sanzioni pecuniarie molto pesanti. Inoltre occorre poi trovare una banca estera che accetti denaro liquido. Le resistenze a farlo potrebbero essere non poche, poiché ormai quasi tutte privilegiano i bonifici tracciabili. Stesso discorso per chi ingenuamente pensasse di effettuare trasferimenti a piccole rate, come avveniva negli anni ’70 e ’80. Anche sotto i 9.999 euro è consigliabile infatti denunciarsi al momento del passaggio all’estero, salvo per importi marginali destinati a spese di viaggio o di mantenimento.
3°) In alcune città sono tornati di moda gli spalloni, questa volta telematici, che trasferiscono denaro in cambio di lauti compensi. Si possono utilizzare?
Vi fidereste del finto postino che bussasse alla porta di casa proponendo di pagare multe o altro dietro affidamento di denaro? L’ipotesi dei trasferimenti per via telematica extra canali bancari è semplicemente irragionevole perché riferita soprattutto ad attività finanziarie di clan criminali. E’ vero che ci sono società fittizie, agenzie e intermediari specializzati in questo tipo di business. Il quale implica: 1°) una rimunerazione elevatissima per il servizio; 2°) un trasferimento in paradisi fiscali attraverso società compiacenti in cui il titolare primo dei capitali scompare; 3°) una detenzione poi presso banche consenzienti sulla cui solidità non c’è nessuna garanzia. Tutto questo per non pagare una patrimoniale dal valore ipotetico di alcuni punti in percentuale? Passiamo oltre, poiché l’ipotesi va lasciata solo a chi vive di attività illegali. Attenzione comunque all'affidabilità di canali formalmente puliti ma che tutt’altro sono. Si nascondono dietro colletti bianchi apparentemente affidabili.
4°) Resta però il fatto che le cosiddette “shadow bank” prosperano all’estero. Affidarsi a loro ha senso?
Il sistema bancario ombra gestirebbe circa un terzo della ricchezza finanziaria detenuta in Europa. E’ presente ovunque e si nasconde spesso sotto marchi di intermediari finanziari sconosciuti ai più. Sta crescendo in vari Paesi con offerte di prodotti molto redditizi e non troppo complessi: per esempio gestioni azionarie, gestioni obbligazionarie o gestioni miste. In realtà cosa ci sia sotto non è chiaro, visto che le performance possono raggiungere in alcuni casi i 5 e perfino i 10 punti ogni mese (!), legittimando il dubbio di altre pratiche – tipo schema Ponzi. Eppure la raccolta è attiva in alcune Regioni del nord e non pochi piccoli e medi risparmiatori ci sono cascati e ci cascano. Alla sprovvedutezza e all’avidità non c’è mai fine. Ma per i capitali consegnati spesso una fine c’è e non bella.
5°) Torniamo nella legalità totale. Se non mi fido dell’Italia e della mia banca cosa posso fare?
Deve essere chiaro che la strada oggi percorribile è solo quella della conformità alle norme in vigore, il che significa totale tracciabilità delle operazioni. Se ci si sente più tranquilli detenendo capitali oltre confine si va nel Paese prescelto, si apre un conto presso una banca primaria, si viene sottoposti a una possibile verifica da parte di quest’ultima sull’origine del patrimonio, si trasferisce attraverso bonifico bancario dall’Italia l’importo pianificato e poi di anno in anno si va in dichiarazione dei redditi mediante la compilazione del quadro RW, indicando le attività estere di natura finanziaria detenute oltre confine. Il tutto è semplice. Succede che alcuni italiani – per semplificare le cose – scelgano un istituto di credito del nostro Paese presente con filiali all’estero, il che capita soprattutto nelle grandi città. Non è forse l’opzione più idonea se non ci si fida del sistema bancario nazionale, sebbene il confronto di solidità dimostri che le big italiane sono fra le più forti in Europa.
6°) In RW cosa va dichiarato? Proprio tutto?
La possibilità di accertamenti è scontata e quindi tutto va dichiarato, purché si superi la soglia di detenzione anche per un solo giorno di 15.000 euro. Il quadro RW assolve un duplice obbligo: monitoraggio fiscale e pagamento dell’imposta Ivafe del 2 per mille (o Ivie per gli immobili). Attenzione tuttavia a una condizione ben precisa: per i conti correnti e i depositi con valore massimo non superiore a 15.000 euro ma con giacenza media di liquidità oltre 5.000 euro, pur non sussistendo alcun obbligo di monitoraggio, è necessario compilare il quadro RW per l’assolvimento dell’imposta Ivafe nella misura fissa di 34,2 euro.
7°) Molti sostengono che la soluzione più idonea è quella dei cosiddetti “money transfer”, che sarebbero in alcuni casi più indulgenti nelle segnalazioni di movimentazioni con l’estero. E’ vero?
E’ chi trasferisce il denaro a dover esigere la trasparenza assoluta. I “money trasfer” sottostanno a regole ben precise, riferite soprattutto al loro utilizzo da parte di chi viaggia per lavoro o per vacanza. Se c’è chi li impiega in maniera non corretta si sappia che anche in questo caso si può cadere nella rete del monitoraggio fiscale.
8°) Molte persone preferiscono la movimentazione diretta di capitali a proprio nome ma c’è anche l’alternativa di un fiduciario italiano, meglio se espressione di un istituto di credito di primo piano. E’ consigliabile?
Si tratta dell’opzione più semplice in assoluto. Non richiede infatti l’individuazione all’estero di una banca, i rapporti con quest’ultima e tutto quanto ne deriva. La fiduciaria (fondamentale scegliere quelle più rilevanti e appartenenti al settore bancario) trasferisce il denaro su un conto presso un istituto in altro Paese concordato con il cliente. Qui però risulta in capo alla stessa fiduciaria, che opera come se fossero capitali suoi in termini di titolarità della detenzione. Tutti gli oneri vengono naturalmente riversati sul detentore primario della posizione. La scelta può essere agevole per chi per esempio desideri trasferire capitali in altri continenti. La stessa fiduciaria agisce poi come sostituto d’imposta, applicando sul capitale all’estero le imposte previste, quali il 2 per mille su quanto detenuto nel deposito titoli, il 26% sugli interessi attivi dei conti nonché sui proventi finanziari e il bollo di 34,2 euro, come già specificato prima. In questo caso niente RW ma logicamente ci sono dei costi di gestione, di solito abbastanza contenuti. Naturalmente, come in tutti gli altri casi di operatività trasparente, in presenza di una patrimoniale quest’ultima sarebbe totalmente dovuta su quanto detenuto fuori dai confini nazionali.
9°) E se invece la semplificazione avvenisse con l’apertura di un conto presso una banca online estera?
L’opzione non è prevista dalle banche tradizionali, che chiedono il rapporto diretto per l’apertura di conti da parte di stranieri, salvo nel caso si utilizzi una fiduciaria. Molte nuove iniziative bancarie solo online sono però state create negli ultimi anni. La disponibilità è ampia e proprio qui scatta il rischio. Arrivano infatti proposte da Paesi lontanissimi, che prevedono in alcuni casi costi a zero e rendimenti maggiori rispetto a quelli italiani. Se non ci si fida delle nostre banche perché confidare in società con sede legale in paradisi fiscali, in sud Africa o a Panama? L’apertura è molto semplice: di solito vengono richiesti documenti di identità e un certificato – anche autoprodotto – sulla provenienza lecita del denaro. Se proprio si volesse diversificare meglio scegliere piuttosto istituti con sede in Paesi europei: per esempio Germania e Gran Bretagna.
10°) C’è chi detiene oro all’estero considerando quest’alternativa più solida rispetto a una cassetta di sicurezza in Italia. E’ preferibile?
Tutto è possibile purché si rispettino le normative fiscali in vigore. Attenzione però al Paese in cui si conserva l’oro, poiché in alcuni casi si registrano vincoli per l’eventuale esportazione di metalli preziosi da parte di stranieri. In ogni caso occorre custodire tutti i documenti di acquisto, giacché probabili plusvalenze sono tassate in Italia in base all’aliquota standard del 26%. La dichiarazione avviene compilando il quadro RT della sezione II del modello dei redditi. Nel caso l’investimento sia stato effettuato all’estero è necessario specificarlo invece nel quadro RW dello stesso modello.
11°) A proposito di cassette di sicurezza è possibile che un’eventuale patrimoniale colpisca anche quanto ivi contenuto?
Non c’è risposta a questa domanda. In passato si è tentato di realizzare una sanatoria fiscale per quanto conservato eventualmente in cassette di sicurezza e frutto di attività in nero ma l’iniziativa non ha avuto seguito concreto per le difficoltà di realizzazione.
12°) In conclusione qual è la soluzione migliore per dormire sonni tranquilli?
Tutto dipende da come si vive questa situazione di incertezza in termini di ansietà. Se è elevata l’alternativa del conto all’estero rappresenta un airbag psicologico, purché si sia coscienti che: 1°) la patrimoniale si pagherebbe comunque; 2°) tenere i soldi in una banca estera e non farli fruttare, pagandone i costi, è un non senso; 3°) esiste un’alternativa: gestirli in Italia, farli rendere bene e attenuare così l’impatto di eventuali tasse straordinarie. Infine una soluzione di compromesso: si apre un conto oltre confine, con deposito di poche migliaia di euro, e lo si tiene come possibile destinazione futura dei propri risparmi in presenza di situazioni estreme. In finanza saper anticipare eventuali evoluzioni, prevedendole per quanto si può, è l’arma migliore per non uscirne con le ossa rotte. Si tenga infine conto dell’aspetto etico della situazione: esportare ricchezza vuol dire impoverire il Paese. Oggi occorrerebbe fare l’opposto, ovvero favorire il rientro di quanto detenuto legalmente o illegalmente all’estero. Questo però è un altro discorso.